Spinti dal vento!
Si sa, Chicago è la citta del vento, the windy city, ma raramente si riscontrano giornate del genere benché si sia abituati a forti folate da quelle parti. La partita tra San Francisco 49ers e Chicago Bears, vinta 17-9 dalla squadra allenata da Lovie Smith, ha avuto tra i protagonisti anche e soprattutto lui, il buon Eolo, capace di rendere inutile ogni tipo di lancio sul profondo, di ridurre al minimo le giocate aeree, di vanificare i calci e chi più ne ha più ne metta. Nemmeno i Bears, teoricamente favoriti dall’abitudine a queste condizioni, sono riusicti a combinare grandi cose e alla fine dei conti Chicago ha prevalso a fatica in una partita che alla vigilia pareva scontata.
Colpa di Bobby Wade, si dirà, capace di perdere tre palloni su situazioni di punt return che hanno spesso regalato ai Niners posizioni di campo ottimali e tenuto all’angolo Chicago; ma gli uomini venuti da Frisco non sono riusciti ad andare in meta per la terza partita di fila e la partita è finita tra le mani dei loro avversari. La difesa di Chicago ha fatto buona guardia all’interno della propria redzone e, vista la quasi impossibilità di giocare palla in aria, San Francisco ha giocato le proprie carte su corsa trovando 133 yards totali ma senza mai riuscire a segnare e rendendosi definitivamente conto del perchè questa difesa abbia concesso solo due td su corsa da inizio anno e di come mai abbia il minor numero di punti concessi e di segnature subite all’interno delle proprie venti yards. Nulla da fare. Pur senza strafare e giocare in pressione, non ne valeva la pena per i già citati problemi dei quarterbacks, le due difese si sono discretmanete comportate, ma quella di Chicago ha, come spesso le capita, retto in piedi la baracca sopra ogni avversità. Kevan Barlow (25/63) non è ruscito mai ad impensierire troppo la “retroguardia” di Urlacher e compagni, la quale ha trovato maggiori difficoltà sulle uscite dal backfield del rookie Frank Gore (14/55) che non da quelle dello starter RB dei rosso-oro. Il gioco aereo è invece stato nullo con il povero Cody Pickett (1/18 28 yds INT) mai capace di entrare in partita e in grado di totalizzare un rating di solo 7.5.
L’attacco di Chicago ha fatto qualcosa di più sul lato dei guadagni e della concretezza, chiudendo con 239 yards totali contro le 161 e trovando in Adrian Peterson (24/120 TD), gurdacaso un runningback, l’uomo in più. Peterson aveva cominciato con poche portate in appoggio allo starter di giornata Cedric Benson, ma proprio nel giorno dell’assenza di Thomas Jones, la quarta scelta assoluta di quest’anno si era infortunato ad un ginocchio a poco più di cinque minuti dall’half time dopo aver corso 50 yards in 12 portate e aveva dovuto abbandonare il campo.
Kyle Orton (8/13 67 yds INT) non è mai stato sfruttato per giocare il profondo ed ha dovuto accontentarsi di giocare chiamate di short yardage, entrando come il suo collega Pickett ben poco nel vivo della partita, riuscendo però nella poca gloriosa impresa di vanificare l’intercetto di Mike Brown nella redzone avversaria andando a restituire il “favore” al cornerback Shawntae Spencer.
Per fortuna c’è la difesa, dicevamo, perchè Chicago nel primo tempo non ha mai trovato un guizzo davvero degno di nota. Dopo un drive discreto in avvio, Robbie Gould (1/2) calciava fuori un field goal dalle 39 mentre, dall’altra parte, il giustiziere di Tampa Joe Nedney (3/4) sembrava infallibile nonostante le condizioni meteo proibitive. Fino alla fine del primo tempo, dove Nedney veniva chiamato ad un’impresa eroica: calciare dalle 52 yards sfidando la distanza e il già citato dio Eolo, magico protettore di Chicago e dei suoi gladiatori. Il pallone colpito dal kicker sembrava destinato a finire dentro, ma dopo un’incredibile folata di vento cambiava completamente direzione e finiva in endzone dove Nathan Vasher lo catturava al volo. Il CB secondo anno (che lo scorso anno giustizò proprio i Niners con un intercetto riportato in meta per 71 yards) alzava la testa e sembrava quasi intenzionato ad inginocchiarsi per il touchback e lasciar finire il tempo, ma subito dopo smentiva tutti cominciando a correre. Superate le venti yards s’infilava in una zona intasata da uomini, i giocatori dello special team di Chicago tengono comunque bene i blocchi e permettono a Vasher di girarsi e cambiare totalmente sponda del campo per continuare la sua corsa verso la endzone, corsa che riuscirà grazie all’appoggio di Lance Briggs e soci ancora in grado di seguirlo e concedergli sempre più yards, compagni in grado di bloccare chiunque e che permetteranno a Vasher di segnare il “field goal misses return” più lungo della storia NFL: 108 yards!!!
Il td avrebbe potuto sbloccare Chicago che invece ha dovuto aspettare il quarto periodo per chiudere la gara grazie ad un ottimo drive dove anche un paio di penalità aiutano Orton ad arrivare in zona calda dalla quale Peterson può affondare il colpo. Nedney e Gould sigilleranno il risultato finale. Tolte le difficoltà del primo tempo, Chicago è riuscita a controllare una partita che non doveva certo essere il test più duro dell’anno, e guarda con un certo timore le vittorie di tutte le rivali di division, dove spiccano quelle di Minnesota a New York contro i Giants e quella dei Packers su Atlanta. La division è tutt’altro che chiusa e, nonostante l’attenuante del vento, ieri Chicago non ha troppo convinto. Il gioco di corse ha dimostrato di riuscire ad essere efficace anche col terzo interprete a roster e la difesa si limita a mandare al calcio gli avversari senza troppi problemi, anche quando questi, complice una penalità, si giocano sei tentativi partendo dalle 21 yards. La partita prevedeva molti più sack, molti più intercetti, ma il gioco difensivo si è limitato a contenere un running game comunque discreto senza dover badare troppo a Pickett già troppo impegnato dai propri problemi. Un solo pallone per tre yards a Mushin Muhammad fa storcere certamente un po’ il naso, ma il tempo era duro per tutti, anche per Orton, al quale si può rimproverare solo l’intercetto mandato al mittente in un momento delicato dell’incontro e in una zona caldissima del campo. Nonostante le difficoltà di Wade (tre fumbles) gli special team sono riusciti a creare la situazione che, più di tutte, fa la differenza nella partita; se il calcio di Nedney fosse entrato, o comunque non recuperato e portato in TD da Vasher, la partita avrebbe assunto una piega diversa, considerando anche che il drive dell’unico td offensivo è giunto nell’ultimo periodo. Troppi palloni persi sarebbero una condanna contro chiunque, non contro i Niners in fase di ricostruzione e con non pochi problemi d’infortunio, quindi resta sottinteso che quella di ieri deve essere vista come un giornata strorta se davvero si vuole cullare il sogno dei playoffs 2005.
Chicago si porta a 6-3 e continua a guardare avanti senza che nessun giudizio sia veramente cambiato in queste ultime settimane: gioco di corse perfetto, difesa grandiosa, O-line in crescita e QB che deve trovare continuità, magari non giocando mai più di 20 yards per tentativo di lancio viste le eccessive difficoltà: per le palle lunghissime c’è ancora tempo. Ora però arrivano i Carolina Panthers, forse la squadra più in forma della NFC, e non sarà un gioco da ragazzi affrontarli. Il running game dei campioni di conference 2003 non dovrebbe impensierire troppo, ma Jake Delhomme è un ospite di tutto riguardo e sa come e quando trovare i propri compagni. Orton deve assolutamente trovare maggior continuità, maggiore concretezza; è una musica che non cambia, e qualcuno potrebbe essere annoiato dal ripetersi settimanale delle solite note, ma la differenza tra vincere qualche partita e potersi giocare buoni traguardi anche contro qualche grande passa, come in ogni franchigia che si rispetti, dal proprio quarterback. E a Chicago, per buona pace del perenne infortunato Rex Grossman, questo ruolo è quello di Orton.