Questione di millimetri
Se avesse potuto vedere quello che stava succedendo, George Preston Marshall si sarebbe rivoltato nella tomba: i suoi Washington Redskins che tenevano vive le speranza di playoffs degli odiati rivali Dallas Cowboys! Inenarrabile! Inconcepibile! Eppure è stato proprio così. Non solo, ma con la vittoria dei Chicago Bears nel Monday Night adesso le speranze dei Philadelphia Eagles sono appese al classico filo. Ma ricapitoliamo tutto con calma.
Questa riedizione delle tragedie greche inizia nelle prime ore della domenica, quando dopo una partita francamente inguardabile in attacco ma semplicemente perfetta in difesa, al Texas Stadium inizia un ultimo quarto in cui accadrà tutto ed il contrario di tutto. Aperti gli ultimi quindici minuti di gioco sul 16-7 in favore dei Baltimore Ravens, dopo un field goal per parte l’attacco di Dallas sembra scuotersi e a quattro minuti dalla fine Tony Romo (disastroso fino a quel momento) pesca Terrell Owens in end zone per il 19-17. I Cowboys hanno ancora i loro timeouts, dunque possono riconquistare palla e tentare il sorpasso. Invece Willy McGahee imbuca una voragine al centro della difesa texana e se ne va indisturbato per 77 yards in touchdown. A tre minuti e mezzo dalla fine, Dallas riparte e – dopo una partita ricca solo di three-and-out – imbastisce un secondo ottimo drive lanciando quasi sempre sul medio-corto (come avrebbe dovuto fare dall’inizio) e portando Jason Witten in endzone a 1:41 dalla fine per il nuovo riavvicinamento: 26-24. Ancora una volta i Cowboys, forti dei loro tre timeouts, devono forzare i Ravens a cedere la palla e tentare il sorpasso. E di nuovo una corsa, stavolta del fullback Le’Ron McClain e stavolta di 82 yards, spegne le speranze di Dallas. Nel giorno dell’addio al Texas Stadium, i Cowboys sembrano dare l’addio anche ai playoffs concedendo la corsa più lunga mai concessa da Dallas nel suo stadio.
E invece no! I Redskins, con una debole speranza di playoffs legata alla eventuale sconfitta dei Falcons contro i Vikings, mettono alla frusta l’attacco stellare degli Eagles con una partita solida e volitiva, sciupando molto in attacco ma non concedendo respiro a Donovan McNabb e ai suoi con la difesa. Ne esce un’altra brutta partita, ma ricca di emozioni per le implicazioni intrinseche al suo risultato. L’unico TD lo mette a segno Clinton Portis, autore di una partita di grande sacrificio e anche di sofferenza, viste le sue non perfette condizioni fisiche. E ancora una volta stupisce la scelta di McNabb di giocare un attacco monodimensionale (46 giochi di lancio contro solamente 16 corse in tutta la partita) favorendo di fatto gli avversari. Nell’ultimo quarto, sul punteggio poi definitivo di 10-6, gli Eagles hanno praticamente rinunciato a correre, malgrado la giornata fredda e ventosa non favorisse il gioco aereo, malgrado fossero indietro soltanto di sette punti. La più grossa debolezza degli Eagles, quest’anno, è stata la scelta dei giochi: tutte le volte che hanno giocato un gameplan bilanciato, la partita è stata loro. Tutte le volte che non lo hanno fatto, hanno perso. Inoltre, alla fine, l’ultimo disperato assalto per Reggie Brown si è infranto a pochi millimetri dalla endzone, legittimando di fatto la grande partita dei Redskins e gli errori degli Eagles. E adesso, Philadelphia deve battere Dallas e sperare nella sconfitta di Tampa Bay nel prossimo turno contro i Raiders.
E invece no! Dopo che i New York Giants hanno superato in overtime i Carolina Panthers per 34-28, i Bears battono (anche loro in overtime) i Green Bay Packers 20-17, e si mettono di traverso sul cammino di Philadelphia, che ora deve battere Dallas e sperare in una sconfitta – oltre che dei Buccaneers – anche dei Bears impegnati a Houston nel prossimo, drammatico fine settimana. Paradossalmente, gli unici a dover vincere senza doversi preoccupare di altro, e quindi ad essere arbitri unici del loro destino, sono proprio i derelitti Dallas Cowboys, quelli che sembravano oramai spacciati. Ma si sa, a volte la fortuna è questione di millimetri…