Rischio holdout.
Comincia con troppi problemi di ambiente l’estate, un periodo in cui, passato il terremoto di Cedric Benson di un anno fa, si pensava potesse scivolare via senza troppo rumore fino alla preseason di agosto. Nulla da fare. I Bears si trovano con tre giocatori di “livello rosso”, arrabbiati; non sono soddisfatti della propria situazione contrattuale, si lamentano, protestano più o meno vivamente. Non ci sarebbe di che allarmarsi se non fosse per il nome di questi tre elementi. Thomas Jones, RB da più di 1300 yards, il miglior runner a livello di numeri dai tempi di Walter Payton. Lance Briggs, formidabile outside linebacker capace di supportare (e sostituire, nel 2004) l’immenso Brian Urlacher nel box dietro la D-line. Last but not least, Nathan Vasher, cornerback dalle mani d’oro, capace di big plays incredibili, Pro Bowler dopo soli due anni da professionista e autore del TD più lungo della storia della lega: 108 yards riportate in meta dopo un field goal sbagliato da San Francisco durante l’ultima regular season.
Tre problemi non indifferenti quindi, tre giocatori che hanno deciso di saltare le OTA practices, allenamenti e drills facoltativi per i giocatori che si svolgono a porte chiuse, lontano da occhi troppo indiscreti. Alla sola presenza di alcuni giornalisti, le cronache raccontano di due giocatori (Jones e Briggs) lamentarsi attraverso la voce del proprio agente, il famigerato Drew Rosenhaus, per le condizioni del contratto, e di un Nathan Vasher che, dopo pochi scatti in campo, si è ritirato dal gioco dichiarando alla stampa di non essere “assolutamente infortunato”. In questi giorni si è sentito più o meno di tutto, con poche dichiarazioni dei protagonisti e molte parole spese dagli addetti ai lavori, intenti a dare consigli e ad analizzare la situazione nel migliore dei modi. Con il rischio holdout che pende come una spada di Damocle sui caschi dei giocatori dei Bears, la società (che grazie al nuovo CBA non può punire in alcun modo chi “salta” allenamenti dove non è richiesto l’obbligo di partecipazione) si è espressa in modo ottimistico, con Smith assolutamente inflessibile nel concedere poco spazio di cronaca e di campo ai dissidenti, Jerry Angelo a minimizzare e Brian Urlacher che, assieme a Mike Brown, ha formato un coro di pace e serenità per quel che riguarda i destini della difesa di Chicago.
Tre casi comunque totalmente diversi. Thomas Jones va a sbattere su delle porte chiuse grazie alle proprie pretese. Inizialmente sembrava che il giocatore volesse essere inserito in una trade, poi che chiedesse semplicemente una revisione del contratto. In entrambi i casi il RB si è sentito rispondere di “no”, ed un suo holdout non preoccupa più di tanto visto, anzi, che semplificherebbe l’ingresso come starter dell’ex prima scelta 2005 Cedric Benson con l’appoggio in backup di Adrian Peterson e senza la problematica della gestione di torppe star nello spot di RB. Una mossa che prima o poi sarebbe arrivata e che, involontariamente, Jones sembra aver scatenato con almeno una stagione d’anticipo grazie alla propria protesta. L’impressione è che si presenterà al training camp e rimarrà a roster, darà sempre più spazio a Benson (se questi dovesse funzionare) per lasciare la squadra tra un anno. Questo a meno che non si convinca di voler fare solo il secondo RB.
Lance Briggs è, attualmente, il giocatore che più di tutti ha il coltello dalla parte del manico. Forte LB esterno ha dimostrato di poter essere la miglior spalla per Urlacher e di poter reggere il peso della difesa anche quando il numero 54 è venuto a mancare, come nella stagione 2004. Briggs e la società erano vicine all’accordo, poi un improvviso allontanamento dettato probabilmente dall’agente del giocatore, Drew Rosenhaus. Ad una radio il giocatore avrebbe dichiarato di non voler accettare la proposta dei Bears, ritenuta troppo bassa, per potersi presentare al meglio come uno dei top free agent a fine stagione. Un comportamento che sembra spinto più in direzione di Chicago per farsi alzare il contratto che altro, ma è verissimo che Briggs sarebbe una pedina davvero appetibile. L’idea è che Chicago riuscirà a rifirmare il giocatore, al quale manca un solo anno di contratto che porterà nelle sue tasche $721,600.
Sia Jones ($4.5 milioni in due anni) che Briggs hanno poi deciso di rientrare temporaneamente agli OTA, vedendosi retrocedere da coach Smith nel Team B durante gli allenamenti.
Questione spinosa anche quella di Nathan Vasher. Per Jerry Angelo non sarebbe un problema aumentare il contratto del cornerback pro-bowler 2005, ma dopo soli due anni la politica auto-impostasi dalla società lo proibisce. Vasher, assistito dall’agente Michael Sullivan, è fermo al contratto firmato due anni fa come rookie. Il difensore terzo anno percepirà altri 900,000 dollari in due anni (450,000 a stagione), stipendio che lo piazza al 131° posto della classifica dei pariruolo nella NFL. Visti i numeri accumulati (terzo maggior numero di intercetti nella storia del club, unico fourth rounder del draft a finire al Pro Bowl dal 2000 a oggi) le pretese di Sullivan non sembrano troppo campate in aria (un anno di estensione), ma il muro opposto da Angelo è dimostrazione di come la società non conceda deroghe o sconti. Sullivan sostiene che sia una politica da rispettare quella di Angelo, ma non per questo deve considerarsi anche logica visto che permette ad un backup (Ricky Manning jr) di guadagnare dieci volte tanto il suo assistito-titolare; la risposta ironica di molti addetti ai lavori non si è fatta attendere (se fosse Vasher il backup?) sui giornali e nei forum di appassionati. Effettivamente Vasher non è ancora un CB completo al 100% e non è da escludere che la sua assenza possa non pesare così eccessivamente sui giochi della retroguardia dei Bears che in questi giorni ha continuamente provato Ricky Manning nel ruolo di CB sul lato opposto di Charles Tillman e punta a crescere una miriade di altri giocatori interessanti. L’idea è che Chicago non cederà per non creare precedenti nella gestione Angelo, ma è indubbio che Vasher meriti piena fiducia e la possibilità di giocare con la serenità e la tranquillità necessarie, anche solo come nickel back, ruolo che aveva ricoperto con regolarità fino alla definitiva resa di Jerry Azumah.
Per questo motivo il caso di Vasher è quello potenzialmente più a rischio holdout, anche se Mike Brown sostiene che “la nostra difesa è molto forte. Spero che Vash sarà dei nostri perchè ci serve molto, ma anche senza di lui il nostro gioco non sarebbe tanto inferiore”. Probabile che la safety abbia ragione, ma senza Vasher le incognite sulla rotazione difensiva aumenteranno e, soprattutto, si rischierà di perdere n giocatore davvero molto utile in decine di schemi differenti per la difesa. Angelo continua a sottolineare di non voler cedere di un passo rispetto alla politica societaria e sottolinea come, questo genere di problemi, sia insito alla NFL in generale, e non un fatto circoscritto al mondo Bears. L’estate è comunque in arrivo, il training camp anche. Perdere troppe “sgamabate” potrebbe limitare l’utilizzo e/o l’efficacia di questi giocatori da settembre in avanti. Farà molto caldo anche quest’anno nei camp dell’Illinois, ma a Chicago ultimamente sembrano abituati a certi colpi di sole.