La Storia dei Browns
Il 1946 vide la fondazione di una nuova Lega, rivale della NFL, la All-American Football Conference.
A comporla, sette squadre: i Baltimore Colts, i Buffalo Bills, i Chicago Hornets, i Los Angeles Dons, i New York Yankees, i San Francisco 49ers, ed i Cleveland Browns.
La AAFC non durò a lungo: nei suoi soli quattro anni di vita, venne stradominata dalla formazione dell’Ohio, che vinse tutte e quattro le finalissime.
Alla guida della squadra vi era il leggendario coach Paul Brown, dal quale la squadra prese il nome. In cabina di regia, il mitico Otto Graham, che divenne il miglior passatore nel football professionistico, mentre sul terreno la squadra si affidava a Marion Motley; in difesa, ed in posizione di kicker, a Lou “The Toe” Groza.
Al termine della stagione 1949, la AAFC chiuse i battenti, e tre delle squadre superstiti (tra le quali i Browns) si unirono alla NFL.
Paul Brown sulla sideline
Nel 1950, molti addetti ai lavori erano convinti che i Browns, avendo sino a quel momento militato in una Lega più debole, avrebbero faticato. Al contrario, la formazione di Cleveland, al suo primo anno in NFL, dimostrò di essere in grado di dominare in qualsiasi Lega professionistica.
L’esordio in grande stile avvenne in trasferta a Philadelphia il 16 Settembre, dove gli uomini di Brown maltrattarono gli Eagles per 35-10.
I Browns chiusero la stagione con un eccellente 10-2, che valse loro il primo posto, a pari merito con i New York Giants. Ciò porto le due squadre a confrontarsi nel Divisional Playoff ; in stagione, le uniche due sconfitte rimediate dai Browns erano state proprio contro i Big Blue. Ma stavolta i Browns si presero la rivincita, superando i Giants per 8-3, in una gara prettamente difensiva, e staccando il biglietto per la finalissima NFL.
Quest’ultima, disputatasi a Cleveland, fu una sorta di scherzo del destino: i Browns (alla loro prima stagione NFL), si trovarono infatti opposti ai Los Angeles Rams, che avevano giocato proprio nella città dell’Ohio dal 1937 al 1945. I padroni di casa si imposero per 30-28, conquistando il loro quinto titolo in altrettanti anni di vita.
Nel 1951, i Browns iniziarono col piede sbagliato la loro seconda stagione nella NFL, perdendo per 24-10 contro i loro vecchi rivali nella AAFC, i 49ers. Quella fu l’unica sconfitta in stagione regolare, conclusasi con un eccellente 11-1.
Per tre volte, i Browns lasciarono a secco gli avversari, e realizzarono più di 30 punti in cinque occasioni. La franchigia dell’Ohio non ebbe alcun problema a guadagnarsi l’accesso alla finalissima.
Tuttavia, stavolta furono i Rams a prendersi la rivincita, piegando i Browns per 24-17 nella Città degli Angeli.
Il 1952 vide i Browns vincere due gare ogni tre e chiudere sull’8-4, che valse loro il primato nell’American Conference e l’accesso alla finale. Di fronte a ben 50.934 spettatori convenuti al Municipal Stadium, i Browns vennero sorprendentemente battuti per 17-7 dai Detroit Lions.
Guidati dal MVP Otto Graham, nel 1953 i Browns vinsero le prime undici partite stagionali, veleggiando in direzione del quarto titolo di Conference consecutivo. Gli uomini di Brown giunsero a Philadelphia cercando di realizzare la perfect season: il sogno, tuttavia, si infranse contro gli Eagles, che si imposero per 42-27.
Ma la sconfitta più amara ebbe luogo due settimane più tardi, allorquando i Browns persero la terza finalissima consecutiva, superati per 17-16 dai Lions a Detroit.
Otto Graham in azione
Esordio negativo quello della stagione 1954, con due sconfitte nelle prime tre gare.
I Browns seppero poi riprendersi, vincendo otto gare di fila e chiudendo la regular season sul 9-3, che li portò nuovamente in finale, la quinta consecutiva.
Quest’ultima ebbe luogo il giorno di Santo Stefano, e vide i Browns nuovamente opposti ai Lions per il terzo anno di fila; questa volta fu la squadra di Cleveland a vendicarsi, piegando gli avversari per 56-10 al Municipal Stadium.
Nel 1955, i Browns chiusero sul 9-2-1, ancora in vetta alla Eastern Conference.
Per la decima volta, i Browns staccarono il biglietto per la finalissima in altrettanti anni di vita.
In quell’anno (l’ultimo della sua carriera), Otto Graham vinse il secondo titolo di MVP in tre anni, e condusse i suoi alla vittoria finale per 38-14 contro i Rams, davanti a ben 87.695 tifosi californiani.
Nel 1956, dopo dieci apparizioni consecutive nella finale AAFC o nella NFL, i Browns vissero la prima stagione di segno negativo, chiudendo al quarto posto con un record di 5-7.
Nel 1957, al primo giro del draft NFL, i Browns selezionarono un giovane FB di belle speranze, prodotto di Syracuse: il suo nome era Jim Brown. Il suo esordio tra i pro fu semplicemente stellare, con la conquista dei titoli di Rookie of the Year e di MVP; trascinati dal loro runner, i Browns tornarono in vetta alla Eastern Conference.
Dopo un anno di assenza, i ragazzi di Brown approdarono nuovamente alla finale, al termine di una stagione chiusa sul 9-2-1. Ma la formazione dell’Ohio non fu mai in partita, e venne piegata con un sonante 59-14 dai Lions in quel di Detroit.
Il mitico Jim Brown
Il 1958 vide ancora Jim Brown su livelli stratosferici (1.527 yards su corsa), ed i Browns nuovamente in testa alla Eastern Conference. I ragazzi dell’Ohio giunsero all’ultima gara di regular season, contro i Giants, sul parziale di 9-2.
Vincendola, i Browns sarebbero nuovamente approdati alla finalissima; in caso contrario, avrebbero dovuto affrontare nuovamente i Big Blue una settimana dopo nel Divisional Playoff. Non solo i Browns persero la prima, ma vennero sconfitti anche nella seconda delle cennate gare, in cui la difesa newyorchese contenne alla grande Jim Brown.
Nell’ultima di campionato, i Browns realizzarono soli dieci punti, e rimasero a secco nel Divisional.
Altra partenza sprint nel 1959, con sei vittorie nelle prime otto gare. Tuttavia, due sconfitte consecutive con l’identico punteggio (21-20), rispettivamente contro i Pittsburgh Steelers ed i San Francisco 49ers misero fine alle speranze di postseason.
Dopo essere stati bastonati dai New York Giants per 48-7, i Browns chiusero la stagione con una vittoria esterna ai danni dei Philadelphia Eagles, terminando al secondo posto sul 7-5.
Nonostante un record finale di 8-3-1 e la terza stagione consecutiva oltre le 1.000 yards di Jim Brown (1.257), nel 1960 i Browns chiusero nuovamente al secondo posto, ad un soffio dalla vetta.
Il 1961 vide l’acquisto della franchigia da parte di Art Modell, per la stratosferica somma (considerati i tempi) di quattro milioni di $.
Sotto la nuova dirigenza, i Browns mancarono ancora di pochissimo l’appuntamento con la postseason, terminando al terzo posto con un record di 8-5-1.
Art Modell
Il 1962 vide significativi movimenti di mercato: i Browns cedettero Bobby Mitchell ai Washington Redskins per la prima scelta assoluta del draft, che cadde sul vincitore dell’Heisman Trophy, il RB Ernie Davis, anch’egli da Syracuse. Il giovane atleta, tuttavia, non giocò nemmeno una partita: le visite mediche in preseason evidenziarono infatti una forma di leucemia, che l’avrebbe stroncato nel giro di un anno; la scomparsa di Davis si aggiunse alla morte di un’altra giovane promessa, il DB Don Fleming.
Tali eventi luttuosi condizionarono certamente i Browns, che chiusero sul 7-6-1.
Al termine della stagione Paul Brown venne silurato, e fu rimpiazzato dal suo assistente Blanton Collier.
Blanton Collier alla lavagna
La prima stagione di Collier alle redini del team vide Jim Brown correre per 1.863 yards, e si concluse sul 10-4. Tuttavia, i Browns non riuscirono a conquistare la vetta della Eastern Conference, a causa di una sconfitta di troppo.
Nel 1964, Jim visse l’ennesima stagione stellare, ed i suoi giunsero, a tre giornate dalla fine, sul parziale di 8-1-1. Tuttavia, due sconfitte misero a repentaglio la possibilità di giungere in finale.
Per conquistare il titolo della Eastern Conference, i Browns avrebbero dovuto vincere contro i Giants a New York, un posto per loro stregato. Fortunatamente per gli uomini di Collier, i Giants erano imbottiti di veterani non più giovanissimi, che avevano faticato per tutta la stagione: di qui il facile successo per 52-20, ed il biglietto per la finalissima (l’ottava dall’ingresso nella NFL)
Al Municipal Stadium, davanti a ben 80.000 tifosi, i Browns non ebbero alcun problema a regolare per 27-0 i Baltimore Colts, aggiudicandosi il loro 4° titolo NFL.
Il 1965 vide ancora l’MVP Jim Brown sugli scudi, con 17 TDs e 1.544 yards all’attivo.
I Browns chiusero col record di 11-3, conquistando il titolo di Conference.
Ma l’esito della stagione fu opposto rispetto a quella precedente: in finale, i Browns furono sconfitti per 23-12 dai Green Bay Packers al Lambeau Field.
Nel 1966, Jim Brown scosse il mondo del football professionistico: dopo un dominio incontrastato, iniziato nel 1957, l’atleta annunciò a sorpresa, durante la lavorazione del film “Quella sporca dozzina“, il suo ritiro dall’attività, a soli trent’anni, per dedicarsi alla recitazione.
In seguito a tale inattesa partenza, Cleveland dovette affidarsi a Leroy Kelly per il gioco sul terreno. Il runner fece il proprio dovere, correndo per 1.141 yards, ed i Browns chiusero al secondo posto col record di 9-5.
Leroy Kelly
Pessima partenza quella della stagione 1967 per i Browns, che persero i primi due incontri. Tuttavia, la formazione dell’Ohio seppe riprendersi, terminando sul 9-5, record sufficiente ad assicurarle la vittoria nella Century Division.
Il Divisional Playoff, però, vide i Browns sonoramente bastonati dai Cowboys per 52-14 a Dallas, ed i sogni di finalissima vennero irrimediabilmente infranti.
Nel 1968, i Browns iniziarono veramente male la stagione, perdendo tre delle prime cinque gare. Ma seppero poi ingranare la marcia giusta, conquistando ben otto successi consecutivi e terminando col record di 10-4, che diede loro il secondo titolo consecutivo della Century Division.
I Browns si presero la rivincita sui Cowboys nel Divisional Playoff, battendoli davanti a 81.497 tifosi al Municipal Stadium.
Una settimana più tardi, tuttavia, i Browns vennero lasciati a secco dai Baltimore Colts, che si imposero a Cleveland per 34-0 e staccarono il biglietto per il Super Bowl III.
Il 1969 vide i Browns conquistare il terzo titolo divisionale consecutivo, grazie ad un record di 10-3-1. Ancora una volta, i Cowboys furono l’avversario di turno al Divisional, ed i Browns li sconfissero in trasferta per 38-14.
Ma la squadra di Collier perse la finalissima per mano dei Vikings nel Minnesota, con un impietoso 27-7.
Nel 1970, i Browns furono una delle tre squadre NFL ad essere spostate nella AFC, in seguito alla fusione tra NFL ed AFL.
I Browns entrarono nella storia, il 21 Settembre (davanti alla bellezza di 85.703 tifosi) giocando il primo Monday Night, nel quale sconfissero i New York Jets per 31-21.
Tre settimane più tardi, i Browns vinsero un’altra partita importante (per 30-27), nella prima sfida contro i Cincinnati Bengals, guidati da quel Paul Brown che ben conoscevano, portandosi così sul parziale di 3-1.
Il prosieguo del campionato, invece, non fu altrettanto brillante: i Browns, infatti, persero quattro delle successive cinque gare, tra le quali la rivincita contro i Bengals in trasferta.
La stagione si chiuse con un deludente 7-7, di un soffio alle spalle dei Bengals, che conquistarono il primato della AFC Central.
Il 1971 vide un’altra buona partenza di Cleveland, che vinse quattro incontri e ne perse uno solo dei primi cinque, incappando, poi, in ben quattro sconfitte consecutive. Tuttavia, i Browns si ripresero, vincendo le ultime quattro gare stagionali, chiudendo sul 9-5 e conquistando il titolo divisionale della AFC Central.
Nei playoff, i Browns uscirono al primo turno, perdendo in casa per 20-3 contro i Colts.
Nel 1972, dopo una partenza sul 2-3, i Browns vinsero ben sei incontri di fila, rimettendosi in corsa per la conquista del titolo divisionale. Ma le speranze si infransero contro gli Steelers, che si imposero a Pittsburgh per 30-0.
I Browns, però, vinsero le ultime due gare stagionali, chiudendo sul 10-4 ed acciuffando una Wild Card.
Nel Divisional Playoff, a Miami, i Browns si portarono sul 14-10 nell’ultimo quarto, ma i padroni di casa rimontarono, e vinsero per 24-10; i Dolphins avanzarono così al Championship e terminarono poi la loro “perfect season” con la conquista del Vince Lombardi Trophy.
Buon esordio della formazione dell’Ohio nel 1973, con tre vittorie nella prime quattro gare; ma la stagione, dopo un parziale di 7-3-1, si chiuse senza ulteriori vittorie, con un 7-5-2 che valse solo il terzo posto.
Nel 1974, i Browns vissero, per la prima volta in 28 anni di NFL, una stagione con dieci sconfitte, chiudendo con un record di 4-10, che valse loro l’ultimo posto nalla AFC Central.
Il 1975 vide un cambio della guardia in panchina, con l’arrivo di Forrest Gregg. Ma ciò parse non giovare ai Browns, che persero le prime nove gare stagionali.
La formazione di Cleveland vinse la prima partita con gli arcirivali Cincinnati Bengals, imponendosi per 35-23. La stagione si chiuse con un pessimo 3-11.
Nel 1976, dopo un parziale di 1-3, i Browns vinsero sette delle successive otto partite, trovandosi coinvolti nella lotta playoff.
Ma una sconfitta esterna per 39-14 a Kansas City nell’ultima di campionato mise fine ai sogni di postseason, con i Browns che chiusero sul 9-5.
Dopo sei vittorie e quattro sconfitte nelle prime 10 gare del 1977, i Browns persero le ultime quattro, terminando sul 6-8.
All’immediata vigilia dell’ultima di campionato, Forrest Gregg venne licenziato, e sostituito da Dick Modzelewski.
Guidati dal nuovo coach Sam Rutigliano, nel 1978 i Browns vinsero le prime tre gare stagionali. Quell’annata, tuttavia, si concluse con un mediocre 8-8.
Grandi protagonisti della stagione 1979 furono Mike Pruitt, che corse per 1.294 yards, e Brian Sipe, che passò per la bellezza di 3.793 yards.
I Browns, dopo dieci partite, avevano realizzato un parziale di 7-3, ma quattro sconfitte nelle ultime sei gare portarono il bilancio definitivo sul 9-7, che non consentì a Cleveland di agganciare il treno playoff.
Brian Sipe
Nel 1980, dopo una partenza sul 2-3, i Browns realizzarono un’incredibile striscia vincente, conquistando quattro successi consecutivi rimontando sempre nell’ultimo quarto e guadagnandosi così il soprannome di “Kardiac Kids”.
Dopo una sconfitta di misura contro gli Steelers ed una netta affermazione contro i Bengals, i Browns vinsero ancora allo scadere grazie a dei FGs.
Ma vennero ripagati con la stessa moneta nella Week 15, allorquando i Vikings li sconfissero con un Hail Mary Pass negli ultimi secondi di gara.
I Kardiac Kids si ripresero nell’ultima di campionato, superando per 27-24 i Bengals e conquistando il titolo divisionale della AFC Central con un ottimo 11-5, guidati da Brian Sipe, che venne nominato NFL MVP.
Nei playoff, i Browns affrontarono gli Oakland Raiders, in una partita tiratissima, che però li vide soccombere al Municipal Stadium per 14-12 contro i futuri vincitori del Super Bowl.
Il 1981 fu tutt’altro che magico per i Browns, i quali chiusero con un deludentissimo 5-11, perdendo, tra l’altro, ben sette delle ultime otto gare.
Nel 1982, i Browns furono tra le otto squadre a qualificarsi per i playoff, nonostante un mediocre record di 4-5, in una stagione decurtata dallo sciopero dei giocatori.
Ma la postseason finì al primo turno, con una sconfitta per 27-10 contro i Raiders a Los Angeles.
La mediocrità fu il leitmotiv anche della stagione 1983, conclusasi sul 9-7: una sconfitta di troppo costò ai Browns il titolo divisionale, e la possibilità di disputare i playoff.
Nel 1984, dopo una terrificante partenza con 1-7, il front office dei Browns rimpiazzò Sam Rutigliano con il defensive coordinator Marty Schottenheimer. La stagione si chiuse con un deludentissimo 5-11.
Nel 1985, dopo dieci partite, sul parziale di 4-6, il rookie QB Bernie Kosar prese le redini dell’attacco, guidando i Browns ad un record finale di 8-8 record, che valse il primato nella AFC Central.
A sospingere l’attacco, vi furono anche Ernest Byner e Kevin Mack, che corsero entrambi per 1.000 yards, diventando la terza coppia di compagni di squadra a riuscirvi nella stessa stagione.
Nei playoff, i Browns chiusero all’intervallo in vantaggio per 21-3 contro i Dolphins a Miami. Tuttavia, i padroni di casa, capitanati dal mitico Dan Marino, rimontarono alla grande, imponendosi alla fine per 24-21 e staccando il biglietto per il Championship AFC.
Bernie Kosar in attesa dello snap
Altra grande stagione per Bernie Kosar quella del 1986, con 3.854 yards di passaggio.
I Browns vinsero dodici partite (record di franchigia), chiudendo sul 12-4 e conquistando il titolo della AFC Central.
Nel Divisional, la formazione di Cleveland si trovava sotto di dieci punti contro i New York Jets al Municipal Stadium. Ma con 4′ sul cronometro, i Browns iniziarono una straordinaria rimonta, beneficiando anche di molte penalità commesse dai Jets, pareggiando e mandando l’incontro all’overtime.
Fu solo nel secondo supplementare (quella fu la seconda partita più lunga della storia NFL, n.d.r.) che Matt Bahr calciò il FG della vittoria, proiettando i Browns al Championship AFC.
Al Municipal Stadium, i Browns rimontarono da 13-10 e passarono sul 20-13, con ancora 2′ da giocare, ed i padroni di casa sembravano ormai destinati ad approdare al Grande Ballo.
Ma non avevano fatto i conti con un certo John Elway: il QB guidò i Broncos in un drive da ben 91 yards, pareggiando all’ultimo minuto.
In overtime, Denver si impose per 23-20, staccando il biglietto per il Super Bowl XXI.
Guidati ancora da Bernie Kosar (altra stagione da oltre 3.000 yards per lui), nel 1987 i Browns vinsero il terzo titolo divisionale di fila, chiudendo la stagione sul 10-5.
Nel Divisional, contro gli Indianapolis Colts al Municipal Stadium, la formazione dell’Ohio non ebbe problemi ad approdare al secondo Championship AFC consecutivo, regolando gli ospiti per 38-21.
Ancora una volta, i Browns si trovarono di fronte ai Broncos, con in palio l’accesso al Super Bowl. Pessima situazione alla fine del primo tempo, con i Browns abbondantemente sotto al Mile High Stadium.
Gli ospiti, però, realizzarono ben 30 punti nel secondo tempo, in corsa per il TD della vittoria negli ultimi 2′ dell’incontro.
Tuttavia, i sogni di gloria si infransero proprio sulla goal line, quando Ernest Byner commise un sanguinosissimo fumble, che diede ai Broncos la vittoria per 38-33.
Falcidiati dagli infortuni ai QBs (ben quattro signal callers si alternarono in cabina di regia), nel 1988 i Browns riuscirono comunque a giungere sul 9-6 all’ultima di campionato contro gli Houston Oilers.
I Browns riuscirono a rimontare ben 16 punti nel terzo quarto, imponendosi per 28-23, e terminarono sul 10-6, che valse una Wild Card, sempre con gli Oilers sei giorni più tardi. Questa volta, furono gli ospiti a spuntarla per 24-23.
Poco dopo il termine della stagione, Marty Schottenheimer si dimise, accettando il ben più remunerato impiego di head coach deiKansas City Chiefs.
Nel 1989, guidati dal nuovo coach Bud Carson, i Browns, sul parziale di 7-3 ospitarono i Chiefs dell’ex Schottenheimer.
La partita si chiuse con un pareggio per 10-10, che diede il via ad una striscia di quattro partite senza successi per Cleveland.
Ma i Browns recuperarono, vincendo le ultime due gare stagionali e chiudendo sul 9-6-1, sufficiente per conquistare il titolo della AFC Central.
Nel Divisional Playoff, i Browns sconfissero i Buffalo Bills per 34-30, in una partita tiratissima disputatasi al Municipal Stadium, approdando così al Championship per la terza volta in quattro anni.
Ancora una volta, i Browns affrontarono la loro nemesi, i Broncos, ma stavolta la partita non ebbe storia: la squadra di Elway si impose in casa per 37-21, conquistando l’accesso al Super Bowl XXIV.
Pessima partenza quella del 1990: sul terrificante parziale di 2-7, l’allenatore capo Bud Carson venne silurato, e rimpiazzato da Jim Shofner. La mossa non si rivelò risolutiva, ed i Browns chiusero con un pessimo 3-13.
Nel 1991, guidati dal nuovo coach Bill Belichick (poi vincitore di 3 Super Bowl con i Patriots, n.d.r.), i Browns non fecero molto di meglio, terminando sul 6-10, e piazzandosi al terzo posto nella AFC Central.
Altra stagione deludente fu quella del 1992, terminata nuovamente al terzo posto con un record finale di 7-9.
Buon esordio, invece, quello del 1993, con un parziale di 5-2; tuttavia, era in corso una quarterback controversy.
Prima dell’inizio della stagione, i Browns avevano ingaggiato il free agent Vinny Testaverde. Quest’ultimo avrebbe dovuto, originariamente, fare da backup al suo ex compagno di università, Bernie Kosar. Ma quando Testaverde cominciò a sciorinare prestazioni migliori del collega, non appena gli venne concesso il giusto spazio, si cominciò a pensare ad un cambio in cabina di regia.
Tuttavia, i Browns andarono molto oltre, rilasciando Kosar, con ben poca signorilità, a metà stagione.
La squadra dell’Ohio perse le successive quattro gare, e sette delle ultime nove, chiudendo con un deludente 7-9.
Ottima stagione quella del 1994, con un solido 11-5, che valse l’accesso ai playoff per la prima volta in cinque anni.
Nella sfida di Wild Card contro i New England Patriots, un Municipal Stadium esaurito fu il teatro della sfida tra Bill Belichick ed il suo mentore Bill Parcells. Fu l’allievo a superare il maestro, con i Browns che si imposero per 20-13.
Nel Divisional Playoff, contro gli Steelers, non vi fu storia: gli Acciaieri piegarono in casa i Browns per la terza volta, con un impietoso 29-9 che valse loro l’accesso al Championship AFC.
Nel 1995, accadde l’impensabile: il proprietario Art Modell annunciò l’intenzione di trasferire la franchigia a Baltimore. Modell era invidioso delle altre due squadre di Cleveland, che stavano costruendo nuovi impianti. Voleva un nuovo stadio con postazioni di lusso, al fine di recuperare i soldi persi in attività extrasportive.
Secondo lui, i Browns non incassavano abbastanza a Cleveland, nonostante avessero fatto registrare il tutto esaurito per vent’anni.
L’annuncio gettò una coltre scura sulla stagione, con sei sconfitte in altrettante gare.
I Browns vinsero l’ultima gara casalinga per 26-10 contro i Bengals, chiudendo sul 5-11.
Nel 1996, dopo l’annuncio di Modell, il Comune di Cleveland cominciò a lottare con lui e la NFL, nel tentativo di mantenere i Browns nella città. Già in passato la Lega si era scontrata con proprietari che volevano trasferire altrove le proprie franchigie, venendo sempre sconfitta in tribunale.
Tuttavia, la NFL voleva che i Browns rimanessero a Cleveland, e che potessero alla fine avere un nuovo stadio. Fu allora che venne raggiunto un compromesso davvero unico nel suo genere. Art Modell venne autorizzato a trasferire la squadra a Baltimora, ma non a portare con sé la storia dei Browns. L’accordo prevedeva, altresì, che a Cleveland sarebbe nata una nuova franchigia NFL, la quale avrebbe raccolto l’eredità dei Browns, mentre la squadra di Modell avrebbe assunto la denominazione di Ravens, venendo considerata come un expansion team.
In attesa del completamento del nuovo stadio, nel 1998 si stavano gettando le basi del front offfice, dopo che Al Lerner era riuscito ad aggiudicarsi la franchigia per 750 milioni di $.
Lerner, considerato il fatto che i San Francisco 49ers erano stati la squadra di maggior successo nei precedenti sedici anni, decise di assumere i nuovi dirigenti selezionandoli proprio tra quelli del team californiano.
Fu così che Carmen Policy e Dwight Clark vennero ingaggiati in qualità, rispettivamente, di Presidente e Vice – Presidente dei Browns.
Il 1999 vide il ritorno dei Browns nella NFL, dopo un’assenza di tre anni.
L’esordio casalingo, il 12 Settembre contro i Pittsburgh Steelers, davanti a ben 73.138 tifosi nel nuovo, splendido Cleveland Browns Stadium, fu però disastroso: i Browns vennero letteralmente ridicolizzati, con un impietoso 43-0.
I Browns persero le successive sette gare, e rischiavano di perdere anche l’ottava, allo scadere della sfida contro i Saints a New Orleans.
Con soli 3″ sul cronometro, i Browns erano sotto per 16-14, ed avevano bisogno di un vero miracolo, dovendo segnare da metà campo. Troppo lontano per un FG: l’unica speranza era di lanciare ed affidarsi alla buona sorte. E fu proprio un miracolo quello che accadde, quando il WR Kevin Johnson ricevette l’Hail Mary Pass di Tim Couch, dando ai Browns un’insperata vittoria per 21-16.
Altra vittoria a sorpresa due settimane dopo, con la rivincita contro gli Steelers, battuti a Pittsburgh per 16-15.
Quella fu, tuttavia, l’ultima vittoria della stagione, che si chiuse col peggior record di sempre, un terrificante 2-14, reso ancor più amaro dal rendimento casalingo, assolutamente nullo.
Il Cleveland Browns Stadium
La prima vittoria in casa del 2000 giunse il 17 Settembre, ancora contro gli Steelers, per 23-20. Quel successo portò i Browns sul parziale di 2-1, e sembrava che la squadra avesse imboccato la strada giusta.
Pia illusione: la formazione di Cleveland riuscì a vincere solo un’altra gara, terminando la stagione con un disastroso 3-13.
Nella offseason, l’head coach Chris Palmer venne silurato, dopo un indecoroso record di cinque vittorie e ben 27 sconfitte in due anni di gestione.
Nel 2001, guidati dal nuovo coach Butch Davis, i Browns furono la rivelazione della Lega nelle prime sei giornate, con un parziale di 4-2. Tuttavia, la squadra dell’Ohio dovette tornare coi piedi per terra, dopo una sconfitta in extremis a Chicago, ed una casalinga contro gli Steelers, nella quale la difesa dei Browns non concesse nemmeno un TD.
Il team seppe tuttavia riprendersi, battendo i Ravens a Baltimore e dando una sonora lezione alla squadra di Art Modell.
I Browns sconfissero i Cincinnati Bengals una settimana dopo, entrando nel mese di Dicembre sul parziale di 6-4. Ma i ragazzi di Davis vinsero solo una delle restanti sei partite, chiudendo sul 7-9; la stagione, comunque, diede ai tifosi qualche speranza in più per il futuro.
Pessima partenza quella del 2002, con una sconfitta casalinga per 40-39 contro i Kansas City Chiefs, dopo che Dwayne Rudd aveva lanciato il proprio casco, festeggiando quello che credeva il placcaggio che aveva messo la parola fine all’incontro.
Invece, venne chiamata una penalità proprio contro Rudd, dando ai Chiefs l’opportunità di calciare il FG della vittoria a tempo ormai scaduto.
I Browns recuperarono, vincendo le successive due gare, ma faticando moltissimo nel mese successivo, perdendo tre incontri consecutivi, con il QB Tim Couch al rientro dopo un infortunio rimediato nella preseason.
Dopo la vittoria contro i neonati Houston Texans per 34-17, un grave lutto colpì i Browns: il proprietario Al Lerner perse la propria battaglia contro il cancro il 24 Ottobre.
Tre giorni dopo la sua morte, i Browns rimontarono alla grande nell’ultimo quarto, piegando in trasferta i New York Jets per 24-21, e portandosi così sul 4-4.
Dopo una sconfitta contro i Pittsburgh Steelers, i Browns vinsero quattro delle successive sei gare, e giunsero all’ultima di campionato sull’8-7, con la possibilità di andare ai playoff in caso di vittoria contro gli Atlanta Falcons.
Le cose si misero da subito male per la formazione di Cleveland, quando Tim Couch si ruppe la gamba destra nel primo tempo. Ma il suo backup Kelly Holcomb guidò i Browns alla vittoria per 24-16.
Con un record di 9-7, i Browns si qualificarono ai playoffs per la prima volta dal loro ritorno nella NFL. Al primo turno, in trasferta contro gli Steelers, i Browns si trovavano in vantaggio per 33-21 a 5′ dalla fine, con un Kelly Holcomb stellare (ben 429 yards lanciate). Tuttavia, la difesa di Cleveland non riuscì a fermare l’attacco di Pittsburgh, che mise a segno 15 punti e si portò in vantaggio per 36-33 nell’ultimo minuto.
Holcomb decise di vendere cara la pelle, spingendo i suoi in avanti. Purtroppo, Andre King non riuscì ad uscire dal campo in tempo dopo aver ricevuto un passaggio sulle 29 degli Steelers: i secondi sul cronometro si esaurirono impietosamente, e la stagione dei Browns si chiuse con l’amaro in bocca.
Reduci da un’apparizione ai playoff, nel 2003 i Browns vissero una disputa tra i due QBs, Tim Couch e Kelly Holcomb. Il secondo si aggiudicò il posto da titolare all’inizio della stagione. Ma faticò da subito, ed i Browns persero le prime due gare stagionali, con lo spettro della terza sconfitta in occasione della sfida contro i San Francisco 49ers, in vantaggio per 12-0 a metà dell’ultimo quarto.
Holcomb guidò i suoi in due lunghi drive, ed i Browns riuscirono a spuntarla per 13-12. Ma durante quella rimonta Holcomb si infortunò, il che consentì a Couch di tornare titolare.
Con lui in cabina di regia, Cleveland vinse due delle successive tre gare, ma nella quarta il signal caller fu in gravi difficoltà, sostituito da Holcomb a metà partita: i Browns persero in casa contro i San Diego Chargers (fino a quel momento a secco di vittorie) per 26-20.
L’inconsistenza in cabina di regia continuò per tutta la stagione, con Holcomb spesso infortunato, e Couch ormai senza più la fiducia dei tifosi e della dirigenza.
Anche il running game non fu all’altezza: William Green ebbe problemi fuori e dentro il campo, e corse per sole 559 yards.
Non sorprende l’ultimo posto finale della formazione di Cleveland, che chiuse con un terrificante 5-11.
Al termine della stagione, i Browns misero fine alla disputa tra QBs, tagliando Tim Couch e mettendo sotto contratto il free agent Jeff Garcia, proveniente dai 49ers, con Kelly Holcomb a fungere da backup.
Con l’arrivo di Garcia e la scelta di Kellen Winslow II nel draft, la stagione 2004 si è aperta sotto ottimi auspici per i Browns: molti avevano pronosticato Winslow (figlio dell’omonimo Hall of Famer) come la nuova stella nel ruolo di tight end.
L’esordio è stato infatti positivo, con una bella vittoria per 20-3 contro i Baltimore Ravens. Tuttavia, nella seconda giornata, è iniziata una lunga serie di infortuni, tra i quali uno gravissimo a Winslow (fuori tutta stagione), nel corso della sfida persa per 19-12 contro i Dallas Cowboys.
L’affollamento dell’infermeria non ha certamente giovato ai Browns che, nonostante tutto, sono riusciti comunque a giocare un football solido nella prima parte di stagione.
Sul parziale di 3-3, Cleveland ha perso ai supplementari la sfida esterna per 34-31 contro i Philadelphia Eagles: quella gara ha segnato l’inizio di una striscia negativa, che si è protratta sino alla fine della stagione.
Butch Davis ha dato le dimissioni, al termine di una sconfitta per 58-48 contro i Cincinnati Bengals nella Week 12.
La squadra è stata affidata al coach ad interim Terry Robiskie, che ha deciso di gettare nella mischia il terzo QB Luke McCown. La mossa non si è rivelata granché azzeccata, ed i Browns hanno chiuso con un pessimo 4-12.
All’indomani del terzo Super Bowl conquistato dai Patriots, il loro defensive coordinator, Romeo Crennel, è stato ingaggiato dalla dirigenza di Cleveland in qualità di head coach; la dirigenza dei Browns si è affidata a lui per costruire il futuro della franchigia.
Una delle stelle chiamate a farne parte era Kellen Winslow II, ma all’inizio della stagione 2005 si è ritrovato sulla sideline, dopo un devastante infortunio al ginocchio patito durante la offseason. Altro elemento su cui si puntava molto era il QB Charlie Frye, che a bordo campo imparava dall’esperto collega Trent Dilfer, chiamato a rendere i Browns competitivi.
Nelle prime quattro uscite stagionali hanno alternato vittorie e sconfitte: a mettersi in evidenza è stato il RB Reuben Droughns, acquistato dai Denver Broncos, divenuto la punta di diamante dell’attacco con 1.232 yards in stagione.
Ma nonostante le sue buone prestazioni, i Browns sono riusciti a vincere solo due delle cinque gare successive: Dilfer ha stentato decisamente, tanto da spingere Crennel a gettare nella mischia il giovane Frye.
Con quest’ultimo in cabina di regia, Cleveland non ha saputo combinare granché, ed i Browns hanno chiuso all’ultimo posto in Division con un pessimo 6-10; nonostante tutto, Frye ha lanciato per 1.000 yards e quattro TD passes in cinque gare da titolare.
La stagione 2006 si è aperta con un segno negativo per i Browns, con tre sconfitte di fila, l’ultima delle quali allo scadere contro gli arcirivali Baltimore Ravens, impostisi in rimonta per 15-14 grazie al FG da 52 yards di Matt Stover; in quell’incontro, i Browns sono stati capaci di dilapidare un vantaggio di 14-3 nell’ultima frazione di gioco.
Con un pessimo parziale di 0-4 in avvio di stagione, i Browns hanno rimontato uno svantaggio di 21-3, sospinti dai tre TD passes di Charlie Frye, superando in trasferta gli Oakland Raiders per 24-21. Dopo due sconfitte di fila, è giunta la prima vittoria casalinga: i Browns hanno capitalizzato al meglio i tre turnover commessi dai Jets, superandoli per 20-13.
Dopo una sconfitta per 32-25 contro i San Diego Chargers i Browns hanno vinto a sorpresa contro gli Atlanta Falcons in Georgia, per 17-13, imbrigliando il QB avversario Michael Vick.
Reduci da due sconfitte di fila contro rivali dirette di Division, i Browns, guidati dal backup QB Derek Anderson, hanno sconfitto in overtime i Kansas City Chiefs per 31-28. Anderson ha giocato da titolare nelle successive tre gare, ma non ha avuto lo stesso tocco magico mostrato contro i Chiefs: Cleveland ha infatti perso quattro incontri consecutivi, chiudendo con un disastroso 4-12.
In un anno decisamente negativo, ci sono state però due eccezioni: il WR Braylon Edwards ed il TE Kellen Winslow II (finalmente ristabilitosi) hanno dato ai Browns due ricevitori affidabili su cui costruire il futuro. Di quest’ultimo è stato chiamato a far parte il QB Brady Quinn, selezionato al draft con la 22ma scelta assoluta dopo una trade con i Dallas Cowboys, insieme all’OT Joe Thomas (3a scelta assoluta).
All’inizio della stagione 2007, non ci si attendeva molto dai Browns, i cui tifosi attendevano con ansia il debutto di Brady Quinn. Dopo la sconfitta nell’opener per 34-7 contro i Pittsburgh Steelers, Quinn ha scalato la depth chart, mentre Charlie Frye è stato ceduto ai Seattle Seahawks. Ma nella Week 2 Derek Anderson ha mostrato di meritare almeno una chance, lanciando per 328 yards e cinque TD passes nella gara vinta per 51-45 contro i Cincinnati Bengals.
Dopo una sconfitta allo scadere contro gli Oakland Raiders, Anderson ha nuovamente giocato alla grande, lanciando due TD passes nell’incontro vinto per 27-13 contro i Baltimore Ravens. Anderson ha seguitato a giocare bene anche nelle due settimane successive, in cui i Browns hanno prima perso contro gli imbattuti New England Patriots e vinto contro i Miami Dolphins, ancora al palo.
Dopo il bye, Anderson ha continuato a sciorinare prestazioni da Pro Bowler, lanciando per 248 yards e tre TD passes, grazie ai quali i Browns hanno conquistato il primo successo esterno piegando i St. Louis Rams per 27-20. Sette giorni dopo, a salire in cattedra è stato Jamal Lewis, capace di segnare quattro TDs su corsa, mentre Derek Anderson ha totalizzato 364 yards su passaggio, guidando i Browns ad un’inattesa vittoria per 33-30 in overtime sui Seattle Seahawks.
Con in palio il primo posto, i Browns hanno nuovamente incrociato i caschi con gli Steelers, e stavolta hanno venduto cara la pelle, tanto da trovarsi in vantaggio per 28-24 nell’ultimo quarto, grazie ai tre TD passes di Derek Anderson. Ma alla fine sono stati Ben Roethlisberger e compagni a spuntarla, imponendosi per 31-28. In trasferta contro i Baltimore Ravens, i Browns sembravano pronti a tornare al successo, avanti per 27-14 all’inizio dell’ultimo quarto, grazie ad un’incredibile ritorno di intercetto in meta da 100 yards di Brodney Pool. Tuttavia, i Ravens hanno rimontato furiosamente, segnando 15 punti nell’ultimo periodo, e portandosi in vantaggio con un FG da 47 yards di Matt Stover a 31″ dal termine. I Browns non si sono dati per vinti, e Derek Anderson ha imbeccato per Braylon Edwards con un lancio da 18 yards, mettendo così Phil Dawson in condizione di tentare una trasformazione dalla lunga distanza. Il calcio di Dawson sembrava essere andato a segno, ma non è stato convalidato, avendo apparentemente colpito la barra orizzontale per terminare fuori cross bar and bounce out. Ma ad un più attento esame, il calcio aveva colpito il sostegno della porta, il che significava che era buono: i Ravens hanno dato il via alle esultanze, mentre i Browns hanno cominciato ad uscire dal campo sconfitti. Ecco però il colpo di scena: gli arbitri si sono consultati, ed hanno rovesciato la chiamata, convalidando la segnatura e ridando vita alle speranze dei Browns, che avevano così portato l’incontro in overtime sul 30-30. Ai supplementari i Browns hanno percorso rapidamente il campo, e Dawson ha messo la parola fine all’incontro con un FG da 33 yards.
Sul 6-4 i Browns erano in piena corsa per i playoff, con Derek Anderson in grande spolvero nella gara vinta per 27-17 contro gli Houston Texans. Ma gli ostacoli non erano finiti: la sconfitta esterna per 27-21 contro gli Arizona Cardinals ha dimostrato che i Browns erano ancora una squadra imperfetta. In una brutta serata a Meadowlands, i Browns sono riusciti a piegare i New York Jets per 24-18, con Joe Jurevicius capace di recuperare ben due on-side kick. Il brutto tempo ha seguito i Browns a Cleveland, dove hanno bettuto i Buffalo Bills per 8-0 sotto la neve.
Padroni del loro destino, i Browns hanno patito una sanguinosa sconfitta nell’ultima gara stagionale contro i Cincinnati Bengals per 19-14, in cui Anderson si è fatto intercettare quattro volte. Quella sconfitta è costata carissimo ai Browns, che hanno fallito l’aggangio al treno playoff, pur superando i San Francisco 49ers per 20-7 e chiudendo col record di 10-6.
Il record della stagione precedente faceva coltivare il sogno di un approdo ai playoff nel 2009. Ma dopo un esordio con tre sconfitte di fila, i Browns si sono ritrovati nel baratro prima ancora della fine di Settembre; il QB Derek Anderson, reduce dalla partecipazione al Pro Bowl, ha giocato piuttosto male.
I Browns si sono finalmente rimessi in carreggiate col successo esterno per 20-12 contro i Cincinnati Bengals. Dopo il bye i Browns sembravano aver trovato il ritmo, trascinati da Anderson, capace di lanciare per 310 yards e due TD passes nella gara vinta per 35-14 sui Campioni del Mondo uscenti, i New York Giants; quello è stato il primo successo nel Monday Night dei Browns dal 1993. Ma sette giorni dopo, Anderson e i Browns hanno fatto un passo indietro, venendo piegati in trasferta dai Washington Redskins per 14-11. La formazione dell’Ohio si è ripresa sconfiggendo i Jacksonville Jaguars per 23-17, ma dopo essere stati battuti per 37-27 contro i Baltimore Ravens, i Browns si sono trovati sul 3-5 al giro di boa.
Con Brady Quinn all’esordio da titolare contro i Denver Broncos, i Browns hanno seguitato a stentare, venendo sconfitti per 34-30 nel Thursday Night a Cleveland. Quinn ha guidati i Browns al successo per 29-27 sui Buffalo Bills in trasferta una settimana più tardi; ma quella è stata l’unica vittoria di Quinn, che ha visto terminare anzitempo la stagione a causa di un infortunio al piede subito nella gara persa per 16-6 contro gli Houston Texans la settimana successiva. Quella sconfitta ha dato il via ad una striscia perdente di sei gare consecutive, in cui i Browns hanno schierato tre diversi QB, e terminando all’ultimo posto con un deludente 4-12.
Il record negativo è costato il posto a Romeo Crennel, rimpiazzato da Eric Mangini dopo la fine del campionato.
Nel 2009, con il nuovo HC Eric Mangini in panchina, sembrava che i Browns stessero nuovamente cominciando da capo, dieci anni dopo aver rilanciato la propria franchigia, disputando i playoff una sola volta nella loro nuova incarnazione.
Le cose non sono iniziate nel modo migliore per Mangini, che è parso indeciso rispetto al QB titolare, prima di puntare su Brady Quinn per iniziare la stagione. Ma Quinn ha stentato oltremodo, tanto da venire panchinato dopo la terza sconfitta di fila. Derek Anderson gli è subentrato nel secondo tempo della terza gara stagionale, persa contro i Baltimore Ravens; dopodiché ha giocato bene, anche se i Browns hanno perso allo scadere per 23-20 contro i Cincinnati Bengals in overtime.
I Browns hanno deciso di dare una scossa all’ambiente, ed hanno dato l’addio al deludente WR Braylon Edwards, cedendolo ai New York Jets per il pari ruolo Chansi Stuckey, il LB Jason Trusnik, oltre ad una terza e quinta scelta al draft 2010.
Una settimana dopo lo scambio i Browns hanno finalmente riempito la casella delle vittorie, battendo i Buffalo Bills per 6-3. Dopo il successo sui Bills, i Browns hanno continuato a giocare un pessimo football, perdendo sette gare di fila e ritrovandosi sull’1-11. Con la stagione ormai compromessa, i Browns hanno ospitato i Pittsburgh Steelers in un Thursday Night in diretta nazionale, sperando di salvare almeno la dignità. Hanno fatto anche di più: non solo hanno battuto, ma addirittura eliminato i Campioni del Mondo in carica dalla corsa ai playoff. Il successo per 13-6 è stato il primo contro gli Steelers in sei anni. Una settimana dopo, Joshua Cribs, una delle poche note liete in una stagione disastrosa, ha stabilito un record NFL con il settimo ed ottavo ritorno di kickoff in meta in carriera, nell’incontro vinto in trasferta per 41-34 contro i Kansas City Chiefs. I Browns hanno vinto anche le ultime due gare stagione, terminando con un pessimo 5-11.
I quattro successi nel finale di stagione hanno salvato la panchina di Eric Mangini, mentre Mike Holmgren si è unito ai Browns come nuovo Direttore del Personale.
Fonte: http://www.sportsecyclopedia.com/nfl/clev/browns.html
Il sopra riportato testo costituisce una traduzione dell’elaborato originale, i cui diritti di proprietà intellettuale ed economica spettano al relativo Autore.
Bravo Diego. Articolo ben scritto…bellissime anche le foto. Azzo come sono ignorante sulla storia Nfl.
Fenomenale. Ma chi ce li ha degli articoli cos
Ottimo articolo , chissa se i Browns metteranno prima o poi un Logo sul casco !!! penso che visto il trend che vede le squadre che hanno cambiato divisa avere successo … ( Seahawks , Patriots , Buccanees , Rams … )
Molto bello l’articolo, e utile, visto che della storia dei Browns non sapevo assolutamente nulla!