Chi e cosa ha cambiato “The Game”
Paul Brown
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Nessuno, negli ultimi cinquant’anni, ha rivoluzionato questo sport come Paul Brown, il primo allenatore dei Cleveland Browns.
La sua maniacale dedizione e la geniale abilità nel manovrare i giocatori in campo è diventata leggenda, e come pianificatore, allenatore ed esecutore non ha avuto eguali.
Riuscì a combinare scienza e psicologia al suo lavoro, cosa fino ad allora impossibile. L’elenco delle sue intuizioni riguardo le innovazioni è così vasto da renderlo paragonabile a Giulio Verne.
Fu il primo ad introdurre i test di intelligenza per i suoi atleti. In questo modo, l’idea che i giocatori fuori dal campo fossero esseri senza cervello fu accantonata per sempre.
Inoltre si occupava di scouting (la ricerca dei nuovi talenti) a tempo pieno e per tutto l’anno, aumentando le possibilità di scoprire chi fosse dotato di autentico talento ed i suoi metodi hanno dato a una spinta in avanti per renderlo la scienza (sebbene imperfetta) che è oggi.
Egli condivide, insieme ad un altro innovatore quale Sid Gillman, il merito di avere fatto dello studio dei filmati una religione. Brown fu comunque il primo ad analizzare le registrazioni delle partite per una continua valutazione di ogni singolo giocatore. Già la sola preparazione della partita divenne di per è una forma di studio. Ordinò ai giocatori di prendere appunti durante le riunioni, disegnare i giochi e, principalmente, imparare tutto a memoria.
Molti dei giocatori di oggi devono essergli grati per un’invenzione che senza alcun dubbio ha contribuito ad allungare le loro milionarie carriere, il face mask.
L’idea nacque sul momento, nell’intervallo di una partita durante la quale il suo pupillo, il QB Otto Graham, ricevette un duro colpo al viso dopo essere uscito fuori dal campo.
Per l’attacco creativo dei Browns, Graham, era semplicemente insostituibile. Nel secondo tempo Graham venne fuori dagli spogliatoi con questa strana barra a proteggergli la faccia. Tutto il resto, compresi gli eterni ringraziamenti di ogni giocatore, fa parte della storia.
Lo stesso Graham una volta disse: “Paul Brown è semplicemente anni luce avanti rispetto a chiunque. Gli sono grato per avermi dato la possibilità di giocare per lui. Ho imparato molto da lui riguardo al football, all’organizzazione e alla vita. E’ stato il più grande allenatore che io abbia conosciuto“.
Inoltre, Brown usava assicurare un lavoro a quei giocatori dei Browns che venivano a trovarsi la porta chiusa da atleti più forti. Gli trovava un impiego presso la compagnia di taxi del proprietario della squadra, Mickey McBride.
E ancora, sempre a Brown si deve l’introduzione del two-minute drill, quell’insieme di esercizi che servono a simulare gli ultimi due minuti di gioco, utilizzando anche il cronometro e divenuto uno standard per ogni partita giocata negli ultimi cinquant’anni.
Sempre Brown escogitò il sistema dei ‘messanger guards’. Infatti, la regola sulle libere sostituzioni era cambiata nel 1950, concedendo a Brown la possibilità di sostituire un offensive lineman ad ogni azione per portare il successivo schema di gioco al QB.
Nessun dettaglio sfuggiva al suo esame scrupoloso, e pochi sono in grado di discutere i risultati da lui ottenuti: i Browns vinsero 7 titoli nei suoi primi 10 anni da allenatore.
Morì, all’età di 82 anni, nel 1991 e nonostante l’instancabile applicazione dei suoi principi ed esercizi per allenare il corpo e la mente ad ogni situazione si ritenne sempre un fatalista. Lui stesso una volta ammise: “Puoi fare tutti i piani che vuoi, ma presto o tardi, in qualsiasi partita equilibrata, l’imprevisto può sempre accadere. Puoi ingannare l’avversario, o lui può ingannare te e questo può risolvere la partita“.
Sid Gillman
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Come Brown, Gillman fu un altro allenatore venuto fuori alla metà degli anni cinquanta. E’ ricordato come un brillante innovatore del passing-game, ma principalmente è stato un grande organizzatore ed abile scopritore di talenti. Dopo diversi anni non eccessivamente brillanti come assistente nei colleges fu scelto a sorpresa nel 1955 dal proprietario dei Los Angeles Rams per guidare la franchigia. Quello stesso anno i Rams vinsero il titolo della Western Conference. Il suo attacco, basato sul gioco aereo, in cui figuravano Norm Van Brocklin, Tom Fears e Elroy “Crazylegs” Hirsch, fu il più discusso ed imitato di tutta la NFL.
Nonostante le tre deludenti stagioni successive, gli fu data fiducia insieme al suo staff anche per il 1959. L’anno seguente diventò coach e general manager dei L.A. Chargers della giovane AFL. Qui le sue molteplici capacità si manifestarono rapidamente, ed a farne le spese furono le altre squadre che dovettero scontrarsi sul campo contro di lui. I Chargers si aggiudicarono il titolo della Western Division cinque volte nei primi sei anni di vita e in una di queste occasioni, nel 1963, quando i Chargers si erano nel frattempo trasferiti a San Diego, furono campioni della AFL.
I passaggi lunghi costituivano il nucleo del gioco di Gillman. Passava tanto tempo ad osservare i punti deboli delle difese per poi avventarcisi come un falco. Sosteneva che prima o poi capita il momento di piazzare un big play e con essi si possono risolvere le partite. Non gli piaceva stare lì a usare giochi che producevano piccoli guadagni, voleva a tutti i costi i big plays. In un intervista affermò “Non mi piace passare tutta la serata cercando di capire come fare a guadagnare tre yards“. Il suo ex allievo, il QB Ron Jaworski, ha sempre riconosciuto il contributo di Gillman nel tirar fuori e sfruttare la sua abilità. Lo stesso Jaworsky lo definì un genio e, secondo lui nessun altro essere vivente conosceva più cose riguardo il passing game.
A Gillman si deve l’introduzione delle regole per il bloccaggio e sempre a lui, insieme a Brown, si deve lo sviluppo dello studio dei filmati. E’ stato detto qualcosa a proposito della sua maniacale dedizione quando, dopo avere raggranellato i soldi per la sua luna di miele, ne spese metà per acquistare un nuovo proiettore per visionare i filmati. Interrogato in proposito Gillman naturalmente rispose in modo ovvio: “Sapete cos’è il football per me? E’ il mio sangue”.
Tom Landry
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Tom Landry una volta disse: “E’ molto semplice per me individuare in uomo colui che ha avuto la parte più grande nella formazione della mia strategia di gioco e nel mio modo di allenare. Quell’uomo è stato Paul Brown”.
Per Landry, riverito da tutti per il suo creativo genio difensivo, tutto ebbe inizio da una “lezione” di Brown ai suoi danni. Il pomeriggio del 20 novembre 1949, Landry era un rookie difensive back dei New York Yankees della vecchia All American Football Conference e fu preso di mira da Brown. Il ricevitore di Cleveland, Mac Speedie, a lui contrapposto quel pomeriggio stabilì i record per la AAFC di ricezioni (11) e yard (228) in una singola partita. Quello fu il momento più buio dei sette anni passati come giocatore professionista, ma apprese qualcosa di vitale importanza, qualcosa di profondo che avrebbe gettato le basi nella sua filosofia di allenamento: riconobbe i propri limiti. Capì che miglioramenti in tale senso andavano fatti attraverso una preparazione diligente e l’apprendimento continuo. Dal 1955, suo ultimo anno da giocatore (con i New York Giants), cominciò a decifrare il complicato intrico del nuovo sistema difensivo del coach Steve Owen, la cosiddetta “Umbrella Defense” (6-1-4). L’anno seguente, il suo primo da assistente dei Giants, Landry applicò il suo rivoluzionario prototipo, la famosa ‘4-3 Defense’. Quest’ultima sarebbe diventata il punto di partenza della difesa base della NFL dalla metà degli anni Settanta e la migliore difesa base di sempre nel football professionistico. Ma quello che lo elevò allo stato degli altri geni del football fu la determinazione a voler sempre cercare di migliorare le sue creazioni.
Così, pur non essendo stato precedentemente considerato un genio dell’altro lato della linea di scrimmage, cominciò ad escogitare un elaborato sistema per attaccare la sua difesa 4-3. Il risultato fu il complesso sistema offensivo dei Dallas Cowboys denominato ‘multiple-set offense’. Ma non si fermò lì, tornò a pensare a modifiche da portare alla 4-3, modifiche che diedero origine alla ‘Flex’ e successivamente alla tremenda ‘Doomsday Defense’. Fu grazie a lui e al suo genio che i Cowboys raggiunsero una ineguagliata serie di 20 stagioni vincenti consecutive, dal 1966 al 1985. Lo stesso Landry affermava che il punto di forza consisteva nella ricerca del nuovo: “Un leader di successo deve essere innovativo. Se non sei un passo avanti agli altri presto ti troverai un passo dietro tutti”. I suoi giocatori raramente lo videro in quest’ultima posizione. Don Meredith, allora QB di Dallas, raccontando un aneddoto disse: “Landry stava alla lavagna e mi spiegava: ‘Ok, noi faremo così….. e loro faranno così,’ Io che pensavo di saperne poco sul football risposi: ‘Coach, e se non lo faranno?’ Landry rispose semplicemente: ‘Lo faranno’“.
Bill Walsh
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Una volta ha semplicemente detto: “Sono stato molto fortunato a lavorare come assistente di persone che guardavano sempre avanti e che hanno nutrito il mio impulso creativo“. Uno di questi è stato Paul Brown. L’unione con Brown durò a lungo, per otto anni (dal 1968 al 1975) Walsh servì alla corte del maestro occupandosi dei QB e dei WR dei Bengals, la nuova franchigia di Cincinnati. I suoi sforzi per il progetto che comprendeva dettagliati schemi di gioco aereo non cominciò a San Francisco. “Ricordo esattamente quando iniziò” ha raccontato Walsh. “Paul Brown venne da me e mi disse di avere bisogno di maggiori possibilità sulle traiettorie. Io inserii la motion di un uomo del backfield aggiungendo così di fatto un ricevitore che ci dava delle opzioni maggiori. Fu un effetto domino. Presto ciò ci portò ad avere il migliore attacco. E tutto ha avuto origine dalla decisione del boss di provare qualcosa di nuovo“.
Walsh nel gennaio del 1979 fu chiamato a ricostruire i 49ers e presto nacque la sua famosa ‘West Coast Offense’. Era un ritorno al passing game dei bei tempi di Cleveland che dava estrema importanza alla precisione ed al perfetto timing fra QB e ricevitori. In Joe Montana, Jerry Rice, Roger Craig, John Taylor ecc. trovò i perfetti esecutori del suo modello di short-game passing attack ed i 49ers dominarono gli anni ’80 vincendo quattro Superbowls. “Devi tenere duro nel portare avanti la tua idea” ha detto Walsh. “La peggiore cosa che ti può capitare è di uccidere la tua idea prima di avere avuto la possibilità di svilupparla”.
Famoso per la sua creatività, organizzazione ed insegnamento, adesso ha aggiunto la saggezza dell’età. A 66 anni ha prontamente riconosciuto che nel grande circo del football professionistico raramente si inventa qualcosa di nuovo. Una volta ha detto: “Ci sono nuove idee che vengono fuori, ma spesso hai già avuto modo di vederle da qualche parte nella storia di questo sport“.
Pete Rozelle
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Un impareggiabile leader che ha portato il football pro allo stato di adorazione nella vita americana contemporanea. Rozelle raggiunse la vetta della NFL precocemente all’età di 33 anni quando era general manager dei Los Angeles Rams. Nel 1959, il suo terzo con i Rams, fu artefice di uno storico scambio di nove giocatori dei Rams ai Chicago Cardinals in cambio del futuro Hall of Famer running back Ollie Matson. L’anno dopo fu eletto Commissioner della Lega succedendo a Bert Bell.
In questo ruolo, dal 1960 al 1989, ricevette continue onorificenze per il suo contributo nello sviluppo del football professionistico, che sotto il suo regno superò il baseball al primo posto come numero di spettatori. Fu lui che negoziò i primi contratti multimilionari con le TV; grazie al suo contributo si arrivò a disputare il Superbowl I; sempre grazie a lui si arrivò alla fusione della AFL e della NFL. Sotto il suo occhio vigile fu creata la “NFL Properties” che, con la vendita del merchandising, portò grandi profitti alla Lega.
Art Modelll (proprietario dei Browns e successivamente dei Ravens) una volta dichiarò che tutto ciò che vediamo negli stadi ogni domenica si può attribuire alle idee e al talento di Rozelle.
Nel tentativo di realizzare l’unione AFL-NFL dovette guardarsi dalle tante schermaglie e correnti trasversali create da alcuni proprietari ribelli, il principale dei quali fu Al Davis degli Oakland Raiders, ma alla fine raggiunse l’obiettivo. Ironicamente, però, le minacce di rottura più gravi vennero dal proprietario che alla fine col suo voto portò la maggioranza che permise la realizzazione del progetto di fusione delle due Leghe rivali nella sua forma attuale. E chi poteva essere questo proprietario? Nessun altro che Paul Brown dei Cincinnati Bengals.
Gli innovatori dei vecchi tempi
Vediamo adesso alcuni principali protagonisti che hanno contribuito allo sviluppo del football professionistico nel periodo antecedente la Seconda Guerra Mondiale.
George Halas
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Su un fatto gli appassionati di questo sport sono indiscutibilmente d’accordo, Halas è da tutti considerato il patriarca del football pro. Nessun uomo ha avuto maggiore responsabilità nel formare questo sport come lo vediamo oggi, dal gioco sul campo alle regole che lo governano. Proprio dalla più famosa delle leghe nata nel 1920, Halas tirò fuori i Chicago Bears (nati come Decatur Staleys) e ne fu giocatore ed allenatore. Nel 1932, come presidente della commissione che decideva le nuove regole, fu il fautore dell’approvazione di due memorabili novità nel gioco. A partire dal 1933, infatti, il passaggio in avanti divenne legale se effettuato da qualunque parte dietro la linea di scrimmage. Precedentemente, chi effettuava il passaggio doveva trovarsi più indietro di almeno 5 yard dalla stessa linea.
Quello stesso anno le hash marks furono spostate di 10 yard verso l’interno del rettangolo di gioco. Questa scelta di fatto regalava all’attacco un down extra. Infatti fino ad allora un down veniva sprecato nel tentativo di portare la palla verso il centro del campo in una posizione di gioco decente dopo un’azione che si fosse conclusa fuori dal campo.
Halas dovette superare non senza difficoltà il periodo della Grande Depressione, quando il football non aveva raggiunto grande popolarità, e grazie anche all’inestimabile aiuto del suo staff portò alla fine degli anni Trenta alla rinascita della T-formation. Alla fine della sua storica carriera, attraverso cinquant’anni, era ancora presente per la sesta vittoria della sua squadra del titolo NFL nel 1963.
Red Grange
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Nel 1925 Halas mise sotto contratto “The Galloping Ghost”. Questa operazione diede linfa vitale allo sport e fece guadagnare quel rispetto di cui la disperata NFL era alla ricerca nella sua lotta per non essere giudicata come un figlio bastardo del college football. Grange, che al college era stato la stella più grande di Illinois, fu la cartina tornasole di cui la giovane Lega aveva bisogno. La sua maratona con cui insieme ai Bears attraversò il paese e che li vide disputare 8 partite in 12 giorni (17 partite fra il Thanksgiving Day e la fine di Gennaio) creò quell’interesse che portò centinaia di migliaia di nuovi fans.
Clark Shaughnessy
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Il diligente e brillante Shaughnessy, nella qualità di consigliere non ufficiale dei Bears degli anni Trenta, ebbe un grande ruolo nel lavoro svolto da Halas per riportare in auge, rinnovandola, la T-formation. La sua capacità più grande ha riguardato le ‘definizioni’ su ogni aspetto, dalle posizioni alle formazioni, agli allenamenti, regolamentando un sistema di comunicazione fra allenatore e giocatori.
Don Hutson
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La stella dei Packers (dal 1934 al 1945) diede al gioco aereo una dimensione mai vista fino ad allora. La superiore abilità e la velocità di Hutson costrinsero le difese ad adottare una doppia copertura su di lui e spesso anche a triplicarla. La quale cosa fino ad allora non era stata nemmeno immaginata.
Sebbene siano passati oltre cinquant’anni da quando smise di giocare detiene ancora diversi importanti record della NFL, comprese più stagioni come leader delle ricezioni (otto), yard (sette) e touchdowns (nove). Questo in un periodo in cui le squadre effettuavano una media di 10-12 passaggi a partita.
Sammy Baugh
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Il più grande back che abbia giocato la Triple-Threat nella storia della NFL. “Slingin’ Sam” impressionò il mondo del football professionistico con la sua abilità nel trovare i suoi ricevitori con lanci lunghi. Sin dal suo esordio nel 1937 portò alla vittoria del titolo NFL i Redskins con i suoi palloni che venivano scagliati in lungo e in largo da ogni parte del campo. Rimane famosa l’esecuzione, per la calma e la sicurezza, di un passaggio su di un quarto down dalla sua end-zone per un guadagno di 42 yard durante la finale del 1937. Fu inoltre un altrettanto eccellente punter e detiene ancora il record della più alta media in carriera (45,1).
Le cinque principali innovazioni
Dopo avere parlato degli uomini andiamo adesso a vedere quali sono state le cose che hanno portato grosse novità spesso alterando questo sport negli oltre cinquant’anni trascorsi:
Free Substitution
Nel 1950, il football professionistico riprese fiato. La regola che rendeva libere le sostituzioni (dopo essere stata sperimentata dal 1943 al 45, quando i ranghi delle squadre si assottigliarono per via della guerra in corso) fu adottata permanentemente. In pratica quello fu il giorno che decretò la fine dei giocatori che venivano usati sia in attacco che in difesa. Nascevano così i primi specialisti di attacco e difesa.
La difesa 4-3-4
La difesa 5-2-4 era stata la difesa tipica della NFL per tutti gli anni 40. Ma per spegnere (temporaneamente) il motore dell’autotreno chiamato Cleveland Browns il coach Steve Owen, dei NY Giants, ideò la 6-1-4 “Umbrella”. Successivamente risistemata, dal suo assistente Tom Landry si arrivò alla 4-3-4 sul finire del decennio. Grazie a lui era così nata la più celebrata stella dell’altro lato della linea di scrimmage, il middle linebacker.
“In the grasp” e altre regole che aiutarono l’attacco
Tanto tempo è passato dai giorni in cui lo staff degli Eagles incoraggiava i loro giocatori con taglie di 10 $ sul QB avversario causando episodi come quando il difensive end dei Bears, Ed Meadows, spense le luce di Bobby Layne, QB dei Detroit Lions, nel 1956. Oggigiorno il cambiamento delle regole “che hanno reso il QB simile a un a femminuccia” avrebbero fatto ridere a crepapelle Otto Graham o Sammy Baugh. L’infame regalo del 1991 “In the grasp” per preservare il QB è stata la più nota di tanti cambiamenti a favore dell’attacco per permettere un gioco più spettacolare.
La Safety Blitz
Il 17 settembre 1961, in una partita contro New York la free safety dei St.Louis Cardinals Larry Wilson colpì dal lato cieco il QB dei Giants Charlie Conerly. In quel preciso momento era nato il safety blitz, creato ad opera degli assistenti dei Cardinals Chuck Drulis e Ray Willsey. Wilson ebbe un’ottima carriera che lo portò fino alla Hall of Fame e gli schemi di bloccaggio delle linee di attacco da quel giorno dovettero essere riscritti.
L’Astroturf e gli stadi al coperto
Forse è stato una specie di nirvana per la collettività, per i proprietari degli skybox o per i venditori alloggiati nei corridoi degli stadi, ma certamente i Domes hanno tolto un certo fascino, e perché no, un po’ di divertimento a tutti quei fan orgogliosi di seguire una partita al freddo col tempo inclemente. L’astroturf ha sicuramente favorito l’incrementarsi degli infortuni al ginocchio anziché migliorarli e inoltre ha portato un nuovo disturbo del piede, il cosiddetto ‘alluce da sintetico’ (toe turf).
Il primo stadio al chiuso (Dome) nacque nel 1965, quando Houston aprì il suo imponente santuario, l’Astrodome. Dieci anni però dovettero passare prima che i campi in sintetico iniziassero a proliferare, stavolta toccò a New Orleans (Superdome) ed a Pontiac (con il Silverdome). Successivamente fu il turno di Seattle, Minneapolis, Indianapolis, Atlanta e St.Louis. Una volta il general manager dei Cowboys, Tex Schramm, mentre accompagnava alcune mogli di giocatori in una visita al Texas Stadium, quando una di loro fece riferimento a quanto duro fosse il terreno di gioco, egli le fece notare che era solo per questo che fosse permesso loro di camminarci sopra.
I pionieri del proprio ruolo
Questi giocatori hanno lasciato un segno indelebile nell’era moderna:
Bill George
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Nell’ordine: Bill George, Joe Schmidt, Sam Huff e Les Richter
Chi è stato il primo middle-linebacker? Nessuno può dirlo con certezza, ma due anni prima che Tom Landry lanciasse ufficialmente la sua difesa 4-3, George, giocatore della line difensiva dei Bears nel ruolo di middle-guard, effettuò alcuni spontanei aggiustamenti, durante una partita contro i Philadelphia Eagles nel 1954, cominciando a spostarsi all’indietro durante le situazioni di passaggio. Ma non si può menzionare George senza ricordare gli altri come Joe Schmidt, Sam Huff, Les Richter, che hanno contribuito allo sviluppo di questo ruolo.
Pete Gogolak
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Il kicker dei Buffalo Bills del 1964 e poi dei N.Y. Giants, l’ungherese Gogolak, aveva iniziato a calciare un pallone sin dall’età di tre anni. Quando vide per la prima volta in televisione calciare il grande Lou Groza, Gogolak pensò che quello stile fosse molto buffo. In seguito il suo stile ‘Soccer’ (anche detto del calcio laterale) divenne quello standard in tutta la Lega, e la tecnica del calcio dritto sparì.
Joe Namath
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Ci sono state altri grandi stelle prima di lui, ma toccò a ‘Broadway Joe’ dare celebrità a questo sport. Sempre ricordato per la ‘Garanzia’ che i suoi Jets avrebbero trionfato nel Superbowl III, aveva perà già raggiunto grande fama nell’istante della firma di giovane QB della AFL di un contratto senza precedenti di 437.000 dollari nel 1965.
Fran Tarkenton
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‘The Scrambler’ corse più in cerchio che per linee dritte. Nella sua prima partita con i Minnesota Vikings, il 17 settembre 1961 sconfisse i Chicago Bears 37-13 sbalordendoli con le sue strampalate corse. Si ritirò nel 1978 dopo avere accumulato più di 50.000 yards fra passaggi e corse, il primo giocatore a raggiungere questo traguardo.
Lawrence Taylor
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Tanti outside-linebacker sono stati eccellenti nei blitz, nel contenimento, nelle coperture prima di Taylor, ma ‘LT’ interpretò questo ruolo ridefinendolo con le sue non comuni doti di velocità, peso e capacità di terrorizzare gli avversari con la sua presenza. Non è stato un giocatore che leggeva il gioco e reagiva di conseguenza, no, fu un cane pazzo aggressivo sempre in caccia. Ogni cosa che si muoveva con un pallone diventava immediatamente la sua preda.