Jerome “The Bus” Bettis

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Detroit, Michigan.
E’ il 16 febbraio 1972, Johnnie e Gladys Bettis danno al mondo (che Dio li benedica) il più giovane dei loro tre figli: Jerome Abram Bettis.
Il ragazzo cresce in un ambiente familiare avvolgente e caloroso che lo indirizza da subito a perseverare nello studio e a praticare dello sport. Jerome è un bambino mite e tranquillo che dopo la scuola è solito fiondarsi a casa per giocare a football in giardino o, durante i mesi invernali, per divertirsi a pattinare sul ghiaccio entro una piccola pista artigianale costruita dal padre in un’area del cortiletto.
E’ questa l’infanzia del giovanissimo, futuro, campione: egli attribuirà molto del suo successo alla solidità familiare entro la quale è cresciuto, e all’amore che i genitori e i fratelli gli hanno riversato sempre e continuativamente.

Jerome Bettis ha mosso i primissimi passi nel mondo del football, non presso una piccola scuola, ma presso l’illustre Mackenzie High School di Detroit dove fu anche nominato membro della National Honor Society.
Dopo aver visto i sacrifici economici con cui i genitori ebbero a confrontarsi per permettere l’accesso dei fratelli maggiori al college, Jerome guardò al football come biglietto d’ingresso per i suoi studi universitari.
Come high school senior fu vincitore del Gatorade Circle of Champions Player of the Year e successivamente selezionato e incoronato miglior giocatore del Michigan dal Detroit Free Press. Con abnegazione e determinazione il promettente Bettis aveva ottenuto la sua borsa di studio: è il primissimo, importante, passo di quella che sarà una corsa inarrestabile verso il football professionistico che sempre più vicino gli si spalanca all’orizzonte.

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Una volta conseguito il diploma superiore nel 1990, Bettis fu indirizzato verso il prestigioso college di Notre Dame dove fu immediatamente firmato ed innestato in squadra col ruolo di fullback.
La sua esperienza nel college football fu sfolgorante.
Con Notre Dame corse 337 volte per 1.912 yards (5.7 di media a portata), e mise a segno anche 32 ricezioni per un guadagno complessivo di 429 yards (13.4 di media per ricezione): dato assai significativo quest’ultimo, poiché il ragazzone non rientrava per caratteristiche fisiche e tecniche in quella tipologia di HB predisposta alla ricezione (nei suoi 13 anni di carriera professionistica nella National Football League infatti riceverà per sole 1.449 yards, che lo porteranno a siglare solamente 3 TD).
Ma quando si trattava di correre per sfasciare le difese avversarie, quando si trattava di depositare l’ovale oltre la linea di endzone avversaria, Bettis era uno dei migliori dell’intero panorama del college football.
Il suo stile di gioco e di corsa non erano esteticamente brillanti, di quelli che fanno stropicciare gli occhi, ma la concretezza e la continuità dei guadagni lo resero da subito quasi unico: una eccezionale potenza fisica mista ad una concentrazione e ad una lettura dei blocchi e dei buchi da veterano.
Con queste specifiche caratteristiche e qualità, il 21 Jerome Bettis piombò sul draft 1993: ebbe così inizio la sua carriera da giocatore professionista nella NFL.

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Ad aggiudicarsi le prestazioni del forte runninback furono gli allora Los Angeles Rams che lo draftarono come 1^ scelta (10° assoluta). L’impatto che Bettis ebbe sull’attacco dei Rams fu immediato e devastante.
Alla sua prima stagione da rookie il #36 corse per 1.429 yards e mise a segno 7 TD, aggiudicandosi il titolo di NFL Offensive Rookie of the Year e obliterando il suo primo biglietto per il Pro Bowl. “L’Ariete”, così venne presto soprannominato in quel di Los Angeles, si ripeté con sconcertante puntualità l’anno appresso: firmò altre 1.000 e più yards (1.025 per l’esattezza), tutte costruite di forza e potenza, e che gli valsero la seconda convocazione consecutiva al Pro Bowl.
L’ascesa inarrestabile dell’oramai accreditato campione sembrò però interrompersi tanto bruscamente, quanto clamorosamente, nel 1995, quando i Rams traslocarono a St. Louis.
Nei piani dell’allora head coach Chuch Knox, non era prevista la costruzione del gioco offensivo intorno ad un runninback con le caratteristiche di Bettis, e quando la proprietà si espose per acquisire l’HB Lawrence Phillips, fu chiaro che a St. Louis Jerome aveva i giorni contati.

Nel frattempo i Pittsburgh Steelers si guardavano intorno per cercare un RB che potesse sostituire lo starter, Bam Morris, tagliato dal roster nel Giugno 1996 a causa di un procedimento penale pendente per possesso di sostanze stupefacenti a cui seguì l’inevitabile condanna.
Jerome Bettis entrò così in una trade che prevedeva una 2a scelta nel ’96, ed una 4a nel ’97, a favore dei Rams: mai mossa fu più errata.
Di lì a poco, il 24enne runninback #36 sarebbe ufficialmente diventato “The Bus”, e avrebbe scritto, coi fatti e con la sostanza dei numeri, una delle pagine più belle ed emozionanti della storia della franchigia Black&Gold.

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Alla prima stagione in maglia Steelers, Jerome si impossessò immediatamente dei cuori trepidanti che affollavano l’allora mitico Three Rivers Stadium (chiuso il 16 Dicembre 2000 e abbattuto l’anno successivo in favore della costruzione del nuovissimo Heinz Field inaugurato il 24 Agosto dello stesso anno) correndo per 1.431 yards e mettendo a tabellone 11 pesantissimi TD.

Era iniziata l’era d’acciaio di “The Bus”.
Già, “The Bus”.
Mai soprannome fu più azzeccato. Bettis durante la corsa portava letteralmente a spasso sulla propria schiena gli avversari come un autobus: la sua forza, impalcata e distribuita nei 115 kg più muscolari del football, gli consentiva di rompere quasi sempre il primo placcaggio e di proseguire l’inarrestabile galoppata, zavorrato dal peso degli avversari che gli si ancoravano disperatamente addosso nel tentativo di abbatterlo. Era il terrore di ogni Defensive Line, l’incubo di ogni Linebacker.
Questo nickname gli fu affibbiato ufficialmente dal leggendario commentatore radiofonico B&G Myron Cope (scomparso all’età di 79 il 27 Febbraio 2008), che aveva sentito chiamare Bettis “Bussy” da alcuni compagni di college durante una partita giocata da Notre Dame a Green Bay.
Il nomignolo ebbe subito un grandissimo successo tra i sostenitori di Pittsburgh: l’amore era sbocciato, ma i fan degli Steelers non avrebbero mai potuto immaginare che il loro autobus avrebbe percorso un viaggio tanto meraviglioso, quanto epico.
Jerome infatti corse guadagnando yards con una ordinarietà sbalorditiva: fa registrare oltre 1.000 yards in ciascuna delle sue cinque stagioni successive (tra il 1997 e il 2001).
Gli Steelers entravano ed uscivano dai playoff, avevano un andamento fortemente altalenante, ma “The Bus” c’era sempre e faceva quello che doveva per la squadra.

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Durante la stagione regolare 1998, Bettis si ritrovò protagonista di una delle più controverse chiamate arbitrali della storia della NFL.
Alla fine dei 60 minuti regolamentari dell’incontro giocato tra i Pittsburgh Steelers e i Detroit Lions il 26 Novembre ’98 (The Thanksgiving Day Game: ancora Detroit…), Bettis era stato chiamato, da capitano rappresentante della squadra offensiva, a presenziare al lancio della monetina per decretare il possesso del football all’overtime.
Bettis chiamò “tails” (croce, n.d.t.) mentre la moneta era in aria, ma il referee Phil Luckett dichiarò che il giocatore aveva invece chiamato “heads” (testa); il possesso andò così a Detroit, che si aggiudicò la vittoria col primo drive dell’ overtime.
Dopo aver lungamente discusso ed esaminato l’incidente, la Lega modificò la regola decretando che la chiamata di “heads or tails” sarebbe stata decisa prima del lancio della moneta, e che almeno due funzionari dovevano presenziare alla formalità della cerimonia.
I lettori di ESPN votarono l’incidente come il #7 dei 10 peggiori errori arbitrali di tutti i tempi.

La stagione 2001 fu croce e delizia per “The Bus”.
In 11 partite, corse 1.072 yards spalmate in 225 portate, con una media di 4.8 (la seconda più alta della sua lunga carriera da Pro), ma puntuale arrivò l’infortunio ai legamenti del ginocchio destro, che implacabilmente amputò la sua meravigliosa stagione.
Più croce che delizia.
Quel maledetto incidente cronicizzò dolori e fastidi mai completamente superati: Jerome non oltrepassò mai più il tetto delle 1.000 yards corse a stagione.
Quel corpo indistruttibile cominciò a creparsi, a scricchiolare sempre più anno dopo anno, e le stagioni 2002/2003 saranno per Bettis un doloroso calvario.
Gli Steelers cercarono di porre rimedio al mezzo servizio del loro immenso #36 con l’ingaggio di Duce Staley dai Philadelphia Eagles nel 2004, ma il 32enne Bettis non mollò la presa sulla stagione che si apprestava a cominciare: distillerà corse per 941 yards, disegnerà 13 TD memorabili che faranno volare i B&G fino all’AFC Championship poi perso contro i New England Patriots.
Arrivò la 6° chiamata per il Pro Bowl: magra consolazione per un campione che aveva lottato un’intera vita per acciuffare il paradiso riprodotto in un anello.
Ma l’appuntamento con la storia era solo rimandato di 377 giorni.

Come per un film, la pellicola si riavvolge: si ritorna li dove tutto ebbe inizio.

Detroit, Michigan
E’ il 5 Febbraio 2006, al Ford Field si gioca il Super Bowl XL, in campo i Pittsburgh Steelers e i Seattle Seahawks: Jerome Abram Bettis, in arte “The Bus”, sta per scrivere l’ultima riga della pagina più bella ed importante della sua personale fiaba…

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CARRER STATS

Rushing Yards: 13,662 (5° NFL All-Time)
Average: 3.9
Total Touchdown: 94

CARRER HIGHLIGHTS AND AWARDS

6 volte selezionato per il Pro Bowl ( 1993, 1994, 1996, 1997, 2001, 2004)
3 volte All-Pro (1993, 1996, 1997)
1993 – NFL Offensive Rookie of the Year
1996 – NFL Comeback Player of the Year
2001 – Walter Payton Man of the Year
2006 – Super Bowl XL Champion