La Storia degli Oilers

Nel 1960, Bud Adams, membro fondatore dell’American Football League, ingaggiò Lou Rymkus per allenare la sua squadra di Houston, gli Oilers. Questi ultimi si erano resi protagonisti di un grande colpo per la AFL, con l’ingaggio del RB Billy Cannon, vincitore dell’Heisman Trophy; inoltre, portarono in Texas un QB di grande esperienza come George Blanda.Dopo aver esordito con una vittoria esterna per 37-22 contro i Raiders, gli Oilers si imposero sui Los Angeles Chargers per 38-28, tra le mura amiche del Jeppesen Stadium.
La stagione si chiuse col record di 10-4 e l’agevole conquista del titolo della Eastern Division; inoltre, Lou Rymkus fu eletto Coach of the Year.
Nella prima finalissima AFL, gli Oilers piegarono nuovamente i Chargers per 24-16 davanti a 32.000 spettatori al Jeppesen. A guidare i texani alla vittoria furono Billy Cannon (MVP dell’incontro), e George Blanda, che passò per 301 yards.

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Billy Cannon (a dx) in azione

La stagione 1961 iniziò col piede giusto per gli Oilers, con un cappotto da 55-0 rifilato ai Raiders al Jeppesen Stadium.
Tuttavia, gli Oilers incapparono poi in una serie negativa di tre sconfitte consecutive, prima di pareggiare coi Patriots a Boston e di portarsi sul 1-3-1. La dirigenza decise di dare una scossa alla squadra: Lou Rymkus venne così silurato, e sostituito da Wally Lemm.
Nella prima partita con Lemm in panchina, gli Oilers misero fine al digiuno, grazie ad un grande Blanda, che non solo lanciò dei TD passes, ma mise anche a segno un FG da 53 yards, piegando per 38-7 i Dallas Texans.
Una settimana più tardi, Blanda lanciò per 464 yards, e gli Oilers diedero il via ad una striscia positiva: da ricordare la partita del 19 Novembre contro i New York Titans, vinta per 49-13, nella quale Blanda lanciò ben sette TD passes.
La striscia vincente continuò fino a fine stagione, con nove vittorie di fila, e gli Oilers conquistarono nuovamente il titolo divisionale col record di 10-3-1.
Wally Lemm fu nominato Coach of The Year, mentre George Blanda fu eletto Player of The Year. Nella finalissima AFL, gli Oilers volarono fino a San Diego, per sfidare nuovamente i Chargers. La partita, prettamente difensiva, vide ancora il successo dei texani, col punteggio di 10-3.

Gli Oilers iniziarono la stagione 1962 con un nuovo coach: Wally Lemm, infatti, sfruttò a proprio favore il record di 9-0 dell’anno precedente, ed accettò un incarico di allenatore capo nella rivale NFL.
Agli ordini del nuovo tecnico Pop Ivy, gli Oilers giocarono un football altalenante nella prima metà di stagione, con un parziale di 4-3, prima di chiudere alla grande la stagione con ben sette vittorie consecutive.
Il record finale di 11-3 valse loro ancora il titolo di campioni della Eastern Division per il terzo anno consecutivo.
Opposti ai conterranei Dallas Texans nella finalissima giocatasi al Jeppesen Stadium, gli Oilers sembravano destinati ad essere gli unici campioni nella storia della AFL. Ma i Texans furono degli ossi duri, e la partita andò ai supplementari: sembrava ormai che si dovesse andare al sesto periodo di gioco, ma i sogni di tripletta degli Oilers si infransero a causa di un FG da 25 yards di Tommy Brooker, che consegnò il titolo ai Texans.

Nel 1963, dopo un avvio al rallentatore, gli Oilers sembravano ancora una volta i candidati numero 1 alla conquista del titolo divisionale, con quattro vittorie nelle successive cinque gare. Tuttavia, la formazione di Houston perse le ultime quattro gare stagionali, terminando con un deludente 6-8.
Dopo la fine del campionato, Pop Ivy fu licenziato, e sostituito dal leggendario Hall of Famer Sammy Baugh.

Agli ordini del nuovo allenatore, gli Oilers esordirono nel 1964 con un buon 2-1. Tuttavia, i troppi turnover ed una difesa non all’altezza condussero ad una striscia perdente di nove incontri, che mise fine alle speranze di playoff. Gli Oilers vinsero le ultime due partite, chiudendo in coda alla classifica con un pessimo 4-10.
Ma la stagione non fu un totale disastro: George Blanda tentò qualcosa come 68 passaggi nella sconfitta esterna rimediata per 24-10 dai Bills il 1° Novembre.
Al termine della stagione ebbe luogo l’ennesimo avvicendamento in panchina, con l’addio di Sammy Baugh e l’arrivo di Hugh Taylor.

Nel 1965, gli Oilers avrebbero dovuto giocare nel nuovissimo impianto al coperto sito nella contea di Harris (poi denominato Astrodome, n.d.r.), ma all’ultimo minuto optarono per il Rice Stadium, dopo aver rifiutato i termini del contratto di locazione.
Gli Oilers iniziarono la stagione positivamente, con due successi consecutivi. Ma ancora una volta faticarono oltre misura, e vinsero solo due dei restanti incontri, chiudendo per il secondo anno consecutivo sul 4-10, di nuovo fanalino di coda.
Al termine di una striscia perdente di ben sette incontri, Hugh Taylor venne licenziato, e sostituito da una vecchia conoscenza: Wally Lemm.

Gli Oilers iniziarono positivamente la stagione 1966, piegando i Denver Broncos per 45-7 al Rice Stadium, in un incontro nel quale la difesa non concesse nemmeno un primo down agli avversari. I texani seppero ripetersi la settimana successiva, portandosi sul 2-0.
Tuttavia, riuscirono a vincere solo una delle restanti dodici gare, terminando con un terrificante 3-11, perdendo due volte contro il nuovo expansion team, i Miami Dolphins, nel corso di una striscia finale di otto sconfitte consecutive.
Finito il campionato, gli Oilers diedero l’addio al QB/PK George Blanda, che aveva giocato un ruolo essenziale nei primi e vittoriosi anni di vita della franchigia.

Trascinati da una difesa decisamente migliorata, guidata dal Rookie of the Year George Webster, nel 1967 gli Oilers tornarono ad un football solido.
Concedendo soli 199 punti agli avversari, gli Oilers conquistarono il titolo della Eastern Division col positivo record di 9-4-1, ma vennero maltrattati dai Raiders che, imponendosi in casa per 45-7, staccarono il biglietto per il Super Bowl II.

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George Webster

Nel 1968, dopo lunghe trattative, finalmente gli Oilers firmarono l’accordo per disputare le proprie gare casalinghe all’Astrodome.
La formazione di Houston iniziò la stagione col piede sbagliato, perdendo quattro dei primi cinque incontri.
Gli Oilers vinsero tre delle ultime quattro partite, e chiusero col record di 7-7.

Il 1969 vide gli Oilers esordire con un buon parziale di 3-1, ma giocare poi un football mediocre nelle successive nove settimane.
I texani si ritrovarono così a dover disputare l’ultima gara di campionato, in casa contro i Boston Patriots, sul 5-6-2. Tuttavia, grazie ad un nuovo format dei playoff, agli Oilers sarebbe bastato vincere per accedere alla postseason: i texani sconfissero i Patriots, ma vennero poi sonoramente bastonati dai Raiders, che si imposero in casa con un impietoso 56-7.

Altro avvio positivo nel 1970, con un parziale di 2-1: tuttavia, le carenze in attacco e in difesa si fecero manifeste, e gli Oilers conquistarono solo una vittoria nelle restanti undici gare in calendario, chiudendo sul 3-10-1.
Il coach Wally Lemm annunciò il proprio ritiro, e gli Oilers nominarono Ed Hughes al suo posto.

Esordio disastroso quello della stagione 1971, con sei sconfitte in altrettante partite; la striscia negativa si arrestò contro i Cincinnati Bengals, sconfitti per 10-6 all’Astrodome. Ma fu un fuoco di paglia: gli Oilers persero le tre gare seguenti, il che sarebbe poi costata la panchina a Ed Hughes.
Con tre successi nel finale di stagione, il bilancio fu un pessimo 4-9-1.
Al posto di Hughes venne chiamato Bill Peterson.

Dopo aver perso i primi due incontri, la prima vittoria del 1972 arrivò in casa contro i New York Jets, superati per 26-20.
Quella, però, fu l’unica vittoria stagionale: gli Oilers chiusero con un disastroso 1-13, concedendo la bellezza di 380 punti agli attacchi avversari e mettendone a segno solo 164.

Definire allucinante la stagione 1973 degli Oilers è probabilmente un eufemismo: Bill Peterson venne silurato sul parziale di 0-5.
Gli Oilers, che nella gestione Peterson avevano vinto una sola gara perdendone diciotto (!!!), vennero allenati, per il resto della stagione, da Sid Gillman, coach entrato nella Hall of Fame.
Ma nemmeno un allenatore del suo calibro riuscì a raddrizzare la situazione: gli Oilers persero altre due gare prima di battere i Colts per 31-27 in trasferta.
Quello fu l’unico successo dell’intero campionato: la stagione si chiuse ancora una volta sull’1-13, mentre il bilancio punti subiti / punti segnati fu un disastroso 447-199.

Nel 1974, Sid Gilman rimase a Houston come allenatore capo, ma scelse Bum Philips per il ruolo di defensive coordinator, cosicché in seguito potesse sostituirlo.
L’esordio fu positivo, con una vittoria per 21-13 all’Astrodome contro i San Diego Chargers.
Gli Oilers persero poi le successive cinque partite, ma questa volta seppero recuperare, vincendo le quattro gare seguenti, e chiusero sul 7-7.
Al termine della stagione Gillman si fece da parte, e Bum Phillips assunse le redini della squadra.

Nel 1975, alla prima stagione di Bum Phillips come allenatore capo, gli Oilers cominciarono finalmente ad essere competitivi, chiudendo in attivo per la prima volta in sette anni con un record di 10-4 .
Tuttavia, le quattro sconfitte giunsero per mano dei Pittsburgh Steelers e dei Cincinnati Bengals, che estromisero Houston dalla corsa al titolo divisionale ed alla Wild Card.

Altra partenza positiva quella della stagione 1976: gli Oilers si portarono sul 4-1 dopo cinque partite.
Ma le carenze offensive della squadra si palesarono chiaramente: con sei sconfitte consecutive e otto in totale, la stagione si chiuse con un deludente 5-9.

Anche il 1977 vide una buona partenza per gli Oilers, che vinsero tre delle prime quattro gare, striscia positiva coronata da una bella vittoria interna per 27-10 contro i Pittsburgh Steelers. Gli infortuni, però, condizionarono pesantemente la formazione texana, che perse cinque delle successive sei gare.
Al ritorno di alcuni giocatori chiave, gli Oilers terminarono con un positivo 8-6.

Trascinati dal RB Earl Campbell, che conquistò i titoli di Offensive Rookie of the Year e di Offensive Player of the Year correndo per 1.450 yards, nel 1978 gli Oilers tornarono ai playoff, grazie al record di 10-6.
Nell’incontro di Wild Card, gli Oilers volarono a Miami, dove sconfissero i Dolphins per 17-9, accedendo al Divisional Playoff.
Dopo Miami, fu il turno di New England: gli Oilers affrontarono i Patriots davanti a ben 61.297 spettatori infreddoliti. Il gelo, tuttavia, non costituì un problema per gli Oilers, che vincendo per 31-14 si qualificarono per il Championship AFC, nel quale avrebbero affrontato in trasferta i Pittsburgh Steelers.
La corsa degli Oilers finì però anticipatamente, con una pesante sconfitta per 34-5.
Al termine della stagione, gli Oilers vennero salutati all’Astrodome da 50.000 fedelissimi, che reggevano cartelloni e striscioni con la scritta “Love Ya Blue“.

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Il mitico Earl Campbell

Il 1979 vide Earl Campbell confermarsi quale miglior RB della Lega, vincendo nuovamente il titolo di Offensive Player of the Year e per la prima volta quello di NFL MVP, correndo per ben 1.697 yards (miglior prestazione NFL di quell’anno) e mettendo a segno 19 TDs.
Gli Oilers terminarono col record di 11-5, agganciando nuovamente una Wild Card.
Nella prima partita di postseason all’Astrodome, gli Oilers piegarono per 13-7 i Denver Broncos, ma persero diversi giocatori chiave, tra i quali Earl Campbell ed il QB Dan Pastorini, per infortunio.
Nonostante sì gravi defezioni, nel Divisional Playoff le seconde linee degli Oilers seppero fare il proprio dovere, superando in trasferta i Chargers per 17-13; in quell’incontro, Vernon Perry stabilì un nuovo primato per i playoff, intercettando ben quattro passaggi.
Gli Oilers approdarono così al Championship AFC, nuovamente a Pittsburgh contro gli Steelers.
Per un attimo, sembrò che gli Oilers fossero pervenuti al pareggio nel terzo quarto, ma gli arbitri sostennero che Mike Renfro aveva messo un piede fuori dal campo; in seguito, i replay dimostrarono chiaramente che entrambi i piedi del giocatore erano in campo. La chiamata fu una vera mazzata per gli Oilers, che vennero sconfitti per 27-13.
Al loro ritorno a casa, gli Oilers trovarono 70.000 fans, che al mattino li salutarono cantando ancora una volta “Love Ya Blue“.

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Dan Pastorini al lancio

Anche nel 1980 Earl Campbell fu il miglior runner NFL e conquistò nuovamente il relativo titolo, oltre a quello di Offensive Player of The Year grazie a ben 1.934 yards su corsa.
Corse per 200 yards in quattro partite consecutive, e per pochissimo non riuscì a varcare la soglia delle 2.000 yards.
Gli Oilers terminarono sull’11-5, e dovettero accontentarsi ancora della Wild Card, avendo perso il titolo divisionale via tiebreaker.
Nella sfida di Wild Card, disputatasi ad Oakland, gli Oilers vennero superati dai Raiders per 27-7, e la loro stagione si interruppe per mano dei futuri Campioni del Mondo per il terzo anno di fila.
Ma il proprietario Bud Adams non era pienamente soddistatto, e silurò Bum Philips per sostituirlo con Ed Biles.

Splendido esordio per gli Oilers nella stagione 1981: il rookie Willie Tullis returnò un kickoff per 95 yards in meta all’ultimo minuto contro i Rams in trasferta, dando la vittoria ai suoi per 27-20. Tuttavia, i problemi difensivi degli Oilers portarono ad un bilancio finale di 7-9, mentre Earl Campbell, pur lottando con gli infortuni, riuscì comunque a correre per 1.376 yards.

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Willie Tullis

Dopo aver perso all’esordio, nel 1982 gli Oilers sconfissero i Seattle Seahawks all’Astrodome col punteggio di 23-21.
Sul parziale di 1-1, la stagione rimase ferma per due mesi, a causa di uno sciopero dei giocatori.
Al ritorno in campo, gli Oilers faticarono oltremodo, perdendo tutte e sette le restanti partite, con Earl Campbell tenuto a sole 536 yards ed un record finale di 1-8.

Nel 1983, il parziale negativo di 1-5 spinse il coach Ed Biles a dare le dimissioni. Venne rimpiazzato da Chuck Studley, ma gli Oilers non fecero molto meglio, vincendo due partite su dieci sotto la sua guida, e chiudendo poi con un allucinante 3-13.
Al termine della stagione, Hugh Campbell fu scelto come nuovo coach.

Il 1984 vide gli Oilers impegnati a rafforzare il reparto offensivo: venne all’uopo ingaggiata una stella della CFL, il QB Warren Moon.
Tuttavia, con Earl Campbell ormai sul viale del tramonto, gli Oilers, sul parziale di 1-5, decisero di cedere ai Saints il RB che aveva dominato per anni la NFL.
La mossa lasciò una vera e propria voragine nel backfield, ma il vero tallone d’Achille fu nuovamente la difesa: non solo gli Oilers chiusero con un disastroso 2-14, ma concessero agli attacchi avversari la bellezza di 457 punti.

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Warren Moon

Nel 1985, desiderosi di migliorare il gioco su corsa, gli Oilers misero sotto contratto l’ex vincitore dell’Heisman Trophy, Mike Rozier, strappato alla USFL. Tuttavia, il giocatore ebbe serie difficoltà, correndo per sole 462 yards.
Al contempo, Warren Moon continuò a mostrarsi troppo incline ai turnovers e gli Oilers seguitarono a stentare.
Sul parziale di 5-9 a due due gare dalla fine, Hugh Campbell venne licenziato, e sostituito ad interim da Jerry Glanville, che però non riuscì ad evitare le ultime due sconfitte stagionali. Nonostante queste ultime, Glanville venne poi nominato coach a tempo pieno.

Nella prima stagione completa di Jerry Glanville sulla panchina di Houston, gli Oilers iniziarono col piede giusto, superando i Packers per 31-3 a Green Bay.
Tuttavia, gli Oilers persero poi otto incontri di fila, e nove su dieci, chiudendo infine con un disastroso 5-11.
Comunque, qualche nota positiva vi fu: nonostante i 26 intercetti lanciati, Warren Moon totalizzò 3.489 yards su passaggio.

Nel 1987, con gli Oilers sul parziale di 1-1, la NFL tornò a scioperare: le franchigie misero quindi in campo delle riserve.
Quelle degli Oilers vinsero due incontri e ne persero uno. Al ritorno dei titolari, gli Oilers vinsero le prime due gare, con Warren Moon che cominciò a giocare su buoni livelli; tuttavia, gli Oilers persero poi tre delle successive quattro gare. Con tre vittorie in quattro partite, gli Oilers chiusero sul 9-6 e tornarono così ai playoff per la prima volta in sette anni.
Nell’incontro di Wild Card all’Astrodome, gli Oilers superarono in overtime i Seattle Seahawks per 24-21 grazie ad un FG di Tony Zendejas.
La stagione dei texani si concluse anzitempo una settimana dopo, con la sconfitta per 34-10 inflitta loro dai Broncos a Denver nel Divisional Playoff.

Nel 1988, con otto All-Pro a roster, gli Oilers disputarono un’altra buona stagione, terminando sul 10-6 e approdando ai playoff per il secondo anno consecutivo.
Tra i titolari, Bruce Mathews e Mike Munchak, che costituirono le fondamenta di una solida linea offensiva, Mike Rozier (con 10 TD sall’attivo), Warren Moon (17 TD passes lanciati, nonostante diversi infortuni) ed il WR Drew Hill (1.141 yards su ricezione).
Nell’incontro di Wild Card disputatosi a Cleveland contro i Browns in una nevosa vigilia di Natale, gli Oilers vinsero allo scadere per 24-23, trascinati dal RB Allen Pinkett, che mise a segno due TDs.
Ancora una volta, però, il Divisional Playoff fu fatale ai texani, superati per 17-10 contro i Bills nella fredda Buffalo.

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Mike Munchak

Il 1989 vide gli Oilers giocare un football inconsistente per le prime otto gare, ma i texani reagirono poi conquistando cinque vittorie in sei gare. Tuttavia, perdendo le ultime due partite stagionali, gli Oilers si giocarono il titolo della Central Division e dovettero nuovamente accontentarsi di una Wild Card, col record di 9-7.
Nella sfida contro gli Steelers, gli Oilers giocarono sottotono, ed uscirono sconftti dall’Astrodome, perdendo per 26-23 ai supplementari. Al termine della stagione, Jerry Glanville fece le valige, e venne rimpiazzato da Jack Pardee.

La stagione 1990 iniziò col piede sbagliato: gli Oilers vennero umiliati dai Falcons (allenati proprio dall’ex coach di Houston, Jerry Glanville), che si imposero per 47-27 ad Atlanta.
I texani persero anche la settimana successiva in trasferta, e vinsero poi all’esordio in casa per 24-10 contro gli Indianapolis Colts.
Gli Oilers rimasero nella mediocrità per quasi tutto il campionato, nonostante la grande stagione di Warren Moon, che gli valse il titolo di Offensive Player of The Year.
Houston vinse tre delle ultime quattro gare e chiuse sul 9-7, che consentì ai texani di approdare ai playoff.
Ancora una volta, il cammino degli Oilers fu breve: la formazione di Houston venne infatti maltrattata per 41-14 dai Bengals in quel di Cincinnati.

Sospinti da un Warren Moon in stato di grazia (4.690 yards lanciate), nel 1991 gli Oilers transitarono al giro di boa con un eccellente 7-1.
Dopo ventiquattro anni di frustrazioni, gli Oilers tornarono finalmente a conquistare il titolo divisionale. Tuttavia, una sconfitta all’ultima giornata impedì loro di fruire del bye, chiudendo sull’11-5.
Nell’incontro di Wild Card all’Astrodome, i New York Jets spaventarono gli Oilers, ma la safety Bubba McDowell intercettò un passaggio all’interno delle 5 yards, mettendo in cassaforte la vittoria per 17-10.
Nel Divisional Playoff a Denver, gli Oilers mantennero il controllo della gara per tutto il pomeriggio, restando in vantaggio per 24-16 contro i Broncos fino a metà dell’ultimo quarto. Tuttavia, John Elway orchestrò una rimonta delle sue, e gli Oilers vennero sconfitti per 26-24.

Benché privi dell’infortunato Warren Moon per quasi tutta la seconda metà di stagione, nel 1992 gli Oilers furono ancora una delle migliori squadre AFC, terminando col record di 10-6 e qualificandosi per la postseason.
L’incontro di Wild Card a Buffalo vide il rientro di Moon: a metà partita, gli Oilers conducevano per 35-3. Nel solo primo tempo, Moon passò per 371 yards e lanciò quattro TD passes. Tuttavia, il vantaggio non durò, e grazie ad un’eccezionale rimonta, furono i Bills ad imporsi per 41-38 in overtime. Mai nessun’altra squadra era riuscita, nella storia della NFL, a sprecare un vantaggio più ampio.

Nel 1993, all’indomani del disastro di Buffalo, il patron Bud Adams concesse ai giocatori ancora un anno di tempo per approdare al Super Bowl, prima di dare il via alla rifondazione.
Gli Oilers partirono male, con quattro sconfitte in cinque partite, la peggiore delle quali fu un 35-7 rimediato nuovamente in trasferta a Buffalo nel Monday Night.
Ma gli Oilers seppero riprendersi: trascinati da una nuova stella, il RB Gary Brown (che corse per ben 1.002 yards in sole otto partite da titolare), i texani vinsero tutte e undici le restanti gare, conquistando il titolo della AFC Central col record di 12-4 e guadagnandosi il bye.
Nel Divisional Playoff, gli Oilers ospitarono i Kansas City Chiefs, sperando di approdare al Championship. Gli Oilers rimasero in vantaggio fino al terzo quarto, ma le amnesie da secondo tempo tornarono a colpire impietosamente, e la stagione si concluse con la sconfitta per 28-20.
In offseason, il processo di ricostruzione ebbe inizio con la cessione di Warren Moon ai Minnesota Vikings.

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Gary Brown

Privi del loro regista, nel 1994 gli Oilers esordirono con nove sconfitte nei primi dieci incontri, prima che Jack Pardee venisse licenziato e rimpiazzato da Jeff Fisher.
Sotto la guida di quest’ultimo, la striscia perdente continuò per altre cinque gare, fino alla vittoria nell’ultima di campionato per 24-10 contro i New York Jets 24-10, che portò il bilancio finale sul 2-14.

Nel 1995, con un occhio al futuro, gli Oilers draftarono il QB Steve McNair con la terza scelta assoluta. Tuttavia, McNair iniziò la stagione in panchina, alle spalle dell’esperto free agent Chris Chandler. Questi giocò un football solido, e gli Oilers mostrarono qualche miglioramento nella prima stagione con Fisher a tempo pieno sulla loro panchina, chiusasi sul 7-9.
Ma la notizia bomba giunse il 16 Novembre: Bud Adams comunicò la sua intenzione di trasferire la squadra a Nashville alla scadenza del contratto di locazione dell’Astrodome, prevista per il 1998.

Le reazioni negative dei tifosi di Houston non tardarono a farsi sentire: nel 1996, gli appassionati disertarono gli incontri casalinghi, che videro meno di 20.000 paganti all’Astrodome e solo due vittorie su otto. Il rendimento esterno degli Oilers fu invece opposto, con sei vittorie su otto fuori dalle mura amiche.
Il record finale fu di 8-8, ed in quell’anno il RB Eddie George conquistò il titolo di Offensive Rookie of the Year con 1.368 yards su corsa.
Al termine della stagione, gli Oilers si accordarono con il Comune di Houston per una rescissione anticipata di un anno del contratto di locazione, il che significò che quella sarebbe stata l’ultima stagione a Houston. Gli Oilers persero l’ultimo incontro casalingo per 21-13 contro i Cincinnati Bengals.
Dopo che gli Oilers se n’erano andati nella Città della Musica, il Comune di Houston, guidato da Bob McNair, cominciò a pianificare il ritorno di una franchigia NFL nella città texana (avvenuto poi nel 2002, con l’arrivo dei Texans, n.d.r.).

Nel 1997, dopo aver lasciato Houston con un anno di anticipo, la squadra doveva assolutamente trovare una sistemazione temporanea, mentre la costruzione del nuovo stadio a Nashville aveva inizio. Alla fine, gli Oilers firmarono un accordo per giocare al Liberty Bowl di Memphis.
Il 31 Agosto, gli Oilers fecero il loro debutto nel Tennessee, sconfiggendo per 24-21 gli Oakland Raiders in overtime. Eddie George fu autore di un’eccellente prestazione, totalizzando ben 216 yards su corsa.
Gli Oilers, però, persero le successive quattro partite, e Steve McNair faticò oltremodo al suo primo anno da titolare. Il team recuperò, vincendo tre incontri di fila, ma chiuse sull’8-8, alternando vittorie e sconfitte nella seconda metà del campionato.
Il bilancio casalingo degli Oilers fu di 6-2, ma faticarono a giungere a 30.000 spettatori a partita.
Al termine della stagione, gli Oilers decisero di spostarsi ancora: pensando che fosse meglio giocare a Nashville, in quella che sarebbe stata la loro casa, siglarono un contratto per giocare una stagione sul campo dell’Università di Vanderbilt.

Partenza al rallentatore quella degli Oilers, che persero tre delle prime quattro gare della stagione 1998.
Tuttavia, Steve McNair e Eddie George continuarono nel loro processo formativo, trascinando la squadra; sul parziale di 8-6 a due giornate dalla fine, gli Oilers si ritrovarono in lotta per i playoff.
Ma i sogni di postseason finirono con due sconfitte consecutive, ed il bilancio finale fu di 8-8.

Il 1999 vide la scomparsa del nome e del logo degli Oilers: la franchigia di Bud Adams, dopo quasi quarant’anni, prese il nome di Tennessee Titans.
Ma questa è un’altra storia…

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Fonte: http://www.sportsecyclopedia.com/nfl/tenhou/houoilers.html

Il sopra riportato testo costituisce una traduzione dell’elaborato originale, i cui diritti di proprietà intellettuale ed economica spettano al relativo Autore.