L’ULTIMO DEI NEURONI (BLU)

Capirete come sia diventato difficile portare avanti questa rubrica. Numeri? Giocatori? Strategie? In un mese non abbiamo più nulla di cui parlare con un certo criterio o che abbia un minimo d’interesse. Se vi annoio, ditemelo.

Riempirla di insulti sarebbe facile, ma a che pro? E il rischio di essere ripetitivi è sempre dietro l’angolo, proprio oltre quello spigolo là, contro il quale da un mese noi tifosi dei Puffi sbattiamo il cranio a raffica. E ormai anche le possibili risposte che proviamo a darci fin dalla preseason sembrano quanto di più stantio e ammuffito ci sia in circolazione.

Già, la preseason, perché le magagne cominciano da lì e il sottoscritto in parte le aveva documentate e, sebbene siano partite all’acqua di rose, certi segnali basta saperli cogliere e oggi, ripensando alla prestazione contro i Chiefs, per esempio, i nostri drive per tutta la partita sono inquietantemente simili a quelli agostani: prevedibili, inefficaci, spenti e oltre ogni possibile decente esecuzione. Già un mese fa mi lamentavo del fatto che dopo quattro partite l’attacco sembrava imbolsito, senza brio e incapace di un minimo di creatività, ma è preseason, mi dicevo, giusto per rincuorarmi un po’. Un corno.

Ora, tutti sanno che un attacco, il grande colpevole di questo inizio stagione, se non sta in campo crea problemi a tutta la squadra. Primo perché non segna; secondo perché se non ci sta lui c’è la difesa, e alla nostra non è che possiamo chiedere i miracoli per tutta la partita. Non lasciatevi ingannare dal tempo di possesso finale, 24 minuti per noi, perché a un certo punto il cronometro segnava quasi 20 per Kansas City e poco più di 5 per noi, e persino io capisco che così non si va da nessuna parte. Alla fine i tre e fuori non si contavano, così come le non-chiusure di terzi down.

Di mio posso dire che tiro fuori da qualsiasi responsabilità tutti i giocatori, nessuno escluso. Sì, perché se i problemi sono sempre gli stessi da anni i motivi possono essere soltanto due: o qualcuno li ha sopravvalutati e colpevolmente confermati, o qualcun altro non sa farli giocare. E qui arriviamo ai nodi, che hanno nomi ben precisi.

Tizio: colui che un tempo chiamavo Sbirulino, per via di quel naso rosso col freddo e, soprattutto, per la verve clownesca di affrontare una squadra che a volte restava incomprensibile. Non si possono negare i suoi meriti, come i demeriti. Tutti ne hanno, ma come ho detto nel commento alla partita coi Panthers, se la tua squadra fa schifo e i giocatori sembrano amebe, la colpa per prima cosa è tua, c’è poco da fare. Commento di Coughlin del dopo partita: “Bisogna tornare a lavorare”. Perché, prima cos’avete fatto?

Caio: quell’essere trichechiforme che va sotto il nome di Gilbraide, espressione di un’altra epoca, fervente seguace del corsa-corsa-lancio anche quando non ha RB, del TE questo sconosciuto, del “Ah, siamo ai playoff? Allora vario un po’…”, uomo che è intoccabile finché ci sarà Coughlin e che per fargli tirar fuori qualche schema che esca dal suo playbook scolpito nella pietra deve essere almeno al Championship, altrimenti non se ne parla. O vogliamo dire che è colpa dei tifosi se tre RB più un QB corrono per 98 yds in una partita?

Sempronio: l’iceberg di nome Reese, che galleggia nelle sue convinzioni, l’uomo del miglior talento disponibile al draft indipendentemente da quel che serve alla squadra, il manager che sì, ammettiamolo, ha azzeccato belle scelte ma ha preso anche delle bufale incomprensibili e fatto scelte al limite del ricovero (non vorrete farmi parlare dell’addio a Martellus perché voleva troppi soldi, dopo aver pagato Beatty quasi otto milioni, no?).

Voglio che l’aria della Scandinavia entri dalle mie finestre. A forza.

Poi, se vinceremo la division con un 7-9 fino a conquistare il Lombardi Trophy, ciò non cambierà di una virgola quel che ho visto in questo primo mese.

Sì, in definitiva il poco tollerante sunto è che la sideline deve essere rasa al suolo, ma come in ogni sceneggiatura che si rispetti c’è sempre un sopravvissuto, e il suo nome è Fewell, perché da tre anni lo costringono a ricominciare da capo con pochi caproni e un solo fenomeno (Rolle, che Reese pagò un botto, almeno lui), tranne poi addossargli colpe per qualsiasi cosa (lui sì è sempre a rischio, Gilbraide no, ci mancherebbe). Bene, un dato emerge su tutti: abbiamo incassato 146 punti in quattro partite… Colpa della difesa, direte. Un corno, perché ben 96 sono arrivati nel secondo tempo, dopo che la difesa aveva arato il campo per 2/3 della partita dato che l’attacco neanche si sporcava le divise con i suoi tre e fuori. Vogliamo fargliene una colpa ai volenterosi e poco più della Def se a un certo punto mollano? Alla fine dei primi tempi eravamo sempre a un’incollatura dagli avversari.

Ragazzi, il mio cuore è con voi.

Il rammarico, guardando il calendario, c’è eccome, perché a parte Denver, tutto il resto era battibilissimo e, se proprio vogliamo stare larghi, un 2-2 non avrebbe scandalizzato nessuno se avessimo giocato almeno da sufficienza. Stesso discorso per Kansas City, senza nulla togliere agli uomini di Reid, ma avendo visto tutte le partite, come penso che uno 0-4 per noi non corrisponda alla realtà (come prestazioni sì, come roster no, peccato che siano le prime a fare la classifica), lo stesso dicasi per il loro 4-0. Insomma, coi Giants che ho visto fin dall’inizio (forse come gioco la peggior squadra con Jax e Stl), hai bisogno di un ritorno per affossarci? Non è una squadra che mi travolge come gioco, ma è quadrata e bada al sodo, e tanto basta per avere un 4-0 in questa NFL dai molti traballamenti e poche certezze. Bravi loro.

E alla prossima sotto agli Eagles, o loro sotto a noi, ma credo cambierà poco in entrambi i casi.

Prosit. Se ne avete ancora la forza.