Ancora in tre per un posto
Qualche mese fa erano in tre. Tutte imbattute, non si sapeva quale, in quel preciso istante, meritasse più dell’altra di giocarsi una finale nazionale, con quali criteri giudicare, e si attendevano solo gli scontri diretti, unico modo per rompere una situazione di parità che procurava sempre maggiori grattacapi.
Ad oggi, dopo quegli stessi scontri diretti, non è cambiato niente sotto il sole, perché l’incredibile situazione di triplo pareggio che persiste nella Big 12 South non ha avuto precedenti del genere. Tre squadre appaiate con una sola sconfitta a carico, posizionamento decretato dalla colossale vittoria di Oklahoma ai danni di Texas Tech, con i Red Raiders passati da favoriti ad ultimi della lista nel giro di una sola partita, tanto grande è stata la batosta rimediata in quel di Norman, Oklahoma. La terza incomoda, che detto per inciso è seconda nella classifica Bcs, è sempre Texas, che ha concluso il suo calendario giusto nella scorsa notte battendo Texas A&M per 49-9 nella classica sfida della stella solitaria che si tiene nel giorno del ringraziamento, quindi non resta che attendere l’esito dei calcoli finali del computer per determinare chi si sentirà dire Bienvenido a Miami.
Il che non è affatto facile da determinare. Ora il bastone del comando è passato ad Oklahoma, che non è stata classificata tra le prime due del ranking proprio a causa della sconfitta contro i Longhorns di qualche tempo fa. Dovessero vincere, i Sooners, il derby contro Oklahoma State, avversaria appartenente al ranking, otterrebbero comunque un successo qualitativamente più alto rispetto a quello ottenuto dai Longhorns stanotte, in virtù del diverso coefficiente di difficoltà calcolato dal computer per determinare l’esito finale. Perché è tanto importante questo calcolo finale, che verrà estrapolato dai voti dei giornalisti, degli allenatori e dalla media ponderata di 6 cervelloni elettronici? La risposta è semplice: Oklahoma, battendo un avversario qualitativamente più difficile otterrebbe un coefficiente di calcolo parametrato sulla difficoltà del calendario affrontato più alto rispetto a Texas, e potrebbe passare al numero due del ranking, lasciando fuori i Longhorns in ogni caso. Se questo succederà, di certo non vorremmo essere nelle vicinanze di coach Mack Brown, che potrebbe frantumare il primo pc che disgraziatamente si trovasse nei paraggi…
Non preoccupatevi, c’è di peggio. C’è anche un’altra finalista da determinare, che sicuramente, o quasi, verrà fuori dallo scontro Sec tra Florida ed Alabama in programma la settimana ventura. Poniamo che i Gators vincano contro Florida State domani pomeriggio e che Alabama perda contro Auburn nell’Iron Bowl (così si chiama la sfida annuale tra le due compagini), e che i Crimson Tide vincessero la finale di conference: Florida sarebbe sicuramente estromessa perché si troverebbe a quota due sconfitte, Alabama ne avrebbe una ma con un calendario meno impegnativo rispetto alle squadre della Big 12, fatto che potrebbe addirittura portare in finale sia Texas che Oklahoma. E tenete sempre da conto Texas Tech, che in caso di intoppi per i Sooners tornerebbe d’attualità istantaneamente.
Capito perché i playoffs sarebbero un metro di giudizio un tantino più corretto?
Passando a delle considerazioni meno confacenti a contabilità e più vicine all’agonismo di nostro interesse, l’impegno che i Gators si impegnano ad affrontare non sarà dei più facili. Questo non vuol certo dire che sussistano pericoli così grandi di upset, siginifica solo che non sarà una passeggiata così come lo è stata contro Citadel, avversario opportunamente arrivato in un buon momento del calendario, laddove le concorrenti Bcs erano impegnate in scontri di ben altro spessore. Contro i prossimi avversari, i Florida State Seminoles, l’ateneo allenato da Urban Meyer detiene un record di 39 vittorie, 19 sconfitte e 2 pareggi, e la striscia positiva attualmente cavalcata corrisponde a 4 successi consecutivi; tuttavia il team di Bobby Bowden farà di tutto per vendere cara la pelle, in quanto, assieme a Boston College, è l’unico rimasto in corsa per l’Atlantic Division della Acc, quindi con un esito positivo, per quanto difficile, della pratica Gators, ed una contemporanea battuta d’arresto dei Golden Eagles contro Maryland, avversario tutt’altro che facile, i Seminoles potrebbero giocarsi il primo accesso alla finale Acc degli ultimi tre anni. Che corrisponde pur sempre ad un buon motivo per vincere contro gli arci-rivali…
Per Urban Meyer, almeno per il momento, la politica resterà fuori: non una sola voce di spinta nei confronti di Florida uscirà dalle bocche di uno solo dei membri dell’organizzazione blu-arancione, di propaganda lobbistica se n’è già fatta troppa in passato ed è meglio non ripetere l’esperienza, tenendosi lontani dalle prontissime malelingue e da inutili perdite di tempo capaci di suscitare solo recriminazioni, molto meglio concentrarsi sulle partite che rimangono da disputare. Bob Stoops, dopo aver comunque fatto intendere molto con una sua dichiarazione, si è detto d’accordo con tale concetto, sostenendo che oramai è giunto il momento di smetterla con quelli che sembrano discorsi da elezioni e di pensare al football giocato e da giocare; in precedenza, tuttavia, Stoops non aveva resistito alla tentazione di elencare in conferenza stampa quanti e quali fossero i motivi per cui i suoi Sooners meritassero il posto in finale, prendendo da esempio proprio Florida: “Se il concetto sarà quello di perdonare chi ha perso una partita mi sta bene. E’ bene sottolineare che c’è chi ha perso contro una squadra non appartenente al ranking, e se si vuole perdonarla perché ora sta giocando molto bene, beh, allora questi tenga conto del fatto che stiamo giocando molto bene anche noi.” Il riferimento, nemmeno troppo velato, era tutto per la sconfitta che Florida ha rimediato contro Ole Miss.
A West Virginia potrebbe non bastare un Pat White da record per acciuffare l’indebolita Big East: il quarterback-gazzella ha difatti frantumato il primato ogni epoca della Ncaa di yards accumulate su corsa per un regista, grazie ad una prestazione individuale eccelsa, fatta di 200 yards in 21 tentativi con due touchdowns (cinque, considerando anche i passaggi) nella partita divisionale vinta contro Louisville per 35-21.
Chi tiene le redini del raggruppamento è difatti la sorpresa Cincinnati, uscita alla distanza e vittoriosa nell’importante scontro con Pittsburgh, ed ora in attesa di fare i conti con Syracuse, ultimo avversario previsto dal calendario, con tanto di titolo Big East a portata di mano in caso di esito positivo. Fondamentale, contro i Panthers, la prestazione del quarterback Tony Pike, autore di 309 yards e tre passaggi da touchdown nonostante un persistente dolore allo sterno, ma anche la prova di una difesa che ha letteralmente assalito il quarterback avversario infliggendogli sette sacks, tre de quali per mano del defensive end Connor Barwin. Se vittoria sarà, i Bearcats otterrebbero il diritto di chiamata per un Bowl Bcs, evento mai accaduto nella precedente storia dell’università.
La bella stagione di Utah si è finalmente compiuta, il calendario è stato portato a termine mantenendo l’imbattibilità e con la conseguente vittoria della Mountain West; superato l’ultimo ostacolo, la Holy War, ovvero lo scontro con Brigham Young, gli Utes andranno sicuramente a giocarsi un Bowl Bcs, resta da stabilire se esso sarà il Sugar od il Fiesta Bowl, quest’ultimo già vinto nel 2004 ai danni di Pittsburgh. Dai ragionamenti fatti qualche riga sopra per Oklahoma e Texas, nasce il vantaggio che gli Utes detengono nei confronti di Boise State, anch’essa imbattuta, nel procedimento di selezione delle partecipanti alle manifestazioni maggiori, in quanto le vittorie ottenute contro Michigan, BYU, Texas Christian ed Oregon State sono senz’altro di maggior valore rispetto al facile calendario dei Broncos, le cui avversarie nella Wac non si sono mai dimostrate all’altezza durante questo campionato.
Si è spesso dibattuto dell’impossibilità di ritrovarsi una di queste piccole università al National Championship, per via del livello più basso delle conference di rispettiva appartenenza: una soluzione per fugare ogni dubbio ci sarebbe, ed è stata suggerita da Edward Carifio, giornalista per il quotidiano Yuma Sun, il quale in un articolo apparso in questi giorni avrebbe suggerito un’unione delle migliori conference cosiddette minori e la conseguente estrapolazione delle squadre più forti, con la creazione di un settimo raggruppamento Bcs, che se vinto, darebbe la garanzia automatica di partecipazione ad uno dei Bowls Bcs. L’idea, al di là della fattibilità o meno, risulta gradevole, e potrebbe essere una logica soluzione per misurare le reale consistenza di queste squadre, dando loro una possibilità concreta di dimostrare di valere o meno l’appartenenza allo stesso livello di competizione dei pezzi grossi. Inoltre, una conference comprendente Utah, Boise State, Fresno State, Texas Christian e compagnia bella, sarebbe qualitativamente spettacolare, ed aumenterebbe di sicuro l’interesse delle emittenti televisive per la copertura di tali eventi.
Speriamo che qualcuno ci pensi sopra seriamente, perché ci sarebbe davvero da divertirsi, e soprattutto ci sarebbe modo di mettere a tacere ulteriori polemiche promosse dalle università più grandi, lasciando al campo il dovere di decidere chi meriti e chi no. Stesso effetto che, casualmente, farebbe anche l’introduzione dei playoffs.
E pur rispettando la lunga ed onorata tradizione dei Bowls, nel college football c’è davvero bisogno di una ventata d’aria fresca.