Giro di boa
AFC East
Le partite di domenica scorsa insegnano una cosa: nel football, niente è scontato, niente è sicuro. Non è certo una novità, ma quando la squadra col miglior record della lega va a perdere (nettamente e senza appelli) contro una delle ultime del ranking, si rimane sempre un po’ così… New England sembra Cleveland, mentre i Browns sembrano i Pats, e Brady e soci potrebbero rimpiangere a lungo questa sconfitta, quando si faranno i conti in chiave playoff. Anche perchè, ad alcune migliaia di chilometri di distanza, i Jets dimostrano che il fattore Q ha sempre la sua importanza. Dopo aver vinto rocambolescamente alcune settimane fa una partita già persa coi Broncos, i pupilli di Ciccio Ryan vanno a prendersi una vittoria apparsa ai più oramai impossibile in casa dei leoni bamboccioni. Si, perchè solo in questo modo si può chiamare una squadra capace di farsi rimontare dieci punti negli ultimi 4 minuti, nel modo in cui è accaduto. A parte il divertente siparietto di Suh, che da DT si inventa kicker per il temporaneo infortunio del k titolare, e che colpisce in pieno il palo del possibile 21 a 10. Sembrano inezie, ma costerà la partita, visto che Sanchez in OT estrae dal sombrero un bel coniglietto da 52 yard per Santantonio Holmes, arrivando così in raggio da FG (Folk tra i pali dalle 30 yards), e consegna alla dea bendata, ultimamente ricca di diottrie quando guarda verso la Grande Mela Verde, il compito di completare la rimonta. Aggiungiamo anche che le Parche tessitrici dei cinici e beffardi destini umani questa volta vestono i panni ridicoli di Julian Peterson, LB di Detrroit, che pensa opportunamente di beccarsi un evidentissimo fallo per unnecessary roughness nel drive decisivo, regalando 15 yard ai Jets e avvicinandoli ulteriormente ai pali del possibile pareggio (poi, appunto, diventato tale). A parziale discolpa dei Lions, l’infortunio di Stafford, appena rientrato dopo l’infortunio della week 1, e di nuovo nella lista degli infortunati. Ma chiamare, come ha ben pensato Jim Schwartz, un’azione di lancio in situazione di terzo down con 1 e 40 ancora da giocare (incompleto di Stanton, subentrato da poco al posto del povero Stafford), significa andarsele a cercare…
Un giorno non lontano, i leoncini cresceranno e potranno forse avere un ruolo da protagonisti nella loro division. Per ora, sono a leccarsi le ferite di una vittoria gettata al vento e regalata alle fameliche fauci di Ciccio Ryan e della sua banda di temibili teppisti. E la prossima settimana, tutti a Cleveland dal fratellone (Rob, in forza allo staff di Mangini), a vedere di che pasta sono fatti questi Browns.
Dei Bills non parliamo troppo, perchè una W nella classifica se la meriterebbero, perchè comunque ci mettono del loro per farsi male, e perchè era da tempo immemore che la gloriosa e sfortunata squadra di Buffalo non faceva registrare un bel cerchietto nella casella delle vittorie dopo 8 gare.
Parliamo invece, brevemente perchè duole il cuore (almeno a chi scrive), dei Delfini. Giunti a Baltimore con la fama dei Road Kings, degli Sterminatori da Trasferta che diventano poi mammolette tra le lenzuola di casa, si fanno bellamente prendere a pallate (e sputi) da Braccoflacco e company. Miami non entra mai in partita se non nel corso del primo quarto, dove replicano al TD dei Corvacci con un autorevole drive che li porta immediatamente in meta. Che finalmente l’attacco (ed Henne con lui) abbia trovato le giuste alchimie, l’euritmia necessaria perchè il clangore del meccanismo diventi una sinfonia di note e down chiusi? Nient’affatto. Per il resto della partita, Henne (che il braccione ce l’ha, resta da capire se ha anche adeguate e commisurate quantità di connessioni neuronali) lancia a casaccio o, ancor meglio, con grande precisione per i difensori di Baltimore che, sentitamente, ringraziano. 3 intercetti belli rotondi che taglierebbero le gambe anche a un toro, figuriamoci ai Dolphins in versione attacco stitico… Cascano le braccia anche a Sparano che, emulo degli equilibrismi politici di casa nostra, lo caccia fuori squadra ma al contempo ne esalta le virtù. Sotto a chi tocca, ovvero a nonno Pennington che, se non altro, aveva portato il delfinario della Florida neinte meno che ai playoff non più tardi di due stagioni fa, prima di rompersi ldi nuovo. Marshall, inguaribile ottimista, si dichiara sicuro che la squadra approderà ai playoff. Chi ama i Dolphins, cominci a incrociare le dita. Una nota che è una, ma importante: Miami sale e scende nel ranking e nel gradimento degli addetti ai lavori manco fosse una giostra del luna park. Però si è sciroppata un calendario che fa quasi più paura di Rex Ryan vestito da geisha: nell’ordine Jets, Patriots, Steelers, Packers e Ravens. Se ci aggiungete i Giants, fanno le prime 6 del ranking NFL….
E domenica, tanto per defaticare, ci sono i Titans (settimi nel ranking di davide_c) con Pierino-so-tutto-io Moss che da vichingo si è scoperto improvvisamente titano. Il 4-4 di Miami è un bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto? Ai posteri, anzi a Chad Pennington, l’ardua sentenza.
AFC North
Pronti, via. Un fumble su kickoff return che consegna a Pittsburgh un 7-0 cotto e fumante e poi, nel drive successsivo, un punt bloccato sulle 30 per il 10-0. Inizia così, con un altro incubo-da-special-team, la quinta sconfitta consecutiva dei Bengals, defending AFC Notrh Champions, sempre più mestamente ultimi e irrimediabilmente fuori da ogni velleità di playoff. E dire che la squadra varrebbe certo più del 2-6 registrato negli “standing”. Con Pittburgh già in rodaggio per il decollo verso la vittoria, ci pensa la premiata ditta Palmer – T.O. a riportare sotto le tigri dell’Ohio, dopo che Ward aveva perso la palla sulle proprie 38 dopo un placcaggio duro ed efficace di Hall. Ma sempre Palmer si fa poi intercettare a metà campo con poco più di 5 minuti sul cronometro, e Big Ben, ovviamente, ne approfitta subito per andare negli spogliatoi sul 17 a 7. Fino al quarto quarto, c’è solo un FG per Pittsburgh per il 20 a 7. Dopodichè, Tomlin & friends si inventano un trick play coi fiocchi: lancio di Antwaan Randle El per Mike Wallace da 39 yard, e gli Steelers fanno il loro ingresso per la terza volta nella e.z. Di Cinci: azione straordinaria, esecuzione perfetta, 27 a 7 con meno di 14 minuti da giocare, grazie e arrivederci. Partita finita? Manco per idea…Palmer sale in cattedra e lancia per l’eterno T.O. in end zone (27-14), poi nel drive successivo ci pensa Rothlisberger ad aiutare gli avversari, facendosi intercettare dalla S Williams sulle 50. Un roughing the passer prima e una pass interference poi, portano Cincinnati nuovamente verso il TD. 27 a 21 e gli spettri cominciano ad agitare gli orizzonti di Pittsburgh (remember 2009?)
La squadra di Mike Tomlin continua a farsi male da sola, sbagliando un FG dalle 46 yard, e tutto sembra scritto nel destino per un come back dei Bengals che sembra un deja-vu stile gatto nero di Matrix. Ma questa volta la rimonta si ferma sulle 12, con un 4 e 5 “tenuto” dalla difesa degli Steelers. Palmer, 22 su 36 per 248 yards, 2 TD e 1 intercetto: ottime statistiche, but not enough…Grazie Bengals, arrivederci all’anno prossimo.
Chi invece non ha ancora smesso di divertirsi e divertire sono i sempre più sorprendenti Browns del coach Mangini. Dopo il 30 a 17 con cui avevano strapazzato i boriosi campioni in carica al Superdome, si pensava più che altro ad una mancanza di concentrazione della banda-Brees. I Browns fino a quel momento avevano vinto solo con Cincinnati (a proposito…), pur perdendo di misura sia con TB (17 a 14) che con KC (16 a 14) nelle prime due giornate. Evidentemente, quella del Superdome era stata un’anomalia che tanto piace agli estimatori del football e lo rende unico. Poi, passata l’euforia, si torna al mondo reale e, dopo la settimana di bye, Cleveland viene visitata dai fighetti della East Coast, i bostoniani di Brady che, oltre ad esser felicemente coniugato con la Bunchen, incidentalmente guida la squadra col miglior record della lega (6-1). Poveraccio. Quindi? Pronostico chiuso, NE andrà a spiegare cos’è il football ai simpatici e folkloristici Browns, per veleggiare felici all’ennesima post season. Infatti, puntualmente, Cleveland vince 34 a 14, facendo cioè addirittura meglio rispetto alla già quasi-leggendaria impresa della week 7. Succedono molte cose, pressochè tutte a favore dei Browns, che ricoprono un fumble sul k.o. D’apertura, contengono il ritorno di NE (fermata a 2 yard dalla end zone), dilagano nella seconda metà del match.
Colt McCoy sembra una sorta di tarantolato, un piccolo (tutto in proporzione, s’intende) scriteriato che corre in mezzo al campo quando serve (e segna pure un TD che seppellisce definitivamente i Pats), sguscia come un’anguilla dalle mani della OL avversaria, lancia bene, pur se non da fenomeno, ma non regala mai nulla agli avversari. Al resto ci pensa lo special team di Cleveland, il mastino Hillis (sempre più centrale nel successo di questa squadra), l’attacco di Mangini (vedasi il trick play di Stuckey per il 17 a 7). La fantasia al potere…. Alla fine, strette di mano di circostanza con il vecchio maestro Belichick (ora i due si detestano cordialmente) e una domanda che comincia a serpeggiare nella lega: questi Browns sono una meteora, o c’è qualcosa di nuovo sotto il sole dell’Ohio?
Capitolo Baltimore (brevemente, visto che qualcosa s’è già detto parlando di Miami): mentre scriviamo, i Ravens hanno nel frattempo perso il thursday night ad Atlanta. Quindi, ci troviamo a commentare una vittoria e una sconfitta. In entrambi i casi, la difesa ha fatto ampiamente il proprio dovere, massacrando Henne domenica e quasi contenendo Ryan (altra pasta…) giovedì. L’attacco invece va a singhiozzo: con Miami, difensivamente non all’altezza di altre performances, ha quasi passeggiato, correndo, lanciando, giocando a piacere senza problemi. Davanti alla difesa dei Falcons, invece, per 3 quarti Braccoflacco rimane nell’ombra, lancicchia, cincischia, mette a segno col suo attacco solo 7 punti. Poi entra nella cabina telefonica, ne esce vestito da Superman e quasi vince la partita. Ravens rimandati, ma che personalità… gli Steelers avranno il loro bel da fare a scrollarseli di dosso, facile pensare che la seconda andrà alle wild card.
AFC Sotuh
Giocano solo Indianapolis e Houston, e perdono entrambe. I Texans subiscono una sconfitta sanguinosae in casa con i Chargers, settati da un po’ di tempo in qua nella perenne modalità “ultima spiaggia”. Rivers lancia per biolche e biolche, la difesa tiene il ritorno di Schaub grazie anche ad un rocambolesco e fortunoso intercetto a fine partita, e i Bolts portano a casa una vittoria preziosissima per non pensare anzitempo alle vacanze estive.
I Texans perdono la terza partita consecutiva in casa, grazie soprattutto ad una secondaria molto ballerina, che offre praterie sconfinate ai ricevitori di San Diego. Non basta l’ottima prova di Arian Foster (27 portate per 127 yards, 2 TD) ad impedire una nuova L per Houston, ora sul 4-4. A parziale discolpa della banda Schaub, è la quinta volta in questa stagione che devono affrontare uno dei cinque migliori attacchi della lega…sfiga….
Quanto a Indianapolis, gli Eagles non sono i Texans (battuti proprio la settimana precedente da Indi), e così Manning è costretto ad alzare bandiera bianca. I Colts sono sempre una gran squadra, ma le assenze che già pesavano adesso rischiano di diventare decisive per la stagione.
E a Indianapolis piove sul bagnato. E’ il secondo quarto, e su imbeccata del vecchio Peyton Austin Collie si trova nel posto sbagliato al momento sbagliato: il sandwich che viene fuori tra Mikell e Coleman, con il povero Collie nell’antipatico ruolo della farcitura, è di quelli da annodare le budella. Il WR da Brigham Young rimane esanime a terra, con un braccio innaturalmente sollevato quasi fosse un pupazzo gettato via da una bambina capricciosa. Per diversi minuti lo stadio precipita in un silenzio spettrale, in attesa di un segnale che non arriva. Poi, per fortuna, la paura si scioglie in un applauso liberatorio quando si capisce che il giocatore è vivo (chiunque abbia visto in diretta il colpo, credo che almeno per un momento abbia pensato al peggio).
Passato lo shock, si riprende a giocare, e la spunta con merito una Philadelphia che, in un post-bye week, non ha mai perso con Andy Reid (12-0 la statistica). Indianapolis tiene, Manning le prova tutte (ma con meno accuratezza del solito: chiuderà con 294 yad, 1 TD e 2 intercetti)., ma non basta. Rifattisi sotto a fine partita, sul 26 a 24 per gli Eagles, con 40 secondi da giocare e senza timeouts, Asante Samuel (2 intercetti per lui) chiude i conti e spedisce i ragazzi di Caldwell nella loro casetta nell’Indiana a leccarsi le ferite.
E così, tutti i giochi restano ancora aperti. La division è ancora zeppa di scontri diretti, tutte possono andare avanti, forse Tennessee (doppio confronto coi Colts alla week 14 e 17) ha qualcosa in più. Li vedremo a Miami, per capire meglio se sono maturi per detronizzare i Colts.
AFC West
Denver riposa, San Diego approfitta (vincendo) dello scontro diretto tra KC e i Raiders, e queste ultime due squadre danno vita a una partita memorabile, che i Raiders vincono co il coraggio, il cuore, e quel pizzico di buona sorte che serve sempre. Campbell continua a giocare come se fosse suo fratello bravo, e i Chiefs capitolano dopo aver avuto a lungo la sensazione che la sesta vittoria fosse oramai cosa fatta. Giasone Campbell prima lancia per 29 yard a Ford, consentendo a Janikowski di calciare dalle 41 per il pareggio, poi si inventa un lancione da 47 yard, nuovamente preda del rookie di Clemson, per il FG del definitivo 23 a 20.
E’ dal 2002, anno del loro quinto Superbowl (perso coi Bucs), che Oakland non inanellava tre vittorie di seguito. Adesso, per la prima volta da quella stagione, i predoni sentono odore di primato.
Torniamo a parlare di San Diego. Tanto per non dimenticare le vecchie abitudini, i Chargers inaugurano la loro visita ai Texani facendosi bloccare un punt sulle loro 11. Quinto punt bloccato , il chè significa che i Bolts da soli fanno “meglio” di tutta la lega messa assieme. Geniali. Non so per quale remoto motivo l’allenatore degli special team non è stato ancora messo a bagnomaria nella soda caustica, ma tant’è…
Per il resto, è una battaglia senza quartiere con continui rovesciamenti di fronte. Rivers affonda i lanci nella secondaria di Houston come fosse burro, pur dovendo rinunciar a gates e Floyd. Sono 4 a fine giornata i TD pass lanciati dal miglior QB della lega, che democraticamente ne smista due al rookie Ajirotutu e altrettanti al backup tight end Randy McMichael. 17 su 23 per 295, e la bistecca texana è cotta a puntino. Ad oggi, il QB dei Chargers ha lanciato per 2944 yards…. Nearly unstoppable…
Per la cronaca, prima vittoria esterna dei Dieguitos…che sia giunta l’ora per invertire al tendenza e scalare la division?
NFC East
Con Washington a far la nanna, continuano a muovere la classifica gli Eagles e i Giants. Minimanning e soci distruggono molto tranquillamente Seattle che giocava in casa propria. NY è squadra tosta, tostissima con una difesa granitica tritaquarterback (ne han già fatti fuori diversi) e un attacco più che bilanciato.
Apre Ahmad Bradshaw su corsa (saranno due i touchdowns segnati alla fine dal RB di NY), Minimannng lancia 3 TD pass solo nella prima metà, e così i Giganti chiudono sul 35 a 0. Tutto il resto è attesa della fine dell’agonia per Seattle, comodo allenamento o poco più per N.Y. Ora come ora, i Giants appaiono come la squadra da battere nella NFC. Attacco forte e con pochi fronzoli, difesa che eufemisticamente si può definire agguerrita. Clienti davvero scomodi per chiunque. Vedremo dove arriveranno.
Philadelphia ha la sfortuna di avere NY come concorrente diretta, in molte altre division potrebbe essere la squadra da battere.
Vick, al suo rientro dopo l’infortunio, lancia per 218 e corre per 74. Un pazzo a piede libero con un talento straordinario, che si espone sempre (e rischia non poco), ma guida l’attacco di Philly con grande personalità.
DeSean Jackson, anche lui al rientro dopo lo stop causato dalla botta tremenda rimediata con Atlanta, riceve per 109 yds e un TD, e l’attacco di Philadelphia riesce nell’intento di tenere Manning il più possibile fuori dal campo. Nota di demerito, 3 FG messi a segno in tre situazioni entro la red zone. Ma nessuno è perfetto…
Di Dallas per ora è meglio non parlare, se non per dire che il 45 a 7 rimediato nella baia verde ha sancito la fine dell’era Phillips. Tocca a Garrett e, tanto per prendere le misure con il nuovo incarico, domenica va a New York dai Giants….
NFC North
Pensavo (Imho week 9) che Chicago perdesse coi Bills, ma alla fine la spuntano, anche se quasi più per demeriti altrui che per meriti propri. Green Bay ritrova il ritmo perduto, e si assume l’ingrato ma necessario compito di inumare il povero Wade Phillips. Non ci sembra il caso di infierire sui Cowboys e di prendere troppo sul serio la roboante vittoria dei Packers. Certo è che Green Bay, se non ritrovata, appare senz’altro sulla via della guarigione. Dietro, come detto, tengono i Bears (ma quanto durerà?), mentre Favre decide che il sipario sulla stagione dei Vikings non può ancora calare. La partita coi Cardinals è di quelle da defibrillatore: con 4 e 39 sul cronometro, Arizona era sopra 24 a 10, grazie al ritorno in TD di 96 yard di LaRod Stephens-Howling e il ritorno di 30 yard di Michael Adams dopo un fumble su un altro kickoff. Vikings a casa e Childress sulla graticola? Si, se non fosse per l’arcinonnetto Favre che si permette il lusso di stabilire a 90 anni il career-high di 446 yard di lancio, 2 TD e 2 intercetti, con due drives magistrali da 40 e 77 yard, l’ultimo dei quali concluso con 27 secondi sul cronometro per portare la partita all’OT. A togliere le castagne dal fuoco in casa Minnesota ci pensa poi Adrian Peterson con una corsa da 30 yard, che apre la strada al FG di 35 yard ad opera di Longwell del definitivo 27 a 24. Forse i Vikings sono ancora vivi, certo è che non si può sperare che tutte le partite siano contro Arizona e che San Brett faccia sempre il milagro.
NFC South
Forse la division con il maggior numero di buone squadre e di playoff contenders potenziali, se si eccettuano ovviamente i CP che al momento (complici anche gli infortuni che danno la mazzata finale) più che delle pantere sembrano gatti spelacchiati . Atlanta, dopo aver battuto per la quarta volta consecutiva TB, vince come detto anche contro i tostissimi Ravens, e si ritrova con un record di 7-2 che aveva conosciuto in precedenza solo altre due volte nei quarantacinque anni di storia della franchigia. La corsa potrebbe restringersi ad Atlanta e NO, visto che i Falcons (che hanno giocato anche giovedì, anticipo della week 10), pur con una partita in più come NO,, hanno messo due vittorie di distanza tra loro e i Bucs. Ma che fatica! I bucanieri non saranno forse la miglior squadra dell’NFC, come sostiene da un po’ di tempo il coach di TB tra il serio e il faceto, ma sembrano uno di quei gingilli della ACME che devi fermare a martellate prima che cessi di agitarsi. I Bucs non mollano mai, suppliscono con la personalità e la voglia di divertire alle loro carenze (soprattutto difensive), e sono ancora lì. Probabilmente non basterà, vista l’agguerrita concorrenza divisionale, ma … complimenti, comunqe vada.
In casa dei Falcons, resistono, rimontano e rischiano di vincere, fermati sulla linea delle 2 e un quarto e uno da giocare con meno di tre minuti sul cronometro. Durante il match, succede un po’ di tutto, compreso un TD return da 96 yard alla fine del terzo quarto (con atlanta sopra 27 a 14) e successivo onside kick che non riesce per un’inezia (e per un ottimo challange chiamato da Atlanta). Perdenti ma divertenti, i Bucs hanno quella vena di creatività di gioco che rasenta la follia che ricorda un po’ i Browns. Probabilmente non hanno ancora finito di stupire. Quanto a NO, continua a singhiozzo, e la vittoria con Carolina non va presa come il segnale di una guarigione ormai completa, ma 6 – 3 non è un record da disprezzare, e se la giocheranno fino alla fine con Atlanta. Difficile pronosticare chi avrà la meglio, molto probabile che chi perde entri dalla porta di servizio delle wild cards.
NFC West
Division un po’ da rottamare (poi magari ne uscirà il vincitore del Superbowl, chissà…), le due capoliste (St.Louis e Seattle) in qualunque altra division sarebbero come minimo terze. Di Seattle, che dire, sui cieli dello stato di Washington si è abbattuto il ciclone Giants e nelle prossime giornate si farà la conta dei danni.
Gli ‘Hawks si sono presi in faccia 487 yard offensive da NY, 545 la settimana precedente con Oakland.
E non è che vengano grandi consolazioni dall’attacco: Whitehurst ha giocato la sua prima partita da titolare, chiudendo con 12 su 23 per 113 yard e 2 intercetti.
O riescono a cambiare (e tanto) sia in attacco che in difesa, oppure di questo passo, i Seahawks si troveranno in fretta in fondo alla division.
Riposano 49ers e Rams, gioca solo Arizona che perde una partita pazzesca coi Vikings, come raccontato. La lotta per la leadership è ancora tutta da decidere, di sicuro c’è solo che qui di wild card difficilmente ne usciranno e che, come detto, il maggior tasso di talento netto ce l’ha St.Louis che nel giovin Bradford ha già un trascinatore.
Articolo si Antonio Portanova, foto NFL.com