Epic in Miami

I playoff del 1982 in NFL hanno dato svariati spunti per accendere la fantasia degli appassionati, specialmente quello che accadde all’Orange Bowl di Miami nel divisional dell’AFC il 2 gennaio.

Nuvole sparse, umidità e 26 gradi alle cinque del pomeriggio aspettavano i Dolphins ed i Chargers sul campo.

Miami era guidata, ovviamente, da Don Shula ed aveva vinto l’AFC East con un record di 11-4-1, la cabina di regia era stata condivisa da due QB: David Woodley, passatore mediocre per la stagione (poco più di 2400 yards e 12 TD ma 13 intercetti) però discreto corridore con 272 yards e 4 TD con le proprie gambe; Don Strock, considerato tra i migliori QB backup della lega, e che era sceso in campo in ben 15 delle 16 gare di regular season. Ragguardevole era anche l’HB Tony Nathan che guidava la classifica della lega per portata media con 5.3, mentre la difesa era la quinta di tutta la lega per punti lasciati agli avversari e nelle ultime tre gare di regular season aveva lasciato agli avversari la miserrima cifra di 27 punti.

San Diego era un punto fermo della AFC West, essendo giunta alla terza vittoria di seguito nella divisione con un record di 10-6. L’attacco californiano era una bomba: primo in lega per punti segnati, yards su passaggio e yards totali, era guidato da Dan Fouts che in stagione aveva completato 360 passaggi su 609 per un record di più di 4800 yards e 33 TD. Chuck Muncie dimostrava che l’attacco non era solo aereo, con i suoi 19 TD da posizione di runningback che gli erano valsi la convocazione al probowl.

Dov’era la gabola? In difesa ovviamente, perchè quella di San Diego era un vero colabrodo sfondato, la ventiseiesima su 28 in legaper punti lasciati e ventisettesima per yards lasciate con oltre 6500.

 

L’inizio della gara fu tutto a favore degli ospiti con un field goal di Rolf Benirschke ed un TD di Chandler su un ritorno di punt di Miami, 10-0. Ok, c’era tempo di recuperare, ma Miami pareva essere rimasta al cenone di capodanno: si fece sorprendere dal kick off alto e corto dei Chargers che recuperarono palla e nel proseguimento del drive chiusero con un TD di Muncie per il 17-0, non contenti gli scatenati ospiti intercettarono un passaggio di Woodley ed avviarono un nuovo drive che si concluse con un altro touchdown per un traumatico 24-0.

Woodley pareva in confusione totale, il primo drive del secondo quarto rimediò un incompleto, due sack e un fumble fortunatamente ricoperto dagli stessi Dolphins, Shula lo schiaffò in panca e spedì in campo Strock, Miami dette segni di vita con un field goal che finalmente la mandò a tabellone ma soprattutto dette la carica alla difesa che forzò un fumble sul successivo possesso di San Diego e lo ricoprì dando a Strock subito la possibilità di accorciare ulteriormente: un touchdown di Joe Rose praticamente dimezzò lo svantaggio portando il risultato sul 24-10 per San Diego.

I californiani iniziarono a sentire il cambio di inerzia della gara, tanto da decidere, agli sgoccioli del quarto, di capitalizzare il più possibile le situazioni e dalle 37 dei Dolphins cercarono un field goal che potesse riportare il vantaggio ad oltre due possessi. Ma la trasformazione fallì e Strock, con 6 secondi a cronometro, riuscì a mandare Miami a TD realizzando assieme a Duriel Harris e Tony Nathan la 87 circle curl lateral, un perfetto esempio di “hook and lateral” che prevedeva un lancio sul wr che avrebbe percorso una sorta di uncino verso il centro del campo per poi passare all’halfback in arrivo a piena velocità. Al riposo, il tabellone segnava uno speranzoso 24-17.

 

Il momento positivo di Miami continuò anche alla ripresa del gioco con un drive da oltre 70yards che si chiuse con il TD del pareggio, fu in quel momento che l’attacco dei Chargers finalmente uscì da un torpore durato ormai ventri minuti di cronometro e ruppe la fase che arrideva ai Dolphins andando in TD con sei giocate per 60 yards, 31-24 per gli ospiti. La risposta di Miami fu altrettanto pirotecnica con sei giocate per il TD del pareggio, di cui l’ultima fu un passaggio da 50 yards per il TE Hardy.

A cavallo tra il terzo ed il quarto periodo Miami riuscì per la prima volta a trovare il vantaggio con un intercetto di Blackwood che giocò lateralmente la palla a Small, portando i Dolphins fino alle 15. La giocata terminò nell’ultimo quarto con la segnatura del 38-31, che mandò in visibilio chi non più tardi di un’ora e mezza prima si stava disperando per il 24-0 degli ospiti.

I minuti scorrevano con i padroni di casa in vantaggio, fu un fumble ricoperto dagli ospiti a dare l’ultimo drive a San Diego che giunse fino alle 9 di Miami con 58 secondi a cronometro, la pass rush di casa fu efficace perché costrinse Fouts ad un disperato passaggio cieco in endzone alla ricerca di Winslow che si vide passare la palla disperatamente sulla testa, senza poterla prendere.

Dietro di lui però c’era, completamente solo, il RB rookie James Brooks, inizialmente schierato per bloccare gli eventuali blitz verso fouts, ma che rimasto “senza lavoro” aveva deciso di attaccare la profondità ritrovando si nelle mani il prezioso pallone che sarebbe valso l’overtime, perchè pochi secondi più tardi Winslow il pallone era riuscito a toccarlo, ed era quello del field goal di Schamann, deflettendo e la velocità quanto bastava per renderlo innocuo e portare le squadre al tempo supplementare.

All’epoca vinceva chi segnava per primo qualsiasi tipo di punto, e con i giocatori esausti e disidratati si sperava che la cosa fosse rapida, invece l’imprecisione prese i team che si occupavano di calci: San Diego fallì un facile kick con la palla sulle 10 di Miami per colpa di uno snap squallido, Miami non riuscì a fare meglio con Schamann che calciò lento e si fece bloccare la palla. Finalmente Benirschke al terzo field goal dell’overtime, mise tra i pali la palla e la gara si chiuse con la vittoria di San Diego.

Furono gli stessi protagonisti con alcune loro dichiarazioni, a far montare l’aura epica di quella gara. Don Coryell, coach dei Chargers disse “I have coached for 31 or 32 years and this is tremendous…There has never been a game like this. It was probably the most exciting game in pro football history“, Shula gli fece eco “A great game…Maybe the greatest ever“.

Don Strock confessò riguardo la hook and lateral del secondo quarto: “We called it 87 Circle Curl Lateral, and, believe me, the damn thing never worked in practice.

Per la cronaca, dopo quella massacrante gara, San Diego si spostò a Cincinnati per il Championship, scendendo in campo per quello che più tardi fu ribattezzato il Freezer Bowl, giocato ad una temperatura avvertita di circa -50.