L’ULTIMO DEI NEURONI (BLU)

Avete presente il film di Aldo, Giovanni e Giacomo “Tre uomini e una gamba”? C’è una scena in cui Giovanni si mette a gareggiare (non ricordo a cosa) con un bambino nel parcheggio di un Autogrill; ovviamente lo batte e inizia a festeggiare con sonori “Ma vieeniiii…” bullandosi di aver vinto. Ecco, più o meno mi sono sentito così al termine della partita, e di certo non perché noi avessimo fatto la parte dell’adulto più abile, ma solo, una volta tanto, del bambino messo meno peggio. Più che altro cominciavo a disperare, non dovendo incontrare Jacksonville, di incrociare la strada con qualcuno più derelitto dei nostri amati puffi blu.

Le buone notizie arrivate dalla notte del MetLife Stadium in sostanza sono state due:

1) Ora che il deprimente zero nella casella delle vittorie è scomparso, possiamo anche toglierci di dosso l’aria falsamente naif di chi punta alla cifra tonda perché a New York fa figo.

2) Eli Manning ha chiuso la partita senza intercetti, vuoi perché ha rischiato poco, vuoi perché gli avversari ci si sono messi d’impegno per schivare i suoi palloni anche quando li avevano tra le mani.

A tutto questo unite un solo TO, fumbles nostri recuperati, drop che misteriosamente si rifiutavano di finire nella mani dei CB avversari e un povero Josh Freeman ritrovatosi nella divisa dei Vikings con l’espressione di un nero che entra per sbaglio in un bar nella profonda campagna del Mississippi, ed ecco che perdere anche questa gara diventava virtualmente impossibile.

Ma non è che non ci abbiamo provato, eh… Buon sangue non mente, neanche se è sangue blu, quindi per almeno i primi tre quarti sulla sideline e in campo i nostri si sono ingegnati sul come tenere in partita i Vikings e, se possibile, rianimarli dalla morte apparente come già successo coi Panthers, gli Eagles e i Bears, tanto che alla fine del primo tempo, con Freeman che aveva lanciato per 74 yds e Peterson corso per 9, è cominciata a serpeggiare la certezza che questa volta sarebbe stata davvero dura malgrado l’impegno profuso. E nel momento in cui nel giro di tre minuti Rolle manca un intercetto servito su un piatto d’argento, nel seguente ritorno Randle provoca un fumble da oratorio (suvvia, lo so anch’io che se corri lungo la sideline il pallone lo devi tenere dalla parte opposta da quella dove stanno arrivando gli avversari, cioè all’esterno) e quindi palla di nuovo a Freeman che non trova niente di meglio da fare che risparacchiarla tra le mani di Rolle (che due volte di fila non sbaglia di sicuro), allora capisci che di restare vittoriosamente vergini oggi non se ne parla proprio.

Per quanto riguarda i singoli, ben poche considerazioni possono essere fatte.

La difesa ha vivacchiato, ma davvero sfido chiunque dal sentirsi in pericolo con l’attacco messo in campo da Minnesota, tanto che i nostri sempiterni buchi una volta tanto non ci sono costati granché se perfino gente che avevo dimenticato far parte del nostro roster è riuscita a ricavarsi qualche minuto di gloria. Unica nota costante l’elettroencefalogramma piatto della pass rush, e per fortuna dico io: troppe emozioni insieme mi avrebbe ucciso.

Altra buona prestazione degli special team, che diventeranno davvero ottimi quando qualcuno finalmente dirà loro che lo scopo del gioco non è di andare a cercare i bloccatori avversari ma il tizio che ha la palla. È facile riconoscerlo ragazzi: sì, si tratta proprio di quello che sta correndo verso l’endzone a braccia alzate.

Attacco. La partita si può riassumere tutta nel momento in cui, sotto gli occhi allibiti di mia moglie, sono rotolato giù dal divano ridendo come un matto; ma come potevo farle capire l’ironia totale, il fine umorismo e il mirabolante sense of wonder della scritta apparsa sugli schermi dello stadio? Solo un genio del male poteva pensare di scrivere “Offense at work”. Ora, a parte la buona prestazione di Peyton Hillis che, proprio come Jacobs la settimana prima, ha mostrato un minimo di cuore pur essendo l’ultimo arrivato, gli argomenti che meritano un approfondimento sono pochi, a partire da Eli che sì, quest’anno ci sta mettendo ampiamente del suo quanto a errori e prestazioni nelle quali per trovare qualcosa di buono servirebbe Hubble, ma lunedì nei primi sei passaggi non ricevuti ho contato cinque drop dei WR che, onestamente, in questa stagione non è che gli stiano proprio dando una mano. E a proposito di mano, avere davanti una linea offensiva del genere non si augurerebbe neanche al peggior nemico; da questo punto di vista è stato un MNF curioso perché abbiamo assistito a una Gangbang al contrario, cioè uno solo (Jared Allen) che si faceva i nostri OL a turno. E a vederli sembrava proprio che la cosa fosse gradita. Da cineteca il sack su Manning mentre Beatty era fra loro due assolutamente incapace di fermarlo tanto da farsi abbracciare. Roba per cuori forti.

Jared Allen, Eli Manning

Sempre a proposito di mani non posso non arrivare al “caso” che sta animando le notti della Grande Mela di fede Giants, cioè tale soggetto che va sotto il nome di Hakeem Nicks. Sì, perché dei cinque drop tre sono stati suoi (per non contare quelli nelle precedenti partite) e ormai siamo arrivati al punto di doverci chiedere se il soggetto lo stia facendo apposta in vista di una possibile trade. La realtà è che Nicks vuole almeno gli stessi soldi di Cruz, noi non li abbiamo (anche se il prossimo anno il probabile, e da me augurato, taglio di Tuck, Webster, Baas e Kiwanuka ci porterebbe un risparmio di 20 milioni) e anche se qualche squadra interessata c’è dal buon Hakeem ci sarebbe poco da incassare come scelte, un po’ perché le ultime prestazioni non stanno certo facendo salire il suo valore, un po’ perché gli ultimi anni li ha passati più in infermeria che sul campo. È arrivato il tempo delle scelte e, in questi casi, per quanto mi riguarda, più drastiche sono e meglio è, soprattutto perché vedere ancora le sue prestazioni svogliate mi manda in bestia; tutti sanno quanto io straveda per Nicks, giocatore a cui ho visto fare cose assurde, sfortunato quanto a salute ma dal talento immenso. Hakeem, se devi prendermi per i fondelli a causa di soldi (che non vedrai mai neanche da altre squadre), fammi/fatti/facci un favore: fa’ spazio.

Insomma, alla fine della settima giornata di questa nostra personalissima via crucis, gli dèi del football hanno avuto pietà di noi. Il loro sguardo benevolo si è posato sul MeatLife Stadium e sul tetto di casa mia e, dopo aver tirato le somme, hanno deciso che era troppo. In fondo negli ultimi dieci anni molto ci è stato concesso ed è giusto che qualcosa torni indietro, però, per la miseria, non pensavo tutto in una volta e senza un minimo di preavviso. Domenica torneranno in scena gli Eagles, poi i Raiders e quindi (non nell’ordine e fra le altre) Packers, Cowboys, Chargers, Seahawks… Quel che mi preoccupa è che la stagione potrebbe assumere le sembianze e la consistenza di una colonscopia non richiesta.