30 giugno 1985: frammenti di Silverbowl…

I Gladiatori sono già in piedi, senza più un granello di polvere addosso a qualche mese dalla caduta, dominanti per tutta la stagione, già in serie A. Ma resta un grande rimpianto.

Il SilverBowl era una partita importantissima soprattutto per gli americani, per il loro modo di intendere lo sport, per l’orgoglio di partecipare a una finale dovunque essa sia e a qualsiasi livello: sono qui per giocare e il minimo che possono fare è provare a vincere.

Ascoltiamo Marcello il quarterback:

Ci preparammo per l’incontro in un clima gioioso fatto di sana goliardia, convinti com’eravamo della nostra forza, anche se non sottovalutavamo assolutamente i Vikings, divenuti in seguito l’ossatura dei Seamen.

Il Presidente Carnevali volle portarci a Modena dal giorno prima e ricordo ancora le telefonate di Carl Mobley alla madre, emozionato per l’evento che si sarebbe consumato il dì seguente. Coach Silvetz ci raggiunse la mattina dopo: anche a lui brillavano gli occhi.

Ecco, se c’è qualcosa a così tanti anni di distanza sulla quale torno qualche volta a riflettere è proprio l’importanza che Silvetz e Mobley avevano (giustamente) attribuito a quell’incontro.

I Gladiatori avevano disputato un’eccellente stagione e noi tutti, ma solo noi italiani, sentivamo in qualche modo di essere già appagati; contenti di essere tornati in serie A e guardavamo al Silverbowl come un qualcosa in più. Loro, il coach e Mobley, la pensavano in modo decisamente diverso: tutta la stagione altro non era stata che il necessario percorso per giungere a quel Bowl ed il buon esito di un anno di fatiche dipendeva esattamente da quella partita.

Una sola squadra avrebbe vinto e tutte le altre ne sarebbero uscite perdenti, con l’altra finalista, i Saints ed i Mastini in prima fila come primi fra gli sconfitti.

Il roster del Silverbowl (1985)

Dopo tutto questo tempo, penso ancora a quello che resta l’unico Bowl cui abbia mai partecipato da atleta…

A volte mi torna in mente la cronaca di quell’incontro sfortunato, fatta di veri e propri lampi: lo stupore e l’amarezza nel vedere Paolo Mutti, che si era allenato tutto l’anno con noi a Roma, sedere sulla panchina dei Vikings ad impartire consigli… il nostro imperioso inizio di partita, prepotente, devastante, a mettere subito in chiaro chi fosse il più forte in campo… quel safety della nostra difesa dopo solo 1’30 dal pronti via… poi il touchdown di Mario Bazzucchi… quindi quello di Mobley… all’intervallo avanti 14 a niente, perché nulla avevano potuto i Vikings: dai che vinciamo! vinciamo!!!… terzo quarto che si apre con quella strana paura che si legge nei nostri occhi, ma andiamo all’ultimo periodo senza aver subito punti… poi il recupero disperato degli avversari… l’uno, due che ci colpisce allo stomaco e quella seconda trasformazione da due punti… la nostra paura, a questo punto di perdere… la rabbiosa replica nel finale, con quel lancio in end zone a Mancini, ancora così nitido che sembra vecchio di ieri: mancano meno di due minuti alla fine e perdiamo 14 a 15, ma abbiamo palla sulle loro 30 yds… la difesa abbocca ad una finta lead su Mobley che lotta in doppio ruolo come un leone ferito… Mancini con una Z fly lascia il cornerback sul posto… è solo in end zone e Gramigna, Adamo Poncho & c. mi danno tutto il tempo di questo mondo per lanciargli la palla… ecco la palla che scende verso quelle mani già aperte: è solo, incredibilmente solo, Mancini… io, l’intera linea di attacco e tutta la panchina alziamo già le mani al cielo…

La palla che cade a terra.

Avevo conosciuto Carl Mobley nel 1980 a Castelgiorgio e mai avrei pensato che un giorno lo avrei ricordato per quel suo volto bagnato, quasi irriconoscibile, che in fondo tante altre volte avevo visto a fine partita, ma questa volta non era a causa del sudore.

Le sue erano lacrime, copiose e grandi quanto il suo immenso cuore”.

Anche in coda a un Bowl promozionale di seconda divisione, anche se già promossi, rivediamo il finale baro di questo film, le rare occasioni perdute che ora sono macigni, il Gladiatore che, per l’ennesima volta, si rialza…