Nuovi e vecchi nomi intorno a Chicago.
Continua il mini-camp dei Bears, allenamento nel quale sono coinvolti tutti i rookies scelti al draft più un numero di undrafted invitati dalla squadra per mettersi in mostra e… sognare un contratto. La voce che ha creato più discussione è comunque quella dell’arrivo di Doug Brien, kicker rilasciato dai N.Y. Jets dopo una deludente postseason. Il veterano Brien ha mostrato alcune lacune nei playoffs, soprattutto di carattere psicologico, mostrando poca freddezza su alcuni field goals decisivi. Ma l’arrivo del nuovo kicker è in particolar modo una vera e propria spallata alla residua fiducia che Paul Edinger nutriva nei confronti di una riconferma per il 2005. Nulla di deciso ancora, certo è che la gittata dei kick-off di Brien non è per nulla superiore a quella dell’attuale kicker dei Bears, il quale, anche se reduce da una stagione mediocre, ha mostrato comunque di avere un buon piede da NFL nelle situazioni da tre punti. Bisognerà aspettare ancora un po’ per scoprire chi sarà a calciare l’ovale per i Bears nella prossima stagione.
Tra i rookie presenti al camp quello che sta mostrando maggiori qualità e che più attira le simpatie e la curiosità del pubblico è la seconda scelta di Chicago, Mark Bradley, wide receiver da Oklahoma. L’ex Sooners è entrato al draft in punta di piedi, e ancora più silenziosamente ne è uscito. Che attragga le curiosità dei supporter appare scontato visto e considerato che gli stessi hanno dichiarato in un recente sondaggio che il miglior arrivo ai Bears è Mushin Muahammad, e non la prima chiamata, la star NCAA Cedric Benson. Dicevamo, comunque, di Bradley. Il receiver poco noto uscito da un ranking pre-draft che lo vedeva veramente in basso ha esibito da subito, oltre a una gran voglia di lavorare, una buona velocità (per la cronaca: il risultato alle combine di Bradley sulle 40 yards è stato di 4.40 secondi) di corsa e due mani niente male. Bradley aggiunge centimetri a un reparto non troppo intasato dai “lunghi”, aumentando le possibilità di ricezioni “alte” del terzo anno Bobby Wade o dell’altro WR uscito dal draft: Airese Currie. Lo stesso Eddie Berlin veterano arrivato dai Tennessee Titans, cede nettamente in altezza all’ultimo arrivato da Oklahoma. I receiver piccoli possono certamente essere dotati di buon stacco o grande velocità, ma per le big plays è sempre meglio avere giocatori che, oltre alla rapidità, possano tentare di sovrastare anche in altezza le secondarie avversarie. Ron Turner, offensive coach di Chicago, proprio da questo fattore è rimasto colpito; le giocate verticali e profonde sembrano essere l’ideale per questo ragazzo che di diritto diventa contender per il secondo slot disponibile come starter nel roster offensivo dei Bears. La concorrenza non manca, ma se per Wade, Currie e Berlin l’ipotesi da terzo WR sembra la migliore (per giocate con più ricevitori, magari da muovere sul corto raggio) in grado di giocare “forte” sulle deep sembra esserci solo Bernard Berrian, piccola rivelazione della scorsa stagione, oltre ovviamente al già citato Muhammad. Berrian e Bradley si assomigliano parecchio come tipo di giocatori, ma il primo sembra avere davvero una marcia in più come tecnica individuale e utilizzo delle mani. A tremare per un posto in squadra potrebbe essere a questo punto Justin Gage, decisamente meno esplosivo di altri pari ruolo in squadra.
Nonostante il rammarico per non aver portato casa un importante ricevitore dal draft di fine aprile, i tifosi apprezzano indubbiamente sempre di più il Cedric Benson “personaggio” oltre che il semplice giocatore. Nonostante la fama di testa calda e qualche problemino con la legge, il ragazzo si è mostrato immediatamente simpatico e disponibile. Benson sta mostrando certamente qualità eccelse come RB e si sente oltremodo pronto a cominciare come titolare senza troppe “staffette” col compagno Thomas Jones destinato ad un sicuro ruolo di stabile secondo running back in squadra. Il problema dell’attacco sembra essere di nuovo quello dei QB: se infatti Grossman dovesse avere altri problemi, le riseve sarebbero o giocatori inesperti o quel Chad Hutchinson che in tanti anni da pro ha giocato davvero pochissime partite. Forse è anche questo il motivo che ha maggiormente spinto a scegliere un RB, ossia l’equazione “se non ho chi lancia a un buon receiver, allora mi procuro un macina yards come RB”. Il tutto ovviamente suona un po’ come ingrata bocciatura per il bravo Thomas Jones, ma uno come Benson arriva, ad onor del vero, con un curriculum spaventosamente interessante dal college. Ampliamente corse ogni anno più di mille yards (quasi duemila da senior), 64 td totali su corsa ai quali possiamo aggiungere anche qualche discreta ricezione che gli ha fruttato più di 600 yards totali ma due soli TD in quattro anni. Veloce, potente e gran portatore di palla Benson si sente già pronto per la NFL e si è dichiarato felicissimo di essere a Chicago e di non aver timore del rigido freddo che lo attende nell’inverno dell’Illinois.
Pronto a donare un sorriso a chiunque Benson sta spianando via via la strada del successo tra i fan di Chicago, ben consapevole di quanto sia pesante l’eredità di un certo Walter Payton e di come, per i motivi più svariati, molti prima di lui non siano riusciti a confermare le attese nel ruolo di running back dei Chicago Bears.