2014 Draft Aftermath: Arizona Cardinals
Calato il sipario sul Draft NFL 2014, mentre le franchigie si apprestano ad entrare in una fase transitoria che porterà dapprima alle OTA (Organized Team Activities, cioè attività varie di squadra che spaziano dalle riunioni in sala film, a uscite al cinema, a cena…) e poi all’apertura dei camp di allenamento che preludono alla stagione regolare.
Il Draft è stato l’evento principe del mese di Maggio ed ha visto la selezione dei migliori prospetti universitari da parte delle squadre professionistiche.
Arizona si presentava ai nastri di partenza con una squadra solidificata da un primo anno sotto la guida del binomio Arians-Keim e da una ottima stagione chiusa sul 10-6. L’anno scorso Arizona si trovava a dover ricostruire la struttura dalle fondamenta, per cui il GM Steve Keim si era concentrato sulla conferma dei pochi pezzi pregiati e sull’aggiunta di elementi di talento che potessero aumentare il livello generale della squadra, indipendentemente dalla immediata necessità (o adattamento) di tali giocatori nel sistema di gioco.
E questa strategia si era dimostrata efficace, se non nel corto periodo (Arizona aveva iniziato infatti 3-4 con evidente problemi in cabina di regia e nella linea offensiva) quantomeno sul lungo raggio, se è vero che Arizona ha concluso 10-6 sfiorando l’accesso ai playoff nelle ultime giornate di stagione regolare. Il tutto contestualizzato nella competitiva NFC West, che a stagione conclusa ha portato a casa il Super Bowl ed entrambi i posti nell’NFC Championship.
Nessuno si aspettava dunque un cambio di filosofia così netto nella attuale off-season. Le firme di giocatori in free agency (come quella del T Veldheer) che possano dare un contributo da subito nello scacchiere a disposizione di Arians e Bowles, e la strategia seguita nel Draft sono sintomi evidenti della nuova consapevolezza e fiducia che inebriano il quartier generale di Glendale. L’impressione è che adesso il livello generale della squadra sia sufficiente per ambire ad una stagione da protagonista, per cui il GM Keim ha deciso di concentrarsi sull’aggiunta di giocatori in posizioni di immediata necessità, anche se questo ha significato rinunciare ad altri giocatori magari più talentuosi, ma meno funzionali al progetto.
Le motivazioni addizionali saranno date dalla sede del Super Bowl XLIX: la madre di tutte le partite si giocherà infatti a Glendale nella casa dei Cardinals.
I Cardinals si presentavano al draft con sei scelte (la settima è stata ceduta ai Raiders nell’affare Palmer). Non è nostra intenzione dare un “grade” al draft di Arizona, o alle singole scelte: pratica che lascia francamente il tempo che trova e che troppo dipende dalle preferenze personali. Piuttosto cercheremo di capire il perché si sia scelto quel giocatore, quale sia il contributo che possa dare nel sistema di Arizona e quanto adattamento sia necessario per divenire un pezzo importante della franchigia più vecchia della NFL.
Dunque i Cardinals hanno pescato al primo giro Deone Bucannon, SS da Washington State, membro della Pac-12. La chiamata per Bucannon è arrivata con la 27esima scelta assoluta, ottenuta dopo una trade con New Orleans che portava nel deserto anche il proprio terzo giro, in cambio della chiamata numero 20. Mossa che era stata auspicata nei giorni precedenti per una serie di motivi. Alla posizione 20 infatti non erano proiettati disponibili molti giocatori che potessero dare un contributo immediato alla causa di Arizona e un addizionale giro “basso” era desiderato per via della profondità della classe 2014. Tuttavia, nel momento in cui alla 20 rimaneva ancora disponibile Ha-Ha Clinton-Dix di Alabama, siamo rimasti un attimo spiazzati dalla mossa di Keim, salvo poi riconsiderare una serie di fattori che ci hanno fatto propendere verso un’accettazione entusiastica della strategia seguita.
Come antefatto fondamentale bisogna considerare che la posizione di safety era stata individuata come una di quelle da rinforzare nell’immediato date le palesi difficoltà nella copertura dei TE della difesa di Todd Bowles nel 2013 unita alla partenza di Yeremiah Bell. Il front office ha preferito dare la preferenza al ruolo di strong safety rimasto scoperto, a differenza di quello di free safety coperto da Tyrann Mathieu. Questo giustifica in parte la chiamata di Bucannon, scelto sopra una free safety come Clinton-Dix di Alabama.
Le qualità del ragazzo hanno fatto il resto. Un giocatore decisamente aggressivo che ben si adatta allo stile della 3-4 zone blitz di Bowles, con ottime qualità di colpitore e deciso placcatore. Il tutto contornato da delle ball skills notevoli che lo hanno reso giocatore da dieci intercetti nelle ultime due stagioni con i Cougars. La grande fisicità del ragazzo, dotato di un frame compatto e molto ben rifinito lo rendono adatto a compiti di copertura sulla corsa, come ottavo uomo nel box: il primo paragone che salta all’occhio è quello con Adrian Wilson, per anni colonna portante dei Cardinals.
I dubbi su Bucannon ci sono, perché è tutto fuorchè un giocatore completo: innanzitutto la prima perplessità che abbiamo avuto è quella relativa al momento della sua scelta, perché in tanti ritenevano Bucannon un giocatore da secondo giorno. Bisogna però valutare come nel draft appena passato molti defensive back siano stati scelti “bassi” e come San Francisco abbia pescato nello stesso ruolo pochi momenti dopo i Cardinals. Se ci aggiungiamo che Arizona è riuscita a scendere dalla 20 alla 27, prendendo lo stesso il giocatore che era il bersaglio fin dall’inizio e che ci abbia anche guadagnato un terzo giro grazie alla trade con New Orleans, allora la scelta pare giustificata.
Bucannon dal canto suo dovrà lavorare per leggere meglio alcune situazioni sul campo, per prendere angoli migliori verso il portatore di palla, e dovrà forse mitigare la sua natura di duro colpitore per evitare penalità gratuite. Inoltre per lui la copertura sui ricevitori avversari è una novità perché nella difesa di Washington State non era un compito richiesto frequentemente. Quelle poche volte che Bucannon è sceso nello slot a difendere a uomo si è trovato spesso battuto da cambi di direzione drastici di WR più fluidi di lui, concedendo facili ricezioni. Insomma una scelta che ci ha lasciato perplessi nei primi istanti ma che ad una profonda analisi sembra giustificata sia dal talento del giocatore che dalla necessità di coprire la posizione.
Durante il secondo giorno Arizona ci ha lasciato ancora più perplessi con delle chiamate discutibili, tuttavia come abbiamo detto non è nostra intenzione dare un voto alla scelte perché prematuro, ma ci sono spunti di interesse anche in questo caso.
Troy Niklas, TE di Notre Dame pescato al secondo giro, è un giocatore tipico degli schemi di Arians. Un giocatore possente che è discretamente abile nelle ricezioni sul corto raggio (anche se tende a perdere visuale sulla palla nel traffico) ma che è soprattutto abile nei bloccaggi dato il peso di 270 libbre. La necessità di un giocatore del genere era evidente se è vero che nell’anno appena trascorso il compito di sesto bloccatore in situazioni particolari (Short yardage, goal-line) era spesso compiuto dal T Bobby Massie. Niklas dunque si ritaglierà uno spazio da giocatore situazionale salvo poi valutarne l’evoluzione negli anni a venire: come già accennato le mani non sono superbe e la tecnica di bloccaggio rivedibile, ma il potenziale è notevole. Inoltre un giocatore con tali caratteristiche mancava nel roster di Arizona.
Le due scelte del terzo giro sono da analizzare con occhio leggermente più critico per vari motivi. Kareem Martin di North Carolina è un ibrido OLB/DE (anche se secondo chi scrive soprattutto DE da 4-3) con grandi mezzi fisici, ma che di fatto negli schemi di Arizona non trova una collocazione precisa. John Abraham è un rushbacker di eccezionale rendimento ma parecchio avanti con l’età e il suo apporto potrebbe calare da un momento all’altro per cui si potrebbe vedere la scelta di Martin come consequenziale a questo problema. Tuttavia non capiamo la necessità di portare a roster un altro giocatore con queste caratteristiche dopo la chiamata al quarto giro di Alex Okafor appena dodici mesi prima, che dovrebbe essere il sostituto naturale di Abraham. Martin non sembra inoltre possedere la necessaria fluidità per partire in two point stance. Martin è stato misurato a 272 libbre, peso che lo rende troppo leggero per i ruoli di linea nella 3-4 per cui anche in questo caso non si tratterebbe di un giocatore di immediato impatto. L’impressione è che si sia andati a pescare un giocatore dai buoni mezzi fisici e capace di assommare peso nella parte superiore del corpo perché diventi un giorno un fattore per la linea difensiva. Il passaggio a situazioni di linea difensiva a quattro ci appare una eventualità molto remota, così come l’utilizzo in altre posizioni in situazioni di pass rush occasionale, ruolo già ben coperto dal personale regolare (Dockett, Campbell e Abraham).
La chiamata di Josh Brown è stata forse quella più difficile da spiegare sia per l’evidente difficoltà di trovare materiale video/letterario sul giocatore, proveniente dalla D-2 e dal college di Pittsburg State in Kansas, sia perché il giocatore non sembra essere molto diverso da altri prospetti già presenti a roster. Andrè Roberts, giocatore molto veloce e discretamente bravo ad allungare il campo ha infatti deciso di lasciare i Cardinals per via dei pochi palloni che gli erano destinati dal QB Palmer. Brown dovrebbe inserirsi in questo contesto data la velocità eccezionale (4.34 sulle 40 yard, 10.50 sui 100 metri) e la buona tecnica unita ad una grande produttività, ma ci riesce davvero difficile pensare che possa dare un contributo aggiuntivo ad un reparto già altamente competitivo con la presenza di Ginn e Golden. Questo dovrebbe allo stesso momento porre fine alla carriera di WR di Teddy Williams che dovrebbe tornare a fare il defensive back. L’impressione è che la chiamata di Brown sia la replica della chiamata di Swope del 2013, cioè un giocatore situazionale che possa dare la scintilla grazie alla velocità di punta nel momento in cui gli sia recapitata la palla in mano. Ma soprattutto ci ha lasciato perplessi la chiamata di suddetto prospetto durante il terzo giro, decisamente troppo presto sia in rapporto ad altri WR presenti sul board al momento della chiamata, sia in rapporto al resto delle necessità di squadre che forse sarebbero state meglio coperte da un uomo di linea offensiva. La speranza è che Arians ci abbia visto giusto e che Brown possa diventare un contributore importante.
Così come è alta la fiducia che abbiamo in Arians quando si tratta di spiegare la chiamata del QB di Virginia Tech Logan Thomas. Un ragazzo dal frame fisico pazzesco, corridore possente e molto difficile da portare a terra con un singolo contatto. Il ragazzo ha tutti i tratti dei QB precedenti che sono stati tutorati da Arians, come Roethlisberger e Luck. Giocatori discretamente mobili nella tasca, capaci di prolungare la giocata con i piedi, con un braccio possente e molto ben strutturati fisicamente.
Logan Thomas è un giocatore con un braccio altrettanto potente ma davvero poco preciso. Arians aveva fatto un workout privato a Blacksburg con il ragazzo prima del draft per cui la chiamata per Thomas sembrava quasi scontata, tuttavia quando al quarto giro sono disponibili altri QB con caratteristiche che ben si sposano con la Vertical Offense di Arians e giocatori in altri ruoli che forse avrebbero dato un contributo più immediato, la speranza è che Arians ci abbia preso da buon QB guru qual’è.
Il footwork appare migliorabile, perché spesso Thomas è vittima di intercetti dovuti all’imprecisione impressa alla palla, le letture sono da sviluppare come la tecnica generale. Thomas si troverà a crescere con un coaching staff che crede in lui, senza necessità di essere schierato dalla prima settimana. Potrebbe trovare impiego in situazioni di corto yardaggio e goal-line dato il fisico longilineo e la domestichezza con il gioco su corsa (anche in option), tuttavia appare difficile pensare ad un suo impiego estensivo dal primo anno. Probabile che possa partire titolare nel caso ci siano partite a fine stagione che contano meno del solito, o in scampoli di partita a risultato già acquisito.
Ed Stinson è come tutti i prospetti di Alabama, un uomo di linea difensiva solido e abituato a giocare molte situazioni tipiche delle difese pro, come la zone blitz e anche la discesa in copertura della zona corta quando necessario, oltre ad una buona tenuta dei blocchi sul gioco avversario di corsa unita ad una discreta versatilità. Stinson si porta dietro dei dubbi relativi all’intensità di gioco che appare troppo costante (non è un giocatore in grado di fare la giocata esplosiva), oltre alla carenza di pass rush che lo portano spesso alla stregua di un run stopper puro, pur mancando in lui i tratti ideali del DT classico come il peso e la capacità di creare grande separazione dal blocco avversario. Tuttavia Stinson dovrebbe essere un giocatore capace di fornire un buon contributo in rotazione ed al quinto giro la sua scelta ci sembra solida.
Per quanto ci siamo sforzati di trovare un motivo per la scelta di Walter Powell al sesto giro, non siamo riusciti a trovare molto da segnalare, con rispetto parlando per un giocatore che darà il massimo per rientrare almeno nella practice squad. Fisico non imponente e velocità di punta non eccezionale non lo rendono un giocatore che possa dare un contributo decisivo, anzi dovrebbe fare fatica anche a rientrare nel roster dei 53. La speranza è che gli scout abbiano visto in lui delle caratteristiche interessanti: di certo le mani paiono solide perché nella combine ha preso tutto quello che gli è stato lanciato, e le doti da ritornatore potrebbero renderlo un elemento prezioso come sostituto nella practice squad da attivare in caso di sfortunati infortuni per i titolari. Con le prese di Powell e Brown gli scout hanno preferito dare la precedenza a giocatori che hanno almeno due anni di ottima produttività preferendoli a giocatori meno produttivi ma con migliori caratteristiche fisiche o che hanno affrontato un livello di competizione più alto.
Un rapido occhio anche agli undrafted free agent che i Cardinals hanno pescato. Fra di essi risalta il nome di Anthony Steen, guardia di Alabama. Giocatore molto versatile e capace di ricoprire più ruoli, caratteristica fondamentale dei giocatori che solitamente compongono la practice squad. Di contro, scarsa mobilità e potenza e braccia corte sono i suoi limiti principali.
Chandler Catanzaro, kicker di Clemson, potrebbe dare qualche grattacapo a Feely almeno nel training camp, data la buonissima gamba e la discreta precisione anche dalla lunga distanza unita ad un buon sangue freddo mostrato nel FG decisivo contro LSU nel Chick-Fil-A Bowl 2013.
Vogliamo spendere due parole anche per il prodotto di casa, Zach Bauman, RB di Northern Arizona. Giocatore compatto e dal fisico non longilineo ma con alta produttività (quattro stagioni oltre le 1000 yard) e decisamente solido. Le sue prestazioni hanno aiutato Nortern Arizona a salire alla ribalta nei playoff FCS negli ultimi due anni, ma senza un deciso upgrade fisico (manca di accelerazione e capacità di bloccaggio) Bauman non sarà mai un RB in NFL se non per dare respiro ai titolari in situazioni di emergenza.