L’ULTIMO DEI NEURONI (BLU)
Per prima cosa partiamo dall’aspetto positivo: male che vada la stagione non sarà con un record negativo.
Bene, adesso occupiamoci del resto.
Ho passato la notte (visto che i miei non m’erano bastati ho avuto la bellissima idea di vedermi anche i Cowboys) con un unico pensiero in testa: cosa diavolo scrivo per commentare un 34 a 0? Cioè, oltre a mettere dieci quadratini neri, che rimane?
Ci provo, ma non garantisco.
1) Citarsi non è bello, ma a chi domenica scorsa non comprendeva i dubbi e le critiche che evidenziavo dopo la vittoria contro New Orleans, purtroppo ora è servito (così come i bontemponi che parlano di piagnistei). È bastato affrontare una squadra che non ha commesso errori e il bluff è venuto allo scoperto. Non trovo soddisfazione nell’aver avuto ragione, ma l’annata balorda è sotto gli occhi di tutti e le montagne russe alle quali il tifoso Giants è stato sottoposto fin dall’inizio ne sono l’indizio più lampante. I colpevoli?
2) Mah, quando una stagione va così il gioco del bersaglio è noioso. Parliamo di una squadra che ha talento in tutti in reparti, che per svariati motivi ha avuto problemi vari e che non ha potuto contare sugli elementi di spicco che lo scorso anno avevano fatto la differenza. Ma non perché non fossero in campo. C’erano, anche se di rado ce ne siamo accorti. I DE soprattutto; Tuck, JPP e Umeniyora non hanno quasi mai inciso. I LB ne hanno pagato le conseguenze e dopo una partenza brillante, persino Boley e Kiwanuka si sono adattati al ritmo da passeggiata domenicale che molti hanno tenuto. In difesa è ora di tirare le somme: soltanto un fantastico Rolle, un efficace Brown e un Blackburn mai domo sono da salvare. La delusione più grande è stata costatare come Amukamara, forse, non valeva una prima scelta. Eppure ieri la difesa ci ha tenuti in partita perché sul 17 a 0 ben 10 punti erano stati gentilmente offerti dal nostro attacco e inoltre, vista la lunga teoria di tre e fuori, la difesa è stata quasi sempre in campo, e allora cosa vuoi pretendere dato che di loro già fenomeni non sono?
3) Anche ieri la capacità di non essere letali in attacco ha vanificato gli sforzi. Sul 17 a 0 avevamo preso 151yds e Atlanta 132. Divertente, vero? Purtroppo nei momenti decisivi è mancato quell’istinto killer che spesso ci ha salvati, e mentre in passato quando c’era da far girare la partita i pezzi grossi alzavano la testa, oggi sembra che la nascondano sotto la sabbia. Nei primi drive soltanto Wilson ha mostrato qualcosa, per il resto silenzio. Qualche ricezione qua e là, ma nulla da tramandare ai posteri.
4) Potrei chiedervi di andare a rileggere gli ultimi due articoli, ma ve lo risparmio. Tynes ha sbagliato un altro FG facile facile. L’emblema del momento.
5) Ci sono momenti nelle partite in cui serve coraggio. Le cose vanno male e non puoi stringerti nelle spalle come se niente fosse. Per assurdo ieri siamo partiti col solito gioco aereo che ha prodotto un intercetto e una palla deflettata, col rischio del secondo intercetto, nei primi due drive. Poi sul 17 a 0 siamo passati alle corse, perché ovviamente a quel punto era importante stabilizzare il gioco a terra dopo che tutti i palloni erano scappati dalla stalla. Ma i nostri fini pensatori sulla sideline ieri hanno sfoderato molto del coraggio richiesto, giocando una serie di quarti down che neanche in tutta la carriera. Peccato che non ne sia stato chiuso uno che sia uno tanto gli schemi scelti erano banali e prevedibili. Ieri ho visto un Gilbraide in evidente stato confusionale, come se per chiamare uno schema tirasse prima i dadi.
6) E veniamo alla parte più dolorosa: a guidare l’attacco, come da poco più di un mese in qua, c’era Elictoplasma. È il simbolo di una squadra senza coraggio, che non rischia. Da prima del bye si limita a fare handoff o passaggini sul medio. Non sfodera più il braccio (e sappiamo che ce l’ha), non gioca a testa alta, non reagisce, scrolla le spalle e torna in panca. Verrebbe voglia di buttargli addosso una coperta o tirargli giù due denti, a seconda del momento, ma da queste parti siamo abituati a lasciar correre perché sappiamo che sono le sue fasi da luna storta. Ci rivedremo il prossimo anno Eli, se per questa stagione non ti va non te ne farò una colpa, so che devono passare altri quattro anni.
7) E se pure Bennet viene dimenticato, vuol dire che siamo arrivati.
8) Un applauso a Lumpkin, arrivato in situazione disperata, in un reparto decimato, due corse buone e via, verso la fine del contratto fra due partite. Mai però mi sentirete dire che rimpiango DJ Ware.
9) Atlanta Falcons. Senza dubbio è una squadra completa, efficace e dalle alte aspettative. La partita di ieri (come la nostra della domenica precedente) è ingiudicabile se davanti hai un avversario che non oppone resistenza. Quest’anno può arrivare in fondo sfruttando un elemento che in passato è mancato: giocherà sempre in casa, dato fondamentale. Ora sta a Ryan e soci dimostrare di essere pronti (e inoltre un mostro come Gonzalez quell’accidente di anello se lo merita proprio).
10) Non trovando qualcosa di buono da mettere come immagine della partita, ho ripescato una vecchia foto che ritrae Frank Gifford, e con tanto di autografo. Il bianco e nero, a mio modo di vedere, è sempre una combinazione più vivace di quel che ho visto ieri.
Ora, tre dati sono oggettivi: a) abbiamo perso l’inerzia (se mai l’abbiamo avuta) e la squadra è palesemente alla mercé dei venticelli che tirano da ogni parte. Si vede, si annusa; b) la sfiga è che non dobbiamo confrontarci contro un’avversaria di division, ma con due, ed entrambe col vento in poppa; c) malgrado tutto abbiamo ancora una possibilità perché se vinciamo le ultime due la sesta posizione è garantita. Se.
Come va ripetendo Coughlin: dipende da noi.
Come ribatto io: è proprio questo che mi preoccupa.
Quasi quasi voto per vedermi i playoff in santa pace… Che il fegato se lo finisca qualcun altro.