Earl Campbell

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Poche squadre nella storia del football professionistico hanno pagato un prezzo più alto degli Houston Oilers per assicurarsi un prospetto dal ricco palmarès: la squadra texana, infatti, scambiò un tight end ben valutato ed una quarta scelta con i Tampa Bay Buccaneers per poter selezionare Earl Campbell nel 1978.
Campbell era uno degli atleti di college più premiati, e per ottime ragioni. In 4 stagioni all’Università del Texas, aveva corso per 4.444 yards, ed era stato scelto per la squadra della All-Southwest Conference per 4 volte. Aveva conquistato l’Heisman Trophy nel 1977, ed era stato il primo uomo nel XX Secolo ad essere designato come leggenda del Texas dall’autorità statale.
Gli Oilers vedevano in lui l’eroe locale che semplicemente dovevano avere. Mentre era assolutamente ovvio che potesse essere una stella sul campo, i dirigenti texani sentivano che avrebbe potuto fornire un importantissimo ritorno d’immagine alla squadra anche fuori dal campo.
Campbell fu la figura dominante nell’attacco di Houston per sei anni e mezzo, prima di essere ceduto ai New Orleans Saints a metà della stagione 1984. Giocò in Louisiana fino al suo ritiro, avvenuto nel corso della preseason del 1986.
In sole 8 stagioni, Campbell corse per 9.407 yards, ricevette 121 passaggi per 806 yards e mise a segno 444 punti grazie a 74 touchdowns. La sua media fu di 1.175 yards su corsa all’anno, superata da soli 3 portatori di palla nella storia. E trasformò gli Oilers, che non avevano disputato una partita di playoff dalla stagione 1969 nell’American Football League, in contendenti al titolo.
Così, non sorprende che nel 1991, al primo anno di eleggibilità, Campbell sia stato insignito del premio più importante per un giocatore, l’introduzione nella Pro Football Hall of Fame, grazie a queste eccezionali statistiche:
-8 stagioni NFL;
-115 partite disputate;
-2.187 tentativi su corsa;
-9.407 yards su corsa;
-4.3 yards di media a portata;
-74 TDs su corsa;
-121 passaggi ricevuti;
-806 yards su passaggio;
-6.7 yards di media a ricezione
.

Gli Oilers, che avevano siglato con Campbell un contratto pluriennale da 1.4 milioni di $ poco dopo averlo selezionato come prima scelta nel 1978, ebbero quanto pattuito, ed anche di più.
Dall’inizio, il fullback dalla velocità abbagliante e dalle gambe prodigiose sconvolse la NFL. Nel 1978, venne nominato Most Outstanding Offensive Player, all-NFL e Rookie of the Year. Divenne il primo rookie dai tempi di Jim Brown (1957) a vincere il titolo di miglior runner NFL con 1.450 yards, venendo altresì selezionato per la squadra AFC del Pro Bowl.
Campbell seppe fare di meglio nel 1979, ed ancor di più nel 1980, in quella che sarebbe stata la sua migliore stagione di sempre.
Nel 1979, vinse per la seconda volta consecutiva il titolo di miglior runner con 1.697 yards all’attivo, e fu il miglior realizzatore su corsa, con 19 segnature.
Nel 1980, corse per più di 200 yards in 4 diverse partite, chiudendo con 1.934 yards, terza miglior prestazione di sempre, alle spalle di O. J. Simpson (1973) e di Eric Dickerson (1984). Venne nominato all-pro, NFL Player of the Year and e partecipò al Pro Bowl in entrambe quelle stagioni.
Ma l’evoluzione di Campbell coincise con quella degli Oilers, i quali chiusero sul 10-6 nel 1978 e sull’11-5 nelle successive 2 stagioni. In tutti e 3 quegli anni, gli Oilers terminarono al secondo posto nella tostissima AFC Central, venendo eliminati dai futuri Campioni del Mondo, i Pittsburgh Steelers, nel 1978 e nel 1979, mentre furono gli Oakland Raiders ad estrometterli dalla corsa al titolo nel 1980.
Nei 7 incontri di playoff disputati in 3 anni, Campbell ebbe la meglio sulle difese chiamate a fermarlo, risultando il miglior runner degli Oilers per 6 volte.

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Earl in azione contro gli Steelers

A 25 anni, Campbell dominava il mondo del football professionistico. Il suo status di campione si poneva però in stridente contrasto con quanto avvenuto nel suo passato, a cominciare dalla nascita in quel di Tyler, Texas, il 29 Marzo 1955. Fu chiamato Earl Christian come il dottore che lo fece nascere.
Quando Earl era alle elementari, il padre, B. C,.morì. Sua madre Ann, rimasta vedova, con 7 figli e 4 figlie a carico, mantenne unita la famiglia impegnando il roseto di famiglia di 100 acri e lavorando per diversi giorni alla settimana come governante.
La loro casa era una baracca su una strada di campagna, tra una discarica di rottami ed un campo di pesche. Quando Earl cercò di scusarsi per i mobili consumati di casa sua durante una visita di reclutamento da parte di Darrell Royal, il coach di Texas rispose gentilmente: “Sono cresciuto in una baracca, Earl. So bene com’è”.
Ann Campbell era una cristiana devota, e fece sempre in modo che i figli frequentassero regolarmente la chiesa. Ma al momento di entrare al liceo, Earl aveva preso a fumare, bere ed a giocare a biliardo. Prima dell’ultima partita nel suo anno da junior alla Tyler High School, fu sospeso per aver saltato le lezioni. La madre, determinata a far sì che Earl si realizzasse, gli fece capire che per lui poteva esserci una carriera redditizia nel mondo del pro football, a condizione di prendere il tutto più seriamente. L’anno dopo, guidò gli imbattuti Tyler Lions al titolo statale 4A.
Diverse furono le Università interessate a Campbell, ma le opzioni si ridussero infine a Texas od Oklahoma. Earl decise di lasciare a Dio la scelta. Se fosse riuscito a dormire tranquillamente la notte successiva, sarebbe andato nell’Oklahoma. Se il sonno fosse invece stato turbato, Dio gli avrebbe detto di scegliere Texas. Earl si svegliò almeno una volta, e così si iscrisse all’Università del Texas, ove sarebbe diventato il primo membro della sua famiglia a conseguire la laurea.
Quando Earl entrò al college, promise alla madre che le avrebbe costruito una nuova casa se fosse stato sufficientemente bravo da poter giocare tra i pro. Poco dopo la firma del contratto con gli Oilers, Campbell mantenne la promessa. La domenica di Pasqua, al temine della prima stagione professionistica di suo figlio, Ann Campbell e due bambini si trasferirono in una casa di mattoni, in stile ranch, con 4 camere da letto, un vialetto lastricato semicircolare ed un garage a due posti.
Quando venne il momento di pensare al professionismo, Campbell sperò di poter giocare per una squadra del proprio Stato. Quando i Dallas Cowboys scelsero Tony Dorsett nel draft del 1977, divenne chiaro che, se Earl doveva giocare in Texas, la squadra sarebbe stata quella di Houston.
L’impatto di Campbell sugli Oilers fu incredibile ed immediato. Il coach Bum Phillips spiegò: “(Il Quarterback)Dan Pastorini adesso ha alcune armi a disposizione. Prima Dan era come uno schermidore con un coltellino da tasca. Ora ha la sua spada“.
Il pluripremiato rookie non era soltanto una minaccia sui big plays decisivi, ma era anche l’arma perfetta degli Oilers nelle situazioni di corto yardaggio. In 54 occasioni con meno di 3 yards da prendere per il primo down nella sua stagione d’esordio, Campbell convertì per 37 volte, con una percentuale del .685.
La sua miglior prestazione in carriera giunse nella 12ma partita da rookie, in occasione della quale Campbell mise a segno il touchdown della vittoria con una corsa da 81 yards, che lo vide dapprima eludere la guardia di un placcatore dietro la linea di scrimmage, poi liberarsi sulla sideline ed infine sbarazzarsi dei difensori fino alla endzone. In tutto, corse 28 volte per 199 yards e 4 touchdowns nella sfida vinta dagli Oilers contro i Miami Dolphins per 35-30, di fronte ad un Astrodome gremitissimo ed al pubblico televisivo del Monday Night. Per la prima volta, le masse ebbero una chiara percezione di quanto Campbell potesse essere devastante.
Earl era ben più di un runner, comunque. “Pensavo che Earl sarebbe stato il tipo di runner che è“, disse Coach Bum Phillips, “ma ci ha realmente sorpreso con i suoi bloccaggi, le finte e la pass protection. È anche un buon bloccatore sulle corse. Non ha assolutamente alcun riguardo per il suo corpo e per quello degli altri”.
Pur bravo sin dall’inizio, Campbell cercò sempre di migliorarsi. Durante la sua seconda stagione, il coach dei runningbacks degli Oilers, Andy Bourgeois, commentò i suoi miglioramenti: “Earl legge meglio i bloccaggi, ora. L’anno scorso aveva la tendenza a saltarci dentro troppo alla svelta, ed a cercare di investire gli avversari. Non ne ha puniti così tanti quest’anno, ma è molto più intelligente e riesce ancora a conquistare moltissime yards contro le difese schierate apposta per fermarlo”.

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Un fulmine nella tormenta

Campbell riconobbe che i compagni di squadra furono determinanti per il suo successo. “Se mi sdraiassi e morissi oggi“, disse a metà della sua carriera, “potrei dire di aver realizzato il mio sogno.Se c’è una cosa che amo fare, è giocare a football Ma non è un one man show”. Fornì una prova tangibile di quelle parole durante la grande stagione del 1980, quando fece dono ad ognuno dei componenti della linea d’attacco di un Rolex a 18 carati.
Ma delle nuvole nere cominciarono ad apparire all’orizzonte, quando Phillips, con il quale Earl aveva allacciato un rapporto di grande stima ed affetto, venne improvvisamente silurato, e rimpiazzato dal suo assistente Ed Biles in vista della stagione 1981. Il nuovo allenatore dapprima scelse di utilizzare Campbell più come ricevitore che come runner, in seguito decise di passare dalla I-formation con un solo back in profondità all’attacco pro-set con gli split backs. “Speriamo di aprire il nostro gioco di corsa e di far sì che Earl possa far bene altre cose” spiegò Biles. “Raramente un individuo può controllare il gioco. Earl ha ancora un grande ruolo nei nostri piani, ma non costituirà l’intero attacco“.
Nella sola stagione 1981, Campbell ricevette 36 passaggi, tanti quanti ne aveva ricevuti nelle sue prime 3 da pro. Corse anche per 1.376 yards mettendo a segno 10 touchdowns, venendo infine convocato al suo quarto Pro Bowl. Ma, per la prima volta, non venne selezionato per l’all-NFL team.
Nella stagione 1982, decurtata a causa degli scioperi, Earl fu il miglior runner di Houston con 538 yards, ma la sua media a portata scese dalle 5.2 yards del 1980 (record in carriera) a sole 3.4 yards.
Le voci di una possibile trade con Campbell come protagonista cominciarono a circolare per la prima volta, ma Earl rispose prontamente, con 1.301 yards su corsa e 12 touchdowns nel 1983.
Per la quinta ed ultima volta venne convocato al Pro Bowl. Gli Oilers si aspettavano grandi cose nel 1984 da un Campbell ringiovanito, pronto a far coppia con il nuovo quarterback Warren Moon ed il rookie coach Hugh Campbell.
Ma Earl si infortunò gravemente al ginocchio nel corso della preseason e, dopo sei sconfitte consecutive, gli Oilers lo cedettero a New Orleans in cambio della prima scelta dei Saints nel draft del 1985.
Mentre, da un lato, l’operazione consentì a Campbell di riabbracciare il suo coach preferito, Phillips, dall’altro il grande fullback fu costretto a dividere il tempo di gioco con altro fortissimo runner, George Rogers. Campbell totalizzò sole 50 portate per 190 yards nel 1984. Earl aveva sempre detto che avrebbe giocato nella NFL per soli sette anni ma, forse per via di Phillips, ritornò per una stagione improduttiva nel 1985.
Coach Phillips si ritirò a 4 partite dalla fine. Campbell lo seguì dopo due partite di preseason l’estate successiva.

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Earl in maglia Saints a fine carriera

Tracciando un bilancio della carriera di Campbell nella NFL, emergono chiaramente 2 quadrienni di andamento assolutamente opposto.
Dal 1978 al 1981, Earl totalizzò 22.6 portate e 104 yards su corsa di media a partita, mentre il record degli Oilers fu di 39-25.
Nelle ultime 4 stagioni, la sua produttività scese a 14.8 corse e 56 yards a partita. Il rapporto vinte-perse di Oilers e Saints è un pessimo 12-47.
Qualcuno sostiene che Campbell fosse ormai logorato, che il duro lavoro di portare palla svolto all’inizio della sua carriera fosse stato eccessivo. Earl una volta ammise che i runningbacks possono rimanere traumatizzati dalla forza di gravità al momento di attaccare la linea di scrimmage. “Non mi è mai successo, ma ci sono andato vicinissimo“, disse il grande campione.
Comunque, coloro che hanno avuto l’esperienza di placcare Campbell lo ricordano con grande rispetto. “Tutto quello che puoi fare è chiudere gli occhi, e sperare che non ti rompa il casco“, ebbe modo di dire una volta la safety di Dallas Cliff Harris.
Durante la sua attività, Campbell ha ricevuto molti premi, qualcosa, però, che il timido e silenzioso fullback non ha mai cercato apertamente.
Sono solo uno che crede che se lavori abbastanza duramente, qualche premio arriverà. Cerco solo di far sì che i miei risultati parlino da sé“.
Nessuno potrà contestare che Campbell, il quale oggi gestisce un football camp per ragazzi ed è consigliere all’Università del Texas, ha avuto il tipo di carriera che certamente parla da sé.

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Fonte: http://www.profootballresearchers.org/Coffin_Corner/17-04-611.pdf

Autore: Don Smith

Originariamente pubblicato su “The Coffin Corner

Il sopra riportato testo costituisce una traduzione dell’elaborato originale, i cui diritti di proprietà intellettuale ed economica spettano al relativo Autore.