Chicago muove e dà scacco in una mossa.
Una cosa è certa: Chicago deve saper soffrire, e anche tanto, per conoscere la vittoria. In questa stagione sembra ormai una consuetudine non riuscire a dominare incontri nei quali la difesa non riesce a forzare turnover. L’attacco genera solitamente pochi punti e se non è quindi il reparto arretrato a creare qualche break sul punteggio allora si finisce sempre sul giocarsi le gare sul filo di lana. E’ stato così per le quattro vittorie, con due nette affermazioni (Detroit in casa e Minnesota) grazie ai molti palloni rubati e a qualche punto “extra-offesnivo” e due sudatissime partite vinte di misura (Detroit in trasferta e Baltimora) con un solo pallone rubato agli avversari in due match. Pallone preziosissimo che Charles Tillman è andato a pizzicare ieri a Jeff Garcia in over time, riportando l’ovale in meta e regalando in un sul colpo a Chicago la partita (19-13), un record vincente (4-3) e il primato nella NFC North in solitario. Nonché un record divisionale di 3-0 che pesa molto sulla graduatoria delle quattro contendenti.
Chicago è partita in sordina arrivando a sfoderare un secondo quarto davvero fantastico che permetteva agli uomini di Smith di chiudere il primo tempo in vantaggio 13-3 e con un’inerzia apparantemente tutta dalla propria parte. Galvanizzato dal premio di “Pepsi” rookie of the week conquistato per la scorsa giornata, Kyle Orton ha guidato superbamente l’attacco ad una frazione di gioco assolutamente atipica per Chicago, trovando lanci anche sul profondo e mettendo in evidenza davvero buonissime potenzialità. Il suo td pass per Mushin Muhammad (4/49 td) è un favoloso mix di potenza e precisione che va a sfruttare le doti atletiche del veterano ex Carolina Panthers e le sue splendide mani; un lancio che chiude un drive da 99 yards, il primo così lungo dal primo ottobre del 2000, quando a guidare l’attacco dei Bears c’era Cade McNown. Nelle giocate successive Chicago compie un’altra ottima azione che porta al field goal, così come l’ultimo drive dove non si riesce però a sfruttare una buona partenza di campo per via del pessimo punt calciato da Nick Harris. Due field goal che suggellano comunque un netto dominio degli ospiti e danno l’idea di una Detroit già in ginocchio. Le 206 yards guadagnate nel secondo periodo di gioco sono il miglior risultato dal 7 dicembre del 1986 (avversario di allora i Tampa Bay Buccaners ospiti al Soldier Field) e poco sembra importare l’infortunio occorso al first target della partita Mark Bradley (5 ricezioni per 88 yards), che fino a quel momento era stato decisivo sui palloni messi in aria da Orton ma che avrebbe dovuto stare fuori per tutto il resto dell’incontro.
Ma il secondo tempo ci consegna due squadre diverse. Detroit comincia a trovare il bandolo della matassa, Jeff Garcia sfrutta una D-line piuttosto resistente nonché la propria abilità nello scramble per sfuggire alla pressione dei difensori avversari e ritagliarsi il tempo giusto a cercare i propri receiver. Il quarterback lancerà alla fine 197 yards e, coadiuvato da un buonissimo Kevin Jones (66 yards corse e un td), darà finalmente gran filo da torcere alla difesa di Chicago. Brian Urlacher (9-2 tackles) si dà come sempre un gran da fare e insieme alla linea guidata da Tank Johnson (1-1 e un sack) e Adewale Ogunleye (6-0) prova a limitare corse e lanci del duo di Detroit. Spesso le retroguardie dei Bears riescono nel loro obiettivo, soffrendo qualche numero di Vines e Bryson in ricezione sulle flat o incollati alla sideline, ma riescono a non concedere praticamente nessun big play. Orton (17/31 230 yards TD) non trova più lunghi drive per tenere la propria difesa lontana dal campo e Thomas Jones (22 corse per 72) diventa un aiuto sugli screen passes per cercare guadagni che le corse sembrano non riuscire ad offrire come di recente consuetudine. Justin Gage tenta di emulare il proprio comapgno Bradley per dare profondità all’attacco fermandosi però a 47 yards. Muhammad “droppa” un paio di palloni invitanti, Jones fatica come detto contro il gioco “anti-corsa” degli avversari e la palla torna spesso a Detroit che alla fine non si fa troppo pregare per riaprire la gara: Kevin Jones chiude in endzone un drive da 85 yards, risultando il secondo giocatore dell’anno a perforare Chicago dall’interno della propria redzone, record per la NFL (2 td concessi su 14 tentativi). Nel quarto periodo è poi Jason Hanson a pareggiare il numero di field goal vincenti del diretto concorrente Robbie Gould (38, 20) e a riportare in parità il punteggio col suo secondo calcio trasformato su tre tentativi. Il primo errore, al primo drive dell’incontro, risulterà alla fine pesantissimo.
Con il secondo tempo Detoit ristabilisce un certo equilibrio tra le stats totali della partita e, pur senza mostrare la stessa efficacia dei Bears della prima metà di gioco, porta l’incontro in overtime dopo aver forzato tutti i drive degli avversari al punt tranne all’inizio del quarto periodo dove un fumble di Thomas Jones era stato recuperato da Edwards e aveva riconsegnato il gioco alla squadra di coach Mariucci. Un fumble che ripagava un precedente errore arbitrale (sempre fumble di Jones) senza che l’head coach dei Lions riuscisse ad avere il tempo di chiamare il challenge. C’era stata però anche un po’ di fortuna sui turnover in campo per Detroit, visto che nell’ultima frazione di gioco Garcia, dopo un intervento di Urlacher, aveva cercato un intentional grounding che Hillenmayer recupearava e riportava in meta dopo che il pallone, rimbalzando a terra, non era uscito dal campo. Il tentativo di liberarsi dell’ovale era per gli arbitri da considerarsi un incompleto con tanto di penalità da dieci yards, ma il rischio corso dal quarterback era stato altissimo. La fortuna continuava a non voltare le spalle a Detroit e anche il lancio della monetina prima dell’over time dava loro ragione.
Nel periodo supplementare la difesa di Chicago fa ancora più resistenza del previsto, nonostante la stanchezza e la sorte avversa, ed il primo drive di Detroit è tutto a vantaggio dei difensori di Chicago che forzano un “three and out” con susseguente punt che spedisce i DaBearz a cominciare la controffensiva dalle proprie 13 grazie ad una penalità del “solito” Ford, il quale in caso di special team riesce costntemente a regalare yards agli avversari. Finalmente si rivede Cedric Benson che guida l’intero drive dei Bears con tre portate da 35 yards prima di due incompleti di Orton. Di nuovo il punter Brad Maynard in campo, di nuovo Detroit in attacco. I Lions si ritrovano a loro volta sulle proprie 13 e cercano le corse prima con Jones (nessun guadagno) e successivamente proprio con il loro QB Garcia (5 yards) per evitare rischi in una pessima posizione di campo. Al terzo gioco del drive Garcia decide per il lancio dalla shotgun dopo aver avuto un discreto tempo per guardare i propri WR correre le tracce decise nell’huddle, ma il suo pallone appare lento e il tentativo di chiudere il down con un lancio corto si trasforma in un invito a cena per il defenisve back Charles Tillman che strappa il pallone indirizzato a Williams senza trovare difficoltà ed opposizione alcuna sulle 22 dei Lions. Appena tornato a terra, Tillman (6-1 tckl), ha di fronte a sé un’autostrada che percorre senza problemi fino alla meta regalando la vittoria ai Bears.
Questa prestazione dona a Chicago un Orton finalmente in grado di passare le 200 yards e con un gioco intenzionato a colpire anche il profondo. Il quarterback rookie è sempre più convincente, dopo la batosta subita contro i Bengals ha infatti lanciato un solo intercetto (per altro ininfluente ai fini della gara) in quattro partite e dimostrato sempre più sicurezza e poca inclinazione ai rischi inutili. Lovie Smith e Ron Turner lo stanno gestendo bene continuando a garntirgli buon gioco da parte del running game con un Benson che in over time mostra i primi segnali positivi della stagione. La linea è ancora orfana di Ruben Brown, ma concede pochi sack e per un passer che avrebbe difficoltà a dover uscire troppo spesso dalla tasca senza la possibilità di giocare pulito e con tocchi medio-corti il gioco di John Tait e soci risulta comunque buono. La pressione è spesso contenuta ed il ragazzo ex Purdue comincia a prendere sempre maggior confidenza con il playbook. Il crollo del secondo tempo ha mostrato una difesa meno efficace del solito nei colpi eclatanti, anche se il backfield dei Lions è stato attaccato varie volte, ma un QB abile come Garcia ad uscire in scramble era preda piuttosto difficile per i difensori di Chicago che hanno sì messo due sack, ma spesso si sono visti sfuggire l’avversario. Dopo 120 minuti senza palloni rubati in over time è arrivato il turnover più importante, proprio da parte di quel Tillman spesso cercato da Garcia durante la gara per via dei problemi evidenziati a inizio stagione, in particolar modo sui lanci profondi. I WR coperti da Tillman, infatti, erano riusciti ad infilare per ben quattro volte il proprio marcatore segnando sei punti ed in un paio di occasioni (vedi Cleveland), quelle giocate erano costate molto caro. Ora Chicago si gode comunque una vittoria che vale davvero tanto e si prepara all’ostica trasferta contro i New Orleans la quale, checché se ne dica, rimane un avversario capace di tutto. Se l’attacco trovasse un minimo di continuità in più potremmo davvero parlare di una squadra in grado di sorprenderci con ogni giocata, ma per ora ci si deve “accontentare” di alti e bassi che fino ad oggi sono stati indubbiamente sufficienti a vincere partite nelle quali si devono comunque stringere i denti per sessanta minuti. La difesa può portare Chicago ovunque, e in un certo senso sta dando un contributo assolutamente unico per le vittorie della compagine della Windy City, e l’attacco un po’ meno conservativo come quello del secondo quarto di ieri può garantire buon gioco in partite teoricamente equilibrate fino all’arrivo di avversari insuperabili quali i Pittsburgh Steelers e gli Atlanta Falcons. Fino ad allora ci sarà da aspettarsi spesso una squadra “umorale” capace di vincere partite sul filo di lana o di gettarle alle ortiche come a Cleveland e Washington. Oppure di stravincerle per il gran gioco difensivo più che per il proprio offensive game. Ci sarà da sudare fino alla meta finale, ma questi ragazzi sembrano intenzionati a volerlo fare e a Chicago cominciano ad essere in tanti a crederci. Il duetto tra Lions e Bears non avrà più incontri diretti quest’anno, ma la battaglia che le due franchigie si daranno a distanza è appena all’inizio.