La Storia dei Bills

Il legame tra la città di Buffalo e il football professionistico è antico, sebbene la fondazione dell’odierna franchigia sia relativamente recente.
Già nel 1920 infatti il centro sul lago Erie poteva vantare una propria squadra nella nuovissima American Professional Football Association, gli All-Americans.
Nel ’22 nasce la National Football League, che deve subito fare i conti con la concorrente American Football League.
Gli All-Americans cambiano nome, divenendo Bisons prima e Rangers poi, ma finendo per estinguersi nel ’29.
La palla ovale torna in città nel ’40, quando gli Indians aderiscono all’AFL. Già nel ’41 la franchigia scompare, non prima però di aver mutato il nome in Tigers.
Terminata la seconda guerra mondiale, la voglia di football dilaga in America e Buffalo non fa eccezione.
Nel ’46 nascono i Buffalo Bills, solo omonimi degli attuali, che giocheranno fino al ’49 nella All America Football Conference.
Passeranno 11 anni prima che il football professionistico torni a Buffalo, ma stavolta lo farà definitivamente.
Qui inizia l’incredibile racconto di una franchigia inattesa, in altalena tra la dinastia e il fallimento, la vena thriller dell’Nfl, questa è la storia dei Buffalo Bills.
Nel 1959 rinasce dalle ceneri dei tentativi precedentemente falliti l’Afl, col dichiarato intento di ostacolare l’espansione dell’ormai consolidata Nfl.
Tra quelli che per primi si dicono interessati vi è un giovane uomo d’affari di Detroit, Ralph Wilson Jr.
Il possesso di quote di minoranza dei Detroit Lions non lo soddisfa, vuole una sua squadra da inserire nella lega nascente.
Fallito un tentativo per sbarcare a Miami, gli vengono proposte 5 sedi possibili: St. Louis, Cincinnati, Atlanta, Louisville e Buffalo.

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Ralph Wilson Jr. a bordo campo

A sorpresa, la scelta cade sull’ultima e nell’ottobre del ’59 vengono fondati i Buffalo Bills.
Il nome è ispirato alla franchigia preesistente nel ’46 ed al soprannome di un’icona del selvaggio West, William Frederick Cody, il mitico cacciatore di bisonti.
La prima partita nella storia dei Bills ha luogo l’11 Settembre 1960 sul campo dei New York Titans.
Il coach è Buster Ramsey, ex giocatore dei Cardinals, per 8 anni allenatore della difesa dei Lions.
Il risultato è una dura sconfitta per 27-3, ed anche l’esordio casalingo al War Memorial Stadium riserva una delusione, stavolta con i Broncos per 27-21.
Pochi giorni dopo arriva però la prima storica vittoria della nuova franchigia, un 13-0 sul campo dei Boston Patriots che fa ben sperare per il proseguo.
Al termine della stagione, il record sarà di 5 vittorie 8 sconfitte ed 1 pareggio.
Beniamini dei tifosi sono il runningback Wray Carlton, che segna ben 7 TDs, il ricevitore Elbert Dubenion, destinato a divenire la prima bandiera dei Bills e il Qb Rich Lucas, il primo giocatore della storia ad essere scelto dai Bisonti.

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Il War Memorial Stadium

Il 1961 riserva poche soddisfazioni.
Tre sconfitte nelle prime quattro partite del campionato relegano i Bills a cercare un piazzamento mediocre, e neppure un finale in crescendo riesce a salvare la panchina di Ramsey.
Lo score finale dice 6- 8.
In quell’anno, giunge a Buffalo un futuro Hall of Famer, la guardia Billy Shaw.
Scelto al secondo giro del draft, resterà nel roster fino al 1969 e verrà introdotto nella HoF nel 1999.
Il ’62 è l’anno della svolta.
Due nuovi arrivi trasformano l’attacco dei Bills e lo pongono tra i migliori della Afl: il Qb Jack Kemp ed il fullback Carlton Chester Gilchrist, meglio noto come Cookie.
Kemp è già una stella. Dopo aver brillato nella Nfl, passa nel ’60 all’Afl tra le fila dei Los Angeles Chargers, che guida per due stagioni consecutive al Championship. In entrambi i casi a negargli il titolo sono gli Houston Oilers, che limitano un Kemp irriconoscibile.
Nel ’62, in seguito ad un infortunio, Kemp viene ceduto, ed i Bills, con un ingaggio record di 1200 $ alla settimana se lo aggiudicano.
Anche il talento di Gilchrist è noto agli osservatori, ma altrettanto famigerato è il suo carattere “difficile”. Corridore dominante nella Canadian Football League, sopporta a fatica le limitazioni di una carriera professionistica, distinguendosi per bravate e bagordi.
Poco tranquillizzante inoltre è il suo hobby preferito…tuffarsi nei laghi canadesi da un elicottero.

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Cookie Gilchrist

La vicinanza col suo amato Canada e la fame di vittorie di Buffalo portano alla buona riuscita del trasferimento.
Per guidare la squadra viene scelto Lou Saban, fino a quel momento direttore del personale tecnico, un Head Coach che lascerà il segno.
Nonostante 5 sconfitte iniziali, la stagione ’62 è la prima dei Bills sopra .500, con ben 8 vittorie nelle ultime 9 partite, per un record finale di 7-6-1. Gilchrist, con 1096 yds corse, è eletto giocatore dell’anno ed il rookie Mike Stratton si dimostra linebacker di grande talento.

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Jack Kemp in azione

Il 1963 ripete l’andamento altalenante dell’anno precedente, e con lo stesso record finale i Bills si qualificano alla loro prima postseason.
Protagonista indiscusso è ancora Cookie, che in stagione regolare, nella vittoria sui Jets, corre per 243 yds e segna 5 TDs, stabilendo uno dei suoi 7 record all-time in carriera.
Ai playoffs, Buffalo trova sulla sua strada gli ostici Boston Patriots, che dall’alto di una maggiore esperienza si impongono in trasferta per 26-8.
La sfida riparte la stagione seguente, e stavolta i Bills fanno sul serio.
Il Qb Daryle Lamonica, scelto nel draft del ’63, è la rivelazione dell’anno, giocandosi alla pari con Kemp la maglia da titolare. Il K ungherese Gogolak, col suo stile calcistico, diviene l’arma in più, ed il veterano Paul McGuire alza sensibilmente l’efficacia degli special teams.
9 vittorie in 9 partite sono il biglietto da visita, eppure qualcosa non va. Lo spogliatoio è lacerato dalle tensioni che coinvolgono le due grandi stelle.
Gilchrist è fuori rosa dopo un duro contrasto con Saban, mentre Kemp pare oscurato dall’astro nascente di Lamonica.

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Il mitico coach Saban

Il Rb torna in squadra solo dopo lunghe e sofferte mediazioni tra Saban e lo spogliatoio, ma per il Qb la situazione alla vigilia del decisivo scontro con i Patriots è tutt’altro che serena.
La stagione di Kemp è stata pessima, per ben 8 volte infatti Lamonica lo ha sostituito a partita iniziata, riuscendo a trasformare in vittorie partite apparentemente compromesse.
Sembra quindi scontato che sarà il giovane Qb da Notre Dame a scendere in campo da titolare nell’ultima partita di regular season.
In un pomeriggio nevoso, all’ingresso delle squadre in campo, i 40.000 del War Memorial Stadium, accorgendosi che Kemp è titolare, intonano all’unisono “Vogliamo Lamonica!!!”.
Jackie Boy quel pomeriggio comincia a scrivere la sua leggenda. Completa 286 yds di passaggi, abbatte i Patriots 24-14 e porta al primo titolo divisionale i Bills.
Il record finale di 12 vinte e 2 perse consegna la prima finale Afl ai Bills .
Per la terza volta Kemp arriva al Championship e gli avversari sono i suoi Chargers, trasferitisi nel frattempo a San Diego.
La partita è a senso unico, i Bills lanciano, ricevono, corrono, placcano e intercettano con facilità irrisoria…il risultato finale è 20-7 e Buffalo è Campione.
Nel ’65, i Bills perdono Gilchrist, ormai ai ferri corti con Saban ed al suo posto arriva Billy Shaw, Rookie of The Year nella stagione precedente.
Seppure campioni in carica, il pronostico non arride ai Bisonti, a causa di una sequela infinita di infortuni che sembra escluderli dalla corsa al titolo.
Un acciaccato Kemp guida Buffalo ad un positivo 10-3-1 conclusivo e alla seconda finale in due anni, avversari ancora i Chargers.

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Costa imbeccato da Kemp

Il 26 Dicembre 1965 a San Diego ci si aspetta un incontro tirato, la rivincita dei Chargers ad un anno di distanza dalla batosta subita.
Ma quel giorno i Bills giocano la partita perfetta.
Il finale è 23-0, un massacro. La foga dei Bisonti non si spegne neppure nell’ultimo quarto, quando, a risultato acquisito, bloccano il field goal della bandiera per San Diego.
Buffalo è ancora la miglior squadra dell’Afl.
Il 1966 è anno di profondi cambiamenti nel football americano.
Nfl ed Afl accettano di confrontarsi ufficialmente sul campo, istituendo la partita delle partite, il Superbowl, la finale tra le vincitrici delle due Leghe.
Le partenze di Gogolak, Billy Joe e Bo Robertson, unite all’addio di Saban, preoccupano i tifosi e l’inizio del campionato conferma i timori.
Il mediocre 3-3 sembra avvalorare i pronostici negativi, ma 5 vittorie consecutive riportano i Bisonti ai vertici divisionali e fanno respirare il nuovo coach Joe Collier.
Il 38-21 sui Broncos nell’ultima partita del campionato consegna ai Bills la terza finale in tre anni, e stavolta in palio c’è il lasciapassare per il primo Superbowl della storia.
Gli avversari sono i Kansas City Chiefs e la sede è il War Memorial Stadium, ampliato nel frattempo di 8.000 posti.
Dopo 1 minuto e 43 secondi i Chiefs sono già sul 7-0 grazie ad un drive lampo del Qb Len Dawson.
Cinque giochi dopo i Bills rispondono. Kemp trova Dubenion per un TD di 69 yds…7-7.
Buffalo riconquista il pallone, ma comincia ad inanellare una serie terribile di errori.
I Chiefs ne approfittano portandosi 14-7 nel secondo quarto, e nel drive successivo Kemp si fa intercettare nella redzone di Kansas, causando pochi giochi dopo il 17-7.
Il 31-7 finale umilia le aspettative dei tifosi e dà il via al processo di smembramento del team.
E’ la fine di una dinastia e l’inizio di un’interminabile attesa.
Inizia il periodo più cupo per la franchigia.
Dal ’67 al ’72 i Bills non riescono a vincere più di 4 partite a stagione, tornando protagonisti solo al momento del draft. In quegli anni si aggiudicano grandi talenti, senza però mai riuscire a costruire un progetto solido e vincente.
Nel ’67, dopo la vittoria nella prima partita di campionato, segue una disastrosa seria negativa, che porta ad un record finale di 4-10.
Decisiva la lunga assenza di Kemp per infortunio e le discutibili scelte di mercato, in particolare lo scambio Lamonica-Flores.
Nella preseason del ‘68 i Bills si aggiudicano la prima sfida contro un team Nfl, battendo i Lions per 13-9, ma il campionato riserverà solo delusioni.
L’ 1-12-1 finale è il risultato di una squadra profondamente rinnovata e di una grande confusione tecnica. Collier viene esonerato infatti dopo due partite, lasciando il posto ad Harvey Johnson, che a sua volta non verrà confermato al termine del campionato.
Il ’68 porta però il titolo di miglior rookie dell’anno, conquistato con sole 8 partite giocate dalla guardia Bob Kalsu. Su di lui Buffalo vorrebbe costruire la squadra del futuro, ma il destino decide diversamente. Kalsu si arruola alla fine del ’68 e parte per il Vietnam, dove morirà il 21 Luglio 1970.

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Il compianto Bob Kalsu

Si parte nuovamente da zero, unica speranza la prima scelta assoluta nel Draft del ’69.
Dalla University of Southern California arriva Orenthal James Simpson, runningback due volte All-America e vincitore dell’Heisman Trophy.
Il rookie porta a termine una stagione solida, correndo per 1.040 yds con 5 TDs.
Per Buffalo però è ancora notte fonda, ed il 4-10 finale conferma il trend negativo.
Head coach è Johnny Rauch, che nonostante la cattiva stagione viene riconfermato.
Il ’70 si apre con la notizia della morte di Kalsu e prosegue con un Simpson limitato dagli infortuni, tanto che in stagione correrà solo per 120 volte.
Inevitabile il fallimento con il 3-10-1 finale, che dà inizio all’ennesima ricostruzione.
Nel 1971 nasce l’attuale formato Nfl, con la fusione definitiva tra le due Leghe rivali.
Durante il camp di quell’anno, Rauch, poco amato dall’ambiente, si dimette, costringendo la dirigenza ad affidarsi ad Harvey Johnson per una soluzione interna.
Ne scaturisce il peggior campionato nella storia della franchigia, con una sola vittoria e 13 sconfitte.
In 5 anni, i Bills sono passati dal ruolo di favoriti a quello di squadra materasso, naturale quindi che per la stagione ’72 venga richiamato in panchina il fautore dei successi negli anni ’60.
Lou Saban è di nuovo Head Coach.
Il campionato del 1972 è per Saban un’occasione di studio.
Le 1.251 yds corse da Simpson lo rendono il miglior corridore del campionato, ma non regalano a Buffalo una stagione positiva.

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Slalom di OJ

Il muro delle quattro vittorie a stagione non viene abbattuto nemmeno in occasione dell’ultima partita giocata al War Memorial Stadium contro i Lions. Il 21-21 finale costringe Simpson e compagni a fare ancora da spettatori in postseason, con un deludente record finale di 4-9-1.
Nella prima giornata del campionato ’73 i Bills partono col botto. Il campo dei Patriots è espugnato per 31-13, ed O.J. infrange la barriera delle 250 yds corse in una partita, ovviamente record Nfl.
Ad aumentare l’entusiasmo dei tifosi contribuisce l’innesto del Qb Joe Ferguson e l’inaugurazione del nuovo stadio. Dal draft arriva anche Paul Seymour, ragazzone di 260 libbre che Saban sposta nel ruolo di TE, procurando parecchi mal di testa alle difese avversarie. Col Fb Jim Braxton, infine, i Bills possono vantare un attacco scintillante, presto ribattezzato come l’Electric Company.
Per l’incontro casalingo con i Jets, il nuovissimo Rich Stadium fa registrare il sold out. I 77.425 spettatori presenti non vengono delusi, e Buffalo si impone per 9-7.
I Bisonti sono protagonisti sul campo dopo lunghi anni d’attesa, ma tutto sembra svanire quando incappano in 4 sconfitte nelle successive 5 partite. Saban riesce a prendere per le corna l’orgoglio smarrito dei suoi ragazzi, e grazie ad uno sprint impetuoso concludono l’anno con un incoraggiante 9-5 finale.
Dopo 6 anni, i Bills tornano ad avere un record positivo, seppure non sufficiente per approdare ai playoffs. Simpson conclude l’anno con 2.003 yds corse, primo runningback di sempre a superare quota 2.000 yds, unico in un campionato a 14 partite. E’ eletto MVP della stagione e viene convocato al Pro Bowl.

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OJ alle soglie del record

Il ’74 è l’anno del ritorno ai playoffs.
Saban ha costruito un giocattolo finalmente efficace.
All’attacco fenomenale sulle corse aggiunge il ricevitore che mancava, Ahmad Rashad, mentre nel ruolo di guardia Joe DeLamielleure, futuro Hall of Famer, è ormai una certezza.
Lo spirito del team è espresso anche dal nuovo logo che campeggia sui caschi, un bisonte furente che carica.
L’inizio è travolgente, con 7 vittorie in 8 incontri.
Simpson è però limitato dagli infortuni e l’attacco perde di fluidità.
Il 9-5 finale regala ai Bills la loro prima partita di Wild Card, ma sul campo degli Steelers non ci sarà scampo, 32-14 la sonora sconfitta.
La stagione ’75 vede Buffalo tra le favorite per la postseason, ma dopo un inizio con 4 vittorie consecutive la luce si spegne all’improvviso.
Una marea di infortuni colpisce la difesa ed in particolare le secondarie, tanto che un Simpson formato Guinness dei Primati non basta.
“The Juice”, con 23 TDs in stagione, abbatte l’ennesimo record, ma l’8-6 finale non è abbastanza per accedere ai playoffs.
La pazienza di O.J. finisce nella preseason del 1976, quando chiede di essere ceduto.
Rams e 49ers sono ad un passo dall’accontentarlo, ma vedendo la squadra allo sbando Wilson Jr. decide di tenere duro e concedergli un adeguamento del contratto…. Alla prima di campionato il 32 è al suo posto.
Il draft porta in dote giocatori di buon livello come Mario Clark, Ken Jones e Joe Devlin, ma la squadra non reagisce. Dopo 5 squallide giornate, Saban getta la spugna, lasciando l’onere a Jim Ringo.
Il cambio è tutt’altro che fortunato, i Bills concludono la stagione con 9 sconfitte consecutive ed un record finale di 2-12. Le 1.500 yds corse valgono a Simpson il quarto ed ultimo titolo di miglior corridore del campionato.
La stagione ’77 è l’ultima di O.J. a Buffalo, ma è anche la più travagliata.
Dopo poche partite, un serio infortunio lo ferma a 557 yds corse senza TDs: non indosserà più la casacca dei Bisonti.

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Simpson infortunato

Al termine della stagione, infatti, i Bills lo lasceranno andare.
Nel frattempo Ringo è il comandante di una nave che affonda, ed il 3-11 di fine anno non sorprende nessuno.
Il 1978 è quindi l’anno della rifondazione.
Come allenatore capo viene chiamato dai Los Angeles Rams Chuck Knox.
Dopo aver vinto per cinque stagioni consecutive il titolo NFC della Western Division, Knox accetta la sfida di plasmare i Bills nell’era post-Simpson, partendo dal taglio dei giocatori simbolo di quell’ultimo periodo.
Paul Seymour va a Pittsburgh in cambio del veterano Wr Frank Lewis, mentre Jim Braxton è scambiato a stagione in corso per scelte al draft con Miami.
Ma è l’affare Simpson a sconvolgere il mercato.
I Bills ottengono 5 scelte al draft dai 49ers, tra le quali una al primo giro dell’anno seguente.
Buffalo cambia volto e diventa un allevamento di rookies.
Il posto del 32 è preso da Terry Miller, runningback proveniente da Oklahoma State, autore di una stagione da incorniciare con oltre 1.000 yds corse e 7 TDs realizzati.
In difesa arrivano Dee Hardison e Scott Hutchinson, come Fb Dennis Johnson e nel ruolo di Lb Luscius Samford. Knox prende anche il recordman dei field goals Tom Dempsey, con le sue incredibili 63 yds di primato.
Nella prima stagione a 16 partite, il branco dei giovani Bisonti ottiene un discreto 5-11, ma le buone notizie vengono dalla Baia.
I 49ers, infatti, incappano in un’annata disastrosa, e con sole 2 vittorie in stagione regalano a Knox la prima scelta assoluta nel draft dell’anno seguente.
Dal draft del ’79 i Bills ottengono tra gli altri: il 2 volte All-America Tom Cousianeau, il Wr Jerry Butler, l’affamato Lb Jim Haslett, il bloccatore Jon Borchardt e la Fs Jeff Nixon.

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“Lo squalo” Jim Haslett

A dare esperienza al gruppo arriva dai Rams Isiah Robertson, Lb già convocato al Pro Bowl.
Per dissapori contrattuali, Cousineau lascerà l’Nfl per la Cfl canadese, dove risulterà miglior difensore del campionato.
A guidare la squadra l’inossidabile Joe Ferguson, ormai ultima lampadina rimasta dell’ Electric Company.
Il 7-9 conclusivo, con 3 sconfitte consecutive nel finale, elegge Buffalo rivelazione dell’anno, ed il merito va ad un attacco equilibrato e ad una difesa che fa dell’aggressività il proprio credo.
Premio del lavoro svolto è il titolo di miglior rookie difensivo dell’anno allo “Squalo” Jim Haslett.
Gli anni ’70 vanno in archivio come la decade più disgraziata nella storia dei Bills, lasciando in eredità una macchia da cancellare al più presto. In quei 10 anni, infatti, i Bisonti hanno collezionato 20 sconfitte consecutive con gli arcirivali dei Miami Dolphins, senza mai batterli.
Dopo una lunga e gloriosa militanza se ne va Joe LaDamielleure, e con lui il Wr Bobby Chandler, oltre ai DEs Dokes e Greene.
Al draft prosegue la pesca miracolosa dei RBs, stavolta al secondo giro viene preso Joe Cribbs. Con lui arriva pure il Te Mark Brammer, completando un attacco finalmente all’altezza della difesa.
L’esordio è rabbioso. Al Rich Stadium, i Dolphins cadono 17-7, asfissiati da una difesa cannibale e castigati da un attacco finalmente cinico: è la fine della loro decennale imbattibilità.
Con una prestigiosa vittoria sul campo dei 49rs, i Bills chiudono con un eccellente 11-5, conquistando dopo 15 anni un nuovo titolo divisionale.
Avversari nel primo turno dei playoffs sono i San Diego Chargers, che sfruttando il fattore campo si impongono per 20-14 in una partita tiratissima. I Bills sembrano ipotecare la vittoria portandosi sul 14-3, ma il prepotente ritorno del gioco aereo di San Diego ed un’enormità di occasioni perdute condannano Buffalo all’eliminazione.
Al termine dell’anno saranno ben 7 i ragazzi di coach Knox convocati al Pro Bowl, in buona parte protagonisti della miglior difesa della Lega.
Nel 1981 si insegue la continuità.
Nel draft prosegue l’opera di rifinitura, con l’acquisizione del Fb Booker Moore, del Wr Byron Franklin e del Cb Chris Williams. Moore, in particolare, è considerato una carta vincente, la spalla ideale di Cribbs per un gioco di corse finalmente ai livelli dell’era Simpson-Braxton.
Ancora una volta la sorte decide diversament,e e per problemi al cervello il giovane Fb è fuori per tutta la stagione.
La gravità della perdita è però limitata dalla miglior stagione di Ferguson in maglia Bills.
Con 3.652 yds lanciate, il Qb tiene in corsa Buffalo per il titolo divisionale, in un testa a testa serrato con i Dolphins. Stavolta, però, i Delfini hanno la meglio, e nello scontro diretto si impongono per 16-6, costringendo i Bisonti alla WildCard sul campo dei Jets.

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Joe Ferguson al lancio

Allo Shea Stadium molti s’aspettano una squadra abbattuta e condannata all’eliminazione, ma non è così. In una partita dominata dagli attacchi, i Bills vincono con un epico 31-27, ed approdano per il secondo anno consecutivo al primo turno dei playoffs.
Sul campo dei Cincinnati Bengals tutto sembra finire nei primi 12 minuti, nei quali i padroni di casa si portano sul 14-0. Ferguson e compagni reagiscono e coronano la rimonta a 14 minuti dalla fine, impattando sul 21-21. Sul 28-21 per i Bengals, i Bills hanno la grande occasione, ma sulle 20 dei Tigrotti una penalità rovina tutto; la stagione termina così con parecchi rimpianti.
L’ 82 per l’Nfl è l’annus horribilis.
Tutto inizia quando Donald Trump ed altri magnati dell’economia decidono di fondare l’ennesima Lega concorrente, la United States Football League. Nuove franchigie invadono il mercato, offrendo ingaggi spesso inarrivabili per i team dell’Nfl. Ad aggravare la situazione si unisce lo spauracchio dello sciopero dei giocatori, che si realizzerà dopo due partite di regular season.
Buffalo soffre più di altri la situazione.
Cribbs e Butler vanno in holdout prima della preseason, rientrando a stagione in corso, mentre Kobler e Kadish vengono rilasciati.
Torna Moore, seppure in tono minore, mentre dal draft arrivano il Wr Perry Tuttle e il Qb Matt Kofler.
L’inizio di stagione è promettente, con due vittorie in altrettante partite, ma lo sciopero interrompe la magia. Alla ripresa del campionato, dopo due mesi, il meccanismo si è inceppato, ed il 4-5 finale preclude ogni sogno di postseason.
Chuk Knox rassegna le dimissioni accasandosi a Seattle, ed al suo posto arriva Kay Stephenson, suo assistente.
Che il momento non sia dei più fortunati lo si capisce nel draft del 1983.
Con le prime due scelte, Buffalo si aggiudica il Te da Notre Dame Tony Hunter ed il promettente Qb da Miami University Jim Kelly.
Se qualche anno prima fu la CFL a soffiare il promettente Cousineau a Wilson Jr., stavolta tocca alla neonata USFL insidiare i talenti in rossoblu.
Kelly cede alle proposte degli Houston Gamblers, migrando nella nuova Lega, mentre per trattenere Hunter i Bills sono costretti a blindarlo con un ingaggio faraonico.

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Kelly in maglia Gamblers

Un Ferguson a mezzo servizio trascina Buffalo ad un incoraggiante 7-4 dopo undici partite, calando vistosamente però nella parte finale della stagione.
Nelle ultime 5 partite la squadra di Stephenson colleziona 4 sconfitte, e con l’8-8 finale si accontenta di guardare i playoffs in tv.
Cribbs corre per 1.131 yds ed è anche il miglior ricevitore della squadra, ma a fine stagione se ne scapperà in USFL per giocare con i Birmingham Stallions, dando il via all’inevitabile fase di declino della franchigia.
Stephenson è confermato, e gli viene dato il compito di far fronte all’ennesima rivoluzione.
Con il ritiro di Frank Lewis, il grave infortunio di Jerry Butler e la cessione di Tuttle a Tampa, il reparto ricevitori è pressoché azzerato. A rimpiazzarli arrivano il veterano Preston Dennard e il rookie Eric Richardson.
Da rifondare anche il reparto corse, che dopo Cribbs perde pure il Fb Leaks.
Come sempre la risposta arriva dal draft, questa volta sotto le spoglie del talentuoso Greg Bell.
In cabina di regia l’esausto Ferguson non è più protetto a dovere dalla linea offensiva, e Kofler risulta un rimpiazzo insufficiente.
Nota positiva è l’innesto del giovane Lb Darryl Talley, in sostituzione del tagliato Parker.
Le 11 sconfitte consecutive di inizio anno quindi non sorprendono nessuno, così come il record finale di 2-14 che riporta Buffalo nell’inferno della mediocrità.
Unico sorriso di quella stagione è la vittoria interna sui Dallas Cowboys, nella quale Greg Bell si rende protagonista di una prestazione imponente, con 206 yds corse e 2 TDs segnati contro una delle migliori difese della Lega.
L’85 si apre allora col sapore dolce-amaro della prima scelta al draft.
La scelta pare ai più scontata, con Buffalo che pare obbligata a prendere il piccolo grande uomo da Boston Doug Flutie, il Qb illusionista dal fisico da fantino con gambe e braccia di platino.
Ma l’appuntamento con Doug è rimandato: i Bills si fiondano sul miglior De del lotto, il vincitore dell’ Outland Trophy Bruce Smith.
Gli avvoltoi dell’USFL tentano d’inserirsi, ma stavolta il boccone è troppo ghiotto, Smith firma un quadriennale per 2.6 milioni di $ l’anno.
L’85 rappresenta anche l’addio del grande Joe Ferguson, per 12 anni guida sicura di una squadra non sempre alla sua altezza.
Designato a sostituirlo è Vince Ferragamo, esperto Qb da Los Angeles, al quale si aggiunge dal draft un rookie pescato al terzo giro, Frank Reich.
Il draft ‘85 è una vera e propria manna, traducendosi negli anni nel miglior investimento mai fatto dai Bills. A Smith e Reich vanno aggiunti il Wr Andre Reed, il Cb Derrick Burroghs, l’Ol Mark Traynowicz e il Lb Hal Garner.
Dalla USFL arriva il K Scott Norwood, mentre, attraverso una trade, i Bills prendono l’ottimo Te Pete Metzelaars.
Come se non bastasse, torna il figliol prodigo Cribbs, che sarà però solo una spalla per l’esplosivo Bell.
Buffalo ha cambiato pelle, ponendo le basi di un progetto ambizioso, ma per i risultati occorrerà ancora attendere.
A farne le spese è coach Stephenson, esonerato dopo quattro sconfitte consecutive a inizio stagione e sostituito dall’assistente Hank Bullough.
Con lui le cose non migliorano, ed alla fine sarà ancora 2-14.
Negativa soprattutto la stagione di Ferragamo, mentre Bell, Cribbs e Reed rendono decenti le cifre di corsa e ricezione.

Quello che nell’85 era un progetto ambizioso, si trasforma nel 1986 in una splendida realtà.
Dopo la pessima stagione dei QBs e il continuo via vai di allenatori, Buffalo è in cerca dell’uomo guida sia in campo che fuori
La prima risposta arriva dalla USFL.
La nuova Lega è in affanno e decide di sospendere il campionato per quella stagione.
Nell’Nfl arrivano centinaia di giocatori acquistabili, e tra questi quel QB che tre anni prima Buffalo aveva scelto al draft, Jim Kelly.
Il 18 Agosto Kelly firma un contratto di 5 anni per 8 milioni di $, mandando letteralmente in delirio la città dei Bisonti.

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Kelly finalmente ai Bills

Praticamente nessuno si accorge della cessione di Cribbs ai 49rs o del rilascio di Moore.
Il draft porta nuovi protagonisti. Arrivano il Lb Mark Pike, il Te Ducth Rolle, il Rb Ronnie Harmon e l’Ot Will Wolford.
L’esordio di Kelly e compagni al Rich Stadium contro i Jets conferma le grandi aspettative.
Il Qb completa 292 yds di passaggi e firma 3 TD passes, che non basteranno a battere i Jets, ma che lasceranno al pubblico la sensazione di aver trovato il braccio dei loro desideri.
Se il roster appare finalmente all’altezza delle ambizioni, così non si può dire dell’allenatore, ruolo ancora occupato dal transitorio Hank Bullough.
A lui è affidato il compito di traghettare la squadra ad un record finalmente positivo, ma il 2-7 iniziale costringe la dirigenza al licenziamento.
Il nuovo Head Coach è Marv Levy. Proveniente dai Chicago Blitz dell’USFL, ha già occupato la panchina dei Chiefs ed è stato l’ artefice degli straordinari special teams dei Redskins di qualche anno prima.
Alla fine dell’anno sarà 4-12, ma le 3.593 yds lanciate da Kelly, oltre alle positive prove di Smith e Pike, lasciano intravedere squarci di sereno all’orizzonte.

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Marv Levy

Arrivi e partenze caratterizzano anche il 1987.
In seguito ad un grave infortunio Jim Haslett viene rilasciato, così come se ne vanno Freeman, Sanford e Romes.
Le buone scelte al draft consentono arrivi importanti come quelli del Lb Shane Conlan, dei Cb Nate Odomes e Roland Mitchell e dell’Ot Howard Ballard. Nel finale di stagione, i Bills acquisiranno anche un altro Lb di indubbio talento, Cornelius Bennett.
Sul campo, Kelly sfiora nuovamente le 3.000 yds lanciate, Reed e Burkett ricevono per oltre 700 yds a testa, mentre Harmon delude, dimostrando come l’attacco dei Bills sia ancora monocorde, legato esclusivamente alla genialità del proprio Qb.
Se l’attacco denota qualche carenza, al contrario la difesa è in crescita costante.
L’apporto dei talenti presi negli ultimi draft si fa sentire, e le statistiche di fine anno parlano chiaro, con un Bruce Smith che mette a segno 12 sacks, un Conlan terrificante con 114 placcaggi e la safety Mark Kelso che porta a casa 6 intercetti.
A questi si aggiunga la grande stagione degli special teams, guidati da un monumentale Steve Tasker…la cura Levy dà i primi frutti.
Il record finale di quell’anno sarà 7-8, ma a sottolineare la crescita del team arrivano premi e convocazioni.
Conlan è Defensive Rookie dell’anno, mentre Smith e Tasker sono convocati al Pro Bowl, dove Bruce, con 5 placcaggi e 2 sacks, sarà eletto MVP.
Dopo molti anni il draft dell’88 non vede Buffalo protagonista, o meglio…non dovrebbe.
Senza scelte al primo giro Levy azzecca il jolly e firma al secondo un Rb promettente, Thurman Thomas. Quest’ultimo viene da un brutto infortunio, e nessuno può pronosticare che in un colpo solo i Bills abbiano risolto l’annoso problema delle corse.

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Thurman Thomas mette a sedere gli avversari

L’inizio è travolgente, 11 vittorie nelle prime 12 partite: schiantati Patriots, Dolphins e Jets in casa e in trasferta, dominati i Packers per 28-0, con l’unica sconfitta subita sul campo dei Bears.
La vittoria in overtime sui Jets per 9-6 consegna la supremazia divisionale, e scatena l’entusiasmo del pubblico, che invade il campo sommergendo ogni cosa, pali della porta compresi.
L’euforia contagia la squadra, che perde in cattiveria arrendendosi tre volte nelle ultime 4 partite e finendo per perdere il vantaggio del campo.
Dopo 22 anni, Buffalo torna a giocare tra le mura amiche una partita di playoff, avversari gli Houston Oilers.
Buffalo è avanti sin dall’inizio, ma Warren Moon e compagni restano in partita fino al termine.
Protagonisti tra i Bisonti Thomas, vero incubo per la difesa degli Oilers, Kelso, autore dell’intercetto della tranquillità, ed un Norwood che conferma la sua ottima stagione.
I Bills si impongono per 17-10 e volano a Cincinnati per giocarsi il titolo Afc.
I Bengals dominano l’incontro, tenendo la palla per oltre 39 minuti e costringendo i Bisonti a correre per sole 45 yds.
Il 21-10 finale dimostra come Levy debba ancora lavorare per forgiare non solo una squadra competitiva, ma anche e soprattutto vincente.
Thomas, nel suo anno da rookie, corre per 881 yds, mentre Smith, Smerlas, Hull, Bennett, Norwood e Conlan volano al Pro Bowl.

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Tifosi in delirio per il ritorno ai playoffs

L’89 è ancora scosso da pendenze contrattuali tra giocatori e dirigenze.
In ogni team i “rivoltosi” si contano a decine, e pure in casa Bills le tensioni non mancano.
Bruce Smith è tentato dai Broncos, tanto che per trattenerlo Wilson mette sul piatto un oneroso rinnovo contrattuale.
Accordo che invece non arriva con il Wr Burkett, mentre in extremis si trova una soluzione per Riddick e Tasker.
Come se non bastasse, poco prima dell’inizio della stagione Bruce Smith è sospeso dall’Nfl per l’intero mese di Settembre, e Riddick si infortuna, lasciando solo Thomas nel suo primo anno da titolare. Il primo sorriso arriva dal draft, dove al terzo giro viene preso un Wr che sarà presto protagonista, Don Beebe.
La stagione è sofferta, a buone prestazioni s’alternano cadute inaspettate, alle prodezze fanno da contraltare le giornate nere dei migliori giocatori.
Kelly deve fermarsi dopo un brutto colpo ricevuto nell’incontro con i Colts, ed al suo posto Frank Reich tiene a galla Buffalo per il mese successivo.
Il ritorno del 12 coincide con la volata playoff, che per i Bisonti ha l’aspetto di uno spareggio nell’ultima di campionato contro i Jets.
I timori spariscono presto, il 37-0 finale consegna la Wild Card contro i Browns e una squadra rinfrancata.
A Cleveland va in scena una delle partite più incredibili della storia Nfl, immancabile protagonista Buffalo, come al solito vittima sacrificale degli eventi.
Levy manda in campo un attacco stordente, 3 Wrs e un Thomas in appoggio, che a fine giornata totalizzerà 150 yds di ricezione.
I primi due quarti sono un avvincente botta e risposta.
Ad un Kelly che pesca Reed per un TD da 72 yds, risponde Kosar con una prodezza balistica di 50.
All’intervallo è 17-14 Browns, ma il “bello” deve ancora venire.
L’attacco di Cleveland non trova resistenza, e sembra chiudere i conti nel terzo quarto sul 24-14.
Kelly stenta e la riscossa parte dalla difesa, quando Kelso recupera un fumble vagante e restituisce il pallone all’attacco.
Thomas, con una corsa da 6 yds, riporta nella mischia Buffalo, ma nel gioco seguente tutto è perduto… per la seconda volta. Metcalf riporta in endzone il punt dei Bills per complessive 90 yds, ed è 31-21.
Dopo un FG è ancora Thomas a segnare, imbeccato da un Kelly che arriva a 4 TDs in giornata.
Sarebbe 34-31 se Scott Norwood non sbagliasse il punto addizionale, per il kicker un errore disgraziato in una stagione ottima, ma soprattutto un inquietante presagio.
Serve allora un’altra segnatura e Kelly spinge i suoi fin sulle 11 dei padroni di casa, ma lì termina la rincorsa. Dopo vani tentativi il Qb, messo sotto grande pressione, viene intercettato e per Buffalo è la fine della corsa.
Digerita la delusione è tempo di entrare in una nuova decade.
Le ultime stagioni hanno visto la squadra di Levy costante protagonista, ma troppo spesso un momento di pausa in stagione regolare ne ha compromesso la postseason, costringendoli a trasferte proibitive.
Parola d’ordine nel 1990 è quindi concentrazione sin da inizio anno.
Il draft stavolta non porta stelle, ma con gli arrivi del Cb S.D. Williams e dell’Ot Glenn Parker completa un organico già competitivo in ogni reparto.
Anche a causa delle assenze, i Bills affondano in preseason, raccogliendo 4 sonore sconfitte e preoccupando non poco tifosi e dirigenti.
Chi non si scompone è Levy, che manda in campo i suoi ragazzi con un attacco no huddle che tramortisce gli avversari uno dopo l’altro.
La striscia è di 9 vittorie in 10 partite, con imprese memorabili come i 3 TDs segnati in 77 secondi nella vittoria per 29-28 sui Broncos, od i 24 punti segnati nell’ultimo quarto nella vittoria per 38-24 sui Raiders.
Buffalo chiude la stagione con un record di 13-3, vince il suo terzo titolo divisionale e si prepara a ricevere gli avversari sul proprio campo.
Una settimana dopo arrivano in una tormenta di neve i Miami Dolphins di Dan Marino.
La no huddle non risente delle condizioni climatiche, ed a fine partita Kelly avrà lanciato per 339 yds e 3 TDs, Thomas corso per 117 con 2 TDs, mentre Reed e Lofton ricevuto per complessive 289 yds.
Miami non riuscirà mai a farsi sotto nel risultato, pur mantenendo un distacco onorevole: il 44-34 rispecchia quest’andamento.
Per l’Afc Championship gli avversari designati sono i Los Angeles Raiders.
Non c’è la neve e qualcuno vede Buffalo in affanno, ma con un primo drive da 75 yd che si conclude col TD di Lofton, anche i più scettici devono arrendersi.
Chi si arrende sono senz’altro i Raiders, che in un amen sono già sotto 21-3, ed il risultato non è destinato a migliorare.

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La terribile difesa dei Bills all’opera

Con un incredibile 74% di passaggi completati, Kelly schianta ogni velleità di rimonta, chiudendo i conti sul 51-3. I Bills sono al primo Super Bowl della loro storia e ci arrivano da grandi favoriti.
La 25esima edizione del Grande Ballo si tiene a Tampa, in Florida.
Avversari dei Bills sono i sorprendenti Giants, team di antichissima tradizione ma inatteso ad una stagione così positiva. Stelle della squadra di New York il Qb Jeff Hostetler e il Rb Otis Anderson, ma soprattutto la miglior difesa della Lega.
L’inizio di Buffalo è furente, ed i Giants riescono solo a limitare i danni con rare incursioni nel territorio offensivo degli avversari.
Sul 3-3 Kelly giostra un drive da 80 yds, infilando un completo dopo l’altro e consentendo a Don Smith di andare a TD con una corsa da 1 yd….10-3.
L’odore del sangue scatena l’adrenalina nei difensori dei Bills, e per i Giants anche il minimo guadagno pare un’impresa fuori portata. Il capolavoro lo mette a segno Bruce Smith, che nel secondo quarto stende Hostetler nella sua endzone, è la safety del 12-3 e la conferma di una finale a senso unico.
Il seguente possesso potrebbe scavare un solco decisivo nel punteggio, ma Kelly e compagni gestiscono male la palla e la restituiscono ai boccheggianti Giants, con 3 minuti e 49 secondi all’intervallo.
Hostetler piazza una serie di completi strabiliante, e trova in endzone Stephen Baker per il 12-10 a pochi secondi dal termine del quarto.
Buffalo, nonostante una sostanziale superiorità, va al riposo con un vantaggio minimo e con il peso di non aver chiuso la partita nel momento propizio.
I Giants cavalcano l’inerzia.
L’attacco dei Bills va fuori giri, la no huddle stenta a decollare e Kelly è annichilito dalla costante pressione della selvaggia difesa newyorkese.
Il momento è cruciale e Hostetler non se lo lascia scappare.
Orchestra un drive da 75 yds e consente ad Anderson di realizzare su corsa il TD del sorpasso, 12-17.
L’ultimo quarto vede un’alternanza sterile degli attacchi fino al big play di Thurman Thomas, che con una corsa di 31 yds restituisce fiducia ad un attacco palesemente scosso e riporta avanti i Bisonti sul 19-17.
L’esultanza dura poco, infatti Hostetler corona una partita sontuosa con un lungo possesso che si concretizza col FG di Matt Bahr, 19-20.
Il tabellone dice 2:16 al termine, e Kelly si trova a dover partire dalle proprie 10 yds contro una difesa che fino a quel momento non gli ha concesso nulla.
Prima una corsa di Thomas da 22 yds, poi quella di Kelly che chiude un down difficile, ed a 48 secondi dalla fine viene chiamato l’ultimo timeout.
Seguono un completo corto ed 11 yds di corsa di Thomas; i Bills hanno scalato una montagna e a 7 secondi dalla fine consegnano a Norwood un FG dalle 47 yds.
Lingner rilascia per Reich che prende il pallone e lo appoggia sull’erba.
Norwood calcia, strozzando le preghiere che compagni e avversari hanno in gola, ma mentre tutti cercano di intuire la traiettoria, il K vede nascere il suo calcio troppo a destra e morire sulla maledetta erba di Tampa.
I Giants sono Campioni e tutto il resto è un grappolo interminabile di replay che condanna Buffalo a iscriversi sulla pagina sbagliata della storia Nfl.

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Il sanguinoso errore di Norwood

Non resta che girare pagina, la stagione 1991 è già alle porte.
Nell’offseason i movimenti sono minimi, a qualche partenza di secondo piano corrispondono piccoli ritocchi. L’occasione è ancora una volta il draft, nel quale vengono scelti il De Phil Hansen e il Db Darryl Wren.
Da segnalare come la preseason Nfl sbarchi in Europa, e protagonisti sono proprio i Bills, che sconfiggono per 17-13 gli Eagles nel tempio del calcio mondiale, il Wembley Stadium.
Nonostante i continui acciacchi, Kelly e Smith si fanno trovare pronti per l’inizio del campionato: riparte la corsa al titolo.
Con 583 yds d’attacco prodotte, i Bisonti piegano in una partita durissima i Dolphins, e danno un segnale di forza inequivocabile, al quale fa seguito una striscia esaltante di vittorie.
Poco oltre la metà stagione, i playoffs sono già prenotati, ed alcune settimane dopo anche il quarto titolo divisionale consecutivo è realtà, con un record finale di 13-3.
Gli inconvenienti non sono mancati, dagli stop forzati di Kelly e Smith a quello inaspettato di Thomas, ma i sostituti si sono rivelati all’altezza, con Reich e Davis a guidare il solito attacco stellare.
La Wild Card vede come avversari i Chiefs, che si trovano a dover fare i conti con la voglia montante di Buffalo di tornare sul luogo del delitto e chiudere i conti col passato una volta per tutte.
La partita è a senso unico, e il 37-14 finale non lascia spazio a repliche.
Rivali di ben altro spessore sono i Broncos di John Elway, sin dall’inizio dell’anno designati come i veri avversari dei Bills nell’Afc.
L’incontro è dominato dalle difese e dagli errori.
Quelli decisivi li commette però il K di Denver David Treadwell, che mancando non uno ma tre FGs da distanza abbordabile, finisce per decidere il 10-7 conclusivo.
E’ ancora Super Bowl.
A Minneapolis, stavolta, la banda di Levy arriva da sfavorita, opposta ad uno dei team più vincenti dell’Nfl, quei Washington Redskins che avevano già vinto due titoli negli ultimi 9 anni.
Il gomito a gomito dell’anno precedente con i Giants è solo un ricordo, il Qb della capitale Mark Rypien non dà tregua ad una difesa in affanno, trovando senza fatica i WRs Clark e Monk, mentre la difesa dei Pellerossa non concede spazi.
Nel terzo quarto, il punteggio è sul 24-0 e solo nel finale di partita Washington allenta la morsa, permettendo a Buffalo di rendere la sconfitta meno umiliante, 37-24.

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Beebe a segno nel XXVI Superbowl

Rialzarsi stavolta è veramente difficile, ma nel football le regole sono chiare, uno vince e gli altri perdono, il 1992 chiama ed i Bills vogliono di nuovo rispondere presente.
Per scacciare qualche fantasma viene ceduto Norwood, al suo posto da Tampa giunge il K Steve Christie.
Ottimo è il draft ‘92 che porta talento e forze fresche, su tutti l’ OL John Fina, il DE James Patton e la safety Kurt Schultz.
Dopo un facile successo all’esordio contro i Rams, i Bills colgono una storica vittoria sul campo dei 49ers, nel primo incontro della storia Nfl senza punt.
Kelly sfonda quota 400 yds in una partita di regular season, stabilendo il primato di franchigia, e grazie anche alla prova del rivale Steve Young, le due squadre totalizzano più di 1.000 yds, quarta partita di sempre in questo senso.
La stagione prosegue sul copione degli anni passati, e l’egemonia divisionale pare ripetersi nell’impotenza generale.
I Bills incappano però in un paio di sconfitte inattese, ed arrivano all’ultima di campionato appaiati ai Miami Dolphins. I Delfini si aggiudicano il loro incontro, e per Buffalo si impone l’obbligo di vincere con gli Oilers per aggiudicarsi la Divisione e prenotare il fattore campo.
Nel Sunday Night, però, i padroni di casa si giocano il tutto per tutto, in caso di vittoria infatti approderebbero alla Wild Card, e gli avversari sarebbero proprio i Bills.
Le motivazioni di Houston e le pessime condizioni di Kelly risolvono la partita in una caporetto per 27-3.
Le condizioni degli uomini di Levy sono pessime; con Kelly e Bennett fuori gioco e il morale sotto i tacchi, la nuova sfida con gli Oilers pare pendere decisamente per gli ospiti.
Ad Orchard Park tira un vento fastidioso, che sembra disturbare però solo Buffalo.
Moon taglia a fette le scosse secondarie casalinghe e colpisce a ripetizione, scavando nel risultato un solco umiliante.
All’inizio del terzo quarto gli Oilers conducono 35-3 e controllano senza affanni la tenue reazione avversaria.
I Bills, orfani pure di Thomas per un infortunio, si affidano a Frank Reich e compiono la più grande rimonta della storia Nfl.

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Reich autore di un’incredibile impresa

Prima Kenneth Davis conclude in endzone un lungo drive di passaggi, poi Christie recupera un on-side kick che pochi secondi dopo Beebe trasforma in TD… 35-17.
Reich trova poi Reed per il TD del 35-24, e nel drive seguente Moon è intercettato con il pallone nel territorio Oilers. Il risultato è l’ennesima ricezione vincente di Reed, che riporta a contatto Buffalo, 35-31. A 3 minuti dalla fine è sorpasso, e con scarsa originalità Reich trova il solito Reed nell’incustodita endzone avversaria, 35-38.
Il pomeriggio è però ancora lungo, e Del Greco calcia tra i pali il FG dell’overtime.
Palla agli ospiti. che sprecano l’occasione, e nel drive successivo Christie piazza il FG decisivo, 41-38: il Bisonte è divenuto fenice.
Con Reich in cabina di regia e le stelle all’ospedale, i Bills sbarcano a Pittsburgh e nessuno scommetterebbe un dollaro sulla loro vittoria, ma gli Acciaieri stanno per passare un brutto quarto d’ora.
Un attacco cinico quanto basta e una difesa che stritola il povero O’Donnel spianano la strada ad un successo facile facile. 24-3 il risultato finale, e Buffalo si prepara a prendere un nuovo aereo, destinazione Florida.
I Dolphins hanno vinto la divisione e si presentano tra le mura amiche come la più seria candidata al Super Bowl.
Ma ad arenarsi sotto il sole di Miami sono proprio i Delfini, che vedono cadere Dan Marino sotto i colpi di una difesa assatanata.
Il ritorno di Kelly chiude il conto sul 29-10, terzo titolo Afc consecutivo in saccoccia e tutti a casa.
A Pasadena arrivano due squadre agli antipodi, i Bills squadra del destino e i Cowboys favoriti d’obbligo.
Il trio delle meraviglie Aikman, Smith ed Irvin pare soffrire inizialmente la difesa dei Bisonti, che a sorpresa si portano avanti con un TD su corsa di Thomas.
Ma qui finiscono le speranze e cominciano gli incubi.
Due turnovers consecutivi sono trasformati dai Cowboys in altrettanti TDs e per Kelly e compagni comincia un calvario che si concluderà con il 52-17 finale.
Dopo aver partecipato contro i Giants al primo Super Bowl senza turnovers, i Bills stabiliscono un nuovo record giocando in quello con più palle perse.
Tira aria di rifondazione alla viglia della stagione ’93.
Se ne vanno Conlan, Bailey ed Hicks, mentre Lofton si ritira col record di oltre 13.000 yds ricevute in carriera.
Il draft riserva poche sorprese, ma gli arrivi del Cb Thomas Smith e del Wr Russel Copeland regalano alternative valide ad un roster dissanguato dalle recenti partenze.
La solita preseason stentata dà fiato alle cassandre di turno, ma l’inizio del campionato trova Buffalo pronta all’ennesima partenza sprint.
Con 7 vittorie in 8 partite, la Division è praticamente vinta, mentre per il vantaggio del fattore campo bisognerà attendere solo poche settimane.
Al primo turno dei playoffs gli avversari sono i Raiders.
La partita è controllata dalle difese, che non permettono break decisivi da entrambe le parti. I Bills si mantengono comunque in vantaggio grazie all’efficacia delle corse ed alla lucidità di Kelly, subendo il ritorno ospite solo nel finale.
Gli infortuni di Thomas e Metzelaars complicano le cose, tanto che il TD decisivo arriva a soli 3 minuti dal termine dell’incontro.
Buffalo, pur stentando, avanza, ma la finale Afc contro i Chiefs di Joe Montana appare un impegno proibitivo.
Chi si aspetta un scontro tra QBs resta deluso, Levy infatti punta forte sulle corse, che a fine giornata arriveranno ad un totale di 229 yds contro le misere 52 avversarie.
Un buon Montana viene contenuto egregiamente, impedendogli di trovare l’endzone nei primi due quarti, conclusisi sul 20-6.
Il resto è accademia, con Buffalo che controlla e colpisce con Thomas e Kelly nei momenti giusti ed i Chiefs che annaspano senza mai entrare in partita.
Col 30-13 finale, i Bisonti diventano il primo team della storia Nfl ad approdare al Super Bowl per la quarta volta consecutiva.
Ad un anno di distanza si ripete la stessa finale, con i Cowboys se possibile ancora più favoriti, vista la prepotente superiorità dimostrata in stagione regolare.
La città di Atlanta ospita quindi la rivincita e l’inizio di Buffalo sciocca un’America convinta del successo dei paladini texani.
Con un TD su corsa di Thomas e un FG dalle 54yd di Christie, gli underdogs si trovano sul 13-6 a 55 secondi dall’intervallo, potendo per di più gestire l’ultimo possesso del quarto.
Un Thomas fino a quel momento dominante perde però il pallone, che la safety texana James Washington riporta per 46 yds in TD…13-13.
D’improvviso la luce si spegne, ed al ritorno dagli spogliatoi il fantasma dell’ennesima sconfitta si materializza.
Thomas perde un altro pallone, Kelly è intercettato e la difesa si squaglia sotto i colpi di un grande Emmitt Smith, premiato poi come MVP dell’incontro.
Il 30-13 finale consegna gli onori a Dallas, mentre forte è l’impressione che per i Bills si sia concluso il ciclo della più democratica delle dinastie.

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Il fumble di Thomas nel Superbowl del ’93

Inevitabili e dolorose le partenze in offseason.
Si ritirano Kelso e Odomes, mentre vengono lasciati liberi di andare Richter e Ballard.
Il draft porta giocatori promettenti, ma penalizzati dal ricambio generazionale in atto.
La stagione parte bene, ma in poco tempo infortuni e stanchezza compromettono la riconferma del dominio divisionale.
A 5 giornate dal termine, Buffalo è ancora in corsa, ma una disgraziata striscia di 4 sconfitte compromette tutto, interrompendo la serie delle apparizioni ai playoffs.
Nonostante i risultati negativi, i leaders dell’attacco chiudono la stagione con statistiche accettabili.
Kelly sfonda per l’ennesima volta le 3.000 yds lanciate, mentre Thomas e Reed si confermano sopra le 1.000 yds corse e ricevute.
Nel 1995, l’Nfl conta due nuove affiliate, i Carolina Panthers ed i Jacksonville Jaguars, le quali pescano a piene mani nei teams esistenti per formare i loro rosters.
Gli addii nelle fila dei Bills sono pesanti, da Reich a Metzelaars, a Beebe e Talley.
In compenso, è in quest’anno che si fanno i migliori investimenti per impostare un nuovo ciclo vincente.
Sul mercato vengono presi il Lb Bryce Paup ed il massiccio Dt Ted Washington, mentre dal draft arrivano la guardia Ruben Brown, il Cb Ken Irvin e il Lb John Holecek.
L’inizio bruciante, con 5 vittorie in 6 partite, illude tutti che Kelly e compagni siano tornati ai vecchi splendori, ma presto il calo della condizione fisica e la crescita tecnica degli avversari mettono a dura prova una squadra ancora alla ricerca di una nuova strada.
Col record di 10 vinte e 6 perse i Bills tornano a vincere la Division, ma sono costretti a giocare la partita di Wild Card per accedere ai playoffs.
Al Rich Stadium arrivano gli arcirivali di Miami, non più bestie nere come negli anni ’70, ma pur sempre dotati di un fuoriclasse in cabina di regia.
Per Marino, però, la trasferta nel freddo newyorchese porta decisamente male, vittima della ferocia di una difesa che lo ha eletto bersaglio preferito nel tiro al Qb.
I Dolphins escono dalla partita in un amen, fatti a fette da un attacco tornato cinico e votato ai big plays.
Kelly, Thomas e Tasker confezionano un 37-22 assai più netto di quanto non dica il risultato, nel terzo quarto infatti il punteggio era 27-0.
Senza fattore campo, i Bisonti devono fare le valige, meta il Three Rivers Stadium, tana dei Pittsburgh Steelers .
Senza Smith, e con un Kelly che deve arrendersi dopo l’intervallo, il match è impari.
Gli Acciaieri scappano sin dall’inizio, arrivando sul 23-7 nel terzo quarto.
Un Thomas straripante riporta a -5 Buffalo, prima che i padroni di casa mettano a segno il forcing finale, chiudendo sul 40-21.

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Bruce Smith, colonna dell’era Levy

I Bills del ’96 sono un’incognita difficile da leggere.
Se è vero che nel roster sono presenti ancora diversi protagonisti dell’era Levy, sempre più evidenti sono le difficoltà di gestire il tetto salariale.
I contratti di Kelly, Thomas, Smith e Bennett impediscono di costruire un’ossatura di squadra più competitiva e diventa sempre più pressante il momento delle decisioni…tenere i grandi nomi per puntare ancora al titolo o chiudere definitivamente l’era più gloriosa della franchigia?
Si decide di sacrificare Bennett e puntare tutto sul draft.
Come spesso accaduto, gli scout di Levy azzeccano il jolly e portano a casa grandi prospetti come il Wr Eric Mouls, il Lb Gabe Northern e il Te Jay Riemersa.
Nella stagione regolare, i Bills viaggiano sempre sopra quota .500, ma riescono ad eccellere solo a sprazzi, riducendosi all’ultima partita per centrare il risultato minimo della Wildcard.
Avversari i Chiefs di Steve Bono, battuti 20-9 grazie alla grande giornata della coppia difensiva Smith – Hansen, ma tenuti in corsa sino alla fine da un attacco dei Bills non abbastanza spietato.
Col 10-6 in stagione si arriva per l’ennesima volta ai playoffs, mancati una sola volta dal1988.
Al Rich Stadium gli avversari sono i giovanissimi Jacksonville Jaguars, guidati dal Qb Mark Brunell e dal Wr Jimmy Smith.
I primi due quarti restano sui binari dell’equilibrio, ma mentre Buffalo segna due volte con Thomas, i Jaguars restano in scia grazie ad un paio di intercetti concessi da Kelly.
I due kickers mantengono l’equilibrio fino al 20 pari, quando un intercetto di Burris sembra dare ai Bisonti i punti della vittoria.
Sul 27-20 per i Bills, Brunell trova prima Smith per il TD del pareggio e poi, grazie ad un fumble recuperato, mette sui piedi di Hollis il FG del definitivo 30-27 per i Jaguars.
Nel finale, Collins sostituisce Kelly senza risultato, e per i padroni di casa è la prima sconfitta nei playoffs tra le mura amiche.
Al termine della stagione Wilson Jr. informa Kelly di volerlo tagliare, ed il Qb, in una conferenza stampa molto sofferta, annuncia il ritiro.
Dopo 11 anni, Buffalo cambia braccio.
L’onere ricade su Todd Collins, fino a quel momento panchinaro dagli scarsi risultati, mentre dal draft arriva Joe Hobert, ma neppure la sua stella troverà modo di brillare in quel disgraziato ’97.
Oltre ad Hobert, tra i rookie più attesi vi sono anche il Rb Antoine Smith e il De Marcellus Wiley, ai quali si aggiunge il free agent Pat Williams, un Dt di grande valore.
Alla triste stagione di Collins si unisce un grave infortunio a Thurman Thomas, che diventa però trampolino di lancio per il nuovo Rb.
Antoine Smith si propone come vera alternativa futura al tramontante Thomas, ma le sue statistiche poco incidono sul 6-10 di fine stagione, che porta all’assenza dei Bisonti dai playoffs dopo un decennio al vertice.
A chiudere definitivamente un’epoca ci pensa Marv Levy, che a fine anno annuncia le dimissioni e lascia il suo posto all’allenatore della difesa Wade Phillips.
Chiodo fisso del mercato nel 1998 è il Qb che deve sostituire Kelly nel cuore dei tifosi.
Rilasciato senza rimorsi Collins, i Bills acquisiscono due nuovi protagonisti, Rob Johnson ed il leggendario Doug Flutie.
Il secondo vanta una carriera da protagonista nella CFL ed un Heisman Trophy, ma a questo unisce il carisma del leader e la fantasia di un giocoliere.
Paup viene ceduto nell’operazione che porta a Buffalo Johnson, e tra gli altri vengono lasciati liberi anche Burris e Lacina.
Oltre ai nuovi QBs vengono firmati il Fb Sam Gash e la G Joe Panos, mentre dal draft arrivano il Lb Sam Cowart e l’Ot Robert Hicks.
La squadra è completamente cambiata, il potente braccio di Kelly è rimpiazzato dalla frenetica mobilità di Flutie, le improvvise falcate di Thomas sostituite dai solidi guadagni di Smith, mentre la difesa si va rinnovando sotto l’ala protettiva di Bruce Smith.

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Le magie di Flutie per dimenticare Kelly

Il risultato è una stagione divertente ed il ritorno ai playoffs, che passa attraverso la Wild Card sul campo dei Dolphins.
In un match serrato e ricco di turnovers, la differenza la fa una chiamata dubbia degli arbitri nel finale, quando Buffalo, sotto per 24-17, arriva fino alle 5 yds di Miami, dove però perde la palla con un fumble che la panchina ospite contesta senza successo.
Miami avanza, ma per Flutie e compagni pare aprirsi un periodo di buone soddisfazioni.
Dopo lunga consultazione, il general manager John Butler e Ralph Wilson Jr. decidono di non cedere i pezzi pregiati nell’offseason del 1999, a costo di pesanti ripercussioni sul salary cap.
La scommessa è di tornare al Super Bowl grazie alle magie di Flutie ed alla tenacia di una difesa mai doma.
Doug non delude le aspettative: nelle prime 15 partite di campionato completa 3.171 yds di passaggi e corre per altre 476, guidando i Bills ad un record di 10-5.
Wade Phillips, sorprendendo tutti, schiera nell’ultima partita di stagione regolare Rob Johnson come Qb titolare, scatenando tra i tifosi ed i media una ridda di illazioni e proteste.
La tranquilla città di Buffalo si ritrova spaccata in due, da una parte i flutiani e dall’altra i johnsoniani, mentre con l’11-5 di fine anno la squadra si trova a dover far visita ai Titans nel turno di Wild Card.
L’head coach difende le sue decisioni, ed in quel di Nashville consegna il pallone nelle mani di Rob Johnson.
La scelta pare dar torto a Phillips sin dal primo quarto, quando lo scatenato De dei Titans Jevon Kearse stende Johnson nella sua endzone procurandosi una safety.
Le cose non migliorano 5 giochi più tardi, con il TD su corsa di Steve McNair.
Sul 9-0 ci si mettono pure gli arbitri, che prima annullano un TD apparentemente valido del rookie Peerless Price e poi, fischiando un holding alla difesa dei Bisonti, permettono al K Del Greco di ripetere un FG precedentemente fallito.
Nel terzo quarto prende quota il gioco su corsa di Buffalo, che con Antoine Smith apre squarci inattesi nell’impermeabile difesa dei padroni di casa.
Con 2 TDs, Smith porta avanti i suoi per 13-12 all’inizio dell’ultimo quarto.
Il vantaggio viene azzerato da un altro calcio di Del Greco tra i pali, che relega i Bills sul 13-15 a 1:41 dalla fine e senza timeouts.
Come nei più bei racconti di imprese sportive, Rob Johnson, dopo una partita anonima, riemerge con un drive fulmineo che dà a Christie il FG del sorpasso…16-15 a 16 secondi dalla fine.
La squadra che ha fatto del dramma sportivo il suo marchio di fabbrica non può non essere protagonista negativa dell’azione passata alla storia come “The Miracle of Music City”.
Il punt viene ricevuto da Frank Wycheck, che con la mossa della disperazione la passa a Kevin Dyson… risultato…75 yds di TD…tempo scaduto…22-16… Bills sconfitti.

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Miracolo per i Titans, beffa per i Bills

L’azione risulterà viziata da un’infrazione per passaggio in avanti, e per non farsi mancare niente Dyson sfiora pure il ginocchio a terra…ma la festa a Tennessee è già iniziata, e l’arbitro-capo non si fa convincere nemmeno dall’instant replay…fine del campionato ed inizio della resa dei conti.
L’offseason si trasforma in una sorta di svendita generale.
Se ne vanno, tra gli altri, Bruce Smith, Thomas, Reed, Gash, Shultz e Northern.
Alle cessioni forzate si aggiunge il peggior draft degli ultimi 20 anni, che porta sul lago Erie una frotta di carneadi, mentre il penoso cap costringe Buffalo a rinunciare completamente ai free agents.
All’inizio del campionato del 2000 Flutie è relegato in panca, ma Phillips, in seguito all’infortunio di Johnson, sarà costretto a schierarlo nel finale di stagione.
L’8-8 finale evidenzia solo in parte il momento di confusione in casa Bills, al quale inevitabilmente dovrà porre rimedio Wilson Jr. al termine della stagione.
Alla vigilia del nuovo campionato, i Bisonti sforano il tetto salariale per una cifra attorno ai 16 milioni di $, inevitabile il licenziamento di Butler e la sua sostituzione con Tom Donahoe, al quale viene chiesto di salvare la franchigia da un tracollo finanziario ormai più che probabile.
Sacrificati in quel 2001 Holecek, Rogers, Willey, Christie, Antoine Smith, Linton, Nails, Panos, Washington, Mohr ed il mai abbastanza rimpianto Doug Flutie.
Donahoe azzecca però un buon draft, assicurandosi il talento del Rb Travis Henry, del Cb Nate Clemens e del De Aaron Schobel.
Con oculati innesti di vecchi marpioni, riesce infine a costruire il miglior organico possibile nella situazione contingente, con l’obiettivo dichiarato di ben figurare ed iniziare un progetto di lungo respiro.
Sulla panchina non siede più Phillips, ormai detestato da gran parte dei tifosi, ma il debuttante Gregg Williams.
Chi invece viene riconfermato, nonostante tutto, è Rob Johnson.
La sua sarà una stagione disastrosa, tanto da costringere Williams a sostituirlo con l’incredulo Alex Van Pelt a metà stagione.
Il 3-13 conclusivo è il frutto di un’annata tribolata in ogni senso, ma anche il fondo dal quale si può solo risalire.
Se il 2001 è stato un anno di sacrifici indispensabili, il 2002 rappresenta il sospirato rilancio.
Donahoe, anche dopo i ritiri e le cessioni di Hansen, Fina, Cowart e Johnson, può finalmente disporre di un ampio margine di manovra nel tetto salariale, ricostruendo da cima a fondo l’intero organico.
Buffalo si scatena sul mercato dei free agents, acquisendo i LBs London Fletcher ed Eddie Robinson, il De Chidi Ahanotou, il K Mike Hollis, il Te Dave Moore ed il C Trey Teague.
Non da meno il draft, che vede arrivare il massiccio Ot Mike Williams, la S Coy Wire e il Wr Josh Reed.
Ma il colpo dell’anno arriva con l’ingaggio del Qb dei Patriots Drew Bledsoe, messo in disparte da New England per il giovane prodigio Tom Brady, e pronto a prendersi la desiderata rivincita.

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I Bills puntano su Drew Bledsoe

Per Bledsoe è un anno magico: cancellando dai record di franchigia il nome del mitico Kelly, si candida ad essere il suo erede.
Per lui 4.359 yds completate con 24 TD passes ed ovvia convocazione al Pro Bowl assieme ai compagni Henry, Moulds e Brown.
Nonostante le incredibili statistiche, i Bills mancano i playoffs, concludendo con un 8-8 tutto da decifrare.
Ad un attacco semplicemente esplosivo corrisponde una difesa imbarazzante, figlia dello smantellamento degli anni precedenti e dell’altissimo livello della Eastern Division.
Il morale del team è però alto in vista del campionato del 2003.
Le prestazioni dell’attacco fanno dormire sonni tranquilli, mentre sul mercato la dirigenza mette a segno colpi decisivi per alzare il valore della difesa.
Viene sacrificato Price per arrivare a tre innesti di capitale importanza come Takeo Spikes, Jeff Posey e Sam Adams.
Con loro arrivano anche il Wr Bobby Shaw, il K Ryan Lindell e il Te Mark Campbell.
Dal draft ci si aspetta l’ultimo ritocco per la difesa, ma a sorpresa i Bills scommettono sul Rb Willis McGahee, fermo per un gravissimo infortunio e sicuro assente per l’intera stagione entrante.
Tutto viene poi affidato a Gregg Williams, che può subito mettere alla prova la sua creatura nell’attesissimo esordio casalingo con i fortissimi Patriots.
La partita è un autentico massacro. Buffalo domina con irrisoria facilità, esaltandosi per un attacco inarrestabile e gongolando per una difesa che lascia a secco le bocche da fuoco di New England.
Il 31-0 a finale sembra garantire una stagione da protagonisti, ma dopo la stentata vittoria sui Jaguars nella partita seguente, arriva il crollo.
La sconfitta con Miami mette in risalto la totale impotenza della linea offensiva, perforata dai blitz avversari ed incapace di proteggere un Bledsoe spaurito.
Arrivano una seria interminabile di sconfitte, mentre le poche vittorie nascono solo da grandi giocate difensive.
L’ultima di campionato vede Buffalo soccombere sul campo dei Patriots per 31-0 e terminare l’anno con un frustrante 6-10.
Bledsoe non raggiunge nemmeno le 3.000 yds su passaggio, collezionando più intercetti che TDs e subendo una marea di sacks.
A farne le spese è Gregg Williams, sostituito dall’allenatore dell’attacco di Pittsburgh Mike Mularkey.
Il resto è storia recente, con gli arrivi di Evans, Losman ed Euhus dal draft e quelli di Villareal e Vincent dai freeagent.
L’inizio è disastroso, con 6 sconfitte nelle prime 9 partite; ad esso segue la rimonta esaltante, che porta i Bills ad un passo dai playoffs, per essere fermati in casa dagli Steelers.
Dal 9-7 della scorsa stagione riparte la rincorsa di Buffalo, divisa tra incognite e speranze.
Dopo il rilascio di Bledsoe e la spinosa questione Henry, comunque destinata a veder partire il Rb, tutto pesa sulle spalle dei giovani Losman e McGahee.
Se il Rb ha già fatto intravedere doti notevoli nel finale dell’ultimo campionato, grande attesa e preoccupazione c’è per le prestazioni di Losman, un Qb poco apprezzato dagli addetti ai lavori, ma sul quale Donahoe ha scommesso l’intera stagione.
Infine, se la difesa pare tra le migliori della Lega, la linea offensiva, in recupero nella seconda parte dello scorso anno, pare addirittura indebolita dal mercato, con la sanguinosa cessione di Jennings e l’arrivo del volenteroso Gandy dai Bears.

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Losman è la grande scommessa della prossima stagione

In una divisione di ferro, per i Bills si annuncia un anno di esperimenti, che solo la rivelazione di un Losman sopra le righe e di una linea offensiva dalla ritrovata solidità potranno trasformare nella stagione del ritorno ai playoffs.

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