Solita vecchia Chicago.

Un’occasione così non si può buttare via. Questa è almeno la prima impressione che si ha dopo aver visto ciò che è successo al FedEx Field di Washington. I Redskins vincono 9-7 senza segnare nemmeno un touchdown, ma approfittando di un attacco asfittico come quello dei Bears. Così finisce come lo scorso anno, con quel senso di disagio per i tifosi dei Bears che vedono una difesa arcigna porre ogni limite possibile sugli avversari, commettere pochi errori e forzare tre turnovers inutilmente. L’offensive game di Chicago passa in vacanza la prima metà di gara e, quando sembra ritrovarsi, commette clamorosi e decisivi errori in tre diversi momenti assolutamente fondamentali per l’esito della gara.
I Washington Redskins puntano molto a limitare il gioco di corsa dei Bears consci del fatto che il quarterback Kyle Orton difficilmente riuscirà a prendere in mano la partita all’esordio assoluto in NFL come rookie. I pellerossa fanno bene i loro calcoli e limitano Thomas Jones a 31 yards corse su 15 tentativi. I palloni giocati dall’attacco sono comunque davvero pochi, anche perchè il tempo di possesso per la squadra di coach Smith è di 25:45 minuti, quasi dieci in meno dei rivali.
Le “retrovie” di Chicago limitano comunque al massimo delle loro possibilità gli Skins che chiudono la prima metà di gara con soli due field goal infilati da parte di John Hall. Il terzo periodo si apre con un attacco più deciso e dopo un fumble ricoperto i Bears trovano la meta al primo possesso grazie ad una corsa da una yard di Thomas Jones. Il drive successivo riporta Hall al calcio vincente e i Redskins di nuovo davanti. Il breve gioco del TD ha comunque dato fiducia a Orton che comincia a trovare le giuste giocate per i propri receiver. Ovviamente il primo target è Mushin Muhammad che chiuderà con 59 yards ricevute. Ma Orton sfrutta molto gli screen e le giocate corte, cercando ricevitori sulle flat oppure anche il tight end Desmon Clark al quale arriveranno tre palloni per posta aerea. Persino il rookie Marc Bradley troverà un minimo gloria personale grazie alla più lunga ricezione dell’incontro per i suoi colori: 22 yards.
Ma proprio quando Washington non riesce più nemmeno a trovare un field goal e creare un break decisivo, è Chicago a regalargli una vittoria che resta comunque meritata per quello che si è potuto vedere sul campo a livello di giocate. La prima occasione buttata arriva dopo un ottimo drive di Orton, il quale orchestra benissimo gli schemi chiamati e, sfruttando poco le corse,porta avanti i suoi con buoni lanci per i WR. L’ultimo di questi è sparato verso la endzone, ma è una forzatura che permette a Lemar Marshall (ottima la sua prova) di anticipare Muhammad e intercettare l’ovale. Recuperata palla grazie a un Brian Urlacher in stato di grazia (subito 8 yards tolte a Washington alle prime due giocate), i Bears riescono nell’impresa di regalare 20 yards, di cui dieci di penalità, non appena entrati in territorio nemico. Tre false start consecutivi segnalati dagli arbitri (rispettivamente di Miller, Tait e Brown), spediscono i Bears a giocarsi un un 2nd & 28 del quale i Redskins approfittano per portare un blitz veloce che trova il giusto uomo in Demetric Evans: sack e Chicago a un terzo down con 38 yards da coprire. Niente da fare.
Nonostante tutto la difesa regge di nuovo il colpo e con un Uralcher sugli scudi (magnifici gli ultimi suoi due quarti), blocca le velleità degli avversari ridando palla ai propri compagni dopo il punt calciato dal rookie Andy Groom e finito in endzone. Chicago non ha più timeout e poco più di un minuto e mezzo per arrivare in una zona del campo dove Doug Brien possa infilare i tre punti della vittoria. Non un vero e proprio miracolo quindi, ma appena si comincia la O-line è concentrata forse sulle cheerleaders, forse su qualche immagine particolarmente simpatica apparsa su uno dei maxi-schermi presenti allo stadio, a nessuno èdato saperlo, tant’è però che lascia Orton in balia del terzo sack dell’incontro che gli costa un fumble perso così come la partita.
E così i tifosi di Chicago si trovano a pensare che un piccolo sforzo in più dell’attacco, un solo pallone giocato meglio, avrebbe cambiato la partita; come troppe volte si è pensato durante tutto il 2004. Il lavoro della difesa è stato ineccepebile, non concedere nemmeno una segnatura in quasi trentacinque minuti di gioco non è da tutti, e Clinton Portis è stato ben limitato per buona parte della gara anche se nel quarto periodo, complice la stanchezza difensiva, ha trovato giocate importanti, una delle quali da 41 yards ha tirato fuori gli Skins da una pessima situazione di campo. Il gioco aereo, soprattutto col QB in posizione di shotgun, ha creato qualche problema di lettura, ma senza un Azumah a pieno regime le secondarie hanno fatto del loro meglio soffrendo sì alcuni lanci, ma riuscendo a trovare anche giocate importanti. Grandissima partita del cornerback Nathan Vasher e della safety Mike Brown.
E’solo la prima partita, c’è ancora da lavorare e il gioco può essere considerato in fase di rodaggio. Kyle Orton non esce del tutto a pezzi dall’incontro, nonostante un intercetto subito ha comunque giocato un discreto secondo tempo dimostrando che, una volta rotto il ghiaccio, può fare qualcosa di buono anche lui. Alla fine il rookie da Purdue ha chiuso con un 15/28 per 148 yards, mentre l’atteso debutto di Cedric Benson è durato pochi giochi nell’ultimo periodo e ha fruttato tre portate per sole dieci yards.
Lovie Smith ha diritto alla battuta finale nella quale sottolinea che il problema in attacco non è il solo ed “è certamente buono conquistarsi un certo numero di turnovers, ma è necessario riuscire a far girare meglio il gioco di corsa, come fatto nel 2004. Dobbiamo fare anche in modo che la difesa stringa meglio sulle corse comunque”. Come dire? Correre meglio davanti ed evitare fughe alla Portis come quella da 41 yards di oggi dietro. Un po’ tutto da rivedere insomma, tranne un esito come quello di oggi… possibilmente.