La Storia dei Colts
Tra il 1947 ed il 1952, nella Lega rivale della NFL, la All-American Football Conference, alla città di Baltimore venne garantita una franchigia, dopo l’abbandono dei Miami Seahawks.
Il team prese il nome di Colts, in onore della lunga tradizione ippica della città. Tuttavia, dati gli scarsi introiti economici, la formazione diede forfait dopo una sola stagione.
Nel frattempo, anche i New York Yankees, altra squadra AAFC (passata nel 1950 alla NFL), erano alle prese con notevoli problemi, e sembravano sul punto di essere venduti ad un gruppo di investitori di Baltimore nel 1951.
Tuttavia, fu la stessa Lega ad acquistare la franchigia, collocandola a Dallas.
I Texans furono un sonoro fallimento, ed a metà stagione avevano la propria sede appena fuori da Hershey (Pennsylvania), giocando tutte le partite in trasferta. La squadra chiuse i battenti alla fine della stagione.
Tuttavia, Baltimore ebbe una seconda chance, e rimpiazzò i Texans; alla città fu garantita una franchigia, che avrebbe reso omaggio alla vecchia squadra, portando il nome di Colts.
Nel 1953, la seconda incarnazione dei Colts fece il suo esordio al Memorial Stadium il 27 Settembre, agli ordini del coach Keith Molesworth, nella sfida contro i Chicago Bears. I padroni di casa piegarono gli ospiti per 13-9, una partenza positiva.
La squadra del Maryland, dopo cinque gare, si trovava sul parziale di 3-2; ma l’inesperienza giocò un ruolo determinante, ed i giovani Colts persero tutte e sette le restanti partite, chiudendo sul 3-9.
Al termine della stagione, Molesworth fu nominato direttore degli scouts, mentre Weeb Ewbank venne ingaggiato come allenatore capo.
La prima stagione sotto la guida del nuovo coach fu una fotocopia della precedente, e si chiuse col medesimo record negativo.
Il 1955 vide la bellezza di dodici rookie tra i titolari. Era evidente che si stava lavorando in prospettiva, anche se, per un attimo, si pensò che il futuro fosse già segnato: i Colts partirono infatti con un positivo 3-0.
Ma si trattò del classico fuoco di paglia: gli uomini di coach Ewbank, infatti, conquistarono solo altri due successi, chiudendo con un deludente 5-6-1.
Nel 1956, i Colts, sul parziale di 1-3, furono costretti a correre ai ripari in cabina di regia, a causa dell’infortunio rimediato dal QB titolare, George Shaw.
Il backup era stato in precedenza draftato dai Pittsburgh Steelers, ma non aveva convinto il coaching staff, venendo così rilasciato. Prima di essere ingaggiato dai Colts, aveva giocato da semi – professionista: all’epoca nessuno conosceva il suo nome, ma lo avrebbe fatto presto.
Quel ragazzo si chiamava Johnny Unitas, ed avrebbe intrapreso una delle più straordinarie carriere nella storia del football professionistico, assurgendo al rango di vera e propria leggenda di questo sport.
Guidati dal loro giovane QB, i Colts chiusero con un record di 5-7.
Johnny “The Master” Unitas
Nella prima stagione di Johnny Unitas da titolare, i Colts partirono con un parziale di 3-0, giocando un ruolo determinante nella corsa al titolo della Western Division. Dopo tre sconfitte consecutive, i Colts si riscattarono con quattro successi di fila: sul 7-3, la vittoria nella Division pareva ormai cosa fatta; tuttavia, le due sconfitte rimediate nelle ultime gare di campionato si rivelarono determinanti.
Con il record finale di 7-5, i Colts persero il titolo per una sola gara di scarto.
Nel 1957, l’avvio dei Colts fu decisamente eccellente, con sei vittorie in altrettante gare, che costituirono il viatico per il titolo della Western Division.
La formazione di Baltimore giunse alla finalissima, pur dopo aver rimediato due sconfitte consecutive in regular season.
Il 28 Dicembre, i Colts sfidarono i New York Giants allo Yankee Stadium, incontro trasmesso in diretta televisiva nazionale.
Da anni la NFL stava aspettando questo momento, per essere finalmente conosciuta dal grande pubblico. Nel corso degli anni ’50, la Lega era sì cresciuta, ma non in misura tale da attrarre le masse, e quindi nutriva grandi aspettative da quell’incontro.
I Colts giunsero alll’intervallo in vantaggio per 14-3 , dopo aver realizzato due TDs nel secondo quarto. Tuttavia, i Giants rimontarono, e si portarono avanti per 17-14, anche grazie ai due errori del PK dei Colts Steve Myhra.
Il tempo correva inesorabile, e Johnny Unitas sospinse i Colts in avanti, consentendo a Myhra di realizzare un FG da 20 yards che portò il punteggio in parità a 7″ dallo scadere. L’ultimo quarto si chiuse sul 17-17: per la prima volta nella storia della NFL, si giunse all’overtime.
La regola era molto semplice: il primo a segnare si sarebbe aggiudicato l’incontro.
Il primo possesso fu dei Giants, ed i Colts sapevano che avrebbero dovuto fermarli ad ogni costo. La difesa di Baltimore costrinse l’attacco avversario al three-and-out ed al conseguente punt. I Colts riconquistarono palla, ma dopo una perdita di 8 yards a causa di un sack su Unitas, il drive sembrava ormai compromesso, in situazione di 3° e 15. Unitas però riuscì ad imbeccare il WR Raymond Berry con un passaggio da primo down in territorio avversario. I Colts continuarono ad avanzare, finché un lancio del loro QB li portò sulle 1 di New York.
Baltimore non voleva accontentarsi del FG, così Unitas consegnò palla ad Alan Ameche, che si tuffò oltre la goal line e diede ai Colts la vittoria per 23-17, in quella che da molti è stata definita la più grande partita di ogni tempo.
Quell’incontro fu il vero trampolino di lancio per la NFL, che visse un incredibile boom in termini di popolarità.
Grazie ad una striscia vincente di cinque gare consecutive sul finale di stagione, nel 1959 i Colts si aggiudicarono il secondo titolo divisionale consecutivo, con un record di 9-3.
La formazione del Maryland si trovò nuovamente di fronte i New York Giants, ma stavolta la finalissima si giocò tra le mura amiche del Memorial Stadium.
I tifosi dei Colts vissero tre quarti in stato di shock, con i Giants avanti per 16-7. Ma Johnny Unitas trascinò i suoi alla rimonta nell’ultima frazione di gioco, con 24 punti all’attivo, ed i Colts vinsero il secondo titolo NFL di fila, imponendosi col risultato finale di 31-16.
Anche nel 1960, grazie ad un parziale di 6-2, la franchigia di Baltimore fu una seria candidata alla conquista del titolo divisionale. Ma quattro sconfitte misero fine ai sogni di tripletta, ed i Colts chiusero con un misero 6-6.
La mediocrità fu il tratto dominante nella prima metà della stagione 1961, che si chiuse sull’8-6, record insufficiente per partecipare ai playoff.
Nel 1962, condizionati dagli infortuni e dalle ormai troppe primavere di numerosi giocatori, i Colts faticarono per tutta la stagione, conclusasi sul 7-7.
Al termine del campionato, Weeb Ewbank venne silurato, e fu sostituito da Don Shula, che aveva indossato la maglia di Baltimore nella stagione inaugurale, quella del 1953.
Nella prima stagione agli ordini del nuovo coach, i ringiovaniti Colts faticarono per buona parte del campionato, ma chiusero con tre vittorie nelle ultime gare, che valsero il record finale di 8-6.
Nel 1964, dopo aver perso all’esordio in Minnesota contro i Vikings, i Colts conquistarono dieci successi consecutivi, grazie ai quali si assicurarono il titolo della Western Division, con un record di 12-2. A completare l’opera, il QB Johnny Unitas venne nominato NFL MVP, con 2.824 yards di passaggio all’attivo.
Nella finalissima, i Colts affrontarono i Cleveland Browns, che li sconfissero con un impietoso 27-0.
Anche nel 1965, i Colts parevano in grado di lottare per la Western Division.
Ma gli infortuni subiti da Johnny Unitas e dal suo backup Gary Cuozzo costrinsero la squadra di Baltimore a puntare su Tom Matte, in una sfida da vincere ad ogni costo a Los Angeles contro i Rams.
Indossando un polsino di plastica recante impressi gli schemi di gioco, Matte guidò i suoi alla vittoria per 20-17, che portò i Colts, sul 10-3-1, a giocarsi il titolo divisionale con i Green Bay Packers. Le due squadre si diedero battaglia fino all’overtime, con il punteggio bloccato sul 10-10. Tuttavia, fu la formazione del Wisconsin a spuntarla, grazie ad un FG realizzato a poco più di un minuto dall’inizio del secondo supplementare.
Altra stagione positiva quella del 1966, con un record di 9-5, che vide però ancora i Packers prevalere nella lotta per il titolo divisionale.
Nel 1967 Johnny Unitas conquistò il titolo di NFL MVP, grazie a 3.428 yards su passaggio. Guidati dal loro signal caller, i Colts conquistarono la bellezza di undici successi consecutivi, con un impressionante 11-0-2.
Tuttavia, la formazione del Maryland avrebbe dovuto superare i Los Angeles Rams per vincere la Coastal Division. Furono però gli Arieti ad imporsi per 34-10 e ad accedere alla postseason, nonostante il record di 11-1-2 dei Colts.
Gli ormai cronici problemi al gomito costrinsero Johnny Unitas a saltare quasi tutta la stagione 1968. Ma i Colts non si persero d’animo: il backup Earl Morrall fu ampiamente all’altezza, tanto da guadagnarsi il titolo di MVP, conducendo i suoi ad un eccellente 13-1, che valse il titolo divisionale.
Morrall guidò alla i suoi in attacco, ma anche la difesa di Baltimore non fu da meno: lasciò infatti a secco gli avversari in tre occasioni e concesse soli 144 punti, un vero e proprio record.
Nel Divisional Playoff, i Colts sconfissero i Minnesota Vikings per 24-14 in un Memorial Stadium esaurito in ogni ordine di posto.
Nel Championship, la formazione del Maryland incontrò i Browns a Cleveland, sperando di vendicare la sola sconfitta stagionale: così fu, e grazie ad uno schiacciante 34-0, i Colts staccarono il biglietto per il Super Bowl III di Miami. La formazione di Baltimore era data per favorita, con un margine di addirittura 18 punti sui New York Jets, allenati da una vecchia conoscenza, Weeb Ewbank.
Molti vedevano la AFL come una Lega minore, e vincere il Super Bowl era solo una pura formalità per i Colts. Tuttavia, il QB dei Jets, Joe Namath, garantì la vittoria dei suoi.
I primi due quarti della gara furono una battaglia tra difese, con i Jets a sbloccare il risultato (7-0) a pochi minuti dall’intervallo.
I Colts cominciarono finalmente a guadagnare terreno, ma in un gioco chiave Earl Morrall non riuscì a vedere un liberissimo Jimmy Orr, e lanciò ad un compagno sotto grande copertura, venendo intercettato da Johnny Sample.
Quello fu il primo dei tre intercetti di Morrall in partita, capitalizzando i quali i Jets si portarono sul 16-0 all’inizio dell’ultimo quarto.
I sempre più disperati Colts gettarono Johnny Unitas nella mischia, ed al termine di un lungo drive andarono a segno. Con meno di 4′ da giocare, riuscirono a recuperare un onside kick; ma nemmeno il grande Unitas fu sufficiente, ed i Jets si assicurarono un’inattesa vittoria per 16-7.
Earl Morrall
Nel 1969, ancora storditi dalla sconfitta rimediata nel Grande Ballo, i Colts esordirono perdendo i primi due incontri e chiudendo la stagione col record di 8-5-1, mai in corsa per il titolo della Coastal Division.
Nella offseason, al coach Don Shula, ormai senza la fiducia del proprietario Carroll Rosenbloom, venne data l’autorizzazione a dimettersi, così da poter accettare l’incarico di head coach dei Miami Dolphins. L’assistente Don McCafferty prese il posto di Shula sulla panchina di Baltimore.
Nel 1970, i Colts furono una delle tre squadre spostate nella AFC, dopo la definitiva fusione tra NFL ed AFL.
La formazione del Maryland non ebbe problemi ad aggiudicarsi il titolo della Eastern Division, con un impressionante 11-2-1. In stagione, i Colts vendicarono la sconfitta al Super Bowl III, superando i New York Jets, che a partire da quell’anno avrebbero affrontato due volte.
Nel Divisional Playoff, i Colts piegarono per 17-0 i Cincinnati Bengals in un Memorial Stadium gremitissimo.
Nel Championship, sempre davanti al proprio pubblico, i Colts affrontarono e sconfissero per 27-17 gli Oakland Raiders, accedendo così al Super Bowl V.
Fu ancora una volta Miami il teatro della finalissima, ed i Colts erano decisi a non ripetere gli errori del recente passato. Questa volta, gli avversari furono i Dallas Cowboys, che stavano cercando di cancellare la reputazione di perdenti in finale.
I texani si portarono sul 6-0 grazie a due FGs, prima che i Colts pareggiassero grazie ad un TD pass da 75 yards di Johnny Unitas per John Mackey; ma l’extra point venne blocato ed il punteggio rimase invariato.
I Cowboys si riportarono in vantaggio ed iniziarono l’ultimo quarto sul 13-6.
Earl Morrall prese il posto dell’infortunato Unitas nel secondo tempo. Le due squadre seguitarono a commettere fumble a ripetizione, in quello che venne soprannominato “Blunder Bowl”, a causa dei ben undici turnovercomplessivamente commessi dai team in campo.
I Colts pareggiarono verso la fine, grazie ad una corsa da due yards del RB Tom Nowatzke.
Con meno di 2′ sul cronometro, il RB dei Cowboys Dan Reeves commise l’ennesimo fumble, ridando palla agli avversari in territorio texano. I Colts non si fecero sfuggire l’occasione, conquistando il titolo NFL grazie ad un FG da 32 yards di Jim O’Brien a 5″ dal termine.
Nonostante l’ovvio declino di Johnny Unitas ed Earl Morrall, nel 1971 i Colts parevano sul punto di conquistare nuovamente il titolo della AFC East, dopo aver piegato i Miami Dolphins per 14-3 nella penultima sfida di campionato.
Ma una sconfitta nell’ultima gara di regular season contro i New England Patriots costrinse i Colts ad accontentarsi di una Wild Card sul 10-4.
Nel Divisional, i Colts piegarono in trasferta i Browns per 20-3, accedendo al Championship per il secondo anno consecutivo.
Tuttavia, i sogni di titolo vennero infranti dai Dolphins, allenati dall’ex Don Shula, che si imposero per 21-0.
Nel 1972, il 26 Luglio per l’esattezza, Carroll Rosenbloom e Robert Irsay (da poco divenuto proprietario dei Los Angeles Rams), permutarono reciprocamente la proprietà delle due franchigie, mantenendo intatti roster e coaching staff.
Ma i Colts erano una squadra ormai in là con gli anni, e su un parziale di 1-4, il coach Don McCafferty venne silurato.
Nelle ultime nove partite, i Colts totalizzarono quattro vittorie e cinque sconfitte sotto la guida di John Sandusky, terminando con un pessimo 5-9, primo record negativo in sedici anni.
Al termine della stagione, si chiuse un’era: Johnny Unitas venne infatti ceduto ai San Diego Chargers.
Il 1973 vide l’arrivo di Howard Schnellenberger sulla panchina di Baltimore.
I giovani Colts furono da subito in difficoltà, con il QB Marty Domres in cabina di regia: prova di ciò fu la pessima partenza (2-10).
Ma negli ultimi incontri stagionali, il rookie Bert Jones rimpiazzò Domres, e condusse i Colts a due belle vittorie, la prima contro i Miami Dolphins e la seconda contro i Patriots; grazie a quei due successi, i Colts chiusero sul 4-10.
Nel 1974, sul parziale di 0-3, il coach Howard Schnellenberger venne silurato e rimpiazzato da Joe Thomas; ciò tuttavia non giovò in alcun modo ai Colts, che chiusero, con un terrificante 2-12, una stagione realmente da dimenticare.
Fu Ted Marchibroda il prescelto per guidare i Colts nel 1975, ma anche stavolta l’inizio fu tutt’altro che brillante; dopo una vittoria esterna contro i Bears, seguirono ben quattro sconfitte consecutive.
Tuttavia, le vittorie cominciarono a giungere quando Bert Jones ed il RB Lydell Mitchell salirono in cattedra, guidando la formazione di Baltimora a ben sette successi consecutivi.
Quella striscia positiva li portò a giocarsi il titolo divisionale, in una sfida all’ultimo sangue contro i Miami Dolphins al Memorial Stadium.
L’incontro fu prettamente difensivo, e si giunse all’overtime col punteggio bloccato sul 7-7; fu il kicker dei Colts, Tom Inhjart, a dare il successo ai suoi, che si assicurarono il titolo divisionale col record di 10-4.
Ma nel Divisional la squadra del Maryland non ebbe scampo a Pittsburgh contro gli Steelers, che misero fine alla loro stagione imponendosi per 28-10.
La stagione 1976 pareva ormai compromessa ancor prima di iniziare: una feroce disputa tra il proprietario Robert Irsay ed il coach Ted Marchibroda si chiuse infatti con le dimissioni dell’allenatore. Quest’ultimo, tuttavia, venne prontamente reintegrato, dopo che i giocatori avevano minacciato l’ammutinamento.
I Colts disputarono una stagione eccezionale: Bert Jones conquistò il titolo di NFL MVP, con 3.104 yards di passaggio all’attivo, guidando i suoi alla conquista della AFC East col record di 11-3.
Ma furono ancora gli Steelers a mettere i bastoni tra le ruote ai Colts: nel Divisional, la formazione della Pennsylvania sconfisse infatti i padroni di casa per 40-29.
Ted Marchibroda
Nel 1977, dopo una partenza a spron battuto, sul parziale di 9-1 i Colts persero tre incontri consecutivi; si videro quindi costretti a giocarsi il titolo divisionale con i New England Patriots nell’ultima gara di campionato al Memorial Stadium.
La partita fu combattutissima, ed i Colts conquistarono per la terza volta consecutiva la AFC East, imponendosi per 30-24 e chiuendo sul 10-4.
Nel Divisional, i Colts ospitarono gli Oakland Raiders, in un incontro tiratissimo che giunse fino al secondo supplementare.
Ancora una volta la formazione del Maryland rimase a mani vuote, sconfitta dai Predoni per 37-31.
Nel 1978, i Colts parevano destinati a vincere il quarto titolo divisionale di fila; ma la marcia trionfale si arrestò ancor prima di iniziare, allorquando il QB Bert Jones si infortunò, ed i Colts persero le prime due partite stagionali con un punteggio negativo di 80-0!!!
Jones tornò a disposizione, ma si fece nuovamente male: la difesa concesse la bellezza di 421 punti, e la stagione si concluse con un pessimo 5-11.
Il 1979 vide il QB Greg Landry prendere il posto da titolare di Bert Jones, ma i Colts continuarono a faticare, chiudendo col medesimo record negativo della stagione precedente. Al termine del campionato, Ted Marchibroda venne silurato, e sostituito da Mike McCormick.
Nel 1980, Bert Jones tornò ad essere il signal caller titolare, e lanciò per ben 3.134 yard. Ma i Colts furono decisamente poco costanti, specialmente in difesa: la stagione si chiuse con un pessimo 7-9.
Bert Jones in scramble
Ottimo inizio quello della stagione 1981 per i Colts, con una vittoria esterna per 29-28 contro i Patriots.
Ma i Colts avrebbero dovuto attendere la sfida di ritorno contro i Patrioti per vincere un’altra gara: il record finale fu infatti uno sconcertante 2-14, in una stagione nella quale i Colts concessero la bellezza di 533 punti agli avversari.
Nella offseason, Bert Jones fu ceduto ai Los Angeles Rams, nonostante le 3.094 yards di passaggio. Inoltre, vi fu l’ennesimo avvicendamento in panchina, con l’arrivo di Frank Kush.
Nel 1982, la pazienza dei tifosi era ormai prossima al limite, in una stagione decurtata a causa di uno sciopero dei giocatori durato due mesi. In realtà lo sciopero fu un toccasana per i Colts, evitando loro una delle peggiori stagioni nella storia della NFL.
I Colts furono semplicemente inguardabili, rimediando la miseria di un pareggio, in una stagione di soli nove incontri.
Con la prima scelta assoluta al draft, il team del Maryland puntò sul QB John Elway, appena uscito da Stanford. Tuttavia, il futuro due volte Campione del mondo si rifiutò di vestire la maglia di Baltimora, minacciando di giocare a baseball in una minor league o di passare alla neonata USFL.
Di fronte ad una simile presa di posizione, i Colts cedettero Elway ai Denver Broncos, senza che il giocatore avesse mai indossato il casco col ferro di cavallo.
Dopo aver vinto all’esordio in overtime nella sfida esterna contro i Patriots, i Colts affrontarono proprio i Broncos a Baltimora, in uno stadio nettamente ed ovviamente ostile ad Elway. Tuttavia, i tifosi ebbero un assaggio di cosa si erano persi, vedendo il regista avversario condurre magistralmente, nell’ultimo quarto, il drive che diede la vittoria a Denver.
Nonostante l’affare Elway e la sospensione di un anno inflitta al QB Art Schlichter per aver scommesso sulle partite, i Colts giocarono un football solido, chiudendo sul 7-9.
Tuttavia, il malumore della tifoseria era ormai conclamato, con particolare riguardo alla gestione della franchigia da parte di Robert Irsay.
Quasi nessuno sapeva che il 18 Dicembre 1983 i Colts avevano giocato la loro ultima partita in quel di Baltimore.
Immediatamente dopo la vittoria al Memorial Stadium, Robert Irsay avviò una serie di colloqui con diverse città, per trasferire altrove la franchigia.
Il 13 Febbraio 1984, il proprietario visitò l’Hoosier Dome di Indianapolis.
I Colts contattarono anche le autorità cittadine di Phoenix, mentre quelle del Maryland cercarono di utilizzare ogni strumento legale per costringere la franchigia a restarvi. Il 28 Marzo Phoenix si ritirò dalla corsa; Irsay fece una telefonata nell’Indiana, dicendo di essere pronto a muoversi.
Tuttavia, mantenne segreta la mossa sino a dopo la mezzanotte: col favore delle tenebre, in una notte fredda e nevosa, utilizzò i TIR della Mayflower per impacchettare e trasferire gli uffici dei Colts a Indianapolis.
Quando ci si accorse di quanto era avvenuto, era ormai troppo tardi.
La NFL, presagendo una possibile sconfitta nelle aule giudiziarie, rimase inerte; le autorità del Maryland instaurarono un’inutile vertenza, fino a quando i Colts si dichiararono disposti a sostenere Baltimore nell’ottenimento di un expansion team.
La città fallì ripetutamente nell’obiettivo, ed entrò addirittura nella CFL, fino all’arrivo, nel 1996, dei neonati Ravens di Art Modell.
La famiglia Irsay non abbandonò la denominazione di Colts, avendolo promesso.
Molte leggende dei Colts furono recisamente contrarie al trasferimento; tra di loro, Johnny Unitas, che si rifiutò di riconoscere la franchigia per il resto della sua vita.
Uno dei camion della Mayflower in azione
Nel 1984, mentre i tifosi di Baltimore stavano ancora cercando di sbollire la rabbia per la proditoria mossa notturna dei Colts, quelli di Indianapolis brindavano all’arrivo dei mezzi della Mayflower.
I Colts vendettero qualcosa come 143.000 abbonamenti in sole due settimane.
Il 2 Settembre, la squadra giocò la prima partita nella propria nuova casa contro i New York Jets. I tifosi, però, se ne tornarono a casa delusi: furono infatti gli ospiti a spuntarla, col punteggio di 23-14.
La sconfitta divenne una pessima abitudine nella prima stagione a Indianapolis, tanto che Frank Kush venne licenziato prima dell’ultima gara stagionale, sul parziale di 4-11.
I Colts persero anche quell’incontro, guidati da Hal Hunter in qualità di coach ad interim, e chiusero con un terrificante 4-12.
Il 1985 vide l’arrivo di Rod Dowhower sulla panchina dei Colts, che però persero undici delle prime quattordici gare.
Ma il finale di stagione fu discreto, con due vittorie che portarono il bilancio finale sul 5-11.
L’unica nota realmente positiva della stagione fu il LB Duane Bickett, nominato Defensive Rookie of the year, dopo essere stato la prima scelta dei Colts al draft.
Duane Bickett al sack
La formazione dell’Indiana non seppe fare di meglio nel 1986, perdendo i primi tredici incontri stagionali. A rendere il bilancio ancor più amaro fu il fatto che solo due di quelle sconfitte giunsero per meno di un TD.
Dopo la tredicesima scoppola, Rod Dowhower fu silurato, e rimpiazzato da Ron Meyer. La mossa si rivelò positiva, con tre vittorie sotto la guida del nuovo coach.
Nel 1987, con i Colts sul parziale di 0-2, i giocatori scesero in sciopero. I sostituti si disimpegnarono bene, vincendo due gare su tre.
Al ritorno dei titolari, i Colts si portarono sul 3-3 con una vittoria sui New England Patriots.
Prima della successiva partita, l’atmosfera intorno ai Colts cambiò radicalmente ad Halloween, con l’acquisto dei grande RB Eric Dickerson, in una trade che coinvolse ben tre squadre. Giocando senza Dickerson il giorno dopo, i Colts passarono sul 4-3 superando in trasferta i New York Jets.
In soli otto incontri con la maglia dei Colts, Dickerson corse per 1.011 yards, e la formazione dell’Indiana conquistò il titolo divisionale col record di 9-6. Nel Divisional, i Colts furono però sconfitti dai Browns per 38-21 a Cleveland.
Pessimo avvio quello della stagione 1988, con cinque sconfitte nelle prime sei gare.
Ma i Colts si ripresero, vincendo i successivi cinque incontri, tra i quali il primo Monday Night Game mai giocato all’Hoosier Dome il giorno di Halloween, nel quale Eric Dickerson mostrò a tutti le sue doti eccezionali; la partita si chiuse col trionfo per 55-23 sui Denver Broncos.
I Colts terminarono la stagione col record di 9-7, e Dickerson vinse il titolo di miglior runner con ben 1.659 yards all’attivo. Tuttavia, per una sconfitta di troppo, i Colts mancarono l’appuntamento con la post-season.
Nel 1989, Eric Dickerson visse un’altra stagione su altissimi livelli, correndo per 1.311 yards e superando la soglia delle 10.000 in carriera. Tuttavia, i Colts giocarono un football mediocre: sul parziale di 8-7, dovevano necessariamente vincere l’ultima di campionato per disputare la postseason.
Sfortunatamente per loro, vennero letteralmente sotterrati dai Saints, che si imposero in casa con un impietoso 41-6.
Nel draft 1990, i Colts cedettero il WR Andre Rison ed alcune scelte agli Atlanta Falcons, così da potersi assicurare il QB, nativo di Indianapolis, Jeff George, con la prima scelta assoluta. La stagione d’esordio di George tra i pro fu realmente stellare, con 2.152 yards lanciate e 16 TD passes all’attivo.
Tuttavia, le cose non andarono altrettanto bene per Eric Dickerson, che si mise in holdout per spuntare un contratto più lungo. I Colts sospesero l’atleta per quattro partite, per condotta gravemente lesiva del team. Dickerson tornò nel finale di stagione, correndo per 677 yards; i Colts chiusero sul 7-9.
Jeff George
La formazione di Indianapolis perse le prime cinque gare della stagione 1991, il che costò il posto a Ron Meyer, rimpiazzato da Rick Venturi. Sotto la sua guida, i Colts continuarono a soffrire, perdendo altre quattro partite.
La prima vittoria giunse in un freddo e piovoso pomeriggio a Meadowlands, superando di un solo punto i New York Jets.
Quello sarebbe stato l’unico successo della stagione, chiusasi con un allucinante 1-15, nella quale Eric Dickerson corse per sole 535 yards, ed i Colts misero a segno la miseria di 143 punti.
Tentando di tornare agli antichi fasti, i Colts ingaggiarono una vecchia conoscenza, quel Ted Marchibroda che aveva condotto la squadra a tre titoli divisionali consecutivi verso la fine degli anni ‘70 a Baltimore.
Con le prime due scelte al draft, i Colts puntarono su Steve Entman e Quentin Coryatt. Nello stesso giorno, cedettero Eric Dickerson, mettendo così la parola fine ad un rapporto a volte tempestoso con il proprio grande runner.
Prima che la stagione cominciasse, i Colts vennero scossi da un’improvvisa tragedia: il DE Shane Curry venne infatti ferito a morte fuori da un nightclub di Cincinnati, in una rissa scoppiata per una macchina che ostruiva il viale d’ingresso del locale.
Dopo una caotica offseason, i Colts partirono bene, superando i Cleveland Browns nella prima di campionato, giocatasi all’Hoosier Dome. Tuttavia, con una mossa a sorpresa, venne tagliato il QB Mark Hermann, che aveva guidato i suoi alla vittoria.
Jeff George tornò così in cabina di regia, ed i Colts vinsero solo tre delle successive dieci partite. Ma nel finale di stagione la squadra conquistò cinque vittorie, mancando di un nonnulla i playoff col record finale di 9-7.
Il 1993 fu contrassegnato da una paurosa sterilità offensiva; a farsi sentire non fu solo la totale assenza del running game, ma anche il passing game latitò alquanto: prova ne furono i 20 quarti senza un touchdown. La difesa non fece di meglio, ed i Colts chiusero con un pessimo 4-12, tra lo scontento generale.
La stagione terminò con una striscia perdente di quattro gare, e ben otto sconfitte nelle ultime nove partite.
Nel 1994, i Colts stravolsero tutto il team, cedendo Jeff George agli Atlanta Falcons, e scegliendo il RB Marshall Faulk al primo giro del draft. La stagione di esordio di Faulk fu impressionante, tanto che venne nominato Offensive Rookie of the Year con 1.804 yards totali.
I Colts giocarono però un football mediocre per la maggior parte della stagione, vincendo tre delle ultime quattro gare e chiudendo sull’8-8.
Dopo una partenza sul 1-2, il QB Jim Harbaugh tornò titolare e guidò i Colts ad una grande rimonta, chiusasi col record di 9-7 che valse la qualificazione ai playoff.
Nelle sue prime tre partite in cabina di regia, Harbaugh condusse i Colts ad altrettante vittorie in rimonta, guadagnandosi il soprannome di “Captain Comeback”, mentre il team quello di “Cardiac Colts”.
Molte delle vittorie dei biancoblu giunsero al termine di incontri tiratissimi, nei quali la squadra ebbe la meglio grazie ad un carattere indomito.
Nei playoff, avrebbero avuto bisogno di qualcosa di più della semplice forza di volontà, dovendo giocare la Wild Card senza Marshall Faulk. Tuttavia, la squadra non mancò un colpo, e piegò in trasferta i Chargers per 35-20.
Una settimana dopo, i Colts venivano dati nuovamente per spacciati, ma grazie a ben cinque FGs sbagliati dal PK dei Chiefs Lynn Elliot, i Colts si imposero per 10-7 ed approdarono al Championship a Pittsburgh.
Ancora una volta, con l’accesso al Super Bowl XXX ad un passo, i Colts erano sfavoriti. Ma tennero botta, e sul 20-16 per gli avversari, avevano bisogno di un vero miracolo nell’ultimo gioco dell’incontro per spuntarla.
Da metà campo, Harbaugh lanciò in endzone: la palla rimbalzò all’interno ed all’esterno delle braccia del WR Aaron Bailey, e quell’incompleto mise fine alla stagione dei Colts.
Al termine di quell’imprevista corsa ai playoff, il team offrì al coach Ted Marchibroda un solo anno di contratto. L’amatissimo Marchibroda declinò l’offerta, ed accettò quella dei Ravens.
I Colts puntarono allora su Lindy Infante, sperando li portasse alla postseason. Agli ordini di Infante, i Colts partirono col piede giusto, vincendo le loro prime quattro gare, tra le quali un successo per 25-24 contro i Cowboys a Dallas.
La squadra venne poi falcidiata da un’impressionante serie di infortuni, ma riuscì comunque a qualificarsi ai playoff col record di 9-7.
Anche questa volta i sogni si infransero a Pittsburgh, dove gli Steelers si imposero per 42-14 al primo turno.
Prima dell’inizio della stagione 1997, il proprietario del team, Robert Irsay, morì: le redini della franchigia passarono quindi al figlio Jim.
Dopo due apparizioni consecutive ai playoff, i Colts tornarono bruscamente alla realtà, perdendo le prime dieci partite, in una stagione contrassegnata dai molti infortuni. Uno di questi, particolarmente indicativo dell’annata frustrante del team, fu quello rimediato alla mano dal QB durante una lite col signal caller dei Buffalo Bills, Jim Kelly.
I Colts terminarono con un pessimo 3-13, che costò il posto a Lindy Infante e portò ad una ristrutturazione del front office.
La dirigenza decise di puntare su Bill Polian per la gestione delle operazioni, e su Jim Mora per la guida tecnica della squadra.
Paradossalmente, il record negativo dell’anno precedente consentì ai Colts di selezionare, con la prima scelta assoluta, il QB Peyton Manning nel draft del 1998. I Colts lo nominarono da subito titolare: il giovane regista seppe ripagare la fiducia della squadra, passando per 3.739 yards.
Nonostante la sua stagione stellare, i Colts terminarono per la seconda volta consecutiva con un terrificante 3-13.
Il 1999 vide un cambio nel backfield, con la cessione di Marshall Faulk ai St.Louis Rams e la scelta di Edgerrin James al primo giro del draft. L’attacco dei Colts fu letteralmente esplosivo: James fu nominato Offensive Rookie of the Year con 2.159 yards complessive e 17 touchdowns; inoltre, Peyton Manning passò per qualcosa come 4.135 yards.
I Colts si aggiudicarono il titolo della AFC East con un eccellente 13-3.
Nel Divisional Playoff, i Colts ospitarono i Tennessee Titans nel loro primo incontro al RCA Dome. Ma i giovani Colts faticarono oltremisura, e furono sconfitti per 19-16.
Peyton Manning e Edgerrin James
Nel 2000, il reparto offensivo di Indianapolis fu impressionante, spesso giocando no-huddle e dando pochissimo tempo alle difese avversarie di rifiatare; Peyton Manning lanciò per 4.413 yards, ed Edgerrin James totalizzò 2.303 yards complessive.
Tuttavia, la difesa non fu sempre all’altezza: giocò discretamente, ma talvolta concesse troppe yards in momenti cruciali.
Al giro di boa, i Colts erano sul 6-2, anche se alcune di quelle vittorie erano state conquistate all’ultimo minuto, con rimonte eroiche necessarie a cancellare precedenti errori.
Poi, però, persero quattro delle successive cinque gare, ed improvvisamente la qualificazione ai playoff fu messa a repentaglio.
Con ancora tre incontri da giocare, la sola speranza dei Colts passava per altrettante vittorie: così fu, e chiusero col record di 10-6.
Nella Wild Card a Miami, i Colts erano in vantaggio di 14 punti sui Dolphins nella terza frazione di gioco. I padroni di casa, tuttavia, rimontarono e mandarono l’incontro ai supplementari; furono proprio i Dolphins a spuntarla, grazie ad un TD di Lamar Smith che fissò il punteggio sul 23-17 e lasciò Jim Mora ancora a secco di vittorie nei playoff.
Buona la partenza dei Colts nel 2001, con due vittorie consecutive, ma presto i problemi difensivi si ripresentarono, con tre sconfitte di fila. La striscia negativa si arrestò con una vittoria esterna contro i Kansas City Chiefs.
Tuttavia, quell’incontro fece una vittima eccellente: Edgerrin James, infatti, subì un grave infortunio al ginocchio, che mise fine alla sua stagione.
Senza di lui, i Colts vinsero sole tre delle restanti nove partite: le formazioni avversarie non ebbero alcun problema a fare a pezzi una difesa ben più che porosa, ultima nella Lega quanto a yards e punti concessi.
Peyton Manning giocò ancora su altissimi livelli, passando per 4.131 yards. Tuttavia, i suoi numerosi intercetti suscitarono le aperte critiche del coach Jim Mora.
I Colts chiusero la stagione con un deludentissimo 6-10.
Al termine del campionato, Mora venne silurato, dopo essersi rifiutato di licenziare i suoi assistenti del reparto difensivo.
La dirigenza puntò allora su Tony Dungy, grande mente difensiva, per il ruolo di head coach, sperando di riuscire a risollevare una retroguardia che, combinata con un attacco stellare, potesse rendere i Colts un team completo.
L’era Dungy si aprì con tre vittorie nelle prime quattro gare della stagione 2002.
Poi, però, i Colts persero tre incontri consecutivi, ed a metà campionato il loro bilancio era di 4-4.
Ma si ripresero prontamente, con quattro successi di fila, tra i quali una vittoria esterna in prima serata nella neve di Denver grazie a due decisivi FGs del kicker Mike Vanderjagt (da 54 yards allo scadere e da 51 in overtime).
I Colts persero le ultime quattro gare e si piazzarono al secondo posto della neonata AFC South, con un solido 10-6, che valse una Wild Card. Il WR Marvin Harrison stabilì un record NFL per una singola stagione, con 143 ricezioni per 1.722 yards.
Tuttavia, l’apparizione dei Colts in postseason fu effimera e non certo indimenticabile: la formazione di Indianapolis venne piegata in trasferta dai New York Jets con un impietoso 41-0.
Dopo la figuraccia rimediata ai playoff, nel 2003 gli addetti ai lavori cominciarono a dubitare delle doti di Peyton Manning.
Nonostante un football altalenante all’esordio, i Colts si imposero per 9-6 in trasferta sui Cleveland Browns, vincendo poi le successive tre gare.
La Week 5 vide fu un emozionante ritorno a casa per il coach Tony Dungy, allorquando i Colts affrontarono i Tampa Bay Buccaneers nel Monday Night. Le cose non andavano affatto bene per Dungy contro la sua ex squadra, che a 5′ dal termine conduceva per 35-14.
Ma i Colts non si persero d’animo, e Manning li guidò a tre touchdowns consecutivi, portando l’incontro ai supplementari; gli ospiti si imposero grazie al piede di Mike Vanderjagt, che calciò il FG del definitivo 38-35.
Una settimana più tardi, i Colts dilapidarono il vantaggio nell’ultimo quarto, facendosi superare in overtime per 23-20 dai Carolina Panthers.
Dopo aver vinto quattro delle successive cinque gare, i ragazzi di Dungy si ritrovarono coinvolti nella lotta per il vertice della AFC contro i New England Patriots in casa. Sotto per 17-0 nella prima parte di gara, i Colts combatterono per tutto l’incontro, pareggiando il punteggio (31-31) all’inizio dell’ultimo quarto.
Tuttavia, i Pats risposero prontamente, approfittando di un lungo ritorno di kickoff per portarsi sul 38-31. I Colts accorciarono le distanze con un FG, ed erano in situazione di primo e goal nell’ultimo minuto di partita. Ma tutti e quattro i tentativi risultarono vani, ed i Colts persero la terza partita della stagione.
Dopo la sconfitta contro i Pats, la formazione di Indianapolis tornò al successo, piegando i Tennessee Titans per 29-27 e balzando al vertice della AFC South.
I Colts vinsero due delle ultime tre partite stagionali, chiudendo con un eccellente 12-4: Peyton Manning, con 4.267 yards all’attivo, venne nomintato NFL Co-MVP con il pari ruolo Steve McNair dei Tennessee Titans.
Nei playoff, i Colts e Peyton Manning cancellarono la percezione di molti, che non li ritenevano capaci di vincere alla grande un incontro importante: il QB, infatti, lanciò per 377 yards e cinque touchdowns, dando ai suoi una schiacciante vittoria per 41-10 contro i Denver Broncos, il loro primo successo in postseason dal trasferimento nell’Indiana.
Nel Divisional, i Colts affrontarono in trasferta i Kansas City Chiefs. Ancora una volta Manning giocò splendidamente, con 304 yards di passaggio e tre TD passes; i Colts piegarono i Chiefs per 38-31, in un incontro nel quale il punter Hunter Smith fu del tutto inattivo. La vittoria proiettò i Colts al Championship, avversari di turno i New England Patriots.
La magia dei Colts, tuttavia, svanì all’improvviso in una fredda e nevosa serata a Foxboro; la difesa dei Pats non lasciò scampo a Manning, intercettandolo quattro volte. Con la vittoria per 24-14, i Patriots staccarono il biglietto per il Super Bowl XXXVIII, che avrebbero poi vinto.
Nel 2004, i Colts sono ripartiti da dove avevano terminato la stagione precedente, ovvero da Foxboro; nella prima giornata di campionato, giocata in anticipo di Giovedì, i New England Patriots hanno imbrigliato nuovamente Manning, imponendosi per 27-24.
Il drive del possibile pareggio è stato contrassegnato da un sack ai danni di Manning, ed il successivo tentativo di Mike Vanderjagt è terminato largo.
Tuttavia, il resto della regular season è stato realmente straordinario per Manning ed i Colts: il QB, infatti, ha infranto il record di 49 TDs di Dan Marino, imbattuto da vent’anni.
Inoltre, ognuno dei tre WRs Marvin Harrison, Reggie Wayne e Brandon Stokley hanno ricevuto per almeno 1.000 yards.
Sulle ali dell’entusiasmo, i Colts hanno vinto il secondo titolo divisionale consecutivo, grazie ad un record di 12-4, e Manning è stato nominato NFL MVP per il secondo anno di fila.
Dopo aver perso l’ultimo ininfluente incontro di regular season contro i Denver Broncos, con Manning e gli altri titolari a riposo, i Colts hanno affrontato nuovamente la squadra del Colorado, e stavolta è stata tutta un’altra storia. Grazie al braccione di Manning, i ragazzi di Dungy hanno chiuso il primo tempo sul 35-3; l’incontro è terminato sul 49-24, con Peyton che ha lanciato per 457 yards e quattro TD passes.
Con quella vittoria, i Colts sono tornati sul luogo del delitto: il Gillette Stadium di Foxboro, nuovamente opposti alla loro “bestia nera”, i Patriots. La neve è cominciata a cadere all’inizio del Divisional Playoff, ed è sembrata un presagio di quanto sarebbe poi accaduto: i Colts non sono mai entrati in partita, e la secondaria dei Pats ha fermato nuovamente Peyton Manning, impedendo ai Colts di raggiungere la endzone.
I Campioni del Mondo si sono imposti per 20-3, rimandando a casa i Colts con le pive nel sacco.
Marvin Harrison
La stagione 2005 ha davvero lasciato l’amaro in bocca ai tifosi dell’Indiana: i Colts parevano infatti i candidati numero 1 alla vittoria finale. Sembrava infatti che fosse stato finalmente raggiunto il tanto agognato equilibrio tra attacco e difesa: il reparto arretrato ha infatti giocato alla grande, con giocatori del calibro di Corey Simon, Dwight Freeney, Montae Reagor e Mike Doss.
Il duo Peyton Manning / Marvin Harrison ha infranto il record detenuto da Steve Young e Jerry “World” Rice di 85 TD passes lanciati e ricevuti, portandolo a 94.
Per tredici partite, la formazione di Indianapolis sembrava destinata a seguire le orme dei mitici Miami Dolphins della “Perfect Season”, fino a quando hanno trovato sulla propria strada i San Diego Chargers, che li hanno battuti al RCA Dome.
La sconfitta è stata decisiva, soprattutto perché ha evidenziato i problemi di protezione che una difesa 3-4 avrebbe potuto dare ai Colts, i cui titolari hanno tra l’altro avuto un lungo (forse troppo) riposo.
Bill Cowher ed i suoi Steelers l’hanno capito perfettamente, sorprendendo i Colts con un game plan assolutamente inedito, e mettendo continuamente pressione su Manning. Un emozionantissimo Divisional Playoff è stato deciso da un calcio sbagliato di Mike Vanderjagt allo scadere.
La sconfitta è giunta poche settimane dopo un tragico evento che ha colpito Tony Dungy e la sua famiglia: il figlio 18enne James, infatti, si è tolto la vita nel suo appartamento di Tampa.
Gli strascichi della fine anticipata della stagione si sono fatti sentire pesantemente in offseason: la squadra ha perso alcuni dei propri pezzi pregiati, primo tra tutti Edgerrin James, passato agli Arizona Cardinals, oltre a Vanderjagt, che ha firmato per i Cowboys.
Reduci da quell’inattesa sconfitta, i Colts hanno iniziato la stagione 2006 a spron battuto, vincendo le prime nove gare in calendario e divenendo la prima squadra nella storia della NFL a conquistare nove successi di fila in due stagioni consecutive.
Dopo aver perso la prima gara appena prima del Thanksgiving, in trasferta contro i Dallas Cowboys per 21-14, i Colts si sono ripresi sconfiggendo in prima serata i Philadelphia Eagles; grande protagonista è stato il rookie RB Joseph Addai, capace di correre per 171 yards e di segnare ben quattro TDs.
Ma nelle settimane successive, la difesa è stata il tallone d’Achille dei Colts, che hanno perso tre gare su quattro. Dapprima è giunta la sconfitta per 20-17 contro i Tennessee Titans, grazie a un FG da 60 yards d Rob Bironas; poi, la batosta per 44-17 contro i Jacksonville Jaguars, ai quali sono state concesse ben 375 yards su corsa.
Dopo il successo per 34-16 sui Cincinnati Bengals, la difesa dei Colts è stata nuovamente beffata da un FG all’ultimo secondo: il calcio da 48 yards di Kris Brown ha infatti dato ai Texans il successo per 27-24.
I Colts hanno chiuso la stagione con la vittoria per 27-22 sui Miami Dolphins, e col record di 12-4 hanno comunque vinto il titolo divisionale: ma sono giunti ai playoff senza sfruttare l’inerzia, non avendo conquistato il bye al primo turno.
Nella sfida di Wild Card, i Colts hanno incontrato i Kansas City Chiefs, e molti li davano per spacciati contro il fortissimo attacco su corsa dei Chiefs. Ma, aiutati dal ritorno di Bob Sanders, che aveva saltato la maggior parte della stagione, i Colts hanno concesso a Larry Johnson sole 32 yards, imponendosi per 23-8: ma non è stato facile, specie a fronte dei tre intercetti di Peyton Manning, uno dei quali, nel secondo quarto, aveva dato palla ai Chiefs sulle 9 di Indianapolis; la difesa dei Colts ha serrato i ranghi ed il kicker avversario, Lawrence Tynes, ha fallito un FG da 23 yards.
La settimana successiva, i Colts sono tornati a Baltimore per la seconda sfida con i Ravens. Manning ha nuovamente stentato, venendo intercettato due volte, ma la difesa è salita nuovamente in cattedra, concedendo solo due FGs, mentre l’acquisto di Adam Vinatieri si è rivelato azzeccato: il kicker ha infatti messo a segno ben cinque FGs, tre dei quali da oltre 40 yards, che hanno fissato il punteggio sul 15-6, grazie al quale i Colts sono tornati a Indianapolis per disputare il Championship AFC contro i New England Patriots.
Per la maggior parte del primo tempo, è sembrato che i Patriots stessero per bastonare nuovamente i padroni di casa, trovandosi sul 21-3 dopo l’intercetto riportato per 39 yards da Asante Samuel. Vinatieri ha risposto con un FG, ed i Colts hanno chiuso i primi due quarti sotto per 21-6.
Nel terzo periodo, i Colts sono tornati in vita alla grande, pareggiando con due segnature ed una conversione da due punti. Ma i Pats si sono rapidamente portati di nuovo in vantaggio sul 28-21 alla fine del terzo quarto. I Colts hanno pareggiato nuovamente, ma solo per vedere gli avversari ripassare a condurre.
Dopo uno scambio di FGs, i Colts dovevano rimontare di nuovo, sotto per 34-31 a 3’49” dal termine. Ma tre passaggi incompleti hanno fatto sì che la difesa, la quale aveva stentato tutta la gara, dovesse fermare gli avversari solo per mantenere in vita una fievole speranza per i Colts. Così è stato, e Peyton Manning è rientrato in campo con tre punti da recuperare, 2’17” sul cronometro ed un solo time out a disposizione.
Partendo dalle proprie 20, i Colts sono entrati rapidamente in territorio avversario, grazie a due big play su passaggio per Reggie Wayne, ed approfittando di un roughing the passer, sono giunti sulle 11 dei Pats al two minute warning.
Con Joseph Addai a correre nel mezzo, i Colts hanno sezionato la stanca difesa dei Patriots, portandosi sul 38-34 a 1’02” dallo scadere. Ma Tom Brady ha deciso di vendere cara la pelle, portando rapidamente i suoi nella metà campo avversaria, fino a quando Marlin Jackson non l’ha intercettato sulle 35 dei Colts, mettendo in ghiaccio la partita e consentendo ai Colts di staccare il biglietto per il primo Super Bowl dal trasferimento ad Indianapolis.
Prima del Super Bowl XLI, in cui i Colts avrebbero affrontato i Chicago Bears a Miami, l’attenzione si è concentrata sui due coach: Tony Dungy avrebbe infatti avuto come avversario il suo allievo Lovie Smth, e i due sarebbero stati i primi due HC di colore ad approdare ad un Super Bowl.
Ad inizio partita, i Colts si sono ritrovati immediatamente sotto: un explosivo Devin Hester ha riportato in meta il kickoff dopo una galoppata da ben 92 yards.
I Colts hanno risposto prontamente con un TD pass da 53 yards di Peyton Manning per Reggie Wayne; ma Indianapolis non è riuscita a pareggiare, dato che l’extrapoint è stato deviato sotto la pioggia battente.
Dopo un fumble a testa, i Bears hanno colpito ancora portandosi sul 14-6 alla fine del primo quarto. Ma quando la pioggia ha preso a cadere ancor più copiosamente su Miami, i Colts sono passati a condurre per 16-14 grazie ad un TD di Dominick Rhodes, dopo un FG da 29 yards di Adam Vinatieri. Sotto un vero e proprio diluvio, nel terzo quarto Vinatieri è andato a segno altre due volte, portando i suoi sul 22-14, ma i Bears non hanno ceduto di un millimetro, segnando a loro volta un FG. I Colts hanno messo la parola fine all’incontro nell’ultimo quarto, con il ritorno di intercetto in meta da 56 yards di Kelvin Hayden, involatosi lungo la sideline, che ha portato il punteggio sul 29-14. Da lì in avanti, Indianapolis si è affidata alla propria difesa per sigillare la vittoria di Tony Dungy e Peyton Manning, nominato MVP dell’incontro con 247 yards su passaggio e un TD pass, in condizioni di gioco davvero difficili.
Reduci dalla conquista del Super Bowl, nel 2007 i Colts hanno aperto con l’alzabandiera al RCA Dome in prima serata: siglando ben 31 punti consecutivi nel secondo quarto, i Campioni del Mondo in carica hanno bastonato i New Orleans Saints per 41-10.
Sette giorni dopo, non è stato altrettanto facile avere ragione dei Tennessee Titans, superati per 22-20; sul parziale di 7-0, pur privi di Marvin Harrison a causa di un infortunio al ginocchio, i Colts hanno ricevuto la visita dei Patriots, anch’essi all’epoca imbattuti (8-0). Come nel Championship dell’anno precedente, è stata da subito battaglia. Ma questa volta sono stati i Colts a dilapidare il vantaggio, ed i Patriots, capaci di segnare 14 punti di fila negli ultimi 8′ di gara, hanno finito per imporsi col punteggio di 24-20; New England avrebbe poi terminato imbattuta la regular season.
Una settimana più tardi, in diretta nazionale contro i San Diego Chargers, i Colts sono sembrati chiaramente ancora storditi dalla sconfitta contro i Pats, finendo subito sotto nel punteggio: Darren Sproles ha infatti riportato in meta il kickoff di apertura, ed i Bolts sono passati rapidamente sul 23-0. Peyton Manning è stato protagonista di una gara disastrosa, infarcita da ben sei intercetti, ma la difesa dei Colts li ha tenuti in partita: grazie al fumble recuperato da Gary Brackett in endzone, Indianapolis è rimasta a -2. Il tentativo di conversione da due punti è fallito, ma i Colts hanno continuato a rispondere colpo su colpo, tanto da avere la possibilità di vincere con un tentativo di traformazione da 29 yards di Adam Vinateri. Ma in una notte piovosa, il calcio è finito largo a destra, ed i Chargers si sono aggiudicati l’incontro per 23-21. Vinateri si è fatto perdonare una settimana dopo, quando ha calciato tra i pali il FG del definitivo 13-10 contro i Kansas City Chiefs. Quella vittoria, giunta peraltro dopo una partita modesta da parte dei Colts, li ha riportati in carreggiata, dando il via ad una striscia vincente di sei incontri, terminata con l’ininfluente sconfitta contro i Titans in casa.
Nel corso della stagione i Colts ha trovato dei nuovi eroi, come Bob Sanders, vera e propria minaccia per gli attacchi avversari, nominato Defensive Player of the Year: Sanders è stato il perno di una difesa decisamente migliorata, che non aveva cessato di mostrare progressi sin dalla corsa al Super Bowl della precedente stagione. Mentre Marvin Harrison aveva disputato solo cinque partite, il rookie WR Anthony Gonzalez (prima scelta di Indianapolis) si è trovato a proprio agio nel sistema offensivo dei Colts, totalizzando 576 yards su ricezione e tre mete, e la formazione dell’Indiana ha chiuso la regular season sul 13-3.
Con il bye al primo turno, tutti nella Lega si attendevano una nuova sfida contro i Patriots nel Championship. Ma prima i Colts avrebbero dovuto superare i San Diego Chargers, nell’ultima gara tra le mura del RCA Dome, poi abbattuto.
I Colts sono partiti forte, con un TD pass da 25 yards di Peyton Manning per il TE Dallas Clark nel primo quarto. Ma i Chargers si sono dimostrati degli ossi duri, pur avendo perso LaDainian Tomlinson per un infortunio al ginocchio, e sono passati a condurra per 14-10 nel terzo periodo. I Colts si sono riportati avanti col TD pass di Manning per Reggie Wayne, ma nell’ultimo gioco del quarto la catch and run da 56 yardsi di Darren Sproles ha dato ai Bolts il vantaggio per 21-17.
In quella stessa giocata, il QB di San Diego Philip Rivers si è a sua volta infortunato al ginocchio; i Colts sono tornati nuovamente in vantaggio col TD pass da 55 yards di Manning per Anthony Gonzalez. Ma i Chargers li hanno nuovamente scavalcati, con la corsa in endzone del backup QB Billy Volek. Sfortunatamente per loro, i Colts non sono più riusciti a rimontare, ed è toccato ai Chargers, impostisi per 28-24, sfidare i Patriots nel Championship AFC.
Giunti alla loro 25ma stagione ad Indianapolis, nel 2008 i Colts hanno inaugurato il loro nuovo stadium, il Lucas Oil Field, dotato di tetto retrattile. Ma l’esordio nella nuova casa non è stato felice, dato che i Colts sono stati sconfitti per 29-13 dai Chicago Bears nel Sunday Night.
Sette giorni dopo, Indianapolis si è trovata sotto per 15-0 in trasferta contro i Minnesota Vikings, anche a causa dell’inizio stentato di Peyton Manning, reduce da un intervento al ginocchio appena prima dell’avvio della stagione; nonostante i suoi due intercetti, i Colts sono comunque riusciti ad imporsi, mettendo a segno 18 punti di fila.
Ma una settimana dopo è arrivata la seconda battuta d’arresto, la sconfitta rimediata allo scadere per mano dei Jacksonville Jaguars, che hanno avuto bisogno di un FG da 51 yards di Josh Scobee per avere ragione dei Colts.
Dopo il turno di riposo, i Colts hanno rischiato di soccombere nuovamente, sotto per 27-10 nell’ultimo quarto in trasferta contro gli Houston Texans. Ma Indianapolis ha ribaltato la situazione con tre segnature negli ultimi 4’04”; da segnalare il ritorno di fumble da 68 yards di Gary Brackett, bravo a ricoprire il pallone perso dal QB dei Texans Sage Rosenfels.
I Colts hanno finalmente conquistato il primo successo tra le mura del Lucas Oil Field la settimana seguente, piegando i Baltimore Ravens con un sonoro31-3. Ma gli errori di inizio stagione si sono nuovamente ripetuti, ed i Colts hanno perso le due trasferte successive, una delle quali per 31-21 nel Monday Night contro i Tennessee Titans, che li ha portati a quattro gare dalla vetta.
Sul parziale di 3-4 i Colts si sono trovati ad un bivio, pronti ad affrontare i casa i New England Patriots: l’incontro, predominato dalle difese, si è risolto in favore dei Colts grazie al FG da 52 yards di Adam Vinatieri a 8’05” dal termine.
Sette giorni più tardi, i Colts hanno vinto a Pittsburgh per la prima volta in 40 anni, piegando gli Steelers per 24-20, trascinati alla rimonta da Peyton Manning.
Dopo un’altra vittoria sofferta contro i Texans in casa, i Colts si sono presi la rivincita sui San Diego Chargers, grazie al FG da 51 yards di Adam Vinatieri a fil di sirena, che ha dato loro il successo esterno per 23-20.
Quella è stata la quarta vittoria di fila per Indianapolis, che sembrava aver finalmente trovato il ritmo dopo una partenza al rallentatore; i Colts hanno poi vinto anche le restanti cinque gare in calendario. Ma nonostante il record di 12-4, i Colts si sono dovuti accontentare di una Wild Card.
Nei playoff si sono nuovamente trovati di fronte i Chargers, in quel di San Diego. Nonostante l’ottima prova di Peyton Manning (310 yards lanciate), i Colts non sono riusciti a fermare il RB avversario Darren Sproles: con le sue 105 yards su corsa, 22 delle quali per il TD decisivo in overtime, i Chargers hanno vinto per 23-17, eliminando dalla corsa al titolo i Colts per la seconda stagione consecutiva.
Al termine della stagione, i Colts hanno dato l’addio al WR Marvin Harrison, che hanno rilasciato, mentre l’HC Tony Dungy si è ritirato per seguire altri progetti nella Lega, tra i quali un programma di addestramento dedicato ai giocatori.
Jim Caldwell, a lungo assistente proprio di Dungy, gli è succeduto nel ruolo di allenatore capo.
Nel 2009, col ritiro di Tony Dungy, i Colts erano alla ricerca di continuità, e per far ciò hanno nominato Jim Caldwell, con il quale è rimasta anche buona parte del coaching staff di Dungy.
Nell’incontro di apertura al Lucas Oil Field, l’attacco dei Colts ha stentato a tratti, ma la difesa è salita in cattedra, e Indianapolis si è imposta per 14-12 sui Jacksonville Jaguars.
Sette giorni dopo, nel Monday Night in trasferta a Miami, la stessa difesa è stata aggirata dai Dolphins, che hanno controllato la linea di scrimmage e l’orologio, tenendo palla per oltre 45′, totalizzando 84 giochi dalla LOS. Ma per balzare sul 2-0, ai Colts è servito il braccione di Peyton Manning, capace di passare per 303 yards e portare i suoi al successo per 27-23 sui Dolphins: due i lanci chiave dell’incontro, uno da 80 yards per Dallas Clark e l’altro da 48 per Pierre Garcon.
I Colts sono rimasti imbattuti per le quattro gare seguenti, segnando almeno 30 in ciascuna partita, e portandosi sul 6-0. Opposti ai San Francisco 49ers nella Week 8, i Colts hanno dovuto mostrare tutta la propria abilitò per rimontare, trovandosi sotto per 14-6; ma alla fine hanno avuto la meglio, imponendosi per 18-14, con una difesa capace di serrare i ranghi al momento opportuno.
Una settimana più tardi, i Colts si sono portati rapidamente sul 13-0 sugli Houston Texans, ma si sono ritrovati sotto nell’ultimo quarto, dopo aver subito 17 punti di fila. Indianapolis ha risposto, passando a condurre per 20-17 grazie alla corsa vincente da due yards di Joseph Addai; a sigillare la vittoria l’errore del kicker avversario Kris Brown, che ha fallito una conversione da 42 yards a tempo scaduto.
Ancora imbattuti al giro di boa, i Colts sembravano ormai destinati alla prima sconfitta stagionale, sotto per 31-14 contro i New England Patriots nell’ultimo quarto del Sunday Night. Indianapolis è andata a segno due volte, ma i Patriots erano ancora avanti per 34-28 e palla in mano a poco più di 2′ dal termine. Tuttavia, una scelta avventata dell’HC avversario, Bill Belichick, ha riportato in vita i Colts: l’allenatore dei Pats ha infatti tentato una conversione di quarto tentativo alla mano, allorquando i suoi erano schiacciati in profondità nel proprio territorio. A caval donato non si guarda in bocca, e i Colts non si sono fatti pregare: Peyton Manning ha imbeccato Reggie Wayne con un TD pass da una yard a 13″ dallo scadere, dando ai Colts un’insperata vittoria per 35-34.
Dopo il successo esterno per 17-15 sui Baltimore Ravens, che li ha portati sul 10-0, i Colts hanno nuovamente dovuto dimostrare di saper rimontare, sotto per 17-0 contro i Texans. Ma quando si ha in squadra un certo Peyton Manning, non si è mai fuori dalla partita: con tre TD passes, l’MPV di Indianapolis ha portato i suoi alla vittoria per 35-27. Quella è stata la ventesima vittoria consecutiva dei Colts in regular season, un nuovo record NFL, e al contempo ha assicurato al team il titolo divisionale.
Dopo due vittorie casalinghe di fila, i Colts si sono ritrovati sul 13-0, con la possibilità di disputare una perfect season. Ma per passare sul 14-0 c’è voluta ancora un pò della magia di Manning, che ha trascinato i suoi al successo sui Jacksonville Jaguars per 35-31, al termine di una gara combattutissima nel Thursday Night. In quell’incontro, Manning ha infranto la barriera delle 4.000 yards su passaggio per la decima volta in carriera, con 308 yards e quattro TD passes, incluso quello della vittoria da 65 yards per Reggie Wayne, a poco più di 5′ dal termine. E’ stato grazie a simili performance che Manning è riuscito ad aggiudicarsi per la quarta volta il titolo di NFL MVP. Sul 14-0 sembrava che solo i Colts potessero battere i Colts, ed è proprio questo che è accaduto. In vantaggio per 15-10 nel terzo quarto contro i New York Jets nell’ultimo incontro di regular season, i Colts hanno deciso di lasciare a riposo i titolari. Con il backup di Manning, Curtis Painter, in evidente difficoltà, i Jets hanno rimontato fino ad imporsi per 29-15: i Colts sono stati travolti da una vera e propria ondata di polemiche e critiche da parte dei media locali e nazionali. Con i titolari quasi impossibilitati a giocare sotto un fortissimo blizzard, i Colts hanno terminato sul 14-2, perdendo per 30-7 contro i Buffalo Bills.
Dopo aver fatto rifiatare i titolari nelle ultime due gare di regular season, ed il turno di bye nella Wild Card, i Colts hanno dovuto evitare di arrugginirsi nella sfida contro i Baltimore Ravens nel Divisional Playoff. In passato, i Colts avevano faticato in situazioni analoghe. Stavolta non solo hanno giocato al massimo livello, ma Peyton Manning è sembrato un giocatore qualsiasi, e l’attacco di Indianapolis è parso noioso. Ma quando sei sul 14-2, la noia è una buona cosa, ed i Colts si sono imposti per 20-3 approdando al Championship AFC. Nuovamente opposti ai New York Jets, le cui speranze di postseason si erano improvvisamente rivitalizzate con la scelta dei Colts di tenere a riposo i titolari nella Week 16, i Colts hanno visto la loro strategia messa a dura prova: i Jets hanno fatto fuoco e fiamme ad inizio partita. I biancoverdi hanno preso subito il controllo del gioco, portandosi sul 17-6 verso la fine del primo tempo. Ma prima di andare negli spogliatoi, Peyton Manning ha preso le redini dell’attacco, orchestrando un drive magistrale da 80 yards in quattro giochi in meno di un minuto, che ha portato i Colts a -4. Nel terzo periodo i Colts sono passati a condurre, grazie al TD pass da quattro yards di Manning per Pierre Garcon. La difesa di Indianapolis ha messo il bavaglio all’attacco dei Jets nel secondo tempo; Manning ha guidato altri drive vincenti, portando i suoi al successo finale per 30-17, che ha consentito ai Colts di approdare al secondo Super Bowl in quattro anni.
Di nuovo a Miami, dove avevano vinto tre anni prima, per disputare il Super Bowl XLIV, i Colts erano i grandi favoriti contro i New Orleans Saints. Per Manning, era una faccenda in famiglia: il QB era infatti cresciuto proprio nella Big Easy, dove aveva visto giocare il padre Archie, in una squadra non certo fortissima.
L’inizio dell’incontro è stato tutto di marca Colts, con Peyton Manning a guidare i suoi in due drive che hanno portato Indianapolis sul 10-0 nel primo quarto. Dopo un FG dei Saints nella seconda frazione di gioco, i Colts hanno avuto la possibilità di sferrare un colpo mortale agli avversari, dopo averli fermati sulle proprie tre grazie ad un’eccellente goal line stand. Ma un lancio droppato da Pierre Garcon e la difficoltà a far funzionare il gioco su corsa hanno dato ai Saints un’altra possibilità di segnare prima dell’intervallo: Garrett Hartley ha infatti portato il punteggio sul 10-6 con un FG da 44 yards allo scadere del primi 30′. Pronti a ricevere il kickoff di apertura del secondo tempo, i Colts erano ancora nella migliori posizione per vincere l’incontro. Sean Payton, HC dei Saints, ha deciso di tentare la sorte, con un onside kick: la scelta ha spiazzato i Colts, ed Hank Baskett non è riuscito a mantenere il possesso del pallone. I Saints hanno recuperato palla e sono passati in vantaggio nel drive successivo. I Colts hanno riposto prontamente, terminando il drive seguente con la corsa vincente da una yard di Joseph Addai. Dopo un altro lungo FG di Hartley, i Colts hanno iniziato l’ultimo quarto in vantaggio per 17-16. Tuttavia, Matt Stover ha fallito una conversione di FG da 51 yard: i Saints sono passati a condurre, grazie al TD pass da due yards di Drew Brees per Jeremy Shockey a 5’42”. I Saints sono passati a +7, con la conversione da due punti ottenuta grazie al lancio di Brees per Lance Moore. I Colts, con Peyton Manning, non sembravano doversi preoccupare per portare a casa la vittoria: ma così non è stato, dato che l’MPV di Indianapolis si è fatto intercettare da Tracy Porter, che ha riportato il pallone in meta per 74 yards e ha sigillato la vittoria dei Saints per 31-17.
Fonte: http://www.sportsecyclopedia.com/nfl/balticolts/baltcolts.html / http://www.sportsecyclopedia.com/nfl/indy/icolts.html
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Ottimo lavoro! L’episodio della Mayflower