La mano decisiva

Quello che sta succedendo in questi giorni a Dallas, soprattutto alla luce di quanto è avvenuto nei due giorni di draft, ha l’aria di un’autentica rivoluzione, quasi che Jerry Jones stia per lanciare sul tavolo la sua scala reale, o stia tentando di ottenere il massimo dal suo bluff. Si ha l’impressione di trovarsi di fronte alla mano decisiva di una partita a poker, un pò come quella giocata da James Bond contro il “cattivissimo” Le Chiffre nel romanzo Casino Royale. Vi chiederete perchè questa impressione: semplicemente l’osservazione degli avvenimenti di questi ultimi mesi. Proviamo a “spizzare” la mano del buon Jerry Jones…

Carta n. 1: il coaching staff. Dopo Bill Parcells i Cowboys hanno puntato su Wade Phillips. Phillips non solo è texano (e questo nell’ambiente dei Cowboys è sempre stato un titolo preferenziale), ma è il figlio di “Bum” Phillips, ex-allenatore degli arcirivali Houston Oilers ed icona indiscussa del football texano, che come tutti sanno è considerato un’autentica religione in quello stato: un uomo che si presentava sulla sideline in stetson-hat, giacca di pelle e leather-boots, in perfetto stile di uomo della frontiera. Inoltre Phillips proviene da una delle squadre più produttive della NFL, quei San Diego Chargers che tutti preconizzavano finalisti al Superbowl lo scorso anno. Oltre a tutto ciò, è stato chiamato alla corte di Phillips Jason Garrett, ex gloria “vaccara” distintosi a Miami come quarterback coach: il segnale di voler far crescere Tony Romo sembra inequivocabile, anche alla luce del fatto che durante il draft Brady Quinn sia stato palesemente “regalato” a Cleveland (ma su questo torneremo).

Carta n. 2: la free agency. I Cowboys sono stati estremamente attivi nel periodo di free agency, costruendo una solida base per la squadra. Gli innesti più rilevanti sono stati quelli di Ken “The Hammer” Hamlin dai Seahawks (che va a costituire una tremenda coppia di colpitori con Roy Williams) e di Leonard Davis e Cory Procter nella linea di attacco, dove sono stati confermati anche Andre Gurode (contratto di sei anni) e Marc Colombo, che viene da una stagione consistente. In più, la conferma di un promettente Patrick Crayton (slot receiver al suo terzo anno) e di tutta una serie di giocatori acquisiti proprio dalla free agency negli anni scorsi hanno permesso ai Cowboys di arrivare al draft senza vere necessità in ruoli particolari, e quindi di poter decidere in modo flessibile in base alla situazione del momento.

Carta n. 3: la strategia. Chi ha seguito “live” il draft (trasmesso in streaming su internet da NFL Network), ad un certo punto ha rischiato di perdere il filo, e di non capire il turbinio di scambi che si sono succeduti tra la 22a e la 26a scelta. Dallas ha ceduto all’ultimo istante la sua 22a scelta assoluta a Cleveland, proprio mentre gli analisti cominciavano a vedere Brady Quinn in bluargento. Gli stessi analisti, ad inizio trasmissione, avevano espresso qualche dubbio sulla meccanica di lancio del quarterback di Notre Dame, e sulla sua precisione, concludendo che probabilmente Quinn avrà bisogno di uno-due anni per esprimere tutte le potenzialità dimostrate nella sua carriera universitaria. La cessione della scelta in cambio della prima scelta dei Browns nel 2008 testimonierebbe dunque un segnale forte di fiducia nei confronti di Tony Romo, oltre a garantire alla squadra una “valvola di sicurezza” qualora il quarterback dovesse fallire, con due prime scelte nel prossimo draft.

Carta n. 4: le scelte. I Browns hanno ancorato la loro linea di attacco acquisendo Joe Thomas, OT da Wisconsin, a detta di tutti destinato ad essere il tackle dominante dei prossimi anni in NFL. Dallas ha reagito con una mossa che ha disorientato un pò tutti: ha scambiato la 35a scelta assoluta (avuta da Cleveland) con la 26a degli Eagles. Ma non ha scelto chi ci si attendeva (Blalock, Staley, Houston o Branch, che erano ancora tutti disponibili), bensì Anthony Spencer. Il motivo? Spencer è stato l’unico pass rusher a rendere la vita di Thomas complicata; in più, è una sorta di assicurazione nel caso in cui Greg Ellis non riuscisse a recuperare completamente dalla rottura al tendine di achille di cui ha sofferto la scorsa stagione. Con Ware, Carpenter, Bowe, Ayodele e Spencer Dallas si è assicurata una pass rush che dovrebbe incutere timore e rispetto almeno per un decennio. Con le altre scelte, Jones si è assicurato un ottimo backup per Gramatica, due tackle promettenti, due cornerbacks, un fullback ed un option QB con le prestazioni da decatleta che potrebbe diventare un’alternativa valida a Glenn o a Owens.

Carta n. 5: la rookie free agency (la carta jolly). Questa è sempre stata territorio dei Cowboys, che negli anni scorsi portarono in squadra nomi come Tony Romo, Miles Austin, Sam Hurd, Keith Davis e Tyson Thompson proprio pescandoli dai rookies undrafted. Quest’anno i nomi sono quelli, tra gli altri, di Matt Moore (QB, Oregon St.), Jackie Battle (RB, Houston), Rodney Hannah (TE, Houston), Alonzo Coleman (RB, Hampton). Molti di loro probabilmente finiranno in practice squad, qualcuno calcherà il palcoscenico importante. fatto sta che i Cowboys hanno tenuto fede alle loro tradizioni: come non pensare ai conigli più famosi estratti nel passato dal classico cilindro, come il velocista olimpico Bob Hayes o il nazionale di calcio austriaco Toni FritschIsaiah Stanback potrebbe essere il prossimo a sorprenderci, con la sua velocità fulminante (10.48 sui 100 metri), il braccio buono (1628 yards e 12 touchdowns) e la sua versatilità (più di 700 yards su corsa e 9 touchdowns).

Ed adesso, solo i prossimi mesi ci potranno rivelare se la mano di J.J. è una scala reale, o solamente un misero bluff.