Jack Lambert
John Harold Lambert, per tutti Jack, naque l’8 luglio 1952 a Mantua, una piccola cittadina dell’Ohio. Era un ragazzino riservato che durante l’estate guidava il trattore nella fattoria di famiglia. Iniziò a giocare a football, così come a basket e a baseball, alla Crestwood High School. Giocava contemporaneamente come quarterback e defensive back posizione in cui, pur non essendo velocissimo, non sbagliava mai il primo passo o l’angolo del placcaggio. La prima richiesta che fece al coach fu di indossare il numero 00 e questi gli rispose: “Se vuoi un numero speciale, devi essere un giocatore speciale“. Alla fine dell’allenamento Jack aveva ottenuto il suo numero.
Passò poi al college, Kent State, dove giocò dapprima defensive end e poi nel 1972, al suo sophomore year, middle linebacker. Fù la mossa decisiva per il college di Kent State che proprio in quell’anno fece la sua unica apparizione ad un Bowl, pur perdendolo, proprio grazie alla difesa. Curiosamente al college giocava col numero 99, ritirato anch’esso come lo 00 della high school.
Il 1974 fu l’anno del draft NFL. Woody Widenhofer, il linebacker coach dei Pittsburgh Steelers, aveva allenato nel college di Eastern Michigan, avversaria di Kent State. Il giorno del draft Widenhofer insistette a più riprese con Chuck Noll per selezionare questo ragazzo, secondo tutti gli osservatori troppo magro per giocare middle linebacker e troppo alto per giocare defensive end. Jack venne scelto al secondo giro, 46° assoluto, dai Pittsburgh Steelers. Con quel draft, gli Steelers raggiunsero l’incredibile risultato di aver scelto, in cinque anni, nove futuri Hall of Famer.
E con Jack la grande difesa di Pittsburgh diventò la leggendaria “Steel Curtain”. Nei weekend di preseason, Jack guidava due ore e mezza all’andata ed altrettante al ritorno per studiare i filmati delle partite. Gli allenatori erano stupefatti dalla dedizione del nuovo arrivato. Con lo spogliatoio, invece, l’impatto non fu così tranquillo. Il “caratteraccio” di Jack emerse immediatamente, senza curarsi di chi avesse di fronte.
A Dwight White, che lo aveva canzonato, tirò un sospensorio in faccia, con conseguente rissa. A Wagner, dopo un tacle mancato, disse: “Diavolo, pensavo che tu fossi bravo!”. Ma fu lo stesso Wagner a capire immediatamente che Jack era il tipo di giocatore che aveva bisogno di sfidare incessantemente se stesso, i suoi compagni, gli avversari, per poter rendere al meglio e giocare con la furia agonistica che lo contraddistinse per tutta la carriera.
All’inizio della stagione 1974 Henry Davis, il middle linebacker titolare, si infortunò e Jack entrò in squadra. Ne uscì al momento del ritiro, undici anni più tardi. Dopo le prime tre gare (una vittoria, un pareggio ed una sconfitta), i giornali di Pittsburgh scrissero che quel rookie da Kent State appariva un pò incerto. Chissà che Jack non avesse letto quegli articoli. Di sicuro da quel momento in poi giocò come un indemoniato, aggiudicandosi anche il riconoscimento di Defensive Rookie of the Year. Da lì all’ultima gara della stagione 1979, gli Steelers giocarono 100 partite con il record 66-19 in regular season, 13-2 in postseason, e vinsero quattro Super Bowl.
Jack Lambert è stato una pietra miliare di una delle difese più dominanti della storia NFL. Nonostante il fisico non aderente agli standard dei middle linebackers, Jack possedeva una tecnica perfetta ed un’intelligenza tattica ineguagliabile.A queste doti univa agonismo, tenacia e carisma diventando uno dei più grandi giocatori di football di sempre. Insuperabile nei giochi di corsa, per dieci stagioni fu il leader della squadra nei tackles (a fine carriera aveva ammassato 1.479 tackles, di cui 1.045 da solo). Nella difesa degli Steelers, erano i quattro davanti a blitzare perciò Jack oltre che le corse copriva anche i passaggi, risultando uno dei giocatori più importanti nei meccanismi difensivi di quella difesa straordinaria.
Chuck Noll diceva che Jack era il giocatore più concentrato che avesse mai allenato e, in un reparto con tante forti personalità, il suo carisma emerse anche tra i suoi compagni. L’influenza e l’importanza che rivestiva nello spogliatoio divennero evidenti soprattutto nella stagione 1976. Bradshaw, Lynn Swann e “Mean Joe” Greene erano fuori per infortunio e gli Steelers, campioni in carica, avevano il pessimo record di 1-4. Jack riunì tutta la squadra a raccolta nello spogliatoio, e la arringò dicendo che l’unico modo per arrivare ai playoff e difendere il titolo era quello di vincere tutte le partite da lì alla fine della stagione, arrivando a minacciare fisicamente chiunque non ce la mettesse tutta. La squadra vinse tutte e nove le rimanenti partite, concedendo solo due TD e 28 punti in totale, incluse cinque gare con l’avversario tenuto a 0 punti. Quello stesso anno Jack fu nominato Defensive Player of the Year e otto difensori degli Steelers votati titolari al ProBowl.
Eppure, nonostante queste premesse, è sempre stata l’immagine di giocatore cattivo a catturare per prima l’attenzione ogni volta che si pronuncia (sottovoce e con timore) il nome “Jack Lambert”. Non che lui ci tenesse a smentirla, anzi. Riservato e a volte scostante, apriva bocca raramente, ma non aveva problemi a dire esattamente ciò che pensava. Come testimoniava l’adesivo sul suo pick-up: “Io non freno per i liberali“.
In una difesa intimidatoria, Jack era uno dei più temuti.
La fama era aiutata dal suo aspetto. Dai tempi della high school gli mancavano infatti tre denti persi, non sul campo di football, ma curiosamente giocando a basket. Alto, magro, sdentato e con le spalle esageratamente larghe era un misto fra il Conte Dracula e Frankestein.
Ne sa qualcosa John Elway che nel 1983 affrontò da rookie gli Steelers di un Lambert ormai a fine carriera.
Al primo gioco dell’incontro, Jack blitzò e travolse il QB. Disse Elway: “Non aveva denti, ringhiava e si stava sbavando addosso. Io pensai: ‘Potete riavere indietro tutti i vostri soldi, ma fatemi uscire da qui. Voglio fare il ragioniere‘”.
Ad alimentare la sua fama concorsero specialmente due episodi.
Il primo accadde durante il Superbowl X, che gli Steelers giocarono e vinsero nel gennaio 1976 contro i Dallas Cowboys. Nel terzo quarto, con Dallas avanti 10 a 7, il kicker degli Steelers, Roy Gerela, sbagliò il secondo field goal della sua partita. Cliff Harris, la free safety di Dallas, gli si avvicinò e battendogli ironicamente la mano sul casco, si congratulò per l’errore. Racconta Jack: “Mi sentii come se gli avesse dato un calcio in faccia e nessuno avesse chiamato il fallo. Qualcuno doveva fare qualcosa!”. Ovviamente fu Jack ad intervenire, afferrando Harris e spianandolo a terra come uno straccio. Fu la scintilla, l’ispirazione, come raccontò poi “Mean Joe” Greene, per tutta la squadra, che da quel momento dominò l’America’s Team di Tom Landry.
Il secondo episodio furono in realtà una serie di tre interventi, con conseguenti enormi polemiche, sul QB dei Cleveland Browns Brian Sipe, durante le regular season ’78, ’81 e ’83. Tutte e tre le volte Lambert placcò il QB mentre rilasciava il pallone, tutte e tre le volte fu giudicato in ritardo e fu fischiato fallo, e nelle ultime due fu espulso dalla partita. Dopo l’intervento del ’78, Jack disse: “ I Quarterbacks dovrebbero vestirsi bene!”. Fu più loquace nel 1981, quando ad un giornalista che chiedeva perchè fosse stato espulso disse: “L’arbitro ha detto che ho colpito Sipe troppo duramente”. “E lo hai fatto?” “L’ho colpito più forte che ho potuto”. Ed infine dopo l’intervento dell’83 per chiudere ogni polemica: “Brian aveva la possibilità di uscire dal campo e ha deciso di non farlo. Sapeva che lo stavo per colpire e l’ho fatto. Punto”.
Il credo di Jack era semplice: “In questo gioco vince chi colpisce più duramente. Chi non lo accetta, non dovrebbe giocare“.
E l’immagine di bad guy cresceva, complici a volte i suoi stessi compagni; Rocky Bleier nel 1980 disse a proposito di Jack: “Gli piace colpire la gente ed infliggere dolore… e questo quando esce per un appuntamento”.
E Mean Joe Greene: “Se dovessi affrontare una rissa, e dovessi scegliermi un compagno, sceglierei senz’altro Jack”.
Eppure il Conte Dracula, Mad Man Jack, o con qualsiasi soprannome del tempo vogliate chiamarlo era prima di tutto un grande giocatore. E i suoi compagni di reparto lo sapevano meglio di chiunque altro.
Jack Ham lo considerava il più completo middle linebacker che avesse mai giocato, e Andy Russell disse: “La sua immagine di cattivo non ha niente a che fare con la sua grandezza. Gli avversari li uccideva con la sua perfezione”.
Un giornalista di Pittsburgh lo definì il Nureyev dei linebacker, volendo esaltare la sua abilità e il suo senso della posizione. Quando il commento fu riportato a Jack, egli chiese “Chi è Nureyev?” e quando gli fu spiegato che era un famosissimo ballerino rispose “Non so se prenderlo come un complimento o un insulto!”
Nel 1984, dopo che un infortunio al piede lo tenne fuori per diverse partite, decise di ritirarsi. Con queste statistiche:
4 Super Bowl;
9 Pro Bowl consecutivi dal 1975 al 1983;
1.479 tackles (1.045 da solo);
28 intercetti;
23 1/2 sacks;
1974 Defensive Rookie of the Year;
1976 Defensive Player of the Year.
Al primo anno di eleggibilità, nel 1990 fu introdotto nella Hall of Fame.
Le sue parole furono le seguenti: “Se potessi ricominciare la mia vita, vorrei essere un giocatore di football, e credetemi dannazione!, vorrei essere un Pittsburgh Steeler”.
Un ringraziamento a Timbo che mi ha permesso di inserire i miei articoli, e a Warner che mi ha pazientemente aiutato.
Grazie a me??? Non scherzare neanche, devo solo baciare dove camminate per la competenza e l’impegno che dedicate a endzone 😉
Non posso che associarmi a quanto detto da Stefano: il merito è tutto tuo, Gianni!!!
Un grande, forte applauso Uma!!!!
Era da temop che pensavo di scrivere del nostro Jack e alla fine son felice di non averlo fatto, perchè la tua monografia è straordinariamente completa a livello cronostorico e nel contempo affascinante per via delle tante curiosità circa la personalità e il carattere dell’immenso #58…
mi hai fatto sorridere ed emozionare insieme…e ti ringrazio per questo, davvero.
continua così che sei una belva fratellozzo!!!!
Ps. grazie anche delle belle parole spese sul forum nei miei confronti acciaiere…mi mancate tutti…ma se succede quello che non succederà…
un abbraccione a te e ai ragazzi della Mini Steel Nation!!!…per sempre, fortissimamente, GO STEELERS!!!!
Eccellente articolo per un super giocatore. Il suo talento era inversamente proporzionale alla sua bellezza 🙂