Brusco risveglio.

La limpida vittoria ottenuta una settimana fa su Detroit viene spazzata via dalla dura realtà in un match giocato contro quella che probabilmente è la squadra più in forma del momento insieme a Tampa Bay, ossia quei Cincinnati Bengals in grado di sfoderare un attacco letale e preciso e una difesa solida e compatta sopra ogni più rosea aspettativa. Chicago torna sulla terra e va al bye week con un record negativo (1-2) e sulle spalle una sonora sconfitta che va ben oltre il 24-7 subito al Soldier Field. Per lunghi tratti dell’incontro è sembrato di rivedere i Bears del 2004, incapaci di tenere il pallone e di sfruttare un difesa in grado di limitare i danni per il maggior numero di play possibili. Il fatto più sconcertante arriva certamente dalla prestazione del rookie Kyle Orton, capace di farsi intercettare ben cinque volte, come non accadeva ad un QB dei Bears dal 1968, quando fu Larry Rakestraw a subire tale onta. Orton ha lanciato male, andando in difficoltà già nei primi play e non riuscendo mai ad emergere. In un primo tempo che ha visto anche il running game paralizzato, solo la difesa riusciva a tenere a galla Chicago, limitando le yards passive a 72 nei 31 giochi effettuati dai Bengals.

Ma al di fuori di tutto questo Cincy dava l’idea di avere sempre la partita in pugno e, nonostante un’ottima partita di Briggs e Ogunleye, supportati ottimamente da Urlacher e Hillenmeyer chiudeva il primo tempo 10-0, per andare a far propria la partita in maniera ancor più concreta ad inizio terzo quarto, quando dopo il quinto intercetto a Orton segnava una nuova meta. In tre turnovers i Bengals riuscivano a guadganre quindi diciassette punti, mentre Chicago cominciava a trovare qualche varco in più in avanti a partita ormai compromessa. Limitato ottimamente Rudi Johnson per buona parte della gara, i Bears hanno sofferto soprattutto sui lanci profondi di un Carson Palmer sempre più leader e in grado di gestire le situazioni più delicate in maniera egregia. Le sue 169 yards non fanno strabuzzare certo gli occhi, ma sono ben tre i td passes, uno per il rookie Henry e due per il decisivo Chad Johnson. Palmer ha trovato la freddezza e la precisione di colpire sulle sideline verso le deep sfruttando la mobilità e la rapidità dei propri receiver, e portando così a casa gli ottimi frutti maturati dalla difesa.

Orton non ha parole, fino al td di Thomas Jones su corsa nel terzo quarto ha alternato tentativi sbagliati di conversione a intercetti in modo perfettamente matematico, trovando un drive decente solo a fine secondo qaurto e vanificato, guarda un po’, dall’impreciso Doug Brien.

“Non ho giocato bene” ha detto Orton, “non ho preso le giuste decisioni. Certo, non ho avuto gran fortuna, ma non puoi giocare così, regalare cinque palloni e sperare di poter vincere una partita di football.”

Williams, James, O’Neal, solo tre dei giocatori di una difesa in grado di raddoppiare di frequente sui receiver e aggredire il pallone ogni volta che Orton lo rilasciava per aria, una difesa in grado di intercettare dieci volte nelle ultime due gare e di guidare la classifica NFL in fatto di turnovers. Solo quando Chicago ha ricominciato a correre ha fatto male e Thomas Jones, per la seconda volta sopra le 100 yards, ha segnato la meta dell’onore prima che Palmer lanciasse il suo terzo td pass per 40 yards trovando di nuovo Johnson in grado di sbarazzarsi delle secondarie dei Bears. La difesa di Chicago ha sofferto soprattutto a livello psicologico, fisicamente è nel finale che ha davvero faticato per i troppi minuti passati in campo nel primo tempo arrivati ormai a pesare quanto un macigno nelle battute finali. Chicago non è infatti mai riuscita a gestire il pallone, i receiver non hanno avuto una giornata positiva, soffrendo la prestazione di Orton e non riuscendo praticamente mai a fare male agli avversari. Salvo qualche lancio su Bradley, Wade e Muhammad di una certa consistenza (e tutti a partita decisa nella seconda metà della gara), il gioco aerero ha fruttato a Orton e ai Bears 149 yards, con soli 17 completi su 39. Il secondo tempo, dicevamo, ha visto dei miglioramenti, ma il tutto è giunto con Cincinnati già un po’ rilassata e con un discreto margine di vantaggio da gestire, soprattutto contro un attacco così “docile ” come quello dei padroni di casa.

“Siamo un attacco giovane” ha detto Muhammad, “molti devono imparare un sacco di cose, ma non possiamo permetterci di perdere così tanti palloni, non riusciremo mai a vincere in questo modo.” Mentre Lovie Smith dal canto suo cerca di fare blocco su Orton e proteggerlo da eventuali critiche eccessive, dicendo che è comunque lui il quarterback di Chicago e lo resterà fino al ritorno di Grossman. “E’ una stagione lunga,” ha aggiunto Smith “Orton imparerà attraverso giornate come questa. E’ la vita di un quarterback, è fatta di alti e bassi e di partite così. Tanti quarterback hanno vissuto giornate come questa. Noi non avremo altre giornate di questo tipo, cerchiamo di ripartire subito e di essere pronti per la prossima partita.”

Mentre Minnesota risorge e torna al ruolo di favorita della NFC North, Chicago si appresta a rispettare una domenica di riposo prima del prossimo incontro a Cleveland dove, se si vorrà giocare una stagione di un certo spessore, sarà vietato sbagliare nel modo in cui si è sbagliato contro Cincinnati. Il resto sarà tutto guadagnato.