2003 (terza parte)
Il Capitano prosegue nel ricordo del Presidente. Le sensazioni, le emozioni e i piccoli, grandi momenti di una fase significativa della vita si dipanano.
“Avrei bisogno di più tempo per riordinare tante immagini che nella mia memoria scorrono veloci come la pellicola di un film, mentre io vorrei arrestare i singoli fotogrammi per poterli ricordare tutti, uno per uno.
Sono stati tempi formidabili quelli che abbiamo vissuto grazie a Beneck io ed i miei compagni di avventura, più fortunati rispetto agli allora ragazzi del grande Gionni Colombo e che sicuramente avrebbero meritato più spazio nella memoria collettiva: Del Freo, Zoncati, Brambilla, Angona, Talone, Crosti, Dho e tanti, tanti altri.
A differenza di Colombo, Beneck era un mago della comunicazione e grande organizzatore di eventi, con in più uno spirito ed una carica che non possedevano nemmeno i più giovani fra noi: quando si trattava di progettare, nessuno riusciva a stargli dietro. Per Beneck, in primo luogo, il football americano doveva essere uno spettacolo e la partita in sé una sua componente.
Più di ogni altro, immeritatamente, io ho potuto godere di questa sua capacità, dei suoi mezzi, finendo con l’essere positivamente associato a quel periodo, a quei suoi progetti, spesso venendo identificato dagli addetti ai lavori nella più bella delle sue idee. La verità è che lui per primo in Italia intuì le potenzialità di questo nostro sport e senza Bruno Beneck i Gladiatori Roma non sarebbero mai esistiti.
Agli inizi del 1981 sfiorammo la clamorosa fusione che avrebbe potuto proiettare il nostro football americano al vertice assoluto in Europa, regalando all’Italia una leadership difficilmente contrastabile per gli anni a venire. Ed invece quell’anno la lega e l’associazione, per sempre divise, affrontarono separatamente la Germania: per prima la LIF e poi l’AIFA. Unendo le forze non ci sarebbe stata storia, per loro, come per nessun altro. Beneck e Colombo insieme: che cosa fantastica!
Ma le cose andarono diversamente.
Le sensazioni sgorgano copiose… e ora che ci penso, credo proprio che il nostro Presidente abbia aspettato che i suoi Gladiatori tornassero nell’arena, prima di lasciarci, sincerandosi che ci saremmo tutti impegnati a proseguire in quel solco da lui tracciato e lungo già più di trent’anni: sarà difficile farlo alla sua maniera, ma in fondo proprio Beneck ci ha insegnato che nello sport, nel gioco, si può tornare ragazzi. Da grandi.
Per il momento io preferisco ricordarlo come nel periodo più gioioso della sua vita, alla fine di quegli anni settanta, quando il football americano era un pianeta pressoché sconosciuto e Beneck ci conduceva per mano, come un papà, a scoprire un mondo che ci affascinava e che aveva certamente un diverso sapore. C’era sicuramente più gioia e disponibilità a concederci senza alcuna condizione, da parte di noi pionieri, perché prima di tutto amavamo quello che facevamo. Anzi, ora che ci penso, anche i lanci con quei palloni, oggi così fuori moda, erano diversi: sfarfallavano ed erano decisamente meno belli a vedersi, eppure viaggiavano lontano. Ed il segreto lo conoscono bene ancor oggi i Volterra, gli Sbordoni, i Benezzoli, i Gallivanone, perché sotto quelle cuciture c’era qualcosa che oggi sembra svanito, ridotto a semplice aria.”
Il rispetto, i ricordi migliori, qualche altra figura degna di nota, sono giustamente entrati a far parte della nostra storia. Che continua…