La Storia dei Dolphins

Nel 1966, la AFL stava iniziando ad affermarsi; i proprietari delle squadre ed il Commissioner Joe Foss decisero che era ormai giunto il momento di espandersi. Miami divenne così la nuova frontiera.
La squadra, di proprietà di Joe Robbie e della star televisiva Danny Thomas scelse per sé il nome di Dolphins, al termine di un concorso che vide ben 19.843 voti espressi dagli appassionati.
Il 2 Settembre, davanti ad una folla di 26.776 fans convenuti all’Orange Bowl, i Dolphins iniziarono alla grande la loro prima partita di regular season, allorquando Joe Auer ritornò in meta per 95 yards il kickoff d’apertura. Tuttavia, i Dolphins uscirono sconfitti dalle mura amiche, piegati per 23-14 dagli Oakland Raiders.
La formazione della Florida non riuscì a vincere un incontro fino al 16 Ottobre, data in cui sconfisse per 24-7 i Denver Broncos. Da ricordare, in quella partita, lo screen pass del QB George Wilson Jr. per Billy Joe, che questi trasformò in una galoppata vincente da ben 67 yards.
La prima stagione di vita della franchigia si chiuse con un pessimo 3-11.

Nel primo draft in comune tra NFL ed AFL, i Dolphins selezionarono il QB Bob Griese, prodotto di Purdue, con la quarta scelta assoluta. Griese fu gettato nella mischia praticamente da subito, allorquando il titolare John Stofa si ruppe la caviglia il 17 Settembre, all’esordio contro i Broncos. Griese scese in campo e guidò i Phins alla vittoria per 35-21.
Comunque, anche quell’anno si chiuse con un record negativo, un deludente 4-10.

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Bob Griese

Nel draft 1968, i Dolphins spesero l’ottava scelta assoluta sul runner All America di Syracuse, Larry Csonka.
I Delfini migliorarono il record finale, passando sul 5-8-1, mentre Bob Griese stabilì il record di franchigia con 2.473 yards, 186 completi e 21 TDs.

Due grandi colpi per i Dolphins che, nel 1969, si aggiudicarono altrettanti futuri Hall of Famers con separati contratti.
Anzitutto, presero il LB Nick Buoniconti dai Boston Patriots, e pochi mesi più tardi la guardia Larry Little dai San Diego Chargers.
Nonostante queste buone mosse, i Dolphins furono falcidiati dagli infortuni; tra i più colpiti, Bob Griese, che saltò gran parte della stagione a causa di un problema al ginocchio.
I Dolphins terrminarono sul 3-10-1, record negativo che condusse al siluramento del coach George Wilson.

I Phins avevano un disperato bisogno di legittimazione: per ottenerla, cedettero la loro prima scelta al draft ed ingaggiarono Don Shula come nuovo allenatore capo.
Shula era stato un allenatore di successo con i Baltimore Colts, che aveva portato fino al Super Bowl III: la sconfitta rimediata contro i Jets di Joe Namath, però, aveva reso la permanenza di Shula nel Maryland alquanto scomoda; il coach sperava quindi di ripartire alla grande a Miami. Ironia della sorte, proprio la cittadina della Florida era stato il teatro della sua più grande sconfitta. Oltre a Shula, i Dolphins aggiunsero altri futuri Hall of Famers ad un pacchetto crescente di giocatori di talento.
Shula sembrò da subito essere ciò di cui i Phins avevano bisogno, guidandoli ad un record di 10-4, che li proiettò per la prima volta ai playoff.
L’avventura in postseason ebbe comunque breve durata, dato che i Dolphins vennero sconfitti per 21-14 dai Raiders in quel di Oakland.

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Il mitico Don Shula

Il 1971 vide Miami mettere a segno un altro importante colpo, con l’arrivo del LB Bob Matheson, che divenne il perno della “53 defense”.
Con un sempre crescente reparto di giocatori pressoché sconosciuti, chiamati col soprannome di “No-Name Defense”, i Dolphins iniziarono ad affermarsi come la miglior squadra della AFC.
Anche l’attacco continuò ad impressionare, dato che Bob Griese non dovette lavorare molto, grazie ad un talentuoso trio di runners guidato da Larry Csonka (il primo giocatore di franchigia ad infrangere il traguardo delle 1.000 yards). A dar man forte a Csonka furono Jim Kiick e Mercury Morris, mentre i Dolphins conquistarono il loro primo titolo divisionale, col record di 10-3-1.
Dopo aver vinto la AFC East, i Dolphins furono protagonisti di una classica partita di Natale, contro i Chiefs a Kansas City. Per tutto l’incontro, i Dolphins non riuscirono a fermare il grande runner avversario Ed Podolak. Tuttavia, i ragazzi di Shula seppero rientrare in partita ogni volta che i Chiefs si erano portati in vantaggio. L’incontro giunse ai supplementari sul 24-24. In overtime, entrambe le squadre fallirono grandi opportunità di mettere fine alla partita, e si andò così al secondo supplementare. I Dolphins riuscirono ad imporsi per 27-24, grazie ad un FG da 37 yards di Garo Yepremian. La partita, che durò la bellezza di 82′ 40″, è tuttora la più lunga nella storia NFL.
Una settimana dopo la maratona di Kansas City, i Phins ospitarono i Colts nel Championship AFC.
I padroni di casa vinsero alla grande, con un impietoso 21-0 davanti a ben 78.629 spettatori all’Orange Bowl. Il TD della svolta giunse con il ritorno di intercetto vincente, da ben 62 yards, messo a segno dalla safety Dick Anderson.
Nel Super Bowl VI, i Dolphins affrontarono i Dallas Cowboys al Tulane Stadium di New Orleans. I texani, che da ben sei anni aspettavano di fare il grande passo, erano determinati a non lasciarsi sfuggire l’ennesimo Super Bowl. E così fecero: i Dolphins vennero letteralmente surclassati da una formazione di ben maggiore esperienza, che corse loro in faccia per 252 yards e finì per imporsi col punteggio di 24-3.

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Da sinistra, Kiick, Csonka e Morris

Nel 1972, i Dolphins erano decisi a completare il proprio viaggio verso la gloria, improvvisamente arrestatosi nella Super Sunday dell’anno prima.
La formazione di Miami iniziò la stagione a Kansas City, si portò sul 20-0, e resistette al ritorno avversario, chiudendo sul 20-10 nella prima gara mai disputata all’Arrowhead Stadium.
All’esordio casalingo, i Dolphins passarono da subito in vantaggio, portando poi a casa la vittoria per 34-13 contro gli Houston Oilers.
La terza giornata vide invece i Dolphins in brutte acque, sotto per 14-6 nell’ultimo quarto in casa dei Vikings. Tuttavia, gli uomini di Shula riuscirono a segnare 10 punti di fila, portandosi sul parziale di 3-0.
Il record migliorò ulteriormente una settimana dopo, con la vittoria per 27-17 sui Jets allo Shea Stadium.
Nella quinta settimana, i Dolphins tornarono a casa, e videro le loro speranze di Super Bowl messe a serio repentaglio, allorquando Bob Griese si ruppe una gamba nella sfida contro i Chargers. Tuttavia, prima dell’inizio della stagione Miami si era assicurata il QB Earl Morrall, il quale si fece trovare pronto e trascinò i Dolphins alla vittoria per 24-10, che li portò sul parziale di 5-0. Morrall dovette fare gli straordinari, dato che Griese avrebbe saltato la maggior parte della regular season.
Una settimana più tardi, contro Buffalo, i Phins dovettero nuoamente rimontare nell’ultimo quarto, imponendosi per 24-23 e passando sul 6-0.
I Dolphins misero a segno la settima vittoria, piegando per 23-0 i Colts a Baltimore.
Nella Week 8, la formazione di Miami sfidò nuovamente i Bills a Buffalo, ma stavolta non dovette faticare troppo, superando i padroni di casa per 30-16.
La nona giornata vide i Dolphins alzare la voce, con un devastante 52-0 a danno dei malcapitati New England Patriots all’Orange Bowl.
Sul 9-0, i Dolphins erano ancora imbattuti e guidati da un backup, ma molti pensavano che la prima sconfitta fosse solo una questione di tempo.
Nella Week 10, l’Orange Bowl fu il teatro di una sfida tiratissima contro i Jets, che vide i Dolphins spuntarla per 28-24.
La formazione di Shula passò sull’11-0 con un’altra vittoria casalinga contro i Cardinals, battuti per 31-10.
I Phins giunsero così a Dicembre ancora imbattuti, dopo aver superato nuovamente i Patriots per 37-21 a Foxboro.
Nella Week 13 allo Yankee Stadium, i Dolphins si imposero sui Giants nell’ultimo quarto, grazie a due FGs di Garo Yepremian, che fissarono il punteggio sul 23-13.
Con tredici vittorie già in carniere, ai Dolphins bastava ancora un successo per chiudere la regular season senza sconfitte.
Così avvenne: i Dolphins batterono per 16-0 i Colts all’Orange Bowl; ma se avessero perso nei playoff, quelle quattordici vittorie sarebbero state dimenticate in un istante.
Gli imbattuti Dolphins iniziarono quindi la postseason affrontando i Cleveland Browns nel Divsional Playoff. I Phins si portarono rapidamente sul 10-0, ma la difesa dei Browns serrò i ranghi, impedendo agli avversari di mettere punti a referto fino all’ultimo quarto. Dopo un FG di Yepremian, che portò il punteggio sul 13-0, i Dolphins subirono un inaspettato uno-due dei Browns, che passarono sul 14-13 nell’ultima frazione di gioco. Il tempo scorreva impietoso, ma Jim Kiick riuscì a mettere a segno un TD con una corsa da 8 yards, che diede ai Dolphins la vittoria per 21-14.
Con quel successo, i Dolphins approdarono così al Championship AFC.
Va però chiarito che, nel 1972, il vantaggio campo non era deciso in base al miglior record: i Dolphins dovettero così affrontare una difficile trasferta fino al Three Rivers Stadium di Pittsburgh.
I Dolphins apparvero da subito in difficoltà: gli Steelers recuperarono infatti un fumble in endzone, passando sul 7-0 ad inizio gara.
Miami riuscì a pareggiare prima dell’intervallo, ma quando gli Steelers ripassarono in vantaggio per 10-7 Don Shula sentì che era il momento di cambiare: Bob Griese venne quindi gettato nella mischia al posto di Earl Morrall. I Dolphins, però, non combinarono granchè, e furono costretti al punt.
Ma Shula decise di aprire il libro dei trucchi: il punter Larry Sieple corse per 17 yards, conquistando un insperato primo down, ed i Dolphins non si guardarono più indietro. Due TDs di Jim Kiick diedero ai Dolphins il vantaggio, che conservarono fino alla fine: imponendosi per 21-17, divennero il primo team della AFC a partecipare a due Super Bowl consecutivi.
Gli imbattuti Dolphins apprdodarono così al Super Bowl VII, ed ancora gli addetti ai lavori non credevano molto in loro, tanto che i Washington Redskins erano dati per favoriti con uno scarto di un punto e mezzo.
Ma la “No Name Defense” imbrigliò i Pellerossa per tutto l’incontro, limitandoli a sole 87 yards su passaggio ed a 228 yards di total offense.
Jake Scott, che intercettò due passaggi, venne nominato MVP del Super Bowl, ed i Dolphins si portarono sul 14-0, vantaggio che mantennero fino all’ultimo quarto, quando Garo Yepremian si preparò per un FG. Se l’avesse messo tra i pali, il punteggio sarebbe passato sul 17-0, proprio come il record dei Phins; ma era tutto troppo bello per essere vero.
Il calcio di Yepremian venne infatti bloccato, ed il suo goffo tentativo di lancio venne intercettato e riportato in meta da Mike Bass: i Redskins accorciarono così le distanze, portandosi sul 14-7. Yepremian dovette così trascorrere gli ultimi minuti sudando freddo sulla sideline.
Ma la difesa dei Dolphins si dimostrò impenetrabile: il viaggio era ormai completato.
I Dolphins divennero la prima squadra NFL a disputare una “perfect season”, rimanendo imbattuti sia nella stagione regolare che nei playoff, chiudendo con un incredibile 17-0.

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Yepremian durante il Super Bowl VII

Reduci da una stagione straordinaria, nel 1973 molti pensavano che i Dolphins fossero ancora migliori dell’anno prima.
I ragazzi di Shula chiusero la stagione regolare sul 12-2. La caccia alla seconda “perfect season” finì prestissimo: nella Week 2 i Dolphins  vennero infatti scontitti dai Raiders a Berkley, California.
Tra i momenti da ricordare, la partita casalinga del 30 Settembre contro New England, nella quale il RB Mercury Morris stabilì un record su corsa con 197 yards in 15 portate e tre TDs (da 24, 70, e 35 yards), che trascinarono i Phins alla vittoria per 44-23.
Ancora, l’11 Novembre i Dolphins lasciarono a secco i Colts per la quarta volta di fila (44-0), mentre il CB Tim Foley ritornò in meta due punt bloccati.
I Dolphins chiusero la regular season con il successo per 34-7 sui Detroit Lions: in quell’incontro, Paul Warfield mise a segno quattro ricezioni da TD. La vittoria portò il bilancio dei Dolphins sul 26-2 in due anni, miglior record NFL per un tale arco temporale.
I Dolphins affrontarono i Cincinnati Bengals nel Divisional Playoff, superandoli agevolmente col punteggio di 34-16 ed approdando al Championship AFC.
In quell’incontro, i Dolphins si trovarono nuovamente opposti agli stessi Raiders che avevano messo fine alla loro striscia vincente. Stavolta, però, la partita si disputò tra le mura amiche dell’Orange Bowl, e i Dolphins si vendicarono, piegando i Predoni per 27-10, con 266 yards su corsa.
Così, i ragazzi di Shula staccarono il biglietto per il loro terzo Super Bowl consecutivo, divenendo la prima formazione di sempre a riuscirvi.
Il Super Bowl VIII, giocatosi al Rice Stadium di Houston, con avversari di turno i Minnesota Vikings, fu uno show personale per Larry Csonka. Quest’ultimo, nominato MVP dell’incontro, corse per 145 yards su 33 portate, e mise a segno due TDs, trascinando i Dolphins al loro secondo Lombardi Trophy di fila, grazie alla vittoria per 24-7.
I Dolphins divennero così la seconda squadra di sempre a vincere due Super Bowl consecutivi.
Il gioco su corsa ed il controllo del pallone furono così schiaccianti che Bob Griese dovette solo completare sei passaggi su sette per 73 yards, mentre sul terreno la formazione della Florida guadagnò 196 yards.
Nelle tre gare di playoff, i Dolphins chiusero con un incredibile bilancio di 85-33.

Nel 1974, i rapporti piuttosto tesi tra la NFL ed i giocatori si rivelarono un serio ostacolo per le chance dei Dolphins di conquistare il terzo Super Bowl di fila; l’inizio della preseason venne infatti rinviato a causa di uno sciopero.
A rendere ancor più difficile la situazione, l’esordio della World Football League, che irretì diversi giocatori dei Dolphins, tra i quali Larry Csonka. Tuttavia, la formazione della Florida ebbe ancora il suo runner per la stagione 1974, che iniziò in tempo, una volta terminata l’agitazione degli atleti nel mese di Agosto.
I Dolphins conquistarono nuovamente il titolo divisionale, con il record di 11-3, vincendo altresì la propria 31ma partita consecutiva in casa, record NFL per la regular season.
Sapendo che quella sarebbe stata l’ultima occasione, a causa della fuga di molti giocatori chiave verso la WFL, i Dolphins volarono ad Oakland per il Divisional Playoff, sperando di giungere fino al Super Bowl.
La partita fu combattuta, con i Dolphins in vantaggio per 26-21 verso la fine dell’ultimo quarto. Ma, a soli 26″ dal termine, ecco la svolta, con l’azione passata alla storia come “The Sea of Hands”; un lancio di Ken “The Snake” Stabler passò attraverso una selva di mani dei giocatori dei Dolphins, fino a giungere tra quelle del WR Clarence Davis, il quale diede la vittoria ai Raiders per 28-26, mettendo al contempo fine al regno biennale dei Dolphins.

Nel 1975, con la dolorosissima partenza di Larry Csonka, i Dolphins persero all’esordio in casa contro i Raiders per 31-21, chiudendo la striscia ininterrotta di 31 successi interni consecutivi.
Tuttavia, la formazione della Florida riuscì comunque ad essere ancora competitiva, piegando sia i Jets che i Bills. Ma i Baltimore Colts si rivelarono un ostacolo insormontabile nella corsa ai playoff.
Nella prima gara contro i Colts all’Orange Bowl, il 23 Novembre, Bob Griese si spezzò un tendine del piede; gli ospiti non si fecero pregare, portando a casa una facile vittoria.
Ma i Dolphins non mollarono, e guidati da Don Strock in cabina di regia, giunsero all’ultima di campionato proprio contro Baltimore, con la quale si giocavano il primo posto in Division. I Phins persero per 10-7 in overtime, e fallirono l’aggancio ai playoff per la prima volta nell’era Shula, nonostante un record di 10-4.

Il 1976, con diversi giocatori vincitori del Super Bowl ormai migrati in altri lidi od alle prese con le molte primavere, vide i Dolphins giocare in modo mediocre per tutto il campionato, chiuso al terzo posto con un pessimo 6-8.
Quella fu la prima stagione di segno negativo in sette anni.

Ma la reazione giunse prontamente l’anno successivo, con un ottimo 10-4.
Pur saltando i playoff per il terzo anno di fila, Bob Griese disputò una stagione stellare, benché costretto a indossare degli occhiali a causa di problemi con le lenti a contatto. Griese, il cui momento di gloria giunse nell’incontro di St.Louis contro i Cardinals (sei TDs e 503 yards) venne nominato Player of the Year dal Maxwell Club di Philadelphia.

Nel 1978, pur dovendo fare a meno di Bob Griese per le prime sette gare a causa di un infortunio al ginocchio, i Dolphins iniziarono con un ottimo parziale di 5-2, guidati da Don Strock. Col ritorno di Griese, i Dolphins chiusero sul 11-5 ed agganciarono una Wild Card.
Un grande contributo al ritorno dei Phins in postseason venne dal RB Delvin Williams, che stabilì un record di franchigia di 1.258 yards su corsa in stagione.
Nella prima gara di playoff a vedere coinvolte due Wild Card, i Dolphins vennero piegati per 17-9 dagli Houston Oilers all’Orange Bowl.

Prima dell’inizio della stagione 1979, fece ritorno in quel di Miami una vecchia conoscenza: i Dolphins rimisero infatti sotto contratto Larry Csonka, che era migrato nella WFL al termine della stagione 1974. La WFL aveva chiuso i battenti dopo solo una stagione e mezzo, e Csonka aveva disputato tre stagioni con la maglia dei New York Giants.
Nonostante le prestazioni non eccelse di Bob Griese, i Dolphins chiusero sul 10-6, conquistando il primo titolo divisionale in cinque anni.
Tra i momenti da ricordare, la 19ma e 20ma vittoria consecutiva dei Dolphins contro i Bills. Per tutti gli anni ’70, i Dolphins avevano totalizzato un record di 20-0 negli scontri diretti contro la formazione di Buffalo, il che impedì, tra l’altro, ad O.J. Simpson di conquistare alcun successo in postseason.
Nel Divisional Playoff, i Dolphins non ebbero scampo contro i Pittsburgh Steelers, che si portarono sul 20-0 nel primo quarto, finendo poi per imporsi per 34-14, nella corsa al loro secondo Super Bowl consecutivo.

Nel 1980, Bob Griese, il 14° quarterback nella storia del football ad infrangere la barriera delle 25.000 yards, si ritirò, al termine di una carriera durata 14 anni, tutti con la maglia dei Dolphins. Aveva contribuito a 101 delle 135 vittorie nella storia della franchigia (101-62-3) ed era stato nominato All-Pro nel 1971 e nel 1977. Sei volte Pro Bowler, il quarterback vantava 1.926 completi su 3.429 tentativi, 25.092 yards ed un 56,2% di accuratezza. Aveva guidato Miami ai trionfi del Super Bowl nel 1972 e nel 1973.
Tuttavia, nella sua ultima stagione tra i pro, i Dolphins giocarono un football mediocre, terminando al terzo posto con un record di 8-8.

Dopo il ritiro di Griese, erano in pochi a riporre aspettative nei Dolphins, ma un nuovo gruppo sarebbe emerso per riportare la squadra ai vertici della AFC East. Quel gruppo era la difesa, che sarebbe passata alla storia come “The Killer Bees”, per via del numero di giocatori il cui cognome iniziava con la lettera B.
I Bees erano Bill Barnett, Bob Baumhower, Lyle Blackwood, Kim Bokamper e Bob Brudzinski: questi atleti furono il perno di una squadra priva di un vero titolare in cabina di regia.
Nel corso della stagione 1981, chiusa col record di 11-4-1, Don Shula tagliò un importante traguardo, vincendo la sua 200ma partita da head coach.
Nel Divisional Playoff contro i San Diego Chargers, i Dolphins si trovarono presto sotto per 24-0, in un Orange Bowl che fece registrare il tutto esaurito. Ci si avvicinava alla fine del primo tempo, e i Dolphins avevano un disperato bisogno di segnare per rientrare in partita. Dal nulla, i Dolphins tornarono al vecchio football di una volta: il QB Don Strock lanciò nel mezzo per il WR Duriel Harris, che cedette lateralmente palla al compagno Tony Nathan, il quale afferrò il pallone e corse fino in endzone. Quella fu la scintilla che riaccese i Dolphins, i quali rimontarono e passarono in vantaggio nell’ultima frazione di gioco. Tuttavia, i Killer Bees non riuscirono a contenere il QB dei Chargers Dan Fouts, che portò i suoi al pareggio, con il conseguente overtime. Al 14° minuto del primo tempo supplementare, i Chargers si aggiudicarono l’incontro, grazie ad un FG di Rolf Pernershka.

Nel 1982, dopo la scintillante prestazione fornita contro i Chargers, c’erano ottime ragioni per essere ottimisti; ma la stagione fu messa a repentaglio dallo sciopero dei giocatori aderenti alla NFLPA, iniziato il 21 Settembre. L’agitazione durò ben due mesi, e costrinse la NFL all’adozione di un calendario di sole nove gare.
Quando la stagione ebbe finalmente inizio, in Novembre, i Dolphins erano in ottima posizione per tornare ai playoff. Tuttavia, la strada per la postseason si rivelò decisamente piena di ostacoli.
Il 12 Dicembre, nell’innevato Sullivan Stadium di Foxboro, i Dolphins ed i Patriots seguitarono a scivolare per tutta la partita, non riuscendo a mettere punti a referto. Verso la fine dell’ultimo quarto, con i padroni di casa in raggio da FG, si verificò uno degli eventi più bizzarri e controversi dell’intera storia NFL. Un galeotto in libertà sulla parola, che lavorava nell’ambito di un programma di recupero per carcerati promosso dai Patriots, ripulì il campo, tracciando un vero e proprio sentiero, affinché il kicker Ron Franklin potesse piazzare tra i pali il FG della vittoria; il calcio andò a segno, e portò ad un’amara sconfitta per i Dolphins, che chiusero con il seed n° 2 nella AFC, grazie al record di 7-2.
Nel primo turno di playoff, il team della Florida si scontrò nuovamente con New England. Questa volta, però, non vi furono nè la neve nè dei galeotti a dare vantaggi ai Patriots. I Phins si presero la rivincita con gli interessi, bastonando gli avversari con un sonoro 28-3.
Nel turno successivo, i Dolphins imbrigliarono l’attacco stellare dei San Diego Chargers, superando i californiani col punteggio di 34-13 davanti a ben 71.383 tifosi all’Orange Bowl. I Killer Bees concessero sole 247 yards di total offense agli avversari, 203 yards sotto la media di questi ultimi, la migliore della NFL.
Nel Championship AFC, i Dolphins affrontarono i New York Jets in un incontro tirato all’Orange Bowl. A.J. Duhe stabilì un record AFC per i playoff, mettendo a segno tre intercetti, uno dei quali riportato in meta per 35 yards. I Dolphins sconfissero così i Jets per la terza volta in stagione, e conquistarono il titolo AFC col punteggio di 14-0, staccando il biglietto per il Grande Ballo.
Il Super Bowl XVII, disputatosi al Rose Bowl di Pasadena, vide i Dolphins opposti ai Washington Redskins, che avevano sconfitto dieci anni prima nel Super Bowl VII.
I ragazzi di Don Shula riuscirono a portarsi in vantaggio prima dell’intervallo, grazie al primo ritorno vincente di kickoff, da ben 98 yards, messo a segno da Fulton Walker. Tuttavia, l’attacco dei Delfini fu praticamente inesistente nel secondo tempo, tanto che i QBs David Woodley e Don Strock completarono un solo passaggio.
Il vantaggio dei Dolphins svanì nell’ultimo quarto, quando il RB John Riggins ruppe alcuni placcaggi e permise ai Redskins il sorpasso vincente. I Pellerossa chiusero col punteggio di 27-17, mentre Riggins venne nominato MVP dell’incontro.

Nel 1983, con la speranza di sistemare la posizione di quarterback, i Dolphins draftarono un certo Dan Marino, con la 27ma scelta assoluta al primo giro.
Nonostante in molti, sulle prime, avessero criticato la scelta, Marino divenne rapidamente uno dei migliori passatori della Lega.
La sua prima partita da titolare fu quella del 9 Ottobre contro i Buffalo Bills all’Orange Bowl. Nonostante le 322 yards lanciate dal loro rookie, i Dolphins vennero sconfitti in casa dai Bills, per la prima volta in 17 anni, col punteggio di 38-35 in overtime. Marino, comunque, portò i Dolphins alla conquista della AFC East col record di 12-4.
L’avventura della postseason, però, fu di breve durata; la fornazione di Miami venne infatti superata dai Seattle Sehawks per 27-20.

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Dan “The Man” Marino

Nella prima stagione completa da titolare di Dan Marino, i Dolphins partirono a spron battuto, vincendo le prime undici partite in calendario. La regular season si chiuse con un eccellente 14-2, mentre Dan fu nominato MVP della Lega.
Marino stabilì nuovi primati in termini di TD passes e di yards su passaggio per una singola stagione, divenendo il primo QB di sempre a lanciare per oltre 5.000 yards e mettere a segno 40 TDs.
Nel Divisional Playoff, i Dolphins si vendicarono della stagione precedente, piegando i Seahawks per 31-10 ed approdando al Championship AFC. Quest’ultimo, disputatosi tra le mura amiche dell’Orange Bowl, vide i Phins opposti ai Pittsburgh Steelers.
Dan Marino giocò un incontro strepitoso, trascinando i suoi alla vittoria per 45-28 ed al quinto Super Bowl nella storia della franchigia.
Nel Super Bowl XIX, giocatosi allo Stanford Stadium di Palo Alto (California), gli avversari di turno furono i San Francisco 49ers.
Sfortunatamente per i Dolphins, quella sarebbe stata una specie di partita casalinga per i ‘Niners. Un sicuro motivo di richiamo fu la sfida tra i due grandi QBs italo-americani, Dan Marino e Joe Montana. La partita fu vinta proprio da quest’ultimo, che venne anche nominato MVP del Super Bowl per il secondo anno consecutivo, trascinando i 49ers alla vittoria per 38-16.
Dopo l’incontro, in molti pensarono che quella fosse stata solo una lezione per Dan Marino, il quale sarebbe facilmente tornato più volte al Grande Ballo. Ma le cose non sarebbero andate così…

Il 1985 vide i Dolphins alle prese con diversi infortuni, sia in attacco che in difesa, ed una partenza col parziale di 5-4.
Nonostante tutto, Dan Marino continuò a fornire un rendimento impressionante, risultando ancora una volta il miglior passatore della NFL in tutte le categorie.
Il 10 Novembre, in una sfida chiave contro i New York Jets, i Dolphins vinsero in rimonta per 21-17 grazie a Mark “Super” Duper, reduce da una frattura alla gamba, che ricevette per ben 217 yards. La sua performance fu coronata dal TD pass della vittoria, da 50 yards, lanciatogli da Marino verso la fine dell’ultimo quarto.
Quella vittoria diede inizio ad una striscia vincente, che portò i Dolphins ad un importantissimo Monday Night contro i Chicago Bears il 2 Dicembre. Fino a quel momento, i Bears avevano schiantato tutti gli avversari, giungendo all’Orange Bowl imbattuti, minacciando di eguagliare la “perfect season” dei Dolphins del 1972.
Molti dei protagonisti di quella magica stagione erano sulla sideline, per supportare i loro più giovani colleghi in maglia bianca. La mossa si rivelò decisamente azzeccata, dato che i Dolphins piegarono gli ospiti per 38-24, ma il punteggio fu più vicino della gara in sé. Quella fu l’unica sconfitta rimediata dai futuri Campioni del Mondo: i Dolphins del 1972 rimasero così l’unica squadra a chiudere un’intera stagione senza sconfitte.
I ragazzi di Shula si aggiudicarono ancora una volta la AFC East col record di 12-4.
Nel Divisional Playoff, i Dolphins si ritrovarono velocemente sotto per 21-3 contro i Cleveland Browns. Ma Dan Marino aveva altri progetti, e condusse i suoi alla rimonta, fino al successo per 24-21, che portò i Dolphins al Championship AFC.
La gara, disputatasi all’Orange Bowl, vide i Dolphins sfidare i New England Patriots. I padroni di casa gettarono al vento la possibilità di tornare al Super Bowl, commettendo ben sei turnover. Alla fine, furono i Patriots ad avere la meglio, imponendosi per 31-14 ed approdando al Super Bowl, che avrebbero poi perso contro i Bears.
Una piccola curiosità: il già citato Duper, insieme al compagno WR Clayton, formava il duo dei “Mark Brothers”.

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Mark Duper

Nel 1986, i Dolphins partirono col piede sbagliato: soprattutto la difesa si ritrovò in grosse difficoltà. Ciò divenne assolutamente palese nella seconda partita stagionale, allorquando i Dolphins persero per 51-45 in overtime contro i Jets a Meadowlands. In quell’incontro, Marino lanciò per qualcosa come 448 yards e sei TDs: le sue prestazioni scintillanti vennero però frustrate da una retroguardia a dir poco pessima.
I Phins chiusero l’ultima stagione all’Orange Bowl con un deludente 8-8, mentre Marino stabilì un record NFL per passaggi completati in una sola stagione.

Dopo la cancellazione del primo incontro di regular season al Joe Robbie Stadium a causa di uno sciopero dei giocatori, nel 1987 il nuovissimo impianto fu costretto ad aprire con dei rincalzi in campo, i quali però vinsero per 42-0 contro i Chiefs l’11 Ottobre.
Due settimane più tardi, i titolari fecero ritorno tra le mura amiche; i Dolphins sprecarono un vantaggio di ben 21 punti, facendosi sopraffare dai Bills per 34-31 nei supplementari.
Il campionato si chiuse con un mediocre 8-8, che impedì ai Dolphins di approdare ai playoff per la seconda stagione di fila.

Nel 1988, nonostante le oltre 4.000 yards lanciate da Marino per la quarta volta in carriera, i Dolphins precipitarono in fondo alla AFC East, con un pessimo 6-10; ancora una volta, il tallone d’Achille della squadra fu il reparto difensivo.
Quella fu la seconda ed ultima stagione di segno negativo dell’era Shula.

Anche il campionato 1989 fu contrassegnato da una preoccupante mediocrità, che portò i Dolphins a chiudere sull’8-8 ed a fallire l’appuntamento con la postseason per la quarta volta di fila.
Il 7 Gennaio, a sole due settimane dal termine del campionato, Joe Robbie, co-fondatore ed a lungo proprietario della franchigia, scomparve per insufficienza respiratoria, all’età di 73 anni.

Dopo quattro anni di frustrazioni e nessuna apparizione ai playoff, nel 1990 i Dolphins iniziarono alla grande la loro 25ma stagione di vita. Ancora una volta, Dan Marino si collocò in vetta alla Lega in tutte le categorie di passaggio, eguagliando il primato di Joe Montana di sette stagioni con oltre 3.000 yards lanciate.
I Dolphins si qualificarono agevolmente per la postseason, con un eccellente 12-4, ma persero il titolo divisionale il 16 Dicembre, sconfitti dai Bills in quel di Buffalo.
Nel turno di Wild Card, i Dolphins ospitarono i Kansas City Chiefs nel loro primo incontro di playoff al Joe Robbie Stadium.
I padroni di casa si ritrovarono velocemente in svantaggio, ma grazie al FG da 58 yards (record NFL per i playoff) di Pete Stoyanovich ed un TD pass allo scadere di Dan Marino, i Dolphins si imposero per 17-16, accedendo al Divisional.
Una settimana dopo, di nuovo a Buffalo, i Dolphins vennero sconfitti per 44-34 dai Bills. Il numero di punti segnati fu il più alto nella storia dei playoff NFL per una partita non conclusasi ai supplementari.

Nella partita del 22 Settembre 1991 contro i Green Bay Packers, i Dolphins vinsero per 16-13, regalando a Don Shula la 300ma vittoria in carriera. Con quel successo, Shula divenne il secondo coach di sempre a tagliare quel traguardo, a sole 24 vittorie dal primato NFL detenuto da George Halas. Anche Dan Marino entrò nella storia, diventando il primo QB a lanciare per oltre 3.000 yards per otto volte in carriera.
Nonostante quegli importanti traguardi, i Dolphins furono falcidiati dagli infortuni in difesa per tutta la stagione; sconfitti dai New York Jets al Joe Robbie Stadium nell’ultima di campionato, chiusero sull’8-8 e non approdarono ai playoff.

La prima partita della stagione 1992 dei Dolphins venne rinviata di una settimana, a causa della devastazione provocata dall’uragano Andrew, che costrinse i Dolphins a giocare 16 incontri consecutivi senza usufruire del bye. Ma ciò non costituì un problema per il team di Miami; Dan Marino disputò un’altra stagione stratosferica, guidando i suoi al record di 11-5, sufficiente a consegnare ai Dolphins il titolo divisionale via tiebreaker, superando i Buffalo Bills.
La vittoria chiave della stagione fu quella del 4 Ottobre a Buffalo, dove i Dolphins surclassarono i Bills per 37-10; quella partita fu ricordata per l’intercetto riportato in meta per 103 yards da Louis Oliver.
Nel Divisional Playoff, i Dolphins si ritrovarono opposti ai San Diego Chargers, superati agevolmente per 31-0.
Nel Championship AFC, una settimana più tardi i Bills espugnarono il Joe Robbie Stadium col punteggio di 29-10 ed approdarono al terzo Super Bowl consecutivo, eguagliando il primato dei Dolphins. Questi ultimi agevolarono non poco gli avversari, incappando in ben cinque sanguinosi turnover.

Il 1993 vide i Dolphins iniziare la stagione con un parziale di 3-1. Dan Marino divenne il quarto QB di sempre ad infrangere la barriera delle 40.000 yards lanciate in carriera.
Tuttavia, il 10 Ottobre a Cleveland le speranze dei Dolphins di tornare al Grande Ballo incontrarono un brusco stop, allorquando Marino si ruppe il tendine d’Achille del piede destro. Il suo backup, Scott Mitchell, condusse i Dolphins alla vittoria in rimonta per 24-14; tuttavia, Marino sarebbe rimasto fuori per il resto della stagione.
Mitchell vinse le prime due gare da titolare, aiutando Don Shula ad eguagliare il record di George Halas di 324 vittorie come coach.
Dopo la sconfitta del 7 Novembre contro i Jets, una settimana più tardi i Dolphins volarono a Philadelphia per incontrare gli Eagles. Ma nel terzo quarto, toccò a Scott Mitchell subire un infortunio, questa volta alla spalla. Con i Dolphins sotto per 14-13, Don Shula dovette affidarsi al terzo QB, Doug Pederson, per infrangere il record di Halas. Quando gli dissero di entrare in campo, Pederson era così nervoso che vomitò. Tuttavia, riuscì per due volte a portare i suoi in raggio da FG, ed i team vinse per 19-14; gli Eagles non misero più alcun punto a referto, e Don Shula divenne il coach NFL più vincente di sempre.
Nonostante gli infortuni in cabina di regia, i Dolphins si portarono sul parziale di 8-2, pronti per il Thanksgiving contro i Cowboys in quel di Dallas. L’incontro si disputò in condizioni atmosferiche proibitive, con la neve a rendere difficile l’equilibrio dei giocatori e le segnature. Sotto per 14-13, a 15″ dal termine, Pete Stoyanovich tentò una conversione di FG da 41 yards. Tuttavia, il calcio venne bloccato da Jimmie Jones e per un attimo sembrò che la vittoria fosse ormai dei Cowboys; invece, Leon Lett cercò di afferrare il pallone, ma se lo lasciò scappare. I Dolphins lo recuperarono ed ebbero una seconda chance, questa volta da sole 20 yards di distanza. Stoyanovich piazzò la palla tra i pali, dando ai suoi la vittoria per 16-14 e portandoli sul 9-2, miglior record NFL.
Sfortunatamente per i Dolphins, gli infortuni in attacco e difesa si rivelarono pesantissimi. La formazione di Miami incappò in cinque sconfitte consecutive, fallendo l’aggangio al treno playoff.
A parziale consolazione, Don Shula venne nominato Sportsman of the Year dalla rivista Sports Illustrated, per aver battuto il record di Halas.

Al rientro dall’infortunio, nel 1994 Dan Marino mise da subito le cose in chiaro, passando per 473 yards e cinque TDs nella vittoria per 39-35 sui New England Patriots. Durante quell’incontro, Marino divenne il secondo QB di sempre a lanciare oltre 300 TD passes in carriera.
Un altro evento importante si verificò il 2 Ottobre, quando i Dolphins piegarono i Cincinnati Bengals per 23-7: a rendere storica quella partita fu il fatto che per la prima volta, in uno sport professionistico, padre e figlio si affrontassero in veste di coach. David Shula, allenatore dei Bengals, si ritrovò infatti opposto al padre, il grande Don.
La stagione si chiuse col record di 10-6, sufficiente per la conquista del titolo divisionale, ma non per il bye.
Nel turno di Wild Card, i Dolphins affrontarono i Kansas City Chiefs, che superarono per 27-17 al Joe Robbie Stadium; in quell’incontro, Dan Marino completò 22 passaggi su 29 per 257 yards e 2 TDs. La partita segnò anche la fine della carriera professionistica di un futuro Hall of Famer, Joe Montana.
Nel Divisional Playoff, i Dolphins si trovarono opposti ai San Diego Chargers. Pur avendo condotto per quasi tutto l’incontro, i Chargers si portarono in vantaggio sul 22-21 a soli 35″ dallo scadere. I Dolphins ebbero un’ultima possibilità di vincere, allorquando Dan Marino sospinse i suoi fino alle 30 dei Chargers; tuttavia, il FG da 48 yards calciato da Pete Stoyanovich a 8″ dal termine terminò largo a destra.

Anche la stagione 1995 fu ricca di nuovi traguardi per Dan Marino, il quale infranse il record NFL di passaggi completati l’8 Ottobre contro i Colts, toccando quota 3.686.
Successivamente, il 12 Novembre contro i Patriots, “The Man” batté il primato NFL di yards lanciate, giungendo a 47.003.
Poi, due settimane dopo ad Indianapolis, Dan lanciò il suo 343° TD pass, infrangendo il record di Fran Tarkenton.
Tuttavia, i Dolphins persero tutti e tre i restanti incontri in calendario, e terminarono sul 9-7, accedendo ai playoff per il rotto della cuffia, con il seed n° 6.
Nella sfida di Wild Card contro i Bills a Buffalo, Dan Marino passò per 422 yards: nonostante ciò, i Dolphins persero per 37-22.
Quella partita fu l’ultima sulla panchina dei Phins per Don Shula, costretto al ritiro dal nuovo proprietario H. Wayne Huizenga, deciso a puntare su Jimmy Johnson per la guida del team. Nonostante questo finale di carriera poco felice, Shula sarebbe comunque rimasto nel front office dei Dolphins.
Nei 33 anni da allenatore, Shula aveva totalizzato un invidiabile record di 347-173-6. Nei 26 anni passati con i Dolphins, solo due furono le stagioni di segno negativo, ed altrettante le vittorie su cinque partecipazioni al Super Bowl.

Il 1° Settembre 1996, nel ribattezzato Pro Player Stadium, Jimmy Johnson vinse la sua prima gara da allenatore dei Dolphins, che piegarono per 24-10 i Patriots; in quell’incontro, il rookie Karim Abdul-Jabar corse per ben 115 yards. Con l’arrivo del nuovo coach, il gioco dei Phins si sbilanciò infatti sulle corse, il che non favorì certo un buon rapporto tra Johnson e Marino.
Tuttavia, il resto del campionato non fu altrettanto brillante, e i Dolphins faticarono a chiudere sull’8-8, in un anno di transizione.
Ma non tutto era da buttare: per la prima volta in dieci anni, i Phins ebbero ragione dei Bills; inoltre, Karim Abdul-Jabar divenne il primo giocatore di Miami a superare le 1.000 yards su corsa dai tempi di Delvin Williams (1978).
Grazie ad alcune scelte azzeccate di Jimmy Johnson al draft (come il CB Patrick Surtain, il DE Jason Taylor ed il MLB Zach Thomas), la difesa divenne il fulcro della squadra.

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Karim Abdul-Jabar

Grazie ad un parziale di 9-4, nel 1997 i Dolphins riuscirono a tornare ai playoff, ma il modo in cui vi arrivarono fu assolutamente deludente; la formazione della Florida perse infatti tutte e tre le ultime gare in calendario, tra le quali la sfida del Monday Night contro i Patriots per il titolo divisionale.
I Dolphins vennero nuovamente piegati dai Patriots sei giorni dopo a Foxboro per 17-3, in uno dei peggiori incontri mai disputati da Dan Marino.

I Dolphins chiusero con un solido 10-6 la stagione 1998, nella quale Marino superò il traguardo dei 400 TDs in carriera, il 29 Novembre contro i New Orleans Saints.
Tuttavia, la partita dell’anno fu il Monday Night del 21 Dicembre contro i Denver Broncos al Pro Player Stadium. L’incontro vide una sfida tra titani in cabina di regia, Dan Marino e John Elway. Furono i padroni di casa a spuntarla, col punteggio di 31-21; così facendo, i Dolphins vinsero il loro 34° Monday Night, nuovo record NFL.
Nel turno di Wild Card, in casa contro i Buffalo Bills, i Dolphins si tolsero qualche sassolino dalla scarpa, piegando i rivali storici per la prima volta nei playoff, col punteggio di 24-17. Grazie alla vittoria, i Dolphins si ritrovarono opposti ai Broncos, questa volta tra le mura del Mile High Stadium di Denver.
I Dolphins non furono mai in partita, e persero con un sonoro 38-3 contro i futuri Campioni NFL. Al termine dell’incontro, Jimmy Johnson si dimise, ma fu convinto a restare, per poter riportare la squadra al Super Bowl.

Il tormentone del 1999 non fu solo l’ultima stagione di Jimmy Johnson, ma anche quella di Dan Marino, il miglior passatore di tutti i tempi.  I Dolphins iniziarono col piede giusto, grazie all’ottava vittoria consecutiva all’esordio, in quel di Denver.
Ma la strada si fece in salita, con Marino sempre più in difficoltà di settimana in settimana a causa di una spalla dolorante; alla fine, “The Man” dovette saltare cinque gare a causa di questo infortunio. Quando i Dolphins iniziarono a giocare il loro miglior football in assenza di Marino, il rapporto già tempestoso tra questi e Johnson peggiorò ulteriormente.
Il 17 Ottobre, a Foxboro, il grande QB infranse il muro delle 60.000 yards lanciate in carriera, pur rimanendo in campo solo per il primo drive a causa i problemi alla spalla; la partita venne risolta egragiamente dal suo backup, Damond Huard, che portò i Phins alla vittora per 31-30 sui Patriots, con pochissimi secondi sul cronometro.
Nonostante le difficoltà, i Dolphins riuscirono ad agganciare la postseason, chiudendo col record di 9-7. Nel turno di Wild Card, in trasferta contro i Seahawks, Dan Marino completò 17 passaggi su 30 per 196 yards, un TD e nessun intercetto. Il regista condusse alla grande il drive che portò al TD della vittoria, a 4’48” dal termine, nell’ultima partita ufficiale tra le mura del King Dome, poi abbattuto.
Tuttavia, una settimana più tardi a Jacksonville, l’era Marino giunse ad una fine ben poco commendevole, con un pesantissimo 62-7 rimediato per mano dei Jaguars, nella partita di playoff AFC più a senso unico di sempre.

Il 13 Marzo 2000, in una conferenza stampa tenutasi al Pro Player Stadium, Dan Marino annunciò ufficialmente il suo ritiro dalla NFL. Nella sua carriera, durata 17 anni e tutta con la maglia dei Dolphins, Marino aveva stabilito il record di yards su passaggio (61.361) e di TDs (420). Nonostante ciò, non era più riuscito a tornare al Super Bowl dopo la sua seconda stagione tra i pro.
Che fosse la poca difesa, un infortunio o l’età, qualcosa aveva sempre infranto il sogno di Marino di tenere tra le mani il Lombardi Trophy.
I Dolphins ebbero modo di onorare il loro grande QB in diverse occasioni, tra le quali una in preseason, il 23 Agosto, allorquando 50.000 tifosi si radunarono per salutare Marino anche al di fuori di una partita di football, con un tributo di ben quattro ore.
Il viale al di fuori dell’angolo Nord-Ovest del Pro Player Stadium assunse il suo nome: il nuovo indirizzo del Pro Player divenne 2269 Dan Marino Boulevard. Tuttavia, il momento di gloria giunse il 17 Settembre, nell’intervallo della sfida contro i Baltimore Ravens.
Marino venne introdotto nella cerchia dei grandi campioni che avevano indossato la maglia dei Dolphins, il suo numero 13 venne ritirato e al di fuori dello stadio venne posta una statua che lo ritraeva.
Con il ritiro di Dan Marino, ed i precedenti poco felici del coach Dave Wannstedt (la cui impostazione difensiva aveva accelerato il ritiro di “The Man”) nella NFL, non ci si aspettava molto dai Dolphins.
Nonostante ciò, la difesa fece sentire da subito la propria voce, lasciando a secco i Seattle Seahawks, piegati per 23-0, all’esordio stagionale al Pro Player Stadium.
Non solo i Dolphins si qualificarono per i playoff, ma chiusero con un eccellente 11-5, grazie al quale conquistarono a sorpresa il titolo della AFC East. In attacco, il RB LaMar Smith fece grandi cose, correndo per 1.139 yards. Jason Taylor, Zach Thomas, e Trace Armstrong si posero invece alla guida di uno dei dieci migliori reparti arretrati in tutte le categorie. Inoltre, i CBs Sam Madison e Patrick Surtain trascinarono la miglior secondaria NFL quanto ad intercetti.
Nel primo turno dei playoff, al Pro Player Stadium, i Dolphins si trovavano sotto per 14-0 contro gli Indianapolis Colts nel terzo periodo. Ma grazie a Lamar Smith rientrarono in partita, giungendo fino all’overtime. Fu ancora Smith a rivelarsi decisivo, dando ai suoi la vittoria per 23-17 con una corsa da 17 yards a 3’34” dalla fine del primo tempo supplementare. In quell’incontro, Smith corse per 200 yards, seconda miglior prestazione nella storia NFL nei playoff e migliore di sempre per un giocatore dei Dolphins (in regular season od in postseason).
Una settimana più tardi, nel Divisional Playoff, i Dolphins vennero rimandati a casa per il terzo anno di fila, superati con un impietoso 34-0 dai Raiders in quel di Oakland.

Nel 2001, con la cabina di regia stabilmente affidata a Jay Fiedler (e Huard a languire in panchina), i Dolphins partirono con un parziale di 2-0; gli uomini di Wannstedt si presero la rivincita sui Raiders, allorquando la QB sneak di Fiedler a meno di 10” dallo scadere diede la vittoria ai Dolphins, in rimonta, per 18-15.
I Dolphins vinsero sei delle prime otto gare. Ma i New York Jets si dimostrarono ancora una volta un osso duro, infliggendo ai Dolphins una sconfitta casalinga per 24-0, che li portò sul 6-3. Pochi sapevano che, all’epoca, quella sconfitta sarebbe stata la più devastante della stagione.
I Phins vinsero tre incontri di fila prima di passare sul 9-4, pronti per la sfida all’ultimo sangue contro i Patriots a Foxboro, con in palio il titolo divisionale. Di fronte ad un pubblico ostile, i Dolphins persero, e si ritrovarono a pari punti al primo posto. Tuttavia, la sconfitta contro i Jets s rivelò decisiva: i Dolphins chiusero infatti sull’11-5, ma persero il titolo divisionale via tiebreaker.
Nei playoff, gli ancora scombussolati Dolphins uscirono sconfitti per 20-3 dall’incontro di Wild Card contro i Baltimore Ravens, mentre i Patriots staccarono il biglietto per il Super Bowl, che avrebbero vinto superando i St. Louis Rams.

Allo scopo di migliorare il proprio reparto offensivo, nel 2002 i Dolphins ingaggiarono, dai New Orleans Saints, il RB Ricky Williams, già vincitore dell’Heisman Trophy. L’impatto del giocatore fu immediato, tanto che i Dolphins iniziarono con un ottimo 5-1.
Tuttavia, in un incontro esterno trasmesso in prima serata contro i Denver Broncos, Jay Fiedler si infortunò al pollice; i Dolphins riuscirono comunque a vincere per 24-22 allo scadere, grazie ad un FG di Olindo Mare da 55 yards.
Con Fielder sulla sideline, i Dolphins faticarono non poco; il backup Ray Lucas si dimostrò eccessivamente incline ai turnover, e la squadra perse tre incontri di fila. Lucas si riprese, trascinando i suoi a due successi consecutivi, ma ancora una volta pagò a caro prezzo i suoi turnover, dei quali approfittarono i Buffalo Bills. Fiedler rientrò nel secondo tempo, ma era evidentemente arrugginito.
Nonostante gli infortuni ed i turnover, i Dolphins sembravano comunque in grado di assicurarsi il titolo divisionale, trascinati dalle corse di Ricky Williams, che stabilì un record di franchigia (1.853 yards) e si aggiudicò il titolo di miglior runner NFL.
Tuttavia, due brutte sconfitte nel finale di stagione, rispettivamente contro i Minnesota Vikings ed i New England Patriots fecero precipitare al terzo posto i Dolphins, che, con un record di 9-7, vennero estromessi dalla corsa ai playoff.

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Il controverso Ricky Williams

I Dolphins iniziarono la stagione 2003 con propositi di titolo, ma partirono col piede sbagliato, perdendo in casa all’esordio contro gli Houston Texans per 21-20.
La formazione di Miami si riprese, aggiudicandosi quattro incontri consecutivi e preparandosi alla resa dei conti con i Patriots tra le mura amiche del Pro Player Stadium, con in palio il primato in classifica.
Al contempo, i Florida Marlins (con cui i Phins dividevano lo stadio) erano sorprendentemente in corsa per il titolo delle World Series, così i Dolphins si ritrovarono a giocare ancora su un terreno infido. Alla fine, questa circostanza costò loro quella che si sarebbe poi rivelata la partita più importante della stagione: Olindo Mare, infatti, fallì un FG da 36 yards all’ultimo minuto dei tempi regolamentari. Purtroppo per Miami, si ripetè in overtime, questa volta mancando una conversione da 35 yards. Furono i Pats a spuntarla per 19-13 grazie ad un TD pass da 82 yards di Tom Brady.
Ancora una volta, Jay Fiedler fu limitato dagli infortuni; così, a metà stagione entrò in cabina di regia un figlio d’arte: Brian Griese, figlio dell’Hall of Famer Bob. Griese non fu all’altezza del padre, tanto che i Dolphins alternarono vittorie e sconfitte nelle successive quattro gare.
La formazione della Florida rischiò di perdere anche nella Week 12, sotto in casa per 23-10 a fine terzo quarto contro i Washington Redskins; Fiedler ritornò in campo, e nell’ultimo periodo trascinò i suoi alla rimonta, fino al successo per 24-23, che mantenne vive le speranze di postseason.
La vittoria sembrò rianimare gli spenti Dolphins, che piegarono i Dallas Cowboys per 40-21 nel Thanksgiving.
Sull’8-4, i Dolphins si ritrovarono nuovamente di fronte la propria nemesi, i Patriots. Il blizzard giunse nel New England insieme ai Dolphins, i quali parvero infreddoliti e confusi sotto una fitta neve, ed uscirono sconfitti dal Gillette Stadium per 12-0.
Miami perse ancora contro i Philadelphia Eagles la settimana successiva nel Monday Night, passando sull’8-6. Pur vincendo le restanti due gare e chiudendo sul 10-6, i Dolphins non centrarono l’obiettivo postseason.

Al termine della seconda stagione consecutiva senza playoff, nel 2004 il team visse l’offseason più turbolenta della propria storia.
Nonostante fosse ormai chiara l’avversione dei tifosi nei suoi confronti, i Dolphins decisero di confermare Dave Wannstedt in panchina, ed ingaggiarono un GM, Rick Spielman, per assumere le decisioni relativamente al personale. Al contempo, Dan Marino venne nominato Presidente, ma meno di un mese dopo tornò sui suoi passi, non contento di un ruolo visto come di mera rappresentanza, e si dimise. Fuori dal campo, Randy McMichael venne arrestato per violenza domestica, mentre Ricky Williams risultò positivo alla marijuana e venne sospeso.
Le cose andarono di male in peggio una settimana prima dell’inizio del training camp, allorquando Williams fallì un altro test antidroga e decise improvvisamente di ritirarsi, in aperto dissenso con la NFL e le sue norme volte ad impedire l’uso di “erba”.
Così facendo, lasciò i Dolphins con una vera e propria voragine nel backfield, a poche settimane dall’inizio della regular season: troppo poche per rimediare. Quella offseason così agitata portò ad una stagione da incubo: i Dolphins persero 17-7 contro i Tennessee Titans all’esordio, mentre l’uragano Ivan si stava abbattendo sulla Florida meridionale. Dopo la sconfitta esterna per 16-13 nella Week 2 contro Cincinnati, i Dolphins furono costretti a riorganizzare il loro calendario a causa di un altro uragano, ribattezzato Jeanne, giocando di sera e perdendo per 13-3 contro i Pittsburgh Steelers.
Le sconfitte continuarono: i Dolphins persero le prime sei gare, finché, sul disastroso parziale di 1-8, Dave Wannstedt si dimise.
Agli ordini del coach ad interim, Jim Bates, le cose non migliorarono: i Phins persero infatti altri due incontri, prima di superare i 49ers per 24-17, in una sfida tra formazioni sull’1-8; curiosamente, la partita si giocò a vent’anni di distanza dal Super Bowl XIX, quando insieme le due squadre potevano vantare un ben diverso 33-3.
Niente andò nel verso giusto per tutta la stagione: il QB A.J. Feeley commise numerosi errori, e diversi degli intercetti da lui lanciati vennero riportati in meta dagli avversari.
Quella stagione disastrosa, che vide i Dolphins sempre all’ultimo posto in classifica, si chiuse col peggior record di sempre, un terrificante 4-12.
L’unico momento da ricordare fu la vittoria per 29-28 contro i futuri Campioni del Mondo, i Patriots, conquistata in un Monday Night di Dicembre. La difesa dei Dolphins intercettò due volte Tom Brady negli ultimi due minuti.
Al termine della stagione, i Dolphins, con la speranza di lasciarsi alle spalle quella brutta avventura, ingaggiarono il coach di LSU Nick Saban, e rilasciarono Jay Fiedler, che aveva perso il posto in favore di Feeley durante il campionato.
Con la seconda scelta assoluta, i Dolphins draftarono il RB di Auburn Ronnie Brown, lasciando al contempo la porta aperta per il ritorno di Ricky Williams. I Dolphins misero sotto contratto anche l’esperto QB Gus Frerotte, che si guadagnò il posto da titolare superando la concorrenza di A.J. Feeley; quest’ultimo si era rivelato una grande delusione nel 2004, dopo essere giunto a Miami in cambio di una seconda scelta data ai Philadelphia Eagles. All’ultimo giorno disponibile per le trade, Feeley ed una settima scelta vennero ceduti ai San Diego Chargers in cambio di Cleo Lemon.
Il cornerback Patrick Surtain fu invece ceduto ai Kansas City Chiefs in cambio di una seconda scelta. Infine, Ricky Williams ritornò in squadra, ma avrebbe dovuto saltare le prime quattro gare del campionato 2005 per aver violato le norme NFL relative all’assunzione di sostanze proibite.


Ronnie Brown in azione

Senza Ricky Williams, i Dolphins hanno iniziato l’era Saban bastonando i Denver Broncos per 34-10, con un ottimo debutto da parte di Gus Frerotte, capace di lanciare per 275 yards.
Dopo la sconfitta contro i New York Jets, i Phins si sono ripresi piegando i Carolina Panthers, trascinati dalle 132 yards su corsa di Ronnie Brown.
Sul parziale di 2-1, i Dolphins sembravano giocare piuttosto bene: ma è stato un fuoco di paglia, dato che hanno poi vinto solo una delle successive sette gare; in una di esse, sono stati addirittura lasciati a secco dai Cleveland Browns, impostisi per 22-0. Frerotte ed il suo backup Sage Rosenfelds hanno lanciato insieme la miseria di 55 yards.
Il QB titolare e i Delfini si sono riscattati con la vittoria esterna sugli Oakland Raiders, battuti per 33-21. Sette giorni dopo le cose si stavano mettendo davvero male in casa contro i Bills, sotto per 21-0 dopo il primo quarto. L’attacco non riusciva a trovare ritmo, e Rosenfels ha nuovamente rimpiazzato Frerotte nell’ultimo quarto, sul punteggio di 23-3 in favore degli ospiti. Ma con un TD su corsa di Ricky Williams Miami è improvvisamente rientrata in partita. A metà dell’ultimo periodo i Phins si sono rifatti sotto, grazie allo screen pass da 23 yards di Rosenfelds per Ronnie Brown, che ha portato il punteggio sul 23-17. A soli 6″ dal termine, Rosenfelds ha imbeccato Chris Chambers con un TD pass da 4 yards, che ha chiuso la rimonta, dando a Miami un insperato successo per 24-23.
I galvanizzati Dolphins hanno conquistato la terza vittoria di fila sette giorni dopo, piegando in trasferta i San Diego Chargers per 23-21.
I Phins non hanno perso un colpo, vincendo le ultime sei gare in calendario e chiudendo con un positivo 9-7, sufficiente per il secondo posto ma non per i playoff, riportando comunque l’ottimismo a Miami.
Ma purtroppo per i Dolphins, le brutte notizie sono arrivate da Ricky Williams, che ha fallito un altro test antidroga ed è stato sospeso per tutto l’anno. La perdita di Williams non ha bruciato a lungo, dato che i proattivi Dolphins hanno acquisito il QB All-Pro Daunte Culpepper dai Minnesota Vikings, cedendo loro una seconda scelta al draft.

L’ottimismo regnava a Miami all’inizio della stagione 2006, grazie al buon finale di quella precedente e l’arrivo di Culpepper: persino Sports Illustrated puntava sui Dolphins, che secondo la prestigiosa rivista avrebbero disputato il Super Bowl tra le mura amiche del Dolphin Stadium.
Ma le buone sensazioni sono evaporate all’istante, allorquando i Dolphins hanno perso all’esordio contro i Pittsburgh Steelers per 28-17: in quella gara, Culpepper si è visto riportare in meta un intercetto per 42 yards da parte di Joey Porter a 3′ dal termine.
Una settimana più tardi, nel primo incontro casalingo, Culpepper ha faticato addirittura a restare in piedi, subendo ben sette sacks nella gara persa per 16-6 contro i Buffalo Bills.
La prima vittoria della stagione è giunta sette giorni dopo contro i Tennessee Titans, ma Culpepper ha continuato a stentare, tanto che Miami ha perso tre delle prime quattro gare in calendario.
Persistenti dolori al ginocchio hanno costretto Daunte Culpepper a rimanere sulla sideline per il resto della stagione: in quattro partite, ha totalizzato 929 yards, due TDs e tre intercetti.
Con Joey Harrington alle spalle del centro, i Dolphins non hanno giocato meglio, perdendo tre gare di fila e giungendo al bye col peggior record della Lega, un pessimo 1-6.
Reduci dal turno di riposo, i Dolphins hanno improvvisamente dato fuoco alle polveri grazie alla propria difesa, che ha inflitto ai Chicago Bears la prima sconfitta stagionale al Soldier Field, col punteggio di 31-13; in quell’incontro, Jason Taylor è stato l’incubo ricorrente di Rex Grossman, che ha lanciato tra le sue mani un intercetto riportato in meta.
Quella è stata la prima di quattro vittorie consecutive, l’ultima delle quali nel Thanksgiving contro i Detroit Lions, superati per 27-10, in occasione della quale Harrington ha lanciato tre TD passes.
Ma la rimonta dei Dolphins nel finale di stagione ha cominciato a trovare vento contrario, quando sono prese a circolare voci sul possibile ritorno di Nick Saban nella NCAA con Alabama, che aveva da poco licenziato Mike Shula, figlio del leggendario Don.
Dopo la sconfitta per 24-10 contro i Jacksonville Jaguars, la difesa dei Dolphins, guidata da Jason Taylor, ha lasciato a secco i New England Patriots, piegati per 21-0; in quell’incontro, Tom Brady ha subito quattro sack, lanciando per sole 78 yards.
Quella è stata però l’ultima vittoria della stagione, dato che i Dolphins sono stati a loro volta lasciati a secco sette giorni dopo a Buffalo, piegati per 21-0 dai Bills. La gara ha visto l’arrivo in cabina di regia di Cleo Lemon, che ha giocato da titolare fino alla fine del campionato, chiuso dai Dolphins con un disastroso 6-10.
Mentre i Dolphins terminavano l’annata con tre sconfitte di fila, le voci dell’approdo di Saban ad Alabama non cessavano, nonostante le smentite dello stesso Saban, impegnato a ricostruire i Dolphins; questi ultimi avevano scartato Drew Brees, miglior passatore della Lega, per puntare su Daunte Culpepper, che pareva ormai finito come QB titolare.
Naturalmente Nick Saban stava mentendo sapendo di mentire: finita la stagione, ha infatti piantato in asso i Dolphins firmando un contratto multimilionario per allenare Alabama.
I Delfini si sono dunque trovati nuovamente in alto mare, esattamente come due anni prima, quando Saban aveva assunto il ruolo di HC e di responsabile del personale. Alla fine i Dolphins hanno puntato su Cam Cameron per rimpiazzare Saban, mentre Culpepper è stato rilasciato per far posto a Trent Green, proveniente dai Kansas City Chiefs.

Con un nuovo allenatore in panchina, l’inizio di stagione dei Dolphins ha visto i loro tifosi ancora confusi circa la strategia utilizzata al draft: la nona scelta assoluta è infatti caduta sul WR Ted Ginn Jr. di Ohio State, mentre il QB Brady Quinn di Notre Dame non è stato nemmeno considerato, e gli è stato preferito al secondo giro il QB di BYU John Beck, che aveva passato due anni in una missione di Mormoni.
Con il veteranissimo Trent Green in cabina di regia, i Dolphins hanno esordito a Washington sperando di poter lottare per un posto ai playoff. Pur giocando bene, hanno finito per soccombere in overtime per 16-13, con un attacco asfittico.
Sette giorni dopo, nel primo incontro casalingo, le cose sono andate decisamente storte contro i Dallas Cowboys: Trent Green ha lanciato qualcosa come quattro intercetti.
Opposti ai New York Jets nella Week 3, i Dolphins hanno perso nuovamente, stavolta per 31-28. Il ritornello è proseguito anche la settimana successiva, con la sconfitta rimediata dagli Oakland Raiders per 35-17; in quella gara Daunte Culpepper, rilasciato proprio dai Dolphins dopo la deludente stagione 2006, ha fatto ritorno a Miami, segnando tre TDs su corsa, mentre Trent Green ha continuato a non trovare il timing con i propri ricevitori. Green è finito al tappeto nella Week 5 e portato fuori dal campo dopo aver tentato soli due passaggi nel primo quarto; un trauma cranico ha messo la parola fine alla sua stagione. Il suo backup Cleo Lemon ha stentato, ma la difesa ha tenuto i Dolphins in partita. Purtroppo, il FG da 57 yards di Kris Brown allo scadere ha dato la vittoria agli Houston Texans per 22-19, mentre i Dolphins sono passati sullo 0-5.
La striscia negativa si è estesa ulteriormente, con la sconfitta esterna per 41-31 contro i Cleveland Brown; dopo quella gara, i Dolphins hanno ceduto il loro miglior ricevitore, Chris Chambers, ai San Diego Chargers in cambio di una scelta al draft. Al contempo, i New England Patriots si trovavano sul 6-0, con Wes Welker che stava diventando un All-Pro: ciò ad ulteriore dimostrazione dell’incapacità di Miami di fare le scelte giuste quanto a personale.
Quando i Pats sono giunti in Florida per affrontare i Dolphins nella Week 7, le squadre si trovavano in posizioni di classifica diametralmente opposte; si sussurrava che i Patriots fossero destinati a terminare la stagione imbattuti, come era successo solo una volta, nel 1972, proprio ai Dolphins, che invece parevano incapaci di conquistare anche un solo successo nel 2007. La partita è stata brutta, come ci si aspettava: Welker ha giocato alla grande al ritorno a Miami, mentre i suoi Pats hanno chiuso il primo tempo in vantaggio per 42-7. I tre TDs dei Dolphins nell’ultimo quarto hanno solamente reso meno amaro il boccone, ma il 49-28 finale ha comunque portato il bilancio sullo 0-7. Quella sconfitta è stata doppiamente pesante, dato che Ronnie Brown ha chiuso anticipatamente la stagione a causa di un infortunio al ginocchio; pochi giorni dopo, anche Zach Thomas ha dovuto dare forfait, a causa dell’aggravarsi di un trauma cranico subito in un incidente stradale ad inizio stagione.
I Dolphins si sentivano fortunati ad andare a Londra, pronti ad affrontare i New York Giants nel primo incontro di regular season a svolgersi al di fuori del Nord America. Ciò nonostante, i Dolphins sono stati forse peggiori di quanto suggerisse il loro record; Cleo Lemon ha continuato a dimostrare di non aver alcuna possibilità come QB titolare nella NFL, e Miami ha perso per 13-10, in una gara disputata in pessime condizioni meteo al Wembley Stadium.
Mentre i Patriots continuavano la loro corsa perfetta, i Dolphins seguitavano a precipitare nell’abisso, perdendo per 13-10 contro i Buffalo Bills dopo il bye.
Sette giorni dopo, i Dolphins hanno voluto dare una chance a John Beck, ma questi non ha saputo fare meglio di Lemon e i Dolphins sono passati sullo 0-10 con la sconfitta per 17-7 contro i Philadelphia Eagles; in quella gara, A.J. Feeley ha rimpiazzato l’infortunato Donovan McNabb per battere la sua ex squadra.
Una settimana più tardi, in un Monday Night a Pittsburgh, Ricky Williams è ritornato in campo dopo essere stato reintegrato dalla NFL, ma dopo sole sei portate ha dovuto dare l’addio alla stagione a causa di un infortunio alle costole. La partita è stata una delle più brutte nella storia della NFL, disputatasi sotto una pioggia battente che ha reso l’Heinz Field un acquitrino; nemmeno un terreno asciutto avrebbe aiutato l’attacco anemico dei Dolphins, battuti 3-0 e sullo 0-11.
Cleo Lemon si è ripreso il posto da titolare dopo la sconfitta per 40-13 contro i New York Jets, una gara in cui un disastroso John Beck ha commesso ben cinque turnover. Lemon, però, non ha combinato granché nella partita persa in trasferta per 38-17 contro i Buffalo Bills, giunta alla vigilia del primo anniversario dell’ultima vittoria dei Dolphins.
Con i rivali Patriots a pochi passi dalla storia, i Dolphins hanno affrontato i Baltimore Ravens; lo spettro di una stagione senza vittorie aleggiava su una franchigia un tempo grandiosa. Dopo aver chiuso il primo tempo sotto per 13-3, i Dolphins hanno avuto la prima chance di vincere una gara, pareggiando all’inizio dell’ultimo quarto. Miami è passata a condurre a 1’56” dallo scadere, grazie al FG da 29 yards di Jay Feely. Tuttavia, i Ravens hanno percorso tutto il campo, portando palla sino alla goalline dei Dolphins; ma anziché tentare di piegare la stanca difesa avversaria, i Ravens hanno deciso di andare ai supplementari. In overtime i Dolphins sono finalmente riusciti ad imporsi, grazie alla catch and run vincente da 64 yards di Greg Camarillo. Quel successo, giunto dopo oltre un anno dall’ultima vittoria, ha evitato ai Dolphins l’onta del primo 0-16 nella storia della Lega. Ma è stato comunque triste per i tifosi vedere i rivali Patriots chiudere sul 16-0.
La stagione dei Dolphins si è chiusa con altre due sconfitte, e Bill Parcells è stato ingaggiato come nuovo Presidente del team.
Immediatamente dopo la fine del campionato, sono iniziate le epurazioni, a partire dall’intero coaching staff e dal front office. Parcells era diventato famoso per aver guidato i Giants a due Super Bowl al primo incarico nel front office, oltre ad aver rivitalizzato i Patriots ed i Jets. Nella sua ultima esperienza come HC, aveva contribuito a far tornare i Cowboys ai vertici della Lega: in quel di Dallas, uno dei suoi principali assistenti era stato Tony Sparano, che ha poi assunto come ottavo allenatore capo dei Dolphins.
Il risultato finale di 1-15 bruciava ancora, e i Dolphins cercavano di risorgere dalle proprie ceneri, tentando di ricostruirsi dalle fondamenta.
Lo spirito e l’eredità dei Dolphins del ’72 sono rimasti intatti, poiché i Giants hanno battuto i Patriots per 17-14 nel Super Bowl XLII, consentendo a quei mitici Dolphins di rimanere i soli abitanti di Perfectville.

Nel 2008, la nuova dirigenza si è trovata a dover prendere alcune decisioni difficili: tra queste, il rilascio di Zach Thomas; il popolare LB, che aveva saltato la maggior parte della stagione per un trauma cranico, era ormai troppo costoso e troppo vecchio per una squadra che doveva ripartire da zero.
Bill Parcells si è infine sbarazzato anche di Jason Taylor, la cui apparizione al popolarissimo reality “Ballando con le Stelle” non era propriamente gradita al severissimo Parcells. Taylor è stato ceduto ai Washington Redskins in cambio di scelte al draft all’inizio del training camp, mentre i Dolphins hanno messo sotto contratto il QB Chad Pennington, rilasciato dai New York Jets dopo l’arrivo di Brett Favre.
Ripartire da zero significava ricostruire dalle fondamenta: così si spiega la prima scelta al draft spesa per il granitico OT Jake Long, prodotto di Michigan, chiamato ad essere la pietra angolare della linea d’attacco dei Dolphins.
L’era di Sparano è iniziata col piede sbagliato, dato che Miami ha perso le prime due gare in calendario, rispettivamente contro i New York Jets e gli Arizona Cardinals.
In vista della sfida contro i New England Patriots, i Dolphins cercavano una partenza lanciata. Utilizzando uno schema chiamato Wildcat, i Phins hanno inflitto ai Patriots un’inattesa sconfitta a Foxboro, imponendosi per 38-13. La Wildcat, in realtà, non era niente di nuovo: in tempi andati, quelli in cui si giocava con caschi di pelle, era chiamata single wing, con l’halfback che riceveva palla dal centro ed eseguiva un gioco di corsa, una option o un passaggio. Il trucco ha confuso assai i Patriots, e Ronnie Brown ha segnato quattro TD su corsa, oltre a lanciare un TD pass.
Dopo il bye, i Dolphins sono tornati a casa, e con un’altra grande performance hanno piegato a sorpresa i San Diego Chargers col punteggio di 17-10. Ma sono poi giunte due sconfitte, contro gli Houston Texans ed i Baltimore Ravens.
Sul parziale di 2-4, i Dolphins sentivano di stare facendo progressi, specialmente dopo la disastrosa stagione precedente. Opposti ai Buffalo Bills, i Dolphins sono tornati alla vittoria per 25-16, trascinati da un Chad Pennington capace di passare per 314 yards.
Sette giorni dopo, i Phins sono tornati sul .500 con l’inattesa vittoria esterna per 26-17 sui Denver Broncos.
Dopo le vittorie esterne contro Seattle Seahawks e Oakland Raiders, la difesa dei Dolphins è stata bastonata dai Patrios, che si sono vendicati della precedente sconfitta imponendosi per 48-28 a Miami.
Ma i Dolphins sono tornati in carreggiata coi successi per 16-12 sui St. Louis Rams e per 16-3 sui Buffalo Bills, nel primo incontro di regular season NFL mai disputato in Canada.
Sul parziale di 8-5, i Dolphins erano la vera sorpresa dell’anno: non soltanto erano in piena corsa per i playoff, ma avevano addirittura la possibilità di vincere il titolo divisionale. Dopo le vittorie contro i San Francisco 49ers ed i Kansas City Chiefs, i Dolphins sono giunti all’ultima gare di regular season con il destino nelle proprie mani, pronti ad affrontare i New York Jets a Meadowlands. Per Chad Pennington è stata una vendetta dolcissima: ha guidato i Dolphins al titolo della AFC East e ha lanciato per 200 yards e due TD passes, mentre la difesa di Miami ha intercettato per tre volte Brett Favre. I Dolphins si sono imposti per 24-17, vincendo il titolo divisionale col record di 11-5. La Wildcat attirava l’attenzione dei media, che la ritenevano il motivo principale dell’inversione di tendenza di Miami; in realtà, la chiave era il controllo del pallone, tanto che i Dolphins hanno eguagliato un record NFL quanto a minor numero di turnover (13) in una stagione con 16 gare.
Ma nell’incontro di Wild Card i Phins non sono riusciti a controllare il pallone, e Chad Pennington si è fatto intercettare per ben quattro volte; la vittoria finale è così andata ai Baltimore Ravens, impostisi per 29-9 a Miami.

Reduci da quell’incredibile resurrezione, nel 2009 i Dolphins hanno riabbracciato Jason Taylor, di ritorno dai Washington Redskins.
Con la speranza di sfruttare l’inerzia di un titolo divisionale, i Dolphins hanno iniziato la stagione con la sconfitta per 19-7 contro gli Atlanta Falcons. In quell’incontro i Dolphins hanno commesso ben quattro turnover, circa un terzo di quelli commessi nell’intera stagione 2008.
All’esordio casalingo nel Monday Night, i Phins hanno giocato decisamente meglio, controllando il pallone per oltre 40′. Ma la capacità di colpire velocemente del QB avversario Peyton Manning ha permesso agli Indianapolis Colts di uscire vittoriosi dal Land Shark Stadium, col punteggio di 27-23.
Di male in peggio nella Week 3, con la sconfitta per 23-13 contro i San Diego Chargers. Durante quella gara, i Dolphins hanno perso Chad Pennington per il resto della stagione, a causa di un infortunio alla spalla. Il QB Chad Henne, al secondo anno tra i pro, ha esordito da titolare sette giorni dopo, e i Dolphins hanno conquistato il primo successo dell’anno piegando i Buffalo Bills per 38-10; il debutto di Henne è stato positivo, con 115 yards e un touchdown all’attivo.
Una settimana più tardi, nel Monday Night, i Dolphins sono ricorsi nuovamente alla Wildcat per confondere i New York Jets, imponendosi per 31-27 in una gara che ha visto avvicendarsi le due squadre al comando per ben cinque volte nell’ultimo quarto; a sigillare la vittoria è stato Ronnie Brown, autore di un TD su corsa da due yards dopo uno snap diretto a sei 6″ dal termine.
Dopo il turno di riposo, i Dolphins sono stati piegati per 46-34 dai New Orleans Saints; Miami si è fatta letteralmente sfuggire la partita dalle mani, dopo essere stata  in vantaggio per 24-3 verso la fine del primo tempo. Protagonista in negativo è stato Chad Henne, con due intercetti riportati in meta.
I Dolphins si sono ripresi piegando i New York Jets la settimana seguente a Meadowlands, vincendo con a malapena 100 yards di total offense. A fare la differenza sono stati due lunghi ritorni di kickoff in meta da parte di Ted Ginn Jr. ed un fumble ricoperto e trasformato in sei punti nel terzo quarto.
Dopo la sconfitta per 27-17 contro i New England Patriots in trasferta, i Dolphins hanno vinto la prima ripresa nella Battaglia della Florida, superando i Tampa Bay Buccaneers per 25-23, grazie al FG vincente da 25 yards di Dan Carpenter a 10″ dal termine. Ma quell’incontro ha fatto una vittima illustre: Ronnie Brown ha infatti chiuso in anticipo il campionato a causa di un infortunio alla caviglia.
I Dolphins hanno raggiunto quota .500 per la prima volta in stagione sette giorni dopo, battendo in trasferta i Carolina Panthers per 24-17. Ma la successiva e frustrante sconfitta per 31-14 contro i Buffalo Bills, autori di 24 punti di fila nell’ultimo quarto, li ha rimessi in cattive acque.
I Dolphins hanno recuperato una settimana più tardi, vincendo in rimonta per 22-21 contro i New England Patriots 22-21, grazie al FG da 42 yards di Dan Carpenter. Aggiudicandosi anche la seconda ripresa della Battaglia della Florida col successo esterno per 14-10 contro i Jacksonville Jaguars, i Dolphins sono passati sul 7-6, tornando in corsa per i playoff. Quella è stata però l’ultima vittoria della stagione: dapprima, i Dolphins non sono riusciti a completare la rimonta sui Tennessee Titans, impostisi per 27-24 in overtime; poi sono giunte le altrettanto frustranti sconfitte contro gli Houston Texans ed i Pittsburgh Steelers, che hanno portato il bilancio finale sul 7-9.

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