La Fortuna di laurearsi a Stanford
“I am committed to earning my degree in architectural design from Stanford University and am on track to accomplish this at the ompletion of the spring quarter of 2012”, con queste semplici parole il redshirt sophomore Andrew Luck (6-4, 235 pds) annunciava agli inizi di gennaio la sua decisione di ‘ritornare’ a Stanford per laurearsi e disputare dunque un’altra stagione con i Cardinal. Il tutto a pochi giorni dal trionfale BCS Orange bowl di Miami, nel quale, dopo una record-season da 12 vittorie, conduceva l’ateneo ad un successo che mancava da quasi 40 anni (ultima affermazione di tale caratura il Rose bowl 1972), spazzando via i campioni ACC di Virginia Tech (40-12) con una prestazione da MVP in cui padroneggiava la ‘posizione più difficile nel Football’ con la naturalezza e la sicurezza proprie solo ai grandi quarterback.
E pazienza se al draft NFL dello scorso aprile i Panthers del Carolina lo avrebbero certamente selezionato con la prima chiamata assoluta, anche perché il ‘sofferto’ rinnovo del CBA e l’innesto del discusso “rookie wage scale” gli avrebbero comunque precluso la possibilità di firmare un contratto più lucrativo (‘alla Bradford’: 78 milioni di dollari in sei anni) di quello che certamente non mancherà di sottoscrivere nel prossimo futuro. Se poi sarà selezionato con la first overall pick del 2012 oppure no, non rileverà tanto per lui quanto per chi eventualmente deciderà di non chiamarlo, considerato che di signal caller così ‘pronti’ per quei livelli ne arriva uno ogni Peyton Manning. L’augurio generale è ovviamente che il ragazzo non sia soggetto ad alcun serio infortunio, ma se pure valesse il detto “la fortuna è cieca, la sfiga ci vede benissimo”, la speranza è che portarsela dietro stampata sulla maglia, la ‘Fortuna’, possa essere di ulteriore auspicio a farlo arrivare là dove madre natura avrebbe già ampiamente deciso.
Le sue doti? Impressionanti, come del resto le terminologie utilizzate dai migliori scouting per descriverle: dal possesso di “poise, confidence, leadership, intangibles”, all’ormai quasi inflazionata “arm strength to make every NFL throw”; dall’evidente “excellent mechanics”, alla pressoché fulminea “quick and compact release”; dalla paziente “reads coverages well”, alla delivery “extremely accurate”. Ma c’è dell’altro. Quella qualità nelle singole giocate che trasforma un prospetto da “raro” a “speciale” per il piano di sopra: Luck esegue con “good zip, tight spiral” tanto dal pocket, quanto in scramble, raggiungendo comunque con precisione il bersaglio; raramente forza le decisioni, eppure sa lanciare “strong and accurate throws into tight windows” risultando inoltre estremamente accurato nel “fitting passes between cornerback and safety in a cover-2 zone”.
Jon Gruden, ex HC campione del mondo con i Tampa Bay Buccaneers, oggi ‘opinionista’ per la ESPN nonché protagonista dell’ormai noto “Gruden’s QB Camp” per i migliori prospetti che si accingono al salto tra i professionisti, ha potuto vederlo in azione da vicino al recente 2011 Manning Passing Academy, tenuto da Peyton ed Eli Manning presso la Nicholls State University di Thibodaux, in Louisiana: “He’s the best prospect I’ve studied, period. I think this kid has it all. Provided he stays healthy, this guy has a rare upside. This guy has a photographic memory and has tremendous talent. But the thing I like about him is his work ethic. He’s a workaholic and that’s what impresses me the most”.
Etica lavorativa che probabilmente Andrew ha ereditato dal padre Oliver Luck, ex QB di livello NFL (Houston Oilers) e attuale Athletic Director di West Virginia. Non una qualità scontata per uno che certamente non ha mai avuto problemi economici in famiglia. Lo stesso Luck ha ammesso la grande voglia di continuare a migliorare sul campo in quest’ultima stagione universitaria: “I definitely want to improve on last year and finish my academics up as well. Everybody is entitled to their own opinion, and I understand that some people probably thought I was an idiot. But I love it here and I still have a lot to learn”.
Talento e memoria ‘fotografica’ sono invece requisiti propri ai grandi dello sport e che difficilmente si possono apprendere in allenamento. “He knows where everybody is; he knows about timing, he knows about anticipation” commenta l’avversario Mike Riley, head coach di Oregon State, uno dei migliori della Pac-12 e del panorama universitario. Altrettanto efficaci le parole di Lane Kiffin, figlio del grande DC Monte e attuale HC di USC “It’s amazing watching him and what he’s able to do before the snap. They change so many plays and protections. He’s so smart and so prepared and able to run when things aren’t open. The NFL scouts that come through here say his marks are off the charts and that he’s an obsolute no-brainer.”
Già, perché il vostro “QB pro-style ideale” non solo detta magistralmente giochi sulla linea di scrimmage, ma possiede anche gambe e atletismo che definire ‘buoni’ è quasi un eufemismo. No, non stiamo parlando di un “running QB”, ma di un top-notch athlete che sa usare la propria rapidità per uscire dalla tasca, eludere la pass-rush, guadagnare tempo, scramblare per un first down. Ma non solo, come dimostrano le 453 yards ed i 3 touchdowns su corsa del 2010, con due cavalcate addirittura da oltre 50 yards fino all’endzone avversaria (precisamente 52 e 51 yards contro Wake Forest e Washington). Che poi, quando parte in progressione, con una velocità notevole per un ragazzo di quella stazza, placcarlo one-to-one non è impresa così semplice, almeno a questi livelli, nemmeno per un safety di 6-2, 215 libbre come Sean Cattouse, che nel Big Game dell’anno scorso a Berkeley ha fatto questa fine, nel corso di una sgambata del nostro da 58 yards…
Insomma, Luck è realmente un portento, tanto che i confronti illustri si sprecano, non solo a Palo Alto dove pure di ‘lanciatori’ prima scelta assoluta NFL ne hanno già avuti due, poi peraltro vincitori di 4 Superbowl (con 2 premi MVP). Se però John Elway è ricordato come il migliore della storia dei Cardinal, 9.349 passing yards e 77 td-pass (record) nonostante il suo non fosse stato un quadriennio memorabile per l’ateneo in termini di vittorie (1979-82, nessun bowl disputato), è probabile che potendo scegliere Andrew preferirebbe emulare Jim Plunkett, vincitore nel 1970 dell’unico Heisman trophy della ultracentenaria storia di Stanford, ma anche MVP del Rose Bowl 1971 (27-17 degli ancora ‘Indians’ sui favoriti ‘Buckeyes’ di Ohio State), prima di essere selezionato per primo nel draft dell’anno successivo. In fondo, Luck in due anni ha registrato 5.913 passing yards e 45 td-pass (a fronte di soli 12 intercetti), quindi dovesse riproporsi sui livelli dell’anno scorso (3.338 passing yards con 32 td-pass), raggiungerebbe in pratica i numeri carriera del fenomenale Elway, ma in sole tre stagioni, pur avendo disputato qualche gara in più (all’epoca di Elway la schedule prevedeva 11 gare in programma rispetto alle 12 di oggi, bowl esclusi).
Che a Stanford desiderino ardentemente un Heisman dopo quattro decenni mi sembra pure giusto, considerato altresì che nelle ultime due stagioni ci sono andati vicino, con i runner-up Toby Gerhart (secondo nel 2009) e appunto Luck (2010). Che si possa concretizzare un risultato del genere è nondimeno alquanto difficile, pur proferendo del miglior giocatore attuale del college football. Dopotutto, il premio collegiale individuale più importante degli sport americani è dimostrato non poter prescindere dai risultati di squadra. Nove degli ultimi undici players ad aver conquistato la famosa statuetta di bronzo hanno giocato nella finale per il titolo nazionale. Nel 2009 Gerhart perse il trofeo per soli 28 punti (lo scarto minimo in 76 anni di storia) a vantaggio di Mark Ingram, che di sicuro ebbe grande vetrina con la sua prestazione nella finale SEC vinta da Alabama sulla Florida di Tebow e poi con il National Championship; mentre nell’ormai lontano 1982, Elway dovette rinunciare al sogno a beneficio del grande favorito Herschel Walker (unico giocatore della storia ad essere giunto tra i primi 3 nelle votazioni in ciascun anno disputato al college), che peraltro aveva contribuito da true freshman a portare al titolo Georgia nel 1980.
Preso atto inoltre della qualità degli studi di Stanford e dell’eccellenza richiesta nei risultati accademici, aspetti che evidentemente non hanno mai aiutato i Cardinal nel reclutamento di prospetti per il football (almeno dal mero punto di vista atletico-sportivo), ecco che l’ottenimento di successi nell’immediato, sfruttando tra l’altro il miglior attacco di sempre (sia nel 2009, sia nel 2010, è stato battuto il record di punti segnati in una season nella storia del college), diventa obiettivo tanto perseguibile quanto inatteso prima che lo stesso Luck pronunciasse quelle parole agli inizi di gennaio. In pratica, la permanenza dell’All-American quarterback, miglior all-around prospect alla posizione da anni, ha portato Stanford automaticamente in una posizione da top 10 nella classifica prestagionale (n° 6 per USA Today Coaches Poll), indipendentemente dalla più ampia disamina qualitativa del roster, nonché al ruolo di contender per il raggiungimento del primo Championship in assoluto della nuova Pac-12. Obiettivo che peraltro si dovrà provare a conseguire contro la favorita Oregon, inserita nella stessa division (North), ma soprattutto senza più il carisma dell’head coach Jim Harbaugh (come noto ha scelto l’avventura NFL con i poco distanti San Francisco 49’ers) artefice in poche stagioni del rilancio vincente del programma (il primo nella storia della FBS ad essere passato in soli 4 anni da un record 1-11 ad un record 12-1).
Fortuna (…) che si è sapientemente optato per la promozione al ruolo di HC dell’offensive coordinator David Shaw, mantenendo così inalterato il game-plan offensivo. Shaw è il quinto capo allenatore della storia di Stanford a ricoprire tale incarico nella propria alma-mater (l’ultimo fu Paul Wiggin nel 1980-83). Ha infatti studiato a Palo Alto nel periodo 1991-94, quando fu anche WR nella squadra dei Cardinal. Dopo esperienze come QB coach in NFL (Raiders 2001 e Ravens 2002-04), è stato assistente (passing game coordinator, wide receivers) di Jim Harbaugh alla San Diego University (Shaw è nato proprio a San Diego), prima di seguirlo nelle ultime 4 stagioni a Stanford. Di più, è stato David Shaw a reclutare Andrew Luck alla Stratford High School di Houston, Texas.
Il nuovo OC/QB coach sarà Pep Hamilton, già WR coach a Stanford nel 2010, con alle spalle 7 stagioni NFL, in prevalenza come QB coach, di N.Y. Jets (2004-05), San Francisco 49’ers (2006) e Chicago Bears (2007-09). Kyle Orton prima e Jay Cutler poi, hanno avuto la miglior percentuale della carriera quando allenati da Hamilton. Pep ha un rapporto incredibile con Luck.
La presenza di Luck rende devastante il play-action game dei Cardinal, la cui pro-style power-run è praticamente un marchio di fabbrica della offense, che elementi assolutamente sottovalutati quali il RB junior Stepfan Taylor (5-11, 210 pds), il sophomore Anthony Wilkerson (6-1, 217 pds), il junior Tyler Gaffney e il fifth-year senior Jeremy Stewart, contribuiscono a rendere particolarmente produttiva. Agli esperti che si chiedevano alla vigilia del 2010 se il rendimento di Luck o della offense potesse scendere in contumacia Gerhart, è arrivata probabilmente la risposta migliore: un’altra stagione esaltante del running game di Stanford (2.779 rushing yards, 213,77 di media a partita) con Taylor (1.137 yards e 15 td, 5.1 yards di media a portata) sesto runner in assoluto nella storia dell’ateneo a superare quota 1.000 yards. Le corse hanno ora perso l’apporto rilevante del FB Owen Marecic, che l’altro ‘biondo’ sophomore Ryan Hewitt (6-4, 242 pds) proverà a non far rimpiangere.
Ma il punto nevralgico di tutto è la linea, che dovrà rimpiazzare tre starters (tra i quali il C All-Pac 10 Chase Beeler) ma ritorna i suoi due migliori elementi, gli All-American RG David DeCastro (6-5, 312 pds) e LT Jonathan Martin (6-6, 306 pds). Linea che si è dimostrata un fattore tanto sulle corse quanto in pass-protection, se è vero che negli ultimi due anni (26 partite) ha concesso appena 13 sacks.
Il reparto ricevitori prevede uno dei migliori gruppi di pass-catching Tight Ends del paese, con il senior Coby Fleener (6-6, 244 pds), il sophomore Zach Ertz (6-6, 249 pds) e il rientrante soph. Levine Toilolo (6-8, 263 pds), targets principali e privilegiati della passing offense. A WR occorre invece sostituire i due titolari dello scorso anno (Doug Baldwin e Ryan Whalen), ma dovrebbe rientrare il game-changer sr. Chris Owusu (6-2, 199 pds) frenato dagli infortuni nel 2010 (6 partite saltate) e in recupero da un guaio al ginocchio. Se sano, Owusu è un atleta elettrizzante, specie come ritornatore sui kick-off (1.167 yards con 3 TD nel 2009), la cosa più vicina a Desmond Howard che si sia vista in NCAA nell’ultimo ventennio. L’altro titolare a ricoprire lo slot dovrebbe essere il former walk-on sr. Griff Whalen, fratello minore di Ryan, non un fenomeno di atletismo, ma ragazzo intelligente e capace nel farsi trovare libero al posto giusto, che si giova della grande intesa con Luck del quale è compagno di stanza al college. Un ruolo crescente è comunque atteso per i talentuosi juniors Jamal-Rashad Patterson (6-3, 208 pds) e Drew Terrell (5-11, 179 pds) quest’ultimo anche efficace punt-returner. Curiosità desta la presenza tra i redshirt frosh del walk-on John Flacco (6-2, 254 pds) fratello minore di Joe, QB dei Baltimore Ravens. Tra i newcomers sarà data più di un’occhiata in agosto all’incoming frosh Ty Montgomery (6-2, 205 pds) proveniente da Dallas.
La defense ritorna più starters (6) che la offense (5), tuttavia presenta se possibile ancor più punti di domanda. Il one-year DC Vic Fangio, artefice della trasformazione della difesa di Stanford nel 2010 (top scoring defense di Pac-10, con 17.4 punti per game; il miglior attacco di ACC, Va. Tech, tenuto a soli 12 punti nell’Orange bowl, con il QB Tyrod Taylor saccato 8 volte), ha seguito Harbaugh ai 49’ers, lasciando in eredità la nuova impostazione 3-4. A chiamare i giochi saranno ora il DB’s coach Derek Mason e l’ex assistente proprio a San Francisco, nonché LB’s coach, Jason Tarver.
Nel fronte 3, occorre rimpiazzare la prestanza dei run-stopper NT Sione Fua e DE Brian Bulke. Adesso la line è più leggera, ma potenzialmente più tecnica con l’inserimento del junior NT Terrence Stephens (6-2, 295 pds), un ex high recruit liceale proveniente dal Maryland. A DE ritorna il solido senior Matt Masifilo (6-3, 278 pds), mentre per l’altro spot il rapido Ben Gardner (6-4, 263 pds) pare in vantaggio dopo delle buone spring practices. La Defensive Line è comunque al secondo anno sotto la capace tutela del venerabile Randy Hart, ex prodotto di Ohio State che ne guidò pure la linea a metà anni 80 prima di essere un perno del programma di Washington per vent’anni (1988-2008). Hart è stato DL coach agli Huskies negli anni 90, quando la W sul casco non significava solo lo stato d’appartenenza di quel college.
Il reparto LB ritorna i due migliori elementi: il rising star ILB Shayne Skov (6-3, 244 pds), emotional leader difensivo dei Cardinal, e l’indomabile pass-rusher OLB Chase Thomas (6-4, 240 pds). Il ruolo opposto sarà probabilmente dell’interessante sophomore Trent Murphy (6-6, 260 pds), ma anche il junior Alex Debniak (6-2, 233 pds) e l’altro soph. Blake Lueders (6-5, 256 pds) entreranno nelle rotazioni. Al centro bisognerà trovare il sostituto dell’intelligente two-way player Marecic. Il più pronto da subito è il fifth-year senior Max Bergen (6-2, 230 pds), ma l’attesa è tutta per i giovani redshirt freshmen Joe Hemschoot (6-1, 220) e A.J. Tarpley (6-2, 235 pds), e soprattutto per il five-star incoming freshman James Vaughters (6-2, 235 pds).
Le secondarie non rappresentano più un punto debole dei Cardinal, anche se andrà sostituito il CB Richard Sherman (4 intercetti e 50 tackles nel 2010) ed il ruolo di corner è quindi sotto osservazione. Ad affiancare il senior Johnson Bademosi (6-1, 200 pds), sarà il true sophomore Barry Browning (6-1, 178 pds), che è partito anche titolare da true freshman, mostrando grande tempismo. Dietro di loro i sophomore Terrence Brown (6-1, 176 pds) ed il RB convertito Usua Amanam (5-10, 173 pds). Le safeties titolari sono due esperti seniors: nel ruolo di SS c’è l’energia dell’All-conference Delano Howell (5-11, 197 pds), 5 intercetti nel 2010, mentre a FS ci sarà ancora la vivacità di Michael Thomas (5-11, 186 pds), terzo tackler di squadra (61) e autore di un fumble riportato in TD contro UCLA. Interessanti comunque le prospettive nel ruolo, dove vanno monitorati i progressi del true sophomore Devon Carrington (6-1, 197 pds) e dell’ultimo arrivato Wayne Lyons (6-1, 182 pds), due top-10 recruits alla posizione delle classi 2010-2011.
Come placekicker, per sostituire il preciso Nate Whitaker (17/19 nei FG l’anno scorso), c’è gara tra il fratello minore Eric Whitaker (5-9, 182 pds) un sophomore, ed il redshirt freshman Jordan Williamson (5-11, 170 pds), che è andato meglio in primavera. Per il ruolo di punter continua invece la competizione tra il senior David Green (6-1, 205 pds) ed il junior Daniel Zychlinski (6-3, 207 pds).
La schedule non è male, con 7 incontri (sui 12 previsti) allo Stanford Stadium, compreso lo showdown del 12 novembre contro Oregon. Tuttavia l’opener di Pac-12 prevede l’impegnativa trasferta a Tucson contro Arizona (17 settembre), mentre nelle 2 week antecedenti lo scontro coi Ducks ci saranno altre due trasferte difficili, al Coliseum di Los Angeles contro USC (29 ottobre) ed a Corvallis contro Oregon State (5 novembre), dove i Cards hanno vinto una sola volta negli ultimi 6 incontri disputati. Ma dopo tante stagioni nell’ombra a Palo Alto sognano un’altra season da protagonisti, speranzosi di poter cavalcare la fortuna fino in fondo. E allora Buona Fortuna Stanford, anzi… Good Luck.
Bravo Angelo, gran bell’articolo 😉