The New York Sack Exchange
New York Sack Exchange. Ancora oggi, negli USA, solo evocare questo nome fa salire brividi su per la schiena di qualunque quarterback, anche se i suoi membri si sono oramai ritirati da tantissimo tempo. Per la verità, la fearsome foursome dei Jets ha occupato il palcoscenico della NFL come l’unica autentica unità militare di pass-rush soltanto per poche stagioni. Ma che tempi sono stati quelli per la parte biancoverde di New York!
Tutto iniziò durante la stagione 1981, che vide i Jets tornare ai playoffs per la prima volta dal 1969. Un tifoso allo Shea Stadium tirò su un lenzuolo su cui aveva scritto con una bomboletta spray “New York Sack Exchange”. Frank Ramos, il responsabile delle relazioni pubbliche dei Jets, usò il soprannome in un comunicato stampa, ed a quel punto era nata la leggenda.
Gli uomini che costituivano il Sack Exchange erano talmente diversi tra loro da non avere assolutamente nulla in comune fuori del campo di gioco, ma formavano in gara un’unità eccezionalmente efficiente nello svolgere lo sporco compito che era stato loro affidato. C’era l’istrionico ma spontaneo Mark Gastineau, lo sfacciato ed imprevedibile Joe Klecko, il solido Marty Lyons, incline agli scoppi di pazzia prima delle partite, e Larry Faulk, uomo con la testa sulle spalle che aveva adottato il nome islamico di Abdul Salaam (“Soldato di Pace”) perchè ricercava la serenità nella sua vita.
Gastineau, Lyons, Salaam e Klecko
La stagione 1981 vide il Sack Exchange terrorizzare i quarterbacks al ritmo di 66 sacks (rilievo che non costituisce un record perchè il sack diventerà statistica ufficiale nella NFL solamente la stagione successiva) e spingere i Jets ad una stagione con il record di 10-5-1 dopo una partenza a 0-3.
I quattro divennero una celebrità nazionale quando vennero invitati a Wall Street, e le attività della Borsa più famosa del mondo si fermarono perchè il personale potesse tributare loro una calorosa ovazione.
The Sack Exchange at the Stock Exchange (1981)
Le attenzioni dei media si focalizzarono soprattutto sulla pittoresca “Sack Dance” di Gastineau, con disappunto dei più classici Klecko e Lyons, che la consideravano una buffonata. In breve Mark Gastineau diventò famoso per i suoi sack ed il suo modo di celebrarli. “Lo facevo già alla East Central“, affermava, riferendosi al suo college nell’Oklahoma. Così lanciava il tomahawk e ballava come se volesse far piovere intorno al malcapitato quarterback di turno, che normalmente era così terrorizzato che non osava alzarsi finchè Gastineau non si era allontanato. Ma dovette smettere nel marzo 1984, quando la NFL varò quella che venne universalmente definita la “regola Gastineau“, che classificava la “sack dance” come comportamento antisportivo ai danni dell’avversario.
The Sack Dance
Mark Gastineau era il defensive end di sinistra e si comportava come se la vita fosse un unico grande blitz sul quarterback. Comprò un cappotto di visone e ci si pavoneggiò dentro davanti alle telecamere del Monday Night Football. Guidava una Rolls Royce. Si fidanzò e sposò anche per un breve periodo Brigitte Nielsen, facendosi tatuare il suo diminuitivo (Gitte) sulle natiche. Nel 1984 stabilì il record di 22 sacks che resistette fino al 2001, quando Michael Strahan dei Giants glielo portò via. Si ritirò nel 1988, adducendo come motivazione il desiderio di passare più tempo con la Nielsen, ma in realtà (come confessò successivamente) per timore che venisse scoperto l’uso che faceva abitualmente di steroidi anabolizzanti.
The Mean on the Man
Negli anni successivi, Gastineau tentò un ritorno nella CFL, sfumato per un infortunio, fece il boxeur per cinque anni, collezionando un record di 15-2-1, perse praticamente tutto il suo denaro a causa di speculazioni sbagliate e finì in carcere più di una volta per violenze domestiche ai danni della ex moglie Lisa, che oggi è famosa con la loro figlia Brittny come protagonista dello show “The Gastineau Girls” sul canale satellitare E!. Gastineau sta spendendo questi ultimi anni tentando di rimettere in sesto i cocci di una vita sempre vissuta al limite.
Le Gastineau Girls
Joe Klecko, il defensive end di destra, fu così bravo da riuscire ad andare al Pro Bowl tre volte in tre diversi ruoli: come defensive end, come tackle e come nose tackle. Guascone e tosto, gli piaceva minacciare i suoi compagni di squadra con uno scherzetto particolare: facendo credere di essere sul punto di picchiarli, tirava su il pugno destro chiedendo “Preferisci sei mesi?“. Poi, alzando il sinistro aggiungeva “o tutta la vita?“. Veniva dalle discariche di Philadelphia passando dalla Temple University, e non dimenticava mai le sue radici operaie, o che era stato un camionista, un pugile part-time, ed un giocatore semiprofessionista di football, con il nome falso di Jim Jones.
Joe Klecko, lo spaccone
Klecko, che chiuse la sua carriera nel 1988 ad Indianapolis, lavorò e giocò duro. Leale al valore dell’amicizia, pagò i suoi princìpi con la prigione, quando fu condannato a tre mesi nel 1993 per aver mentito ad un gran giurì nel tentativo di coprire un amico coinvolto in una frode assicurativa. Oggi, lui e sua moglie sono impegnati a crescere tre figli piccoli, dopo averne già cresciuti altri tre, incluso Dan, defensive lineman dei New England Patriots.
Dan Klecko (#90) sulle orme del padre
Marty Lyons, il tackle di sinistra, era uno di quelli minacciati da Klecko nel 1979, nel suo anno da rookie. In seguito, divenne quello che riusciva a caricare fino al parossismo tutta la squadra nello spogliatoio prima delle partite. “La prima volta che l’ho fatto, le parole e l’adrenalina non si fermavano più“, disse una volta. Poteva spaccare in due un tavolo, o urlare oscenità, quando veniva fomentato dai compagni. Prima di un incontro di playoffs nel 1982 contro i Raiders, spaccò una finestra con un pugno, si fasciò la mano ferita e poi scese regolarmente in campo. Ritiratosi dopo la stagione 1989, imparò a canalizzare le sue emozioni, ed oggi è un motivatore di successo. Cura anche una trasmissione sulla rete radio dei New York Jets.
Marty Lyons, il pazzo
Ultimo ma non meno importante, il tackle di destra Abdul Salaam. Gli eccessi di Gastineau, le spacconate di Klecko, le follie di Lyons: nulla di tutto ciò riusciva a smuovere Salaam che spiegava di aver scelto il nome di “Soldato di Pace” perchè era quello che meglio descriveva il suo carattere. Aveva combattuto per tutta la sua vita, il ragazzo introverso di Cincinnati che non voleva altro che la serenità, che sembra finalmente aver trovato. Salaam lavora al recupero dei giovani difficili e delle bande giovanili nella sua città natale, ma non è più in contatto con i suoi vecchi compagni di squadra. “L’ultima volta che l’ho sentito” ha detto Lyons “Abdul lavorava come guardia del corpo di un qualche cantante famoso…“.
Abdul Salaam, il soldato di pace
Come il resto del Sack Exchange, Salaam è scomparso lentamente nell’ombra, ma per quelle poche magiche stagioni loro quattro sono stati la cosa più speciale che New York avesse mai avuto, e la linea difensiva più famosa nella pur grande storia della National Football League…
Favoloso! Bellissima storia!
Marcello, complimenti di cuore: ho letto tutto d’un fiato, grazie per la bellissima storia che hai raccontato, come sempre in modo entusiasmante!!!
Fan-tas-tic!!!
Grande Marcello!
Siete troppo gentili, come sempre…
non sapevo nulla della New York Sack Exchange!!!grazie per l’appassionante momento di lettura che mi hai offerto!!!sei forte!!1