Essere un giocatore pesante nella NFL.

La tragica morte di Thomas Herrion, uomo di linea dei 49ers, è servita nuovamente a far riflettere il mondo del football sul proprio futuro, obbligandoci a pensare che questo gioco è giocato da esseri umani!
In questo contesto molte persone hanno chiesto la mia opinione sui rischi che incontra una persona di grande mole, affrontando uno sport così impegnativo dal punto di vista fisico.
Al momento noi non sappiamo se la morte di Herrion sia da ricondurre al suo peso o a qualcos’altro, ma comunque siamo obbligati a muoverci in una prospettiva univoca nei confronti dei giocatori pesanti nella NFL.
Ricorderò sempre una conversazione avuta nel Gennaio del 1993 con un procuratore.
Ero seduto nel suo ufficio, ed egli riuscì a raggiungere telefonicamente un importante coach. Egli fece il mio nome, e la risposta del coach fu “Non ingrassare troppo!”
Io avevo appena finito la mia carriera al college, non avevo mai incontrato questo allenatore, ed egli non mi aveva dato alcuna valutazione personale in precedenza, ma la sua prima reazione fu di pensare al mio peso.
Da quel momento in avanti, imparai che il peso era una cosa molto importante nella lega.
L’attenzione al mio peso, divenne maggiore in seguito durante la combine, quando molti occhi aspettavano di vedere dove si sarebbe fermato l’ago della bilancia, mentre io ero sopra.
Da allora compresi che il mio peso sarebbe stata la prima cosa che ognuno avrebbe controllato!
Quindi presi la decisione di fare qualsiasi tipo di esercizio immaginabile per perder peso, compreso il lavorare indossando plastica, ed indumenti che mi facevano sudare.
Quando arrivò il momento del mio debutto da professionista, ero sceso da 357 libbre a 333!
Questo però non fermò l’attenzione al mio peso.
Il primo giorno da rookie in un training camp con gli Atlanta Falcons, l’head-coach Jerry Glanville mi disse:”Ti voglio a 320, altrimenti ti multerò!” e così quel primo camp si risolse in un duro lavoro focalizzato a perdere ulteriore peso. Mi allenavo indossando indumenti pesanti, nel bel mezzo dell’estate georgiana, e questo divenne una regola per me, nella mia vita nella NFL.
Un brusco risveglio sulla questione, ci fu nel 2001, dopo la morte di Korey Stringer durante il training camp dei Vikings.
I giocatori grossi divennero più consapevoli dei rischi associati al lavoro nei training camps e durante gli allenamenti, e sulle precauzioni da prendere per ridurre questi rischi; ed anche i teams presero provvedimenti per tutelare la salute dei giocatori.
I camps furono accorciati di due giorni, e dispositivi come la “cool-zone” vennero messi in funzione, per combattere il caldo.
Alcune organizzazioni vararono allenamenti notturni, o usarono vasche rinfrescanti per aiutare i giocatori, ed alcuni teams usano anche imbottiture o pillole in grado di monitorare costantemente la temperatura dei giocatori.
I coaches vogliono giocatori in forma durante tutto l’arco dell’anno, e non solo durante i training camp!
In definitiva, negli ultimi anni, l’intera lega si è impegnata per incrementare la sicurezza negli atleti. Il management ha riconosciuto i rischi, i coaches hanno modificato i loro programmi, ed i giocatori si prendono più cura di loro stessi, perchè come sempre l’attenzione è in ultimo demandata ad ogni singolo individuo.
Se sorgono dei problemi, è il giocatore che lo deve segnalare: la lega ha già fatto ogni cosa che essa poteva fare.

Lincoln Kennedy ex offensive line Oakland Raiders.