La Storia dei Bears

Hanno attraversato l’intera storia della NFL: sono i Chicago Bears, e questa è la loro avventura.

Il 17 Settembre 1920, i rappresentanti di quattordici squadre di football del Midwest si riunirono allo showroom Hupmobile di Ralph Hay, sito a Canton, Ohio. All’ordine del giorno, la creazione di una Lega, con due fondamentali obiettivi: da un lato, dare finalmente a quell’area del Paese un Campione; dall’altro, l’incremento delle vendite di biglietti. Il gruppo decise di formare l’American Professional Football Association.

Unica condizione per unirsi alla Lega era il pagamento di un contributo di 100 $. George Halas, all’epoca giocatore – allenatore dei Decatur Staleys, fu tra i maggiori promotori di quell’incontro, che avrebbe dato vita all’odierna NFL.
Nel primo anno di vita della neonata Lega, gli Staleys lasciarono a secco ben dieci dei loro tredici avversari, chiudendo con uno strepitoso 10-1-2.
L’unica battuta d’arresto fu in occasione della sfida contro i Chicago Cardinals, terminata 7-6 in favore di questi ultimi. Comunque, la squadra di Halas si piazzò al secondo posto finale, preceduta dagli Akron Pros, che chiusero sul 8-0-3. Ad ogni giocatore fu corrisposta la ragguardevole somma (per quei tempi) di 1.900 $.

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Il leggendario George Halas

Nel 1921, a George Halas venne attribuito il pieno controllo della squadra dal proprietario A.E. Staley; quest’ultimo pagò al coach anche 5.000 $, affinché il nome Staley venisse mantenuto ancora per un altro anno.
Tuttavia, Halas trasferì la squadra dalla piccola cittadina di Decatur, Illinois, a Chicago, scegliendo come proprio campo il Cubs Park. Il primo anno della franchigia nella nuova sede fu eccellente, tanto da chiudere sul 9-1-1, che diede agli Staleys la vittoria finale nella Lega.
Una piccola curiosità: la decisione di spostare la franchigia (nelle cui casse erano rimasti solo 7 $ !!!) non trovò tutti d’accordo. Un certo Bill Harley, infatti, si oppose fermamente, e si andò alla conta: otto voti a favore di Halas e Dutch Sternaman, solo due per Harley: i Bears erano ormai venuti alla luce.

Una volta scaduto il contratto con A.E. Staley, nel 1922 George Halas, volendo onorare sia il presidente dei Cubs, William Veeck, che William Wrigley, pensò di rinominare gli Staleys come Chicago Cubs.
Si accorse, tuttavia, che i giocatori di football erano più grandi e massicci rispetto ai colleghi del baseball, e così da Cubs (orsacchiotti), si passò a Bears. I colori blu marina ed arancione, ancora oggi utilizzati dalla squadra, vennero mutuati da quelli dell’Università di Illinois, presso la quale aveva studiato Halas. Il capitale iniziale delle nuova franchigia era di 15.000 $, 2.500 dei quali sborsati da Halas di tasca propria.
I Bears tentarono nuovamente di conquistare il titolo, ma chiusero sul 9-3.
Tuttavia, la maggiore novità venne dal mercato giocatori: i Bears rilevarono il contratto del tackle Ed Healey dai Rock Island Independents per 100 $, il doppio rispetto alla media di una franchigia in quella stagione.
Altra piccola nota di colore: una volta giunto a Chicago, Halas si accordò con Veeck per avere il Wrigley Field; Veeck glielo concesse, in cambio del 50 % degli incassi e di un fisso annuale. Halas ottenne il permesso di stampare i programmi delle partite e di incassarne i proventi. Cosa c’è di tanto strano? Si trattava di un accordo verbale! Questo gentlemen’s agreement durò per cinquant’anni senza subire alcuna modifica.

Anche nel 1923, i Bears continuarono ad essere una delle maggiori squadre del pro football, chiudendo sul 9-2-2. Ma nuovamente non riuscirono a conquistare il titolo, vinto invece dai Canton Bulldogs, che terminarono al primo posto sul 11-0-1.

La medesima situazione si verificò l’anno successivo: una sconfitta per 16-14 per mano dei Canton Bulldogs costituì la linea di discrimine tra il primo ed il secondo classificato.

Il 1925 vide una crisi generalizzata del football professionistico: molte squadre, pesantemente indebitate, stavano chiudendo i battenti; il pubblico, inoltre, non degnava di grande stima il movimento, ed anzi considerava i giocatori come persone non in grado di procurarsi un lavoro rispettabile. Il college football era il principale sport dell’epoca, ogni partita faceva registrare il tutto esaurito, ed i tifosi tenevano i giocatori nella massima considerazione.
Nessun atleta era più rispettato ed ammirato di Harold “Red” Grange, dell’Università dell’Illinois. Tuttavia, la prospettiva cambiò radicalmente, ed il football non fu mai più lo stesso, quando Grange firmò un contratto da ben 100.000 $ con i Bears il 22 Novembre, al termine della stagione universitaria. Per sfruttare al massimo la firma di Grange, e per aiutare le squadre più in difficoltà della Lega, George Halas ideò una tournée di ben diciassette partite, da una Costa all’altra, che avrebbe avuto luogo tra il 26 Novembre ed il 31 Gennaio. La tournée iniziò nel giorno del Ringraziamento al Wrigley Field, allorquando i Chicago Cardinals concessero sole 36 yards al “Galloping Ghost” (“Fantasma Galoppante”, il soprannome di Grange), al suo debutto tra i pro, e le due formazioni della Città del Vento chiusero sullo 0-0.
Quel ciclo di incontri si chiuse per i Bears con un eccellente 11-4-2. Grange impressionò i tifosi da New York a Los Angeles, ed il football professionistico cominciò a godere di maggior considerazione.
Ma il risultato più importante di quella tournée fu la salvezza della NFL, e di alcune sue pietre angolari, tra le quali i New York Giants.

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Il mitico RB Harold “Red” Grange

Dopo una sola stagione, nel 1926, i Bears persero il loro numero 1: Grange ed Halas non riuscirono a trovare un accordo per il secondo anno. In realtà, l’agente di Grange, C.C. Pyle, non aveva alcuna intenzione di far rifirmare il suo assistito coi Bears; al contrario, formò una sua squadra, i New York Yankees, che giocò nella rivale American Football League.
Anche senza Grange, i Bears disputarono comunque una buona stagione, chiudendo al secondo posto sul 12-1-3.

Nel 1927, dopo che la AFL aveva chiuso i battenti, la NFL aprì la propria porta ai New York Yankees. Nel primo incontro tra Grange e la sua ex squadra, la carriera dell’atleta venne seriamente messa a repentaglio, a causa di un gravissimo infortunio al ginocchio.
I Bears mostrarono nuovamente di essere una delle potenze della Lega, chiudendo terzi sul 9-3-2.

Quella del 1928 fu la peggior stagione degli Orsi dalla loro fondazione: con cinque sconfitte, si piazzarono a centro classifica, terminando con un mediocre 7-5-1.

Nel 1929, Red Grange, ristabilitosi dall’infortunio rimediato due anni prima, fece ritorno ai Bears. Tuttavia, avendo perso molta della sua straordinaria velocità, si concentrò principalmente sulla difesa.
Nonostante il suo ritorno, i Bears vissero la loro prima stagione perdente, con un pessimo 4-9-2 finale. Al termine del campionato, George Halas si ritirò dall’attività agonistica, ed ingaggiò Ralph Jones per prendere il suo posto in qualità di head coach.

Nel 1930, al termine di una stagione chiusa sul 9-4-1, i Bears ed i Cardinals si affrontarono in una partita di esibizione al coperto il 15 Dicembre al Chicago Stadium, per raccogliere fondi da destinare a coloro che erano rimasti disoccupati a causa della Grande Depressione. I Bears vinsero quella prima gara indoor, disputatasi su un campo da 80 yards, imponendosi col punteggio di 9-7.

Altra stagione perdente fu quella del 1931: i Bears si piazzarono al terzo posto, con un deludente record finale di 8-5.

Nel 1932, dopo che i Bears ed i Portsmouth Spartans avevano chiuso appaiati al primo posto, la Lega decise che il 18 Dicembre si sarebbe disputata una finale per decidere la squadra vincitrice del titolo. Ma il maltempo costrinse gli organizzatori a spostare la gara in un impianto indoor, e si tornò ancora una volta al Chicago Stadium. I Bears vinsero per 9-0 e conquistarono il titolo, davanti a ben 11.198 tifosi.
Trascinatore della squadra fu Bronko Nagurski, che imbeccò Red Grange con un TD pass da due yards.
Quella stagione, tuttavia, non fu certo un successo per la Lega, con molte franchigie in difficoltà economiche a causa della Depressione. Nonostante la conquista del titolo, i Bears persero ben 18.000 $: ciò spinse il comproprietario Dutch Sternaman a cedere la propria quota a George Halas.

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Bronko Nagurski

Quest’ultimo, al fine di contenere i costi, ritornò in panchina nel 1933, rimpiazzando Ralph Jones. Per la prima volta, il patron portò i suoi giocatori al training camp, che si svolse presso l’Università di Notre Dame.
Il ritorno di Halas alla guida tecnica portò i Bears ad un record di 10-2-1, che consentì loro di vincere la Western Division e staccare il biglietto per la prima finalissima NFL. In quel match, i Bears ospitarono i New York Giants al Wrigley Field il 17 Dicembre. Grazie agli undici punti messi a segno dal loro rookie kicker Jack Manders, i Bears si portarono in vantaggio 23-21 verso la fine dell’ultimo periodo. Nel momento decisivo dell’incontro, il wingback dei Giants Dale Burnett partì in campo aperto, con il solo Red Grange a sbarrargli la strada verso la meta. A complicare le cose, il centro dei newyorchesi Mel Hein seguiva Burnett, pronto a ricevere lateralmente il passaggio se Grange avesse placcato il compagno. Il “Fantasma Galoppante” reagì all’istante, afferrando Burnett al torace ed impedendogli di eseguire il passaggio laterale.
I due stavano cadendo a terra, quando nello stadio risuonò il colpo di pistola che mise fine all’incontro: furono così i Bears a vincere il titolo NFL.

Il 31 Agosto 1934 vide la prima edizione di una classica: ben 79.432 spettatori, convenuti al Soldier Field, assistettero alla sfida tra i Campioni NFL e la squadra delle All-Star dei college americani, organizzata per beneficenza dal Chicago Tribune, e conclusasi sullo 0-0.
La stagione regolare vide l’esplosione del rookie Beattie Feathers, che per la prima volta nella storia della NFL superò le 1.000 yards; i Bears terminarono imbattuti sul 13-0, vincendo nuovamente il titolo divisionale e guadagnandosi l’accesso alla seconda finale consecutiva. Si trattò di una ripetizione dell’incontro dell’anno precedente, ma questa volta i Bears si spostarono a New York per difendere il loro titolo di Campioni.
All’intervallo, i Bears conducevano per 10-3; entrambe le squadre avevano i loro bei problemi a guadagnare yards sul campo ghiacciato del Polo Grounds Field. I Giants rientrarono dagli spogliatoi indossando scarpe da basket, aumentando così la presa sul terreno, al contrario dei Bears, che continuarono a scivolare. Furono i padroni di casa ad imporsi per 30-13 in quella che venne soprannominata “The Sneakers Game” (la partita delle scarpette da ginnastica), mettendo fine alla stagione immacolata dei Bears.

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Beattie Feathers

Lanciati verso una stagione perfetta, nel 1935, i Bears si squagliarono come neve al sole, rischiando di chiudere all’ultimo posto nella Western Division: chiusero terzi, appaiati a concittadini Cardinals, con un deludentissimo 6-4-2.

Il riscatto avvenne l’anno successivo: con una difesa feroce, che concesse soli 94 punti (record di Lega) agli avversari, i Bears rientrarono in corsa per il titolo; ma qualche sconfitta di troppo fece loro mancare l’obiettivo, e chiusero sul 9-3.

Nel 1937, i Bears conclusero sul 9-1-1, che valse loro il titolo della Western Division e li condusse alla finalissima NFL contro i Washington Redskins, disputatasi al Wrigley Field. In quella gara, gli Orsi faticarono a contenere la stella degli avversari, il grande QB Sammy Baugh, che completò 18 passaggi su 33 per complessive 335 yards e tre TD passes, guidando i suoi alla vittoria per 28-21.

Gli strascichi della sconfitta si fecero decisamente sentire l’anno successivo; i Bears fecero un notevole passo indietro, chiudendo al terzo posto nella propria Division sul 6-5.

Seppero però riprendersi nel 1939, tornando ad essere una forza nella Western; ma due sconfitte contro i Green Bay Packers non consentirono loro di vincere la Division, e chiusero al secondo posto con un positivo 8-3.

Il 1940 vide il ritorno al vertice della Division (ancora con un 8-3), e l’accesso alla finalissima, ancora contro i Redskins, ma questa volta in trasferta nella Capitale. Per poter sconfiggere i Pellerossa, George Halas sviluppò una nuova tattica offensiva, introducendo la T-formation. Quella mossa si rivelò assolutamente decisiva, e funzionò secondo le previsioni del coach di Chicago: i Redskins, confusi dall’inedito allineamento, vennero sonoramente sconfitti.Il risultato finale, 73-0 (!!!), è ancora oggi un record nella storia della NFL.

Nel 1941, i Chicago Bears e gli arcirivali Green Bay Packers battagliarono tutta la stagione per il titolo divisionale. Le due squadre persero l’una sul campo dell’altra, e quelle sarebbero state le uniche sconfitte stagionali per entrambe. Dal momento che entrambi i teams avevano chiuso sul 10-1, si rese necessario uno spareggio per determinare la squadra che avrebbe disputato la finalissima.
Per la prima volta, venne introdotta la regola dell’overtime in caso di pareggio al termine dei tempi regolamentari, con esplicita previsione del “sudden death” in caso di segnatura. Ma non ve ne fu bisogno, in quanto i Bears si imposero per 33-14 al Wrigley Field: tuttavia, la regola dell’OT sarebbe stata utilizzata negli anni a venire. Dopo aver regolato i Packers, gli uomini di Halas conquistarono il secondo titolo NFL consecutivo, piegando i Giants per 37-9.

La stagione 1942 si aprì con cinque successi consecutivi, prima che George Halas venisse chiamato alle armi, nelle file della Marina. Hunk Anderson e Luke Johnson lo sostituirono in panchina.
Anche in assenza del grande capo, i Bears non ebbero rivali, e con sei successi di fila chiusero col record di 11-0, staccando così il biglietto per la terza finale consecutiva.
Si ripropose la sfida contro i Redskins, ancora una volta padroni di casa. I Pellerossa, però, non si fecero confondere, e vinsero l’incontro per 14-6, ponendo fine alla stagione perfetta dei Bears.

Nel 1943, gli Orsi continuarono il loro dominio nella Western Division, conquistandone il titolo per la quarta volta consecutiva con un eccellente 8-1-1. Il momento più importante della stagione fu l’incontro del 14 Novembre contro i Giants: in quell’occasione, il QB Sid Luckman passò per ben 433 yards, mettendo a segno 7 TD passes; quello fu il primo incontro nella storia della NFL con più di 400 yards di passaggio.
Nella finale NFL, giocatasi al Wrigley Field, i Bears si presero la rivincita contro i Redskins, battendoli per 41-21 davanti a ben 34.320 tifosi. Sid Luckman realizzò 5 TD passes, e Bronko Nagurski mise a segno il suo ultimo TD da giocatore dei Bears, con una corsa da tre yards.
Una piccola curiosità a proposito di Nagurski, giocatore ammirato da alcuni e detestato da altri. Tra i primi, George Halas ebbe modo di dire di lui: “Ricordo che in una partita, a testa bassa, alla carica come un toro, Nagurski travolse due placcatori sulla goal line come se fossero le porte di un saloon, e li trascinò nella endzone a tutta velocità, fino al muro di mattoni. Il tonfo risuonò in tutto lo stadio“.
Tra i secondi, Dick Richards, proprietario dei Detroit Lions, che una volta gli disse : “Eccoti un assegno di 10.000 $, Nagurski. Non per giocare coi Lions, dato che appartieni ai Bears, ma per andare al diavolo e abbandonare la Lega. Stai rovinando la mia squadra“.

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Sid Luckman

Nel 1944, il dominio dei Bears, reduci da quattro finali consecutive, si arrestò; la formazione dell’Illinois chiuse infatti al secondo posto sul 6-3-1.

Pessima annata quella del 1945: i Bears persero le prime cinque gare e non furono in grado di risalire la china, chiudendo al quarto posto, con un deludente 3-7.

Dopo un’assenza di due stagioni, George Halas ritornò ai Bears nel 1946; la NFL vide il ritorno di tanti suoi atleti, prima impegnati nelle forze armate nel corso del secondo conflitto mondiale.
I Bears ritrovarono l’antica magia, chiudendo sul 8-2-1 che diede loro il titolo della Western Division. Nella finalissima, disputatasi a New York, i Bears superarono i Giants per 24-14, davanti a ben 58.346 spettatori (allora record per una finale NFL) convenuti al Polo Grounds Field. Dopo aver esordito con un TD pass da 21 yards per Ken Kavanaugh, Sid Luckman mise a segno la meta decisiva, con una bootleg da 19 yards.

Avvio di segno negativo quello del 1947: i Bears persero le prime due partite stagionali. Seppero riprendersi prontamente, con una striscia vincente di otto incontri, tornando in corsa per il primo posto.
Dopo una sconfitta rimediata dai Los Angeles Rams per 17-14, i Bears affrontarono i Cardinals nell’ultima giornata di campionato, con il titolo divisionale in palio. Gli Orsi vennero sconfitti al Wrigley Field per 30-21, ed i Cardinals volarono in finale.

Per la seconda stagione consecutiva, i Bears giocarono un buon football, ma chiusero al secondo posto, ancora una volta alle spalle dei Cardinals. La stagione si concluse sul 10-2, ma una sconfitta rimediata proprio per mano dei Cardinals si rivelò determinante.

Lo stesso avvenne nel 1949: pur confermandosi ad altissimi livelli nella Lega, persero la possibilità di disputare la finale per una sconfitta di troppo, chiudendo sul 9-3.

Gli anni ’50 iniziarono bene per i Bears, che giunti sul 9-3 si disputarono il titolo della Western Division con i Rams. Tuttavia, l’attacco dei californiani fu davvero inarrestabile e, con il successo casalingo per 24-14, gli Arieti staccarono il biglietto per la finalissima.

Altra partenza decisa nel 1951, con cinque vittorie nelle prime sei partite. Ma la seconda parte di stagione non fu altrettanto brillante, tanto che i Bears, con soli due successi nelle ultime sei partite, terminarono al quarto posto, chiudendo sul 7-5.

Il 1952 vide una difesa dei Bears a dir poco porosa, che concesse agli avversari la bellezza di 326 punti: grazie a quelle disastrose prestazioni, la squadra terminò il campionato al quinto posto, con un record negativo di 5-7.

Nel 1953, con molte delle loro stars degli anni ’40 ormai ritiratesi, i Bears conclusero sul 3-8-1, disputando, per la prima volta nella storia della franchigia, due stagioni con record negativi.

Un parziale riscatto giunse nel 1954: i Bears rientrarono nella corsa ai playoffs, chiudendo al secondo posto con un discreto 8-4, che valse loro il secondo posto.

Stesso piazzamento e record anche nella stagione 1955, al termine della quale George Halas si ritirò per la terza volta, chiamando Paddy Driscoll a sostituirlo in panchina.

Nella prima stagione agli ordini del nuovo coach, i Bears realizzarono un ottimo 9-2-1 superando di un soffio i Detroit Lions nella volata per il titolo della Western Division. Ma nella finalissima NFL i Bears vennero sonoramente strapazzati a New York dai Giants, che li piegarono per 47-7.

Nel 1957, dopo una deludente stagione, chiusasi sul 5-7, Paddy Driscoll venne silurato, e George Halas decise di ritornare per l’ennesima volta in panchina.

Il ritorno del loro guru coincise per i Bears con il riscatto, e la lotta per il titolo divisionale, cui dovettero però rinunciare a causa di una sconfitta di troppo, chiudendo la stagione 1958 sull’8-4.

I Bears chiusero il decennio con un altro 8-4, buono solo per il secondo posto. Per la prima volta, gli Orsi non erano riusciti a vincere un titolo in dieci anni, benché avessero avuto tra le proprie fila giocatori del calibro di Ed Sprinkle, Bill George, Harlan Hill e George Connor.

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George Connor

I Bears, nel 1960, divennero l’unica squadra di Chicago, dato che i rivali Cardinals si trasferirono a St. Louis. Quell’anno, però si concluse con un deludentissimo 5-6-1 ed il quinto posto in classifica.

Il 1961 vide un sensibile miglioramento: da un lato, un record finale di 8-6 che valse ai Bears il quarto posto; dall’altro, l’esplosione del rookie TE Mike Dikta, che totalizzò 1.076 yards su ricezione e mise a segno anche dodici TDs, venendo nominato Rookie of the Year.

Il 1962 vide emergere prepotentemente un altro esordiente: questa volta si trattò di Ron Bull, anch’egli eletto Rookie of the Year. I Bears chiusero al terzo posto con un positivo 9-5.

Nel 1963, i Bears interruppero il dominio triennale dei Green Bay Packers, conquistando il titolo della Western Division con un eccellente 11-1-2. Nella finale NFL, disputatasi al Wrigley Field davanti a 45.801 tifosi infreddoliti, i Bears sconfissero i New York Giants per 14-10, con Bill Wade a realizzare entrambe le mete per Chicago. Ma la grande protagonista di quell’incontro fu la difesa dei Bears, che intercettò il QB avversario, Y.A. Tittle, per ben cinque volte.

Le prestazioni della stagione 1963 non furono per nulla paragonabili ai successi di quella precedente: i Bears chiusero infatti con un pessimo 5-9. Al termine del campionato, Halas, determinato a rinforzare la squadra nel draft, pescò al primo turno il RB Gayle Sayers ed il LB Dick Butkus.

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Dick Butkus, il più forte MLB di tutti i tempi

Nel suo primo anno da pro, Sayers sciorinò prestazioni eccezionali, che gli valsero il titolo di Rookie of the Year, stabilendo anche un nuovo record NFL con la bellezza di 22 TDs in stagione. La miglior partita di quell’anno, e di tutta la sua carriera, fu quella contro i San Francisco 49ers, disputatasi al Wrigley Field il 12 Dicembre 1965: in quell’occasione, Sayers mise a segno ben sei TDs!!!
Grazie al loro RB, i Bears chiusero al terzo posto, con un buon 9-4-1.

Sayers continuò a dominare anche nel 1966, con 2.440 yards complessive. Ma i Bears faticarono a vincere, e terminarono la stagione sul 5-7-2.

A 47 anni di distanza dalla sua prima stagione, George Halas si ritirò definitivamente, con ben 324 vittorie da head coach (record NFL). Nella sua ultima stagione, Halas guidò i Bears ad un record di 7-6-1.

Nel 1968, fu Jim Dooley a guidare la formazione di Chicago. La sua prima stagione da head coach vide i Bears chiudere con un mediocre 7-7. Ma a preoccupare squadra e tifosi fu il grave infortunio rimediato da Gale Sayers nella Week 9, che ne mise a repentaglio la carriera.

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Gale Sayers in azione

L’anno successivo, il backup di Sayers, Brian Piccolo, mostrando grande umiltà, non volle prenderne il posto a causa dell’infortunio. Piccolo, da anni popolarissima figura nell’area di Chicago, era stato compagno di stanza di Sayers in diverse trasferte. Quello era stato uno dei primi rapporti interrazziali nella storia della NFL. Per tutta la off-season, Brian spronò il compagno a riprendersi ed a tornare a giocare.
Grazie al duro lavoro, Sayers riprese a giocare, e Piccolo si risedette in panchina all’inizio della nuova stagione. Sayers corse per 1.000 yards, e si guadagnò il premio di Comeback Player of the Year.
Nonostante il rientro della loro stella, i Bears conclusero il campionato con il loro peggior risultato di sempre, un allucinante 1-13.
Ma le brutte notizie non erano purtroppo finite, dato che Brian Piccolo cominciò a manifestare problemi respiratori. Una visita in ospedale portò ad un’impietosa diagnosi: cancro ai polmoni.
Il 16 Giugno 1970, dopo soli 7 mesi, Brian Piccolo perse la sua lotta contro la malattia, a 26 anni. I Bears crearono il “Fondo Piccolo”, dando vita a diversi eventi annuali, i cui proventi sarebbero stati destinati alla ricerca sul cancro.

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Lo sfortunato Brian Piccolo

L’inizio degli anni ’70 coincise con la fine di un’era: il Wrigley Field, la tana degli Orsi per quasi 50 anni, non era più al passo coi tempi, ormai difforme rispetto agli standard richiesti dal pro football. Quest’ultimo, infatti, stava soppiantando il baseball come sport più seguito in America, ed erano necessari spazi più grandi.
Il 31 Dicembre, i Bears vinsero il loro ultimo incontro nel vecchio impianto, schiantando i nemici di sempre, i Green Bay Packers, col punteggio di 35-17, e chiudendo al terzo posto nella NFC Central con il record di 6-8.

Nel 1971, i Bears cominciarono a giocare le proprie gare interne in un altro mitico impianto: il Soldier Field.
Quest’ultimo, costruito in memoria dei caduti della Prima Guerra Mondiale, era stato teatro di numerosi importanti eventi sportivi della città, tra i quali il match tra Jack Dempsey e Gene Tuney nel 1927, e molte classiche del college football.
Nella prima partita giocata al Soldier Field, il 19 Settembre, i Bears sconfissero i Pittsburgh Steelers per 17-15.
Ma quella stagione fu identica, in termini di risultato finale, alla precedente, il che spinse Jim Dooley alle dimissioni.
Una piccola nota di colore: nel Novembre di quell’anno, un film TV intitolato “Brian’s song” (La canzone di Brian) venne trasmesso dalla ABC. I protagonisti erano James Caan, nel ruolo di Brian Piccolo, e Billy Dee Williams in quello di Gale Sayers; il film raccontava la storia dell’amicizia tra i due compagni di squadra. Commovente fino alle lacrime, divenne uno dei più amati film sullo sport.

Il 1972 vide l’arrivo, sulla panchina dei Bears, di Abe Gibron: ma il cambio alla guida tecnica non giovò per nulla alla squadra, che chiuse all’ultimo posto con un pessimo 4-9-1.

I Bears si piazzarono nuovamente ultimi nel 1973, con un allucinante 3-11, mettendo a segno la misera di 195 punti nell’intera stagione.

Il trend negativo continuò anche l’anno successivo, con i Bears all’ultimo posto per la terza stagione consecutiva (record 4-10), ed un bilancio, per Gibron, di 11-30-1.
La gestione di Gibron, decisamente fallimentare, si ricorda per un episodio curioso, immortalato nel video “Football Follies” della NFL Films. Gibron venne microfonato, e durante una gara continuò a cantare “Joy to the World” dei 3 Dog Night, disinteressandosi totalmente, a tratti, di quanto avveniva in campo!!!

A rifondare la squadra, nel 1975, venne chiamato il GM Jim Finks, che chiamò l’ex giocatore Jack Pardee per guidare i Bears dalla sideline. Fu la prima volta che qualcuno di totalmente estraneo ai Bears venne ingaggiato come allenatore capo. Ma la mossa più significativa fu la scelta, al primo giro del draft di quell’anno, di un giovane RB: Walter Payton. Il suo esordio tra i pro non fu certo dei più brillanti: portò la palla otto volte, ma non guadagnò nemmeno una yard.
Ma il finale di stagione fu invece eccellente: a New Orleans, Payton guadagnò la bellezza di 134 yards su venti portate, la miglior prestazione dai tempi di Gale Sayers. La sua prima stagione si chiuse con il peggior record di sempre in carriera: 679 yards e sette TDs. In quello stesso anno, Walter saltò l’unica partita in carriera: non perché non potesse, ma perché fu l’allenatore a non farlo scendere in campo.
Nonostante i cambiamenti, i Bears terminarono nuovamente all’ultimo posto sul 4-10: tuttavia, le basi per una squadra vincente erano state ormai gettate.

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L’indimenticabile Walter Payton

Con un bilancio finale di 7-7, nel 1976 i Bears misero la parola fine ad una striscia negativa di ben sette stagioni consecutive, chiudendo al secondo posto. Il vero trascinatore dei Bears fu Walter Payton, che corse per 1.390 yards e realizzò ben tredici touchdowns.

La terza stagione di Payton con i Bears fu eccezionale: il RB realizzò il record di franchigia su corsa, totalizzando ben 1.852 yards, 275 delle quali conquistate in un solo incontro il 20 Novembre. Quel record durò per ben ventitre anni.
Walter conquistò sia il titolo di Offensive Player of The Year che quello di NFL MVP.
Grazie alle sue straordinarie performances, i Bears vinsero le ultime sei partite, e con il record di 9-5 strapparono una Wild Card.
I Bears, alla loro prima partita di playoff in quattordici anni, vennero sonoramente sconfitti dai Dallas Cowboys, futuri Campioni del Mondo, che si imposero in casa per 37-7.

Al termine della stagione, Jack Pardee lasciò i Bears e si trasferì a Washington per allenare i Redskins. A rimpiazzarlo, venne chiamato Neil Armstrong, in precedenza defensive coordinator dei Minnesota Vikings.
La stagione 1978 fu però deludente, con un bilancio finale di 7-9.

Il 16 Dicembre 1979 fu uno dei giorni più dolci ed al contempo più amari per i Bears. Questi ultimi si guadagnarono l’accesso ai playoffs nell’ultima di campionato, maltrattando i St. Louis Cardinals per 42-6.
La gioia per il bel risultato dovette però cedere il passo al dolore, per la scomparsa del Presidente della squadra, George “Mugs” Halas Jr. a causa di un violento attacco cardiaco, a soli 54 anni. “Mugs”, figlio del leggendario fondatore della franchigia, aveva lavorato nel front office sin dal 1953.
I Bears affrontarono in trasferta i Philadelphia Eagles una settimana più tardi, nella sfida di Wild Card. In vantaggio per 17-10 nel terzo periodo, i Bears vennero però superati dagli avversari per 27-17, e la loro avventura ai playoffs finì.

Se il record finale della stagione 1980 fu deludente (7-9), molti furono però i momenti da ricordare in quell’annata.
Il 6 Ottobre, Walter Payton infranse il primato assoluto di franchigia in termini di yards su corsa, superando le 9.462 totalizzate in carriera da Gale Sayers. Il secondo momento indimenticabile fu l’incontro giocatosi nel giorno del Ringraziamento a Detroit: David Williams riportò in meta il kickoff che aveva dato il via ai supplementari, correndo per ben 95 yards, e stabilendo un record nella NFL per la durata più breve di un overtime.
L’ultima perla della stagione fu il “cappotto” rifilato il 7 Dicembre ai Green Bay Packers, piegati per 61-7.

Al termine della stagione 1981, chiusasi sul 6-10 ed all’ultimo posto, Neil Armstrong venne licenziato, ed al suo posto, il 20 Gennaio 1982, fu chiamata una vecchia e leggendaria conoscenza: Mike Ditka.
Come si concretizzò il ritorno di “Iron Mike” in quel di Chicago? Grazie ad una lettera che il coach spedì a George Halas. Nella stagione precedente, Ditka allenava i TEs per i Dallas Cowboys, ed aveva visto con preoccupazione lo stato dei Bears quando avevano giocato in Texas nel giorno del Ringraziamento. Ditka aveva detto a chiare lettere al suo ex patron di sentirsi un Bear nel profondo del cuore, e che allenare la squadra nella quale aveva esordito sarebbe stato il concretizzarsi del sogno di un’intera vita.
Sin dal training camp, tenutosi a Tempe, Arizona, il nuovo coach mise le cose in chiaro: avrebbe portato quella squadra al Super Bowl, invitando chiunque non se la sentisse ad andarsene subito. Ed infatti, in quell’anno, Ditka fece strage di veterani con problemi di attitudine.

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Mike Ditka, gicatore e coach da Hall Of Fame

La prima stagione di Ditka in veste di head coach durò meno del previsto, a causa di uno sciopero dei giocatori che durò due mesi, e che ebbe significative ripercussioni: portò infatti ad una decurtazione del campionato a sole nove gare, ed otto formazioni furono ammesse ai playoffs. I Bears non riuscirono però ad agganciare la postseason, chiudendo con un pessimo 3-6.

Parafrasando il vecchio brocardo latino, potremmo dire “Talis filius, talis pater“.
Proprio come suo figlio “Mugs” quattro anni prima, anche George Halas, fondatore della franchigia e salvatore della NFL negli anni ’20, se ne andò a causa di un attacco cardiaco, il 31 Ottobre 1983, all’età di 88 anni.
Halas, soprannominato “Papa Bear”, aveva vissuto una vita ricchissima prima di cominciare la propria carriera professionistica nel football. Aveva giocato a baseball per i New York Yankees, venendo poi rimpiazzato nientemeno che dal mitico Babe Ruth nel 1920. I Bears cercarono di onorare la memoria del loro leader, ma la stagione si chiuse con un mediocre 8-8.

Walter Payton entrò nella storia il 7 Ottobre 1984, allorquando superò il primato assoluto di Jim Brown per yards su corsa.
I Bears chiusero la stagione sul 10-6, conquistando il titolo divisionale per la prima volta in 21 anni. Ma una sconfitta di troppo costò loro il vantaggio campo al primo turno di playoff. Nel Divisional, i Bears misero la parola fine al sogno dei Redskins di giungere al terzo Super Bowl, sconfiggendoli a Washington per 23-19. Nel Championship NFC, tuttavia, ad imporsi furono i padroni di casa dei San Francisco 49ers (poi Campioni del Mondo), che piegarono i Bears per 23-0.

Quella del 1985 fu una stagione assolutamente straordinaria per i Bears: la squadra era spavalda, ed assolutamente imbattibile.
La formazione di Chicago vinse ben dodici partite consecutive, divenendo una vera ossessione per l’intero Paese, in parte grazie ad un videoclip intitolato “The Super Bowl Shuffle“, da loro registrato quando la stagione era pressoché finita. Diversi giocatori ottennero ricchi contratti di sponsorizzazione; tra di loro, il rookie William “The Refrigerator” Perry.
A Dicembre, la domanda non era più “Ce la faranno i Bears a vincere il Super Bowl?“, ma “Vi giungeranno imbattuti?“. La risposta giunse il giorno 2 di quello stesso mese, quando i Miami Dolphins, chiamati a difendere il loro record di unica squadra imbattuta nella storia della Lega, sconfissero gli uomini di Ditka per 38-24. Quello fu l’unico incidente di percorso in tutta la stagione, conclusa sul 15-1.
Per la prima volta in 22 anni, i Bears avrebbero giocato una partita di playoff in casa, ovvero il Divisional contro i New York Giants. La gara non ebbe storia, ed i Bears si imposero per 21-0, in un pomeriggio freddo e ventoso. In quella partita, cominciò una querelle tra il QB dei Bears, Jim McMahon, e la NFL: il Commissioner Pete Rozelle inflisse al giocatore 5.000 $ di multa, per aver indossato una fascia per capelli recante il logo della Adidas.
Nel Championship NFC, gli avversari furono i Los Angeles Rams; il copione non cambiò. Superando gli Arieti per 24-0 tra le mura amiche del Soldier Field, i Bears staccarono il biglietto per il Super Bowl XX, il primo della loro storia. La sfida a distanza col Commissioner continuò, e stavolta McMahon indossò una fascetta con la scritta “Rozelle”. Quest’ultimo scrisse al giocatore, dicendo di aver riso per la trovata, ma precisandogli che non avrebbe revocato la sanzione.
Dopo aver rifilato ben 45 punti alle proprie contendenti nei playoffs, i Bears erano gli ovvi favoriti per la vittoria finale. Quella del Super Bowl era un’atmosfera da circo, e McMahon decise di comportarsi di conseguenza.
Dapprima accusò le donne di New Orleans di non essere propriamente delle educande (chi ha orecchie per intendere intenda… ), poi, durante gli allenamenti, mostrò il fondoschiena alle telecamere installate su un elicottero di un network televisivo. Infine, come ciliegina sulla torta, indossò un’altra fascia, questa volta con la scritta “Pluto” (soprannome del suo migliore amico): la NFL disse basta.
Tornando al football giocato, in avvio di gara i Bears partirono col piede sbagliato, ed i New England Patriots si portarono sul 3-0.
Gli uomini di Ditka dovettero però ringraziare gli Dei del football, dato che i Pats non furono in grado di capitalizzare un fumble commesso da Payton nel proprio territorio, fallendo un corto FG. Da quel momento in avanti, i Bears non si guardarono più alle spalle, mettendo a segno ben 46 punti. Per i Pats, oltre al danno, la beffa: persino William “The Refrigerator” Perry riuscì a mettere a segno un TD!!!
L’incontro si chiuse col trionfo di Chicago per 46-10, ed il DE Richard Dent venne nominato MVP della manifestazione.

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Lo “striptease” di McMahon durante gli allenamenti prima del Super Bowl

Reduce dall’apparizione al Super Bowl, la difesa dei Bears si dimostrò ancora più forte nel 1987, concedendo agli avversari la miseria di 187 punti, in una stagione che vide la squadra di Chicago conquistare nuovamente il titolo della NFC Central, con un impressionante 14-2.
Tuttavia, un infortunio subito da Jim McMahon, a causa di un colpo sporco a gioco fermo da parte del difensore dei Packers Charles Martin, diede seri problemi al reparto offensivo. Se i Bears volevano ripetersi, avrebbero dovuto affidarsi a Doug Flutie in cabina di regia. Ma la sua inesperienza innervosì sempre più coach Ditka, che addirittura gli tirò uno schiaffo attraverso il facemask in occasione di un intercetto.
Nonostante tutto, i Bears raggiunsero i playoffs, dai quali vennero però estromessi per mano dei Washington Redskins, che li sconfissero 27-13 in un Soldier Field gremito in ogni ordine di posto.

Nel 1987, in una stagione caratterizzata da uno sciopero dei giocatori durato un mese, che aveva costretto le franchigie NFL ad utilizzare dei rincalzi per tre partite, i Bears continuarono a dominare la c.d. “Black and Blue Division“, conquistando per la quarta volta consecutiva il titolo della NFC Central.
Nel Divisional Playoff, i Bears affrontarono nuovamente i Redskins al Soldier Field. La squadra di casa si portò sul 14-0, per poi assistere al sorpasso dei Redskins, che passarono in vantaggio per 21-17 verso la fine dell’incontro. Il tempo scorreva impietoso, ed i Bears dovevano necessariamente segnare.
In situazione di 4° down, la palla giunse tra le mani di Walter Payton, che cercò di prolungare sia la stagione dei suoi che la propria carriera; ma “Sweetness” venne spinto fuori dal campo a pochissime yards dal marker del primo down, consentendo ai Redskins di riprendere palla ed inginocchiarsi. Payton si portò sulla sideline, e guardò il resto dell’incontro in lacrime.
Quella partita, tuttavia, segnò la fine di un’era: dopo ben tredici stagioni ad altissimo livello, Walter Payton, soprannominato “Sweetness”, si ritirò dall’attività professionistica. Nella sua straordinaria carriera, il grande RB corse per ben 16.726 yards.

Nel 1988, con Payton ormai ritiratosi, i Bears non fecero una piega, conquistando il loro quinto titolo divisionale consecutivo con un eccellente 12-4, assicurandosi anche il vantaggio campo in vista della postseason.
Il Divisional Playoff, i cui biglietti avrebbero dovuto essere rimborsati ai tifosi per i motivi che si andranno ora a spiegare, venne disputato il 31 Dicembre tra i Bears ed i Philadelphia Eagles, guidati dall’ex di turno, Buddy Ryan. Quella gara passò alla storia col nome di “Fog Bowl.” Verso la fine del secondo periodo, infatti, la nebbia cominciò ad invadere il Soldier Field; all’inizio del terzo quarto, la coltre era così spessa da rendere la visibilità pressoché impossibile. I Bears emersero dalla nebbia imponendosi per 20-12, ma la corsa al titolo si arrestò nel Championship NFC, in occasione del quale i Bears vennero sconfitti in casa per 28-3 dai 49ers, che si sarebbero poi aggiudicati il Super Bowl.

Il 1989 vide la partenza di Jim McMahon in direzione San Diego, nell’ambito di una trade. Da un lato, il QB non era più nella grazie di Mike Ditka, dall’altro la dirigenza era ormai stanca dei suoi modi di fare.
Mike Tomzack divenne quindi titolare, ruolo al quale era ormai abituato, visto che nelle ultime stagioni, McMahon aveva saltato regolarmente diverse partite a causa di infortuni. Tuttavia, quella stagione fu decisamente frustrante, e si chiuse con un deludente 6-10.

Nel 1990, Mike Ditka entrò nella leggenda, tornando in panchina a soli dieci giorni da un attacco di cuore che lo aveva colpito a metà stagione.
Dal 6-10 della stagione precedente, i Bears passarono ad un eccellente 11-5, che valse loro il primo posto. Tuttavia, la formazione dell’Illinois fu costretta a disputare una partita di Wild Card per accedere al Divisional Playoff. Nel primo incontro di sempre a veder opposta la terza (Chicago) e la sesta classificata della NFC, i Bears sconfissero i New Orleans Saints per 16-6. Nel Divisional, disputatosi a Meadowlands, i Giants (poi Campioni del Mondo) fecero letteralmente a pezzi gli uomini di Ditka, piegati con un sonoro 31-3.

Anche nel 1991 i Bears chiusero sul 11-5, e Mike Ditka conquistò la sua 100a vittoria in carriera come allenatore.
Come nella stagione precedente, il record non fu sufficiente per conquistare il titolo divisionale, ed i Bears dovettero nuovamente disputare la Wild Card. In quel match, la squadra di Ditka fu sconfitta in casa dai Dallas Cowboys per 17-13.

La stagione 1992, conclusasi con un pessimo 5-11, segnò nuovamente la fine di un’era: da un lato, Mike Singletary, due volte Defensive Player of the Year e leader della difesa dei Bears, si ritirò; dall’altro, Mike Ditka venne silurato dopo il pessimo risultato conseguito. A ciò si giunse anche per i continui contrasti tra il coach e l’allora GM Michael McCaskey, che si era più volte ingerito nella gestione tecnica.

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Mike Singletary in azione

Nel 1993, in panchina sedette Dave Wannstedt, ed i Bears chiusero sul 7-9. Quella stagione vide anche i Bears disputare il loro 1000° incontro, vinto per 6-0 contro gli Atlanta Falcons il 3 Ottobre al Soldier Field.

L’anno successivo, i Bears chiusero la stagione regolare sul 9-7, sufficiente per disputare l’incontro di Wild Card. In quella partita, gli Orsi sconfissero i Vikings in trasferta per 35-18, ma dovettero poi arrendersi ai futuri Campioni del Mondo: i 49ers si imposero in casa per 44-15.

Stesso record anche nella stagione 1995, ma a giungere ai playoffs furono gli Atlanta Falcons.

Il 1996 vide un passo indietro, con un record di 7-9 che valse al team dell’Illinois un mediocre terzo posto.

Le cose andarono ancor peggio nel 1997, con sette sconfitte in altrettante partite; la stagione si chiuse con un pessimo 4-12. L’unica nota positiva fu la conquista del 600° successo di franchigia, ottenuto il 23 Novembre con la vittoria per 13-7 contro i Tampa Bay Buccaneers.

Anche nel 1998, la stagione si chiuse con un record negativo di 4-12, che portò alle dimissioni di Dave Wannstedt. Quell’annata fu un fiasco su tutti i fronti, con una conferenza stampa nella quale nessun coach venne presentato, e l’ingaggio di Dick Jauron, che portò all’estromissione di Michael McCaskey, nipote di George Halas. Il siluramento di McCaskey fu voluto da sua madre Virginia, convinta che la squadra stesse andando nella direzione sbagliata.

Nel 1999, i Bears continuarono ad arrancare, e guidati dal nuovo coach chiusero sul 6-10. A peggiorare le cose, la triste notizia della precoce scomparsa di Walter Payton il 1 Novembre, a soli 45 anni. I Bears gli intitolarono l’impianto indoor di allenamento.

L’unica nota positiva della stagione 2000, chiusasi con un deludente 5-11, furono le eccellenti prestazioni del rookie LB Brian Urlacher, scelto al primo turno del draft, e proveniente dall’Università del New Mexico.
Urlacher fu da subito paragonato al grande Dick Butkus, venendo nominato Defensive Rookie of the Year.

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Brian Urlacher

Non ci si aspettava molto dai Bears nel 2001, l’ultimo anno al Soldier Field prima che l’impianto venisse rinnovato. Ma gli Orsi erano una squadra giovane, costruita su un forte reparto difensivo.
Dopo aver perso all’esordio, i Bears vinsero le successive 4 partite, installandosi al vertice della NFC Central. I due incontri seguenti sarebbero entrati nella leggenda.
Una furiosa rimonta contro i 49ers nell’ultimo quarto fu coronata da un intercetto di Mike Brown, riportato in meta per un TD che mise fine ai supplementari ed all’incontro. Una settimana dopo, opposti ai Cleveland Browns, i Bears erano in svantaggio di ben 14 punti a meno di 2 minuti dal termine; un TD ed un onside kick ricoperto portarono ad un incredibile pareggio, grazie ad un “Hail Mary pass” che portò la gara in overtime. Brown seppe nuovamente ripetersi, portando i suoi sul 6-1.
I Bears persero solo altre due partite nel resto della stagione, che si concluse con la conquista del primo titolo divisionale in dodici anni, grazie ad un record di 13-3. Il RB Anthony Thomas venne nominato Offensive Rookie of the Year, e Dick Jauron fu il Coach of the Year. Quella straordinaria cavalcata si interruppe, tuttavia, in occasione del Divisional Playoff, allorquando i Bears vennero sconfitti per 33-19 dai ben più esperti Philadelphia Eagles.

Con il Soldier Field in corso di ristrutturazione, nel 2002 i Bears furono costretti a disputare le partite interne a Champaign, nell’impianto dell’Università dell’Illinois, a più di 136 miglia da Chicago. I Bears vinsero le prime due gare stagionali rimontando nell’ultimo quarto. Tuttavia, la mala sorte colpì pesantemente la squadra, con infortuni in pressoché tutti i reparti; inoltre, la stanchezza per i continui e lunghi trasferimenti si fece decisamente avvertire, ed i Bears persero ben otto partite di fila, chiudendo al terzo posto nella NFC North con un allucinante 4-12.

Pessima partenza quella del 2003, con due umilianti sconfitte in trasferta. Dopo il turno di riposo, i Bears ritornarono a Chicago, in un impianto decisamente riammodernato.
Nella loro prima gara interna al Soldier Field II, i Bears ospitarono Green Bay in occasione di un Monday Night. Quella partita si concluse, tuttavia, con una sconfitta per 38-23.
Una settimana più tardi, i Bears conquistarono finalmente la loro prima vittoria, sconfiggendo in casa gli Oakland Raiders per 24-21, rimontando ben 18 punti nell’ultima frazione.
Ma le difficoltà della squadra dell’Illinois non cessarono, tanto che i Bears persero le successive due partite, ed il QB titolare, Kordell Stewart, venne messo in panchina. Qualche miglioramento si vide con Chris Chandler in cabina di regia; grazie a due vittorie casalinghe consecutive contro i Detroit Lions ed i San Diego Chargers i Bears si portarono sul 3-5. Dopo due sconfitte di fila, Stewart fece ritorno in campo, dapprima guidando i suoi alla vittoriosa rimonta contro i Denver Broncos nella Week 12, ed in seguito al successo contro i disastrati Arizona Cardinals.
Tuttavia, con un occhio al futuro, i Bears schierarono il rookie QB Rex Grossman nelle ultime tre gare. Grossman condusse i suoi a due vittorie, ed i Bears chiusero sul 7-9, vincendo quattro degli ultimi sei incontri.
Quelle prestazioni non furono però sufficienti a salvare il posto a Dick Jauron, che al termine del campionato venne silurato e sostituito da Lovie Smith, in precedenza defensive coordinator dei St. Louis Rams.

Sotto la guida del nuovo allenatore capo, la stagione 2004 si è aperta in modo deludente, con una sconfitta casalinga per mano dei Detroit Lions, impostisi 20-16. Ma una settimana dopo, ecco il pronto riscatto, col successo esterno per 21-10 sui Green Bay Packers. Nella Week 3 i Bears hanno dato battaglia in trasferta ai Minnesota Vikings per tutto l’incontro, ma quest’ultimo si è chiuso con la sconfitta di Chicago per 26-22; a rendere ancor più amara la sconfitta, l’infortunio al ginocchio subito da Rex Grossman, che ha messo fine alla sua stagione. Nel resto della stagione, i Bears hanno inutilmente cercato di trovare stabilità in cabina di regia, continuando ad alternare Craig Krenzle, Jonathan Quinn e Chad Hutchinson, ma senza risultati. Il pessimo record di 5-11 è valso l’ultimo posto in classifica.

Gli interrogativi sul QB sono proseguiti anche nella stagione 2005: il titolare, Rex Grossman, ha infatti cominciato in panchina a causa dell’ennesimo infortunio, costringendo i Bears a gettare nella mischia il rookie Kyle Orton. Nell’opener, l’attacco non ha mai girato correttamente, beneficiando però di una grande prova della difesa; quest’ultima non è tuttavia stata in grado di evitare la sconfitta contro i Washington Redskins, che si sono imposto per 9-7. Una settimana dopo, nel primo incontro casalingo, i Bears hanno puntato sul gioco di corsa, affidandosi a Thomas Jones; questi ha corso per 139 yards e messo a segno due TDs, mentre la difesa ha ancora una volta fornito un’ottima prova; sugli scudi, Mike Brown, autore di un intercetto riportato in meta, che ha contribuito al successo per 38-6 sui Detroit Lions. Le due settimane seguenti hanno visto altrettante sconfitte consecutive, ed i Bears sono precipitati sul parziale di 1-3. Tuttavia, nonostante il pessimo reparto offensivo, la difesa, guidata da Brian Urlacher, ha iniziato ad assomigliare ai “Monsters of the Midway”; Chicago ha infatti iniziato a vincere grazie al proprio reparto arretrato, capace di concedere non più di 17 punti per le successive otto settimane, totalizzando statistiche vicine a quelle del glorioso team del Super Bowl XX, che è stato celebrato per tutta la stagione. Dopo la fine della striscia vincente, con la sconfitta per 21-9 contro i futuri Campioni del Mondo, i Pittsburgh Steelers, Kyle Orton è stato panchinato in favore di Rex Grossman; questi ha guidato il team a due vittorie consecutive, grazie alle quali i Bears hanno conquistato il ventesimo titolo divisionale della loro storia, col record di 11-5, impreziosito dai titoli di Defensive Player of The Year per Brian Urlacher e di NFL Coach of the Year per Lovie Smith. Dopo il bye al primo turno di postseason, i Bears hanno affrontato i Carolina Panthers, con in palio l’accesso al Championship NFC. Durante la regular season, i Bears avevano battuto i Panthers per 13-3. Ma da subito i Panthers hanno fatto capire che non sarebbe stata così facile questa volta: dopo soli 55″ dal fischio d’inizio, Steve Smith è andato a segno con una ricezione da 55 yards. Carolina si è portata sul 13-0, finché i Bears si sono svegliati verso la fine del secondo quarto. Tuttavia, la solitamente impenetrabile difesa di Chicago è parsa in palese disarmo, tanto che i Panthers hanno messo a segno il 16-7 con un FG da 37 yards allo scadere del primo tempo. I Bears si sono portati a -2 con una ricezione vincente da una yard di Desmond Clark, ma i Panthers hanno risposto, finendo per imporsi per 29-21.

Nel 2006, con un Rex Grossman in salute e pronto all’azione, i Bears sembravano aver risolto i problemi in cabina di regia: la stagione si aperta in modo positivo, con una vittoria esterna per 26-0 sui Green Bay Packers. I Bears hanno dominato anche la settimana successiva, bastonando i Detroit Lions per 34-7 all’esordio casalingo. Dopo una vittoria in rimonta contro i Minnesota Vikings, Chicago ha sconfitto per 37-6 i Seattle Seahawks nel Sunday Night in diretta nazionale. Dopo essere passati sul parziale di 5-0 grazie al roboante 40-7 inflitto ai Buffalo Bills, i Bears sembravano sul punto di perdere il primo incontro stagionale, trovandosi in svantaggio per 23 contro gli Arizona Cardinals nel terzo periodo di un Monday Night esterno, in cui un disastroso Grossman aveva lanciato ben quattro intercetti. Ma la partita ha avuto la svolta alla fine di quel terzo quarto, allorquando Mike Brown ha recuperato un fumble di Matt Leinart, riportandolo in meta. Nell’ultima frazione di gioco, la difesa dei Bears ha colpito nuovamente con Charles Tillman, che ha riportato in endzone un fumble di Edgerrin James per 40 yards a 5′ dal termine, portando il risultato sul 23-17. Dopo che la difesa era riuscita a fermare l’attacco di Arizona, a portare in vantaggio i Bears sono stati gli special teams: il rookie ritornatore Devin Hester ha riportato in meta un punt per 83 yards, che è valso a Chicago il successo per 24-23 ed il parziale di 6-0. Le cose sono andate molto meglio la settimana successiva: dopo aver terminato il primo tempo in vantaggio per 41-0, i Bears si sono imposto per 41-10 sui malcapitati San Francisco 49ers.
La miglior partenza dei Bears dal 1985 ha avuto fine con l’arrivo dei Miami Dolphins, all’epoca sul parziale di 1-6: la difesa di Miami ha messo a segno tre intercetti ai danni di Grossman, riportandone uno in meta, e contribuendo al successo finale per 31-13. Gli Orsi si sono ripresi prontamente, vincendo i successvi due incontri a Meadowlands, prima contro i New York Giants e poi contro i concittadini Jets. Tuttavia, nonostante il record di 9-1, permanevano grossi dubbi sul QB, dopo l’ennesima prova non convincente di Grossman. Una settimana dopo, in trasferta contro New England, la difesa dei Bears non è riuscita a rimediare ai pasticci del proprio QB (altri tre intercetti), finendo per soccombere per 17-13 per mano dei Patriots. Grossman ha continuato a stentare anche la settimana seguente, in casa contro i Vikings, anch’essi capaci di “pizzicare” tre lanci del QB di casa, che ha totalizzato la miseria di 34 yards su passaggio. Ma grazie ad un ritorno vincente di punt di Devin Hester e di un intercetto di Ricky Manning Jr., i Bears sono comunque riusciti a spuntarla per 23-13. Hester ha brillato anche sette giorni dopo, riportando in meta due kickoff per oltre 90 yards, stabilendo un record in fatto di ritorni in TD per un rookie; i Bears hanno così chiuso la regular season col record di 13-3.
Pur avendo il migior record della NFC, i tifosi hanno espresso serie riserve sul gioco di Rex Grossman, il quale ha avuto un rating mediocre (73.2). Nei playoffs, i Bears hanno nuovamente incrociato i caschi con i Seahawks: le cose non sono state così facili come nel primo incontro, tanto che i Campioni NFC uscenti hanno dato il massimo contro i Bears, portandosi sul 24-21 nell’ultimo quarto. I Bears sono riusciti a pareggiare grazie al FG da 41 yards di Robbie Gould. Ai supplementari, la difesa di Chicago ha contenuto i Seahawks: Gould è stato l’eroe di giornata, calciando il FG vincente da 49 yards, che ha proiettato i Bears al loro primo Championship dal 1988.
Opposti alla Cenerentola New Orleans, i Bears si sono rapidamente portati in vantaggio grazie a tre FGs calciati da Robbie Gould. Dopo aver esteso il vantaggio a 16-0 verso la fine del secondo quarto, la difesa di Chicago è calata di intensità, tanto che i Saints hanno velocemente percorso tutto il campo, portandosi sul 16-7 all’intervallo. I Saints si sono ulteriormente avvicinati grazie ad una splendida catch and run da 88 yards del RB Reggie Bush. Ma la retroguardia dei Bears è tornata in cattedra, forzando una penalità in endzone tramutatasi in safety, e riprendendo così il controllo della partita. Mentre la neve cadeva sempre più copisa, nell’ultimo quarto i Bears hanno definitivamente preso il largo, segnando 21 punti e staccando il biglietto per il Super Bowl XLI con la vittoria per 39-14.
A farla da padroni nella settimana del Super Bowl di Miami sono stati Lovie Smith ed il suo mentore Tony Dungy, coach degli Indianapolis Colts: erano infatti i primi allenatori di colore nella storia della manifestazione.
La partita si è aperta col botto per i Bears: Devin Hester ha infatti riportato in meta per 92 yards il kickoff iniziale. I Colts si sono portati sul 7-6 con un TD pass da 53 yards di Peyton Manning; il successivo tentativo di trasformazione è stato però fallito dal kicker di Indianapolis a causa della pioggia. Quest’ultima ha portato ulteriore scompiglio pochi istanti dopo, quando Gabe Reid ha commesso fumble su uno squib kick. Tuttavia, i Bears si sono ripresi prontamente, forzando un fumble di Manning nel primo gioco dalla linea di scrimmage. Chicago si è portata nuovamente avanti grazie ad una lunga corsa di Thomas Jones, chiudendo il primo tempo sul 14-6. Ma da lì in poi le cose sono radicalmente cambiate: i Colts hanno preso le redini dell’incontro, segnando dieci punti di fila nel secondo quarto. Sotto una pioggia battente, l’attacco dei Bears è andato completamente in tilt, ed i Colts si sono portati sul 22-14. Chicago è tornata a mettere punti a referto con il FG da 44 yards di Robbie Gould alla fine del terzo quarto. Ma a mettere la parola fine all’incontro è stato un ritorno di intercetto da 56 yards di Kelvin Hayden ai danni di Grossman, che ha dato ai Colts il successo per 29-17.

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Devin Hester

Reduci dalla sconfitta nel Super Bowl, nel 2007 i Bears speravano di poter migliorare l’attacco e di continuare a progredire: Cedric Benson è stato nominato RB titolare, dopo la partenza di Thomas Jones alla volta di New York, sponda Jets. Ma nell’opener il reparto offensivo ha seguitato a stentare, ed i Bears sono stati sconfitti dai San Diego Chargers per 14-3. All’esordio casalingo, l’attacco, guidato da un Rex Grossman coperto di fischi dai tifosi, non ha saputo fare di meglio; tuttavia, grazie ad un ritorno di punt da 73 yards di Devin Hester, i Bears sono riusciti a battere i Kansas City Chiefs per 20-10. Dopo l’ennesima prestazione incolore di Grossman, nella partita persa per 34-10 contro i Dallas Cowboys, il QB è stato panchinato e sostituito da Brian Griese. Ma il backup non ha saputo invertire la tendenza, venendo intercettato tre volto all’esordio da titolare: i Bears hanno finito per perdere contro i Detroit Lions col punteggio di 37-27. Griese si è ripreso nell’incontro succesivo, in cui la difesa ha messo il bavaglio ai Green Bay Packers, forzando ben cinque turnovers nel successo esterno in prima serata per 27-20. Ma sette giorni dopo, la difesa ha stentato paurosamente, consentendo al rookie RB dei Minnesota Vikings, Adrian Peterson, di correre per qualcosa come 224 yards e tre TDs; gli avversari si sono imposti per 34-31. Col rischio di finire sul 2-5, Griese ha orchestrato un drive da 97 yards, battendo i Philadelphia Eagles per 19-16, con un TD pass per Mushin Muhammad a 9″ dal termine. Le cose sono andate diversamente sette giorni dopo al Soldier Field: Griese ha infatti subito ben quattro intercetti, ed i Bears hanno dovuto nuovamente soccombere ai Lions per 16-7. Griese ha continuato a stentare nel turno successivo contro gli Oakland Raiders, prima di essere costretto a lasciare il campo a causa di un infortunio alla spalla. L’incidente ha così portato al ritorno in campo di Rex Grossman: questi ha portato in vantaggio i Bears con una bomba da 59 yards per Bernard Berrian, cui sono seguiti altri due TDs negli ultimi tre minuti, che sono valsi il successo per 17-6. Grossman si è così ripreso i galloni da titolare, ma i Bears sono stati sconfitti dai Seattle Seahawks per 30-23. L’attacco continuava a faticare e la difesa era a chiamata a mantenere le attese, con l’imminente arrivo dei Denver Broncos a Chicago. Ma grazie a Devin Hester i Bears sono riusciti a vincere in overtime per 37-34: lo specialista di Chicago è stato protagonista di un incontro stellare, segnando su un ritorno di kickoff, un ritorno di punt e mettendo a segno il primato di 232 yards su ritorno. Sul parziale di 5-6 all’inizio di Dicembre, i Bears avevano ancora un’esile chance di partecipare ai playoffs, ma la squadra ha seguitato a faticare sia in attacco che in difesa, perdendo tre partite di fila e dando l’addio ai sogni di postseason. Con Kyle Orton nominato titolare in cabina di regia nelle ultime gare stagionali, i Bears hanno chiuso con due vittorie ed un deludente 7-9

Nel 2008, dopo una pessima stagione, i Bears pensavano di poter tornare al Super Bowl, preparandosi ad affrontare gli Indianapolis Colts per la prima volta dopo aver perso la partita delle partite diciannove mesi prima. Con una grande performance difensiva, i Bears hanno imbrigliato i Colts, rovinando l’opener ai tifosi del Lucas Oil Field, imponendosi per 29-13 nel Sunday Night. Ma le due successive gare hanno visto i Bears perdere con lo scarto di soli tre punti: in una di esse, all’esordio in casa contro i Tampa Bay Buccaneers, gli Orsi sono stati capaci di sprecare un vantaggio di 24-14 nell’ultimo quarto, finendo col perdere ai supplementari per 30-27.
L’inconsistenza è stato il tratto dominante della stagione dei Bears, trovatisi sul parziale di 6-6 in vista dell’ultimo mese di campionato. Vincendo tre gare consecutive, di cui due in overtime, i Bears sono giunti all’ultima di campionato con i playoffs ancora a portata di tiro. Ma la sconfitta per 31-24 contro gli Houston Texans ha chiuso la stagione dei Bears sul 9-7.
Al termine del campionato, nel tentativo di risolvere l’annoso problema della cabina di regia, la squadra ha ceduto ai Denver Broncos Kyle Orton e due prime scelte in cambio di Jay Cutler.


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