Chicago vince con Grossman.

Soldier Field, Chicago, 18 dicembre 2005: si gioca il Sunday Night Football della Nfl, partita tesa ed importante per le due squadre che si fronteggiano in piena caccia di un posto ai playoff. Atlanta Falcons contro Chicago Bears, Michael Vick contro Kyle Orton, Warrick Dunn contro Thomas Jones. Tutto sembra ok, ma dopo un brutto primo tempo qualcosa cambia; terzo periodo, punt dei Falcons e Chicago torna in campo con il reparto offensivo. A bordo campo si è tolto l’ingombrante giaccone che serve ai giocatori inattivi per resistere alla gelida temperatura di Chicago il numero 8: Rex Grossman. Dal settembre 2004 la scelta numero 12 del draft 2002 è ferma ai box, prima per i legamenti, poi per una caviglia che ha fatto crack. Ora è lì, con la paura di un novizio, un terzo anno che ha giocato meno partite di un rookie, un ragazzo bersagliato dalla sfortuna che ritrova il proprio huddle. Grossman entra in campo tra il boato e l’applauso della folla, si riunisce coi suoi compagni, chiama il gioco e finalmente, con 12:55 da giocare nel terzo periodo e sulle 49 yards di Chicago, Rex torna a posizionarsi dietro Olin Kreutz, il centro della squadra. Indica qualche movimento difensivo ai compagni, urla qualcosa, chiama lo snap. Sono attimi lunghissimi, quasi interminabili, attimi che tutti i tifosi di Chicago vivono con emozione, con apprensione, con un pizzico di paura. L’azione è velocissima, dura un attimo che sembra eterno, Grossman riceve lo snap e fa qualche passo indietro, guarda nel mezzo e lascia partire un missile dritto una ventina di yards di fronte a lui; l’ovale scavalca un avversario che tenta inutilmente di pizzicare il passaggio del quarterback di Chicago, dietro di lui Muhsin Muhammad riceve e completa il lancio mentre viene placcato da Jason Webster. Lo stadio esplode come se fosse stato segnato un touchdown, la gente esulta per 22 yards che valgono quanto 70, 80, 90… valgono una vita di sport, di passione e di attesa che finalmente si chiudono tra le braccia di Moose. Rex Grossman è tornato e speriamo sia per sempre, pochi meritano infatti una chance quanto lui. La prima giocata è andata, il ghiaccio è rotto: la partita, quella vera, può cominciare.

Non è rientrato un Joe Montana, o nemmeno un Joe Namath, ma è certamente la partita di Grossman quella giocata domenica notte, il match in cui tutta Chicago ha potuto rivedere in campo quel ragazzo che tante speranze portò con sé nel momento in cui fu scelto da Jerry Angelo. Due infortuni gravi, forse troppo per la NFL, ravvicinati e che ne hanno minato l’esordio nella lega e le credenziali. Ma il carattere è una qualità che non si spezza finché vi è un briciolo di speranza, fino a quando il dottore dice che “sì, puoi tornare a giocare”. Il punto davvero importante di questo SNF per Chicago, oltre alla vittoria per 16-3 che ha ridato vigore alla leadership nella NFC North, è il recupero di un giocatore che nel carattere trova la forza per combattere e nel braccio le possibilità di giocarsela a questi livelli. La sua giornata insomma, una partita che vale 93 yards conquistate, un bilancio di 9 lanci completi su 16 tentati, ed un intercetto, grave inizialemente, in una partita in chiaroscuro che vale più di qualsiasi affermazione stellare. Prima di lui un Kyle Orton che ha retto benissimo il campo per tre mesi, ma che era in difficoltà da un po’ di tempo; forse proprio da quel caldo pomeriggio di Tampa, dove Grossman tornò attivo a roster e per il rookie da Purdue la pressione sulle spalle aumentava. Orton contro Atlanta era in completa difficoltà, in un primo tempo dove la difesa era obbligata a fare gli straordinari ed il gioco offensivo diventava sempre più prevedibile. Quattro three and out, con la difesa dei Falcons in attesa delle corse di un Thomas Jones (27/91, TD) che veniva costantemente bloccato tanto che solo un trock play giocato su Bernard Berrian forzava un gioco profondo su corsa, gioco da 37 yards che portava a chiudere i Bears con il field goal vincente di Robbie Gould (3/4). Il resto del primo tempo era stato monotono, con Atlanta spesso in attacco ma mortificata da una difesa spaventosa che concedeva sì un field goal, ma reggeva colpo su colpo ogni iniziativa avversaria. Il 3-0 con cui i Falcons trovavano il vantaggio era soprattutto figlio delle pessime prestazioni dell’offensive team che non riusciva a mettere becco fuori dalle proprie 20 yards e all’interno delle quali, con una puntualità sconvolgente, il punter Michael Koenen (rookie da Western Washington) li rispediva ogni volta.

La difesa ha giocato il solito “football” di altissimo livello, per tutta la partita è stata una caccia a Michael Vick, il quale solo nel finale ha salvato un minimo la faccia ottenendo 122 yards pur con un misero 13 su 32 e 2 intercetti. Anche se ha subito solo 2 sack, il “saltimbanco” dei georgiani ha sofferto non poco la pressione inflittagli di Alex Brown (4-1 e un lancio difeso). Adewale Ogunleye (1-0, sack) e soprattutto del grandissimo Brian Urlacher (11-1 e un passaggio bloccato), presente in ogni zona del campo, sulle corse, nel pass rush, pronto a respingere un pallone di Vick, forzarlo fuori dalla tasca e a catturare Dunn (17/81) quando la situazione lo richiedeva. al suo fianco ottima la prova in appoggio del sempre positivo Lance Briggs, con Leon Joe ottimo terzo LB nella partita che doveva dare conferme su una difesa apparsa stanca a Pittsburgh una settimana prima. Ancora senza le safeties titolari, i backs non hanno sofferto con il gioco del finalmente continuo Jerry Azumah e del sempre presente Nathan Vasher (un intercetto), mentre al posto dei citati assenti Mike Brown w Chris Harris, positive le prove di Mike Green (INT) e del giovanissimo Brandon McGowan, il rookie proveniente dall’università del Maine e apparso decisamente più in palla rispetto aun settimana fa. Qualche gioco sofferto sulle corse, ma davvero poca cosa rispetto al potenziale che Vick e Dunn potrebbero proporre, con il quarterback dei Falcons abile nel districarsi da alcune pessime situazione nella tasca e a levare dagli impicci l’attacco con un paio di corse valse la chiusura del down, Vick è però apparso in difficoltà sullo scarmble, abilità che di solito gli è più congeniale, ma con una difesa tutta pressione come quella dei Bears c’era davvero poco spazio per muoversi. Le sue 5 portate hanno frutta al team di Jim Mora jr. 35 yards, ma via aerea è apparso spesso in difficoltà, soprattutto sul profondo dove i suoi palloni tendono ad essere ancora lenti e facile preda degli avvesrari. Con Alge Crumpler spesso limitato da Chicago, la sua arma in più si è rivelata essere Brian Finneran (6/75) il quale è stato però pescato di frequente solo quando la partita si era indirizzata sui giusti binari per la squadra di casa.

Chicago con Grossman in campo ha tolto punti di riferimento alla difesa avversaria, permettendo in primis a Jones portate più consistenti e un gioco in grado di proteggere meglio il possesso palla. L’intercetto subito da Carpenter avrebbe potuto cambiare le carte in tavola già al primo drive del numero 8 di Chicago, ma il defensive back di Atlanta si è lasciato sfuggire il pallone permettendo prima a Justin Gage di ricoprire il fumble e, subito dopo, a Thomas Jones di coprire quella yard che lo separava dai sei punti. Grazie ad un gioco aerero più concreto il pallone ha cominciato a girare meglio, creando problemi in una difesa che qeust’anno non è tra le più irresistibli come quella di Atlanta, garantendo a Muahmmad (3/40) di sfruttare le proprie mani e a Bernard Berrian (2/20) la propria velocità; la chiave è comunque un gioco aereo che dà finalmente più spessore a un attacco basato quasi solo sulle corse, un gioco offensivo che vede il pallone per aria in cerca di varie soluzioni, dal tight end, al running back fino a ognuno dei receiver sul campo. La profondità che questo potrebbe dare a Chicago la scopriremo più avanti, forse solo nel 2006, ma finalmente pare che ogni tassello vada nel posto giusto. Proprio Muhammad dovrebbe trarne i maggiori benefici visto che la sua scelta era dovuta all’avere a roster un QB come Grossman e che, ormai, il veterano ex Carolina mal sopportava (ingiustamente) l’inesperienza di Orton che raramente aveva la reattività di leggere il gioco in movimento. Il tutto è arrivato addirittura a costare una lavata di capo al povero Orton proprio da parte di Muhammad.

Chicago torna alla vittoria e si porta 10-4, a un passo dai playoff ma con ancora di fronte il rivarly game contro Green Bay che tanto potrebbe costare ai DaBearz, e lo scontro diretto contro i Minnesota Vikings nell’ultima week, il primo gennaio 2006. Per Stlanta l’accesso alla post season diventa quasi irraggiungibile ora per come si sta mettendo la NFC, ma la strada seguita per portare Vick ad essere un passer completo è appena cominciata e, molto paradossalmente, questo potrebbe essere considerato quasi un anno di transizione. Chicago si gode un vittoria che le dà un vantaggio abbastanza grande sulle rivali di conference e, soprattutto, sui Vikings, ma festeggia il ritrovamento di Grossman e la possibilità di sfruttare un attacco più completo e profondo, un attacco su più dimensioni e meno prevedibilità. Per la difesa non si possono spendere più parole, se non segnalare che il record di 5 vittorie consecutive interne con avversari tenuti a meno di 10 punti è stato eguagliato da Urlacher e soci proprio domenica sera. Dopo settant’anni, i Green Bay del 1935 non sono più soli in vetta a questa particolare graduatoria… a qualcuno verrebbe da dire che è un peccato non aver più partite a disposizione per batterli, ma questa è un’altra storia.