Chicago fatica con Tampa ma porta a casa il fattore campo.
Chicago deve attendere l’over time per avere la meglio dei Tampa Bay Buccaneers, evento impensabile prima della gara e, in particolare, dopo un primo tempo assolutamente dominato dalla franchigia dell’Illinois. Cosa succeda nel secondo tempo è difficile a dirsi ma è certo che riapre l’ennesima tavola rotonda intorno al roster guidato da Lovie Smith. Incidente di percorso? Troppa rilassatezza al rientro dagli spogliatoi? Difesa stanca e non più dominante come nei primi tre mesi di regular season? Tutto può essere, di certo c’è che i continui acciacchi in difesa non aiutano quello che è il reparto che, di fatto, deve fare la differenza in campo per i Bears. Fortuna vuole che quest’anno l’attacco ne metta tanti, di punti sul tabellone, altrimenti staremmo vivendo un dicembre totalmente differente, qui o sulle sponde del lago Michigan poco importa quando si è tifosi.
Dopo Mike Brown anche Tommie Harris va a “riposarsi” in injury reserve per via di un infortunio che lo porterà in sala operatoria e pone fine alla stagione, il primo problema in tre stagioni, la prima partita saltata, lunedì scorso, e Chicago rinuncia ad uno dei migliori defensive linemen in circolazione. E così, dopo il leader delle secondarie se ne va uno di quelli della D-line, ed il tutto si aggiunge ad un Nathan Vasher al 50% sin da settembre e ieri inattivo sulla sideline, un Tank Johnson con problemi per possesso di armi da fuoco (anche lui inattivo), un Brandon McGowan (secondo anno su cui si fa molto affidamento) in IR da un po’ e un Todd johnson, unico veterano rimasto tra le safety, fuori uso da un po’. Non c’è bisogno di scomodare il ritiro estivo di Jerry Azumah per accorgersi che anche le IR di Dusty Dvoracek e Jamal Williams (rookie scelti per dare profondità alla difesa da subito) avvenute in preseason abbiano dato il loro colpo ai progetti di crescita pensati da Ron Rivera. Il problema, però, sembrano essere le safeties, spesso in campo con Danieal Manning (rookie) e Chris Harris (secondo anno), inesperti e poco abituati al duro lavoro di un’intera stagione tra i professionisti.
Se Harris è un gran colpitore poco incline alla posizione giusta in campo, è però a Manning che si deve la rimonta di Tampa, con due posizionamenti errati che hanno aperto la strada a Joey Galloway e Ike Hilliard per le mete del pareggio. Un po’ di speranza l’aveva già data Devin Hester, regalando un fumble agli avversari per via di una eccessiva foga su un ritorno di punt nel quale, ormai, si sente troppo imbattibile. I giovani, bravi per bravi vanno tenuti in costante tensione. Così succede che un primo tempo chiuso 21-3 con l’attacco avversario costretto a cinque three and out e meno di 8o yards totali di guadagno rischi di trasformarsi in incubo ma, certamente, si trasforma in una faticaccia inutile mentre la testa era già a Detroit per la gara di domenica prossima.
La testa di tutti eccetto quella di Rex Grossman, sempre sotto esame e assoluto protagonista dell’attacco di ieri. Il quarterback (29/44, 339 yards, 2 TD) ha superato le 300 yards su lancio per la prima volta in carriera e per la prima volta dopo 72 partite in quel della Windy City; i suoi servizi hanno permesso a Desmond Clark di alzare 125 yards e segnare due TD, la sua precisione ha sfruttato le mani di Muhsin Muhammad (6/85), la rapidità di Bernard Berrian (6/33) e la potenza di Jason McKie (5/34). La giocata migliore e più importante, Rex l’ha però tenuta proprio per l’over time, quando ha convertito un 3rd & 8 per Rashied Davies, specialista in queste situazioni ed eccellente nel ricevere il pallone dopo 28 yards. Il gioco ha poi spinto Adrian Peterson a due corse per 13 yards (11, 2) che hanno mandato Robbie Gould (2/3) a chiudere la partita con 3:37 sul cronometro e dopo aver sbagliato un calcio dalle 37 in precedenza nel tempo supplementare.
Non ingannino comunque le yards lanciate da Tim Rattay (268) o quelle ricevute da Galloway (3/107), la difesa è stata dominante finché è rimasta concentrata, ed ha concesso buona parte delle 300 yards totali su lancio (delle 357 assolute) grazie a tre big plays, due dei quali, come detto, frutto di inesperienza e rilassamento psicologico. Nel primo tempo non c’è stata storia, ed anche nei momenti decisivi, come in OT, il reparto arretrato ha creato i soliti turn over, ha giocato bene sulle corse, meglio delle ultime uscite a dire il vero, ed concesso ben poco spazio agli avversari. Certo, difficile lavorare in esperienza prima dei playoffs per Manning e Chris Harris, per questo il recupero di Todd Johnson, per quanto si parli di un giocatore di rotazione, può essere piuttosto importante.
I buoni segnali arrivano dall’attacco che non perde palloni e corre bene con Thomas Jones tenuto a freno (17/68, TD) e Cedric Benson sempre più fondamentale (15/53, TD); il secondo anno ex Longhorns mostra sempre più confidenza col gioco, con le portate dell’ovale, è meno istintivo e si prende il tempo giusto per cercare i buchi, comincia a bloccare per Grossman nel backfield e si muove benissimo sui placcaggi avversari. La sua meta di ieri, che sembrava aver richiuso il discorso, è simbolo di una fisicità e di una caparbietà impressionanti. Il problema sembra quindi girarsi, dopo aver tagliato in due la difesa con Clark, Thomas Jones e di nuovo Clark, la partita doveva essere chiusa, soprattutto conoscendo i difensori dei Bears.
Al Soldier Field tocca invece soffrire più del dovuto, con una squadra di nuovo troppo fallosa (79 yards, team più penalizzato in NFL) e che, di frequente, commette fallo regalando guadagni importanti in modo stupido ed impulsivo. C’è poi la linea, che senza Harris deve far giocare Alfonso Boone, onesto gregario al quale difficilmente affidereste però l’intera stagione della vostra squadra. Recuperare Tank Johnson e puntare sul spostare Ian Scott sul tackle difensivo sinistro può essere la soluzione per ritrovare compattezza e dare a Boone il giusto ruolo di giocatore da rotazione. Con Hester (provato anche receiver in uno snap ma anticipato dal grande Ronde Barber) ormai spesso in campo a difendere (non è il suo forte per ora, ma si fa di necessità virtù), le secondarie restano in mano a Charles Tillman, molto maturato in questo 2006 e a Ricky Manning, dando per scontato che il Vasher del 2005 lo si riavrà, in quello stato di grazia, solo nel 2007. Derrick Strait, terzo DB giunto dai Panthers, è arrivato in ottobre ma è ancora in fase di studio, per cui le scelte si restringono davvero a pochi uomini, ai quali si aggiunge lo Special Teams Player Dante Wesley. La difesa ha però bisogno di riportare la giusta pressione sul backfield avversario, gioco mancato nelle ultime due gare e che ha permesso a Marc Bulger, prima, e Tim Rattay, dopo, di giocare con troppo tempo e connettere big plays pericolosi o, come ieri, devastanti.
Il futuro passa da qui, da un 34-31 ottenuto con i denti grazie a un Gould che un po’ di smalto lo avrà anche perso ma continua a segnare, quando serve, grazie alla compattezza di una squadra che trova ogni giorno di più equilibrio e risorse, capendo che se a perdere i palloni sono solo gli avversari e non il tuo quarterback, prima o poi la partita la vinci. Si riparte da qui, con il fattore campo conquistato per i playoffs e gli occhi già verso a gennaio.