Un Angelo in cerca del paradiso.
Jerry Angelo ha sangue e volto italiani, con quel sorriso da Belpaese che riconosceresti ovunque. Ma è disciplinato come pochi, Angelo, e la propria rettitudine la trasferisce in toto nel proprio lavoro e la esige dai suoi giocatori. Anni spesi come scout NFL, ai Giants negli anni ’80 e a Tampa, dove ha partecipato alla campagna che ha portato al Super Bowl gli uomini allenati da John Gruden, anni spesi per il football con ben 36 primavere a seguire il pallone lungo un piede. Nel 2001 la chimata a Chicago e il trasferimento nell’Illinois con la moglie Bernie che gli ha dato due figlie: Leisa, moglie di Brad Rice, e Sutton. Ma non è della famiglia che vogliamo parlarvi, non di quella in senso istituzionale almeno. Preferiamo parlarvi della famiglia sul campo, quella dei Chicago Bears che con Jerry Angelo dietro la scrivania hanno vinto due volte la division in cinque anni, con l’impresa compiuta la prima volta nel 2001 dopo undici anni.
Angelo è giunto nella Windy City per dare stabilità alla squadra con la sua politica di perfetto controllo del salary cap, di gestione dei giovani, di rispetto delle regole e di un’etichetta da indossare dentro e fuori dal campo. Una persona capace e paziente, in grado di gestire nel 2005 un holdout come quello di Cedric Benson, un rifiuto del giocatore durato fino alla fine di agosto e che per i più sembrava definivo; poi l’appuntamento a sorpresa con il GM, il dialogo segreto tra i due e, finalmente, la firma. E’ così Angelo, sereno e capace, tranquillo con modi spesso paterni nei confronti di chiunque, ma con un’esperienza nel valutare giocatori che in pochi vantano nella NFL. Lo dimostrano le sue scelte nei draft dove spesso va a pescare giocatori fondamentali tra i giri più bassi (qualcuno lo ha definito “l’uomo del quarto round), trovando in alcuni “sleepers” veri e propri pilastri. Non crede nella fortuna e nella cabale, e qui il sangue italiano sembra sparire; crede nel lavoro, nella capacità del coaching staff di creare un gruppo e le basi che, prima o poi, dovranno portare al successo. Quel successo che, nella NFL, si chiama Super Bowl e che per ogni uomo della lega significa un posto in paradiso. Il paradiso che Angelo, il cognome è uno scherzo del destino, cerca con Chicago.
Due stagioni vincenti, una con Dick Jauron (2001, 13-3) ed una con Lovie Smith (2005, 11-5) e un record in totale parità (40-40) ad Angelo, e ai Bears tutti, manca una vittoria in postseason, situazione mancata sempre al primo tentativo nelle due recenti apparizioni. Ma Angelo ha costruito con coach Smith le basi di una squadra che sta cercando stabilità e continuità dei risultati; quando l’infermeria non si riempie è inutile dire che il traguardo è, al momento, raggiunto con buoni voti. Manca qualcosa e i soldi da spendere ci sono, ma Angelo ha riferito all’annuale Convention Fan di Chicago che ha intenzione di muoversi più al draft che nella free agency, anche se Antwan Randle El, receiver fresco campione del mondo, rimane un obiettivo concreto e potrebbe essere uno dei colpi più rumorosi dell’intero mercato. Come lo fu Muhsin Muhammad, WR in grado di dare più profondità ad un attacco giovane che spera di ritrovare Rex Grossman a tempo pieno e di poter vedere esplodere i vari Bernard Berrian, Airese Currie e Mark Bradley, mentre dal backfield esce una batteria di running backs da grandissimi numeri.
Il draft quindi, per cercare le chiavi del paradiso, quel paradiso che a Chicago non si nomina spesso e che sfugge dal 1985, in una città che si sente offesa per la scarsa considerazione che, puntualmente, i media riservano ad uno dei più pregiati ed antichi pezzi di storia di questo sport. E il quarto round del draft, dal quale Angelo ha sempre pescato grandi pormesse (Kyle Orton, 2005) o immense certezze ammirate oggi su tutti i campi della lega, da Alex Brown (2002) e Ian Scott (2003), fino a Nathan Vasher nel 2004, cornerback probowler nell’ultima stagione. Ma è il draft del 2003 che serve a Jerry Angelo per creare le basi di quella che oggi sembra l’unica squadra della NFC North a non necessitare di rivoluzioni per poter scendere in campo da protagonista. Due scelte al primo giro, Michael Haynes e Rex Grossman, poi a scendere con Charles Tillman al secondo e Lance Briggs al terzo. Un fiuto incredibile che dà i frutti di un lavoro di recruiting, da scout vero, che nei decenni ha formato le abilità di questo signore, dal sorriso mai forzato e mai troppo aperto, un signore pieno di stile e grandi abilità di lavoro e gestione dei giovani: la base di una squadra che vuole crescere negli anni per cercare stabilità come protagonista della lega, le chiavi del paradiso per un Angelo che sta cercando di arrivarci dalla porta principale.