Draft 2006: vince la ‘pass rush’

Per mesi il pick n° 1 è stato Reggie Bush.
Il fenomenale Halfback da USC pareva essere, e non è detto che non dimostrerà di meritare tanta stima, un gradino sopra tutti gli altri prospetti, non solo per l’impatto che avrà sicuramente tra i Pro, ma anche per una questione di merchandising, cosa da non da sottovalutare nella NFL.

Poco tempo prima del draft, però, le notizie riportavano la volontà della franchigia texana di scegliere come loro ed assoluto numero uno del draft 2006 il Defensive End da North Carolina State Mario Williams.
Sarà vero? Sì, assolutamente sì.
Un azzardo? Non molto, a mio parere. Casomai la domanda è: “potevano cercare una trade down visto che per Bush più di qualche squadra avrebbe volentieri fatto un balzo a costo di qualche scelta?”. Forse.
Il fatto è che le domande contano poco. Motivare la scelta non sta a noi, nè sta a noi giudicarla sbagliata.

Mario Williams è un Defensive End junior che ha dalla sua la stazza, la forza e l’atletismo per diventare un giocatore dominante tra i Pro.
Vero è che, valutando il roster dei Texans ad oggi, “buchi” da colmare ce ne sarebbero stati altri approfittando della prima scelta assoluta.
Prendiamo per esempio la Offensive Line, vero e proprio tallone d’Achille della Franchigia di Houston nella stagione scorsa, che poteva essere rinforzata scegliendo il fenomenale OT D’Brichshaw Ferguson (scelto poi come N° 4 assoluto dai NY Jets). A questo problema, però, i Texans hanno cercato di trovare soluzione grazie alle prime due scelte del terzo giro (la seconda arrivata dai Saints) prendendo due OT che rispondono al nome di Charles Spencer (da Pittsburgh) ed Eric Winston (da Miami). La parola, sulla bravura dei due, la lasciamo al campo.

Torniamo però, come giusto, a Mario Williams.

I vari ‘mock drafts’ lo davano, posizione più posizione meno, come quarta scelta assoluta.
I Texans lo hanno portato al numero 1, rischiando forse un pò, ma sicuramente consci della forza e della bravura di questo possente (6-7 x 290/295 lbs) Defensive End che, non a caso, è stato premiato come “2004 First-Team All-ACC”, “first-team Sporting News preseason All-American” e, sempre per Sporting News, secondo miglior defensive end del Paese.
Premi e “nominations” a parte, basterebbe citare il fatto che, in soli 2 anni, Williams ha effettuato 25 ‘tackle for loss’ (nono record di sempre per un difensore dei Wolfpack) per capire che questo è un giocatore che sa colpire e difficilmente può essere fermato dalle OL avversarie.

Se Mario manterrà le “promesse”, sarà, per i Texans, quel giocatore di “rottura” che potrà sempre mettere pressione al Quarterback avversario, che imporrà agli avversari di raddoppiarlo, che potrà obbligare molti ‘signal callers’ avversari a forzare, a scappare, ad essere proccupati per tutta la partita.

Una scelta ha sempre delle motivazioni. Sottolineando il fatto che Williams è, nel suo ruolo, un signor giocatore, personalmente posso tentare di trovarne una motivazione, non decisiva ma che probabilmente ha avuto il suo peso, nel fatto che, dovendo la Franchigia texana affrontare per due volte in stagione un QB come Manning (senza scordarci Brian Leftwich dei Jaguars), serviva assolutamente un uomo così.

Il Defensive End nato a Richlands (NC), ha giocato per la squadra del liceo della stessa città, rimanendo nel North Carolina anche negli anni del college.
Tra i lati positivi ci sono, sicuramente, la stazza non comune al ruolo (ma che non gli impedisce di avere un’ invidiabile velocità), le braccia lunghe (fondamentali per il ruolo), il fatto che sia sicuramente un ‘pass rusher’ che può dominare e l’integrità fisica.
Qualche dubbio lo lascia la tecnica, sulla quale dovrà lavorare, l’intuito non fenomenale ed il fatto che a volte, nelle partite giocate al college, abbia dato la netta impressione di poter fare di più, di aver bisogno di essere adeguatamente motivato.
Certo è che l’essere stato la prima scelta assoluta del draft non può che essere una motivazione immensa. Aspettative e riflettori puntati addosso saranno, almeno penso, decisive in tal senso.
Sulla tecnica e l’intuito si può lavorare, soprattutto se si considera il fatto che queste due qualità sono sicuramente ottimizzabili con l’esperienza sul campo e con il lavoro dei Coaches.
Non da sottovalutare è anche il fatto che in pochi, forse nessuno, ha completamente accettato l’idea che questo ragazzo sia veramente stato la meritata ed ambita scelta n° 1.
La voglia di dimostrare il proprio valore è sempre stata una costante dei migliori giocatori della NFL e Williams, se tale potrà essere, dovrà far leva anche su questo.

Solo il campo, non mi stancherò mai di dirlo, sarà giudice della sua bravura, del suo lavoro, dei suoi miglioramenti.
L’essere dominanti, il mettere la propria firma nelle vittorie, lo scrivere pagine della storia dello sport più bello del mondo necessitano di talento, ma anche e soprattutto di forza di volontà, di sopportazione e di umiltà.

Williams sarà artefice del suo destino e, in parte (la sua) di quello dei Texans.
Inch by inch, Mario.

Un sincero in bocca al lupo.