L’origine del termine “hut”

Wilmerding è una cittadina di poco più di 2000 anime, 20 miglia ad est di Pittsburgh.

La sua notorietà risale ai primi del ‘900, quando vi si impiantò la Westinghouse Air Brakes, che portò prosperità e lavoro, ed il borgo di Wilmerding raggiunse ben presto le 6000 unità.
Fu in quel quadro di espansione industriale e demografica che la piccola scuola Wilmerding Normal lasciò il suo segno distintivo nella storia della palla lunga un piede.

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George Westinghouse, fondatore dell’omonima azienda

Correva l’anno 1906, ed il football registrava una novità che sarebbe stata destinata a sconvolgere il gioco: fu l’anno in cui venne legalizzato il passaggio in avanti.
All’epoca, i tradizionalisti erano la maggioranza, sia tra i pro (non ancora NFL) che tra i college, e l’innovazione venne vista come fumo negli occhi, fortemente osteggiata e scarsamente adottata.
Le squadre preferivano affidarsi al buon vecchio gioco di corsa, che ben esemplificava lo spirito rude e maschio del gioco.
Non bisogna inoltre dimenticare che le regole in voga allora erano ben diverse da quelle a cui siamo abituati oggi. Per dirla in soldoni, a parte l’omicidio, tutto era permesso, ed i giocatori non avevano protezioni di sorta.
Non per nulla il football era lo sport che registrava il più alto numero di decessi sul campo, e di lì a qualche anno il Presidente degli Stati Uniti sarebbe stato sul punto di abolirlo per l’eccessiva rudezza.
Facile immaginare, quindi, come il passarsi la palla per guadagnare un buon numero di yards senza il minimo contatto fisico fosse visto come una forzatura, quasi il passaggio in avanti snaturasse l’essenza stessa del gioco.
A Wilmerding Normal, però, coach Willis Kryhoski cercava disperatamente una soluzione, qualunque essa fosse, per regalare almeno una vittoria alla propria scalcinata squadra di football, i Wilmerding Bulls, reduce da una stagione 1905 in cui aveva preso schiaffi (in senso letterale) in tutta la contea e da tutte le squadre che aveva affrontato.
Coach Kryhoski non attese nemmeno un minuto, e cominciò ad allenare i suoi sul passaggio in avanti in preparazione del campionato autunnale del 1906.
Gli allenamenti furono proficui e molto istruttivi.
Il coach ed i suoi giocatori scoprirono ben presto che lanciare la palla ad una mano offriva migliori garanzie rispetto a lanciarla a due mani, e la traiettoria a spirale era meglio di quella ottenuta lanciando la palla tenendola per le due punte.
Dopo diverse sessioni di allenamento, il quarterback Jason Gribble aveva acquisito una certa destrezza nel lanciare il pallone, e dei due end, Harold Skub aveva mostrato una buona attitudine alla ricezione, mentre Stanley Mueller risultava negato sia a lanciare che a ricevere.
La “air connection”, come si direbbe oggi, era quindi stabilita: Gribble avrebbe lanciato sempre su Skub.
Come spesso succede, però, al talento non corrispondeva altrettanta intelligenza. Per usare un’espressione cara a coach Kryhoski: “Gribble’s thicker in the head than a elephant is in the ass, and he’s the smart one!

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Cartolina d’epoca da Wilmerding

Ma cosa c’entra l’intelligenza con il passaggio in avanti? Bene… in realtà basterebbe aprire un playbook moderno ed andare alla pagina contenente l’albero delle tracce per i ricevitori per rendersi conto della freschezza mentale necessaria a memorizzarle tutte, i loro nomi, i loro codici corrispondenti nelle chiamate del quarterback e le differenze a seconda della posizione del ricevitore e della difesa che ha di fronte.
Nel 1906 non c’era nulla di tutto ciò. Non esistevano le tracce, nè una codifica più o meno universale, per cui Gribble e Skub dovettero inventarsi tutto da zero, e cominciarono dalle basi.
Le traiettorie erano tre: una “dritta e forte”, una che prevedeva una direzione verso il centro del campo e la terza che tagliava il campo in diagonale. Gribble le chiamò Straight, Middle e Cross.
Ricordiamoci sempre dell’epoca in cui siamo nel racconto: gli huddle erano praticamente inesistenti, e questi segnali avrebbero dovuto essere chiamati sulla linea di scrimmage.
Dopo i primi due passaggi, la difesa aveva ovviamente capito tutto, e Skub fu marcato strettamente negli allenamenti della squadra, facendo improvvisamente precipitare la percentuale di passaggi che andavano a buon fine.
Coach Kryhoski capì subito che qualcosa andava fatto ma, conoscendo il Q.I. dei suoi atleti, aspettò qualche giorno prima di suggerire a Gribble una soluzione.
Dietro la end zone del lato nord del campo c’erano tre baracche. Quella di sinistra era adibita a spogliatoio per i Bulls, quella a destra per gli avversari e quella in mezzo era un deposito di attrezzi e materiale. Le tracce vennero quindi chiamate “Visitors shed”, “Storage shed” e “Bulls shed”. Questa terminologia avrebbe dovuto essere leggermente più incomprensibile per gli avversari.
Ci volle circa una settimana di allenamenti perchè Skub si ricordasse a quale baracca corrispondesse ognuna delle tre tracce, ma alla fine era abbastanza sicuro di sè.

Qualche giorno prima della partita d’apertura del campionato 1906, avvennero alcuni fatti che avrebbero avuto una notevole importanza nella storia che stiamo raccontando.
Jason Gribble, il quarterback della squadra, era molto attivo in campo politico scolastico, e l’anno precedente aveva perso le elezioni per il posto di tesoriere dei Sophomores.
Durante l’estate, la biblioteca del campus aveva tolto dai propri scaffali un libro di Oscar Wilde, e la comunità studentesca era insorta, protestando contro la censura ed invocando la libertà d’espressione. Venne indetta una manifestazione, che si tenne sul campo da football del campus, dove molti oratori presero la parola. Tra questi, ci fu proprio Gribble. Forse il meno forbito, il meno acculturato ed il più sgrammaticato di tutti, ma la sua frase “If I want to say (bleep), I’ll darn well say (bleep), by heck!” mandò la platea in visibilio.
Il giorno successivo, le sue parole erano sulle prime pagine di tutti i giornali della zona. Un giornale di Pittsburgh aveva addirittura un disegno (antesignano delle fotografie) di Gribble che arringava la folla ed un fumetto con il suo turpiloquio coperto dalle parole “CENSORED”.
Venne quindi il giorno della prima partita, e Wilmerding ospitò la squadra di Allegheny Mines and Farm Machinery. Dopo mesi di allenamenti, era finalmente l’ora: Gribble si mise sulla linea di scrimmage e chiamo’ “Bull’s shed!!!“.
Il referee fischiò immediatamente ed assestò a Wilmerding una penalità per linguaggio osceno. Il referee, Lionel Tauber, aveva problemi di udito, ed aveva riconosciutio benissimo Gribble dalla vignetta apparsa sul giornale di Pittsburgh. Facendo uno più uno, fu semplicissimo per Tauber associare a Gribble non “Bulls shed“, ma “Bullshit!!!“, e non ci fu verso di fargli cambiare idea.
Questo atto pesò molto sull’economia della partita. Gribble non si azzardò piu’ a chiamare un passaggio, Wilmerding fu costretta al punt e sfortuna volle che il punt venisse ritornato direttamente in TD.
Se Gribble e Skub avessero potuto parlare con il coach, forse le cose sarebbero potute cambiare, ma le regole del tempo costringevano il coach in tribuna, impedendogli di scendere sulla sideline.
I due giocatori confabularono un pò tra di loro prima del kickoff susseguente al touchdown, e giunsero alla conclusione che dovevano cambiare parola e sostituire il pericolosissimo “shed”.
Skub propose “outbuilding”… troppo lungo. Gribble invece penso’ ad “enclosures”… sempre troppo lungo.
Dopo qualche tentativo concordarono la parola: sarebbe stata “Hut”. Per sfuggire a qualsiasi possibile interpretazione errata, decisero anche di numerare le baracche da sinistra a destra, chiamandole quindi “Hut one”, “Hut two” e “Hut three”.
Dopo il kickoff, Gribble si avvicino’ quindi alla linea di scrimmage e chiamo’ “Hut one!!!!“. Skub ricevette uno splendido passaggio incrociando il campo, e fu fermato dal segnare un touchdown solo da una zolla maligna di terreno sulla linea delle 10 yards, sulla quale inciampo’ e cadde. I due giochi successivi, due corse, furono infruttuosi, e finì il primo quarto.
Le squadre cambiarono campo e… lo scarso Q.I. dei nostri due eroi fece il patatrac. Gribble chiamò un passaggio: “Hut three!!! Hut Three!!!”, ovviamente facendo affidamento sul fatto che Skub potesse mentalmente trasporre le tre baracche che ora erano alle sue spalle come se le avesse di fronte. Skub invece, al segnale si alzò dalla stance, si giro’ di 180 gradi e cominciò correre verso la PROPRIA end zone, in direzione della terza baracca. Fenomeno per fenomeno, Gribble si fece prendere dal panico, e non sapendo che fare non trovò altro di meglio che lanciare la palla con una spirale perfetta a Skub.
Una spirale perfetta per una ricezione perfetta, una corsa di 90 yards ed una safety, tra l’ilarità degli avversari e le proteste del pubblico di casa.
Gribble aveva nuovamente conquistato le prime pagine dei giornali di tutta la Pennsylvania.
“Hut one, Hut two” divenne l’urlo di scherno preferito dei tifosi avversari quando la loro squadra giocava con Wilmerding, e la coppia Gribble-Skub divenne lo zimbello di tutto lo Stato.
Harold Skub lasciò la scuola per la vergogna, mentre Gribble continuò con tenacia. Si laureò ed inseguì i suoi sogni, ma venne sempre perseguitato dall’episodio.
Nel 1911, addirittura, tentò la strada della politica, ma il suo avversario in campagna elettorale coniò lo slogan “I never hutted once!!!“.
I due protagonisti, come spesso accade, finirono ben presto nel dimenticatoio, ma lasciarono al football un’eredità importantissima: ancor oggi, praticamente la totalità dei quarterbacks chiama il gioco cadenzando la partenza con una serie di “Hut”.

Leggenda? Fantasia? Semplice racconto popolare o verità assoluta? Chi puo’ saperlo. Tra gli storici e gli studiosi dell’era pionieristica del football questa storiella gira da tempo. Nessuno ha mai potuto verificare la sua autenticità, ma nessuno ha mai potuto smentirla in maniera definitiva.
I nomi, le scuole (anche se ora si chiamano in maniera differente), addirittura i risultati: tutto coincide.
Lasciamo al lettore la decisione.