Saints, uno scandalo che distrugge il sogno.
Tra le mirabolanti notizie che, come spesso accade in questo momento dell’anno, si rincorrono, dalla free agency e l’arrivo di Peyton Manning ai Broncos, all’attesa per i due talentuosissimi QB Andrew Luck e Robert Griffin III dal prossimo Draft, la notizia che più di tutte ha sconvolto l’ambiente della NFL e i tifosi negli USA è certamente lo scandalo dei New Orleans Saints. Il cosiddetto Bounty Scandal ha fatto calare un’ombra di vergogna e riprovazione sul titolo di due stagioni fa e, soprattutto, ha fatto cambiare la percezione dei tifosi nei riguardi di uomini considerati fino a qualche settimana fa come degli straordinari e irreprensibili professionisti. Attualmente la NFL ha accertato che l’ex defensive coordinator Gregg Williams, in perfetta sintonia con l’attualmente sospeso head coach Sean Payton ed alcuni degli altri assistenti della difesa e con la parziale copertura del general manager Mickey Loomis, ha creato un programma, durato tre stagioni (2009-20010-2011), di incentivi economici volti a premiare i propri giocatori che riuscivano a causare infortuni più o meno gravi ai migliori giocatori avversari. Anche se le sanzioni ai più importanti responsabili sono già state adottate, altre indagini sono ancora in corso, tuttavia, già quanto emerso finora rappresenta una tale vergogna che difficilmente l’organizzazione dei Saints potrà riprendersi, finchè certi personaggi resteranno a libro paga degli ex-campioni NFL.
Due stagioni fa chi vi scrive celebrò con grande enfasi il trionfo dei Saints, individuando in Sean Payton il grande artefice di una sorta di miracolo sportivo. Decenni di fallimenti e prese in giro, poi il lungo cammino della squadra a fianco di una città piagata dal disastro dell’uragano Katrina nel 2005, seguiti da una straordinaria rinascita con il Championship della stagione 2006 e poi dal trionfo di due stagioni fa, festeggiato da quasi tutta la nazione. Una sorta di “sogno americano”, una storia che avrebbe potuto tranquillamente essere una straordinaria sceneggiatura cinematografica, tipo quella di “The Invincible” con Mark Wahlberg. E’ inutile sottolineare quanto gli appassionati di football, e quindi anche chi vi scrive, amino queste storie. L’aspetto eroico e leggendario di alcune vicende che vedono protagonisti uomini di football, e che si intrecciano spesso con la stessa storia degli USA, hanno da sempre aggiunto molto alla mera passione per lo sport in sè. Oggi dopo due anni ci si sveglia dal sogno e ci si rende conto che coloro che sono considerati quasi eroi moderni, sono i protagonisti della vicenda più vergognosa della storia della NFL e tra le più vergognose della storia dello sport professionistico mondiale. Lasciando perdere le vicende penali personali di molti giocatori NFL che nulla hanno a che vedere con il gioco, bisogna sottolineare che la lega non è stata sempre immune da scandali nel passato, da vicende di doping, ad alcuni scandali di spionaggio sportivo. Tuttavia tutto questo sparisce di fronte ad allenatori che premiano in denaro i propri giocatori per causare gravi infortuni gli avversari.
Il football americano a qualsiasi livello è uno sport che ha nel contatto fisico violento uno dei suoi aspetti fondamentali e anche più spettacolari, tuttavia così come succede anche nel rugby, esiste una sorta di codice etico non scritto. I colpi possono, e a volte devono, essere i più violenti possibili, ma devono essere “puliti”, l’intenzione deve essere quella di far perdere il pallone o impedire il guadagno di terreno agli avversari. In questi anni la NFL ha anche inserito tutta una serie di limitazioni al tipo di contatto fisico, al fine di limitare i gravi infortuni, dovuti anche all’esponenziale crescita delle dimensioni e delle qualità atletiche dei giocatori. Violare questo codice etico non scritto, addirittura premiando in denaro i giocatori più bravi e spezzare le carriere degli avversari, è qualcosa di abominevole.
Chi seguì il NFC Championship tra i Saints e i Vikings due stagioni fa, rimase quantomeno perplesso guardando il trattamento che la difesa dei Saints riservò a Brett Favre. Più di un colpo fu sanzionato già in campo e l’impressione generale fu che ci fosse il malcelato obiettivo di intimidire il QB dei Vikings, tuttavia nessuno avrebbe mai potuto immaginare che dietro ci fosse tutto questo. Le recenti ammissioni di Payton, Williams e Vitt, unite all’assordante silenzio dei più rappresentativi giocatori di difesa dei Saints, come Vilma e Smith e ai ridicoli tentativi di affermare di essere all’oscuro di tutto come quelli di Tracy Porter, uno degli eroi della stagione del Super Bowl, concludono indegnamente una vergogna durata tre anni e che macchierà per sempre la storia dei Saints.
Negli ultimi giorni sono emerse anche alcune voci, per la verità deboli ed energicamente smentite dal Commissioner Roger Godell, che indicherebbero che la NFL fosse a conoscenza di tutto già dallo scorso anno, e che non sarebbe intervenuta per non “sporcare” la propria credibilità sanzionando la squadra campione in carica. La speranza è che queste voci si dimostrino totalmente prive di fondamento, perchè altrimenti, oltre alla vergogna che per sempre accompagnerà i Saints e il loro titolo di due stagioni fa, anche la NFL si dovrebbe considerare complice di questa vergogna e la credibilità della lega e di tutto il movimento che gira attorno al football professionistico americano ne risulterebbe irrimediabilmente minata.
Infine per quanto riguarda i singoli e le relative sanzioni, appare oltremodo ridicolo chi, anche tra alcuni analisti, ha considerato eccessive le pene inflitte da Roger Godell a Gregg Williams (sospeso a tempo indeterminato, ma non esplicitamente a vita) e a Sean Payton (sospeso per un anno). A modesto avviso del sottoscritto chiunque, giocatori inclusi, abbia avuto diretta responsabilità nell’ideazione e nella messa in atto di queste pratiche illecite e ignobili sarebbe dovuto essere bandito a vita dal football a qualsiasi livello. Una sanzione dura ma giusta come questa, anche se inverosimile per ragioni di opportunità, sarebbe stata la soluzione ideale in termini etici, ma anche un potente deterrente per i futuri personaggi senza scrupoli come quelli protagonisti di questa storia indegna.
Brutto, brutto davvero! Penso che nessuno di noi appassionati avrebbe mai immaginato che in America potessero succedere cose del genere. Pero’, non facciamo gli italiani, con sentenze già scritte a priori. Aspettiamo e forse il tutto potrebbe risultare ridimensionato. E’ strano che soli ora qualcuno parli, qui la complicità non sarebbe solo della lega o della squadra, ma di tutto il mondo sportivo a stelle e strisce, soprattutto la stampa. Se il tutto e’ vero mi sembra quantomeno strano che in 3 anni non sia mai trapelato niente
homini non sunt, sed bestiae! wilma, in galeraaa!
Non ci credo. Gli Americani sono maestri di finzione e di fantasiose vicende che poi spacciano per realtà per motivi politici, personali o economici: la loro storia e la cultura di cui sono portatori lo dimostrano ampiamente. Da più di 30 anni seguo il football ( sono attrezzato per captare anche il segnale tv della vicina bare aerea USA )e non ho mai notato gestualità o anomalie eccessive ed immotivate che potessero far pensare ad una cosa del genere. Non sono tifoso dei Saints.
Salvo spero almeno che tu abbia sentito l’audio di Gregg Williams adesso. Michael Irvin ha espresso perfettamente quello che penso io, “mi viene quasi da vomitare”. Ti suggerisco se riesci di rivederti il NFC champioship di due stagioni fa, vederlo allora già mi ha lasciò perplesso, dopo quello che è emerso diventa disgustoso. Spero che Williams, Payton e tutti i giocatori che hanno preso soldi per infortunare la gente siano banditi a vita dai campi di football.