Randy White
Randy Lee White nasce a Pittsburgh, Pennsylvania, il 15 gennaio 1953. Figlio di LaVerne e Guy, un macellaio ex-sergente addestratore dei paracadutisti, reduce della Seconda Guerra Mondiale, viene cresciuto insieme ai fratelli in modo estremamente disciplinato. Il padre ama ripetere loro: “Quando devi fare qualche cosa, falla bene. Se devi fare qualcosa a metà, non farla affatto. Se cominci qualcosa, vai fino in fondo. Non bisogna mai lasciare nulla di incompiuto“. La prima esperienza nel football Randy la fa come fullback nella Little League, sotto il coach Warren Shuler, che tra l’altro è anche il Capo della Polizia del Delaware. “Hunk”, come viene chiamato in famiglia, frequenta poi la Thomas McKean High School a Wilmington, Delaware. Anche qui finisce nelle mani di un maniaco della disciplina, Blaine Tanner. E’ con questo binomio football-disciplina che Randy approda alla corte di coach Jerry Clayborne, all’Università del Maryland.
Anche Clayborne è appena arrivato a Maryland per rimpiazzare Roy Lester. I risultati del college sono piuttosto sotto la media, non avendo avuto una stagione vincente dal 1963 al 1971. Ma in quell’anno tutto sembra cambiare, e la squadra, guidata in difesa da una superstar sbucata dal nulla, termina con un lusinghiero 5-5-1. Quel giovane difensore lascerà la sua impronta anche sui due campionati successivi. Infatti, nel 1973 e nel 1974 Maryland chiude a 16-8, conquistando i suoi primi Bowls dal 1955. Nel 1974 vince il titolo ACC guidata dal suo numero 94, Randy White. In realtà “Hunk”, in seguito alla rivoluzione voluta da Clayborne (che aveva spostato i migliori atleti della sua squadra in difesa), da fullback si ritrova a guidare da leader il proprio team difensivo, rastrellando premi e riconoscimenti, oltre ai 12 sacks che gli fruttano il Vince Lombardi Trophy e l’Outland Award nel 1974. White si è trasformato in uno dei più grandi defensive linemen della storia NCAA lavorando duramente in sala pesi. Come valore aggiunto, ha la velocità ereditata da tanti anni di militanza come corridore in attacco, che lo distanzia anni luce da qualunque lineman di college della storia del football. Per questo verrà introdotto anche nella College Football Hall of Fame nel 1994.
In quegli anni il management dei Dallas Cowboys è guidato da tre vulcanici elementi: il GM Tex Schramm, il coach Tom Landry e il manager Gil Brandt. Loro era stato il merito di “inventare” giocatori di football da famosi corridori olimpici (come Bob Hayes) o da calciatori europei (come l’austriaco Toni Fritsch). Brandt vede giocare Randy White in linea difensiva con la sua Università, ed in lui intravede immediatamente un nuovo Dick Butkus: un giocatore cioè con il talento necessario a dominare il suo ruolo per molti anni a venire. “C’era questo ragazzone grande e grosso, alto 1.95 e pesante 116 chili, ed in grado di correre le 40 yards in 4″7.” ricorda Brandt “Sai che esistono, ma non capita spesso nella vita di incontrarne uno…“. Nel draft del 1975, Atlanta spende la sua prima scelta assoluta per il quarterback Steve Bartkowski. Dallas sceglie Randy White, lasciando Walter Payton a Chicago due scelte dopo. Quel draft porta a Dallas quella che viene ricordata come “La Sporca Dozzina”: dodici rookies che trasformano l’anno della rifondazione dei Cowboys nell’anno della terza apparizione al Superbowl. Tra questi, nomi come Thomas “Hollywood” Henderson, Bob Breunig, Pat Donovan, Randy Hugues, Ed “Too Tall” Jones, Mike Hegman e Herb Scott: autentiche pietre miliari nella gloriosa storia di quella franchigia.
Tuttavia, l’inizio di “Hunk” a Dallas non è tutto rose e fiori: Brandt convince Landry a spostare White nella posizione di middlelinebacker, cosa che era riuscita con successo a Sam Huff nei New York Giants. La scelta è dovuta al fatto che il grande Lee Roy Jordan è oramai al crepuscolo della sua carriera, e quel rookie sembra perfetto per raccogliere la sua eredità. Randy invece fatica molto in quel ruolo nei suoi primi due anni di carriera, anche se la classe di cui è dotato e la ferrea disciplina mentale con cui è cresciuto gli impediscono di naufragare miseramente in un fallimento irrecuperabile. “Il fatto è che non avevo le reazioni istintive che servono per giocare middlelinebacker. All’inizio ero molto confuso dalla posizione in campo, e presto mi ritrovai in grande difficoltà“. Quando l’esperimento termina, a Randy non sembra vero: “Fu come se mi avessero tolto le manette e mi avessero detto: vai, adesso puoi giocare a football!“. Quasi immediatamente, White si trasforma nel più completo ed efficace uomo di linea difensiva della NFL: si esalta nello scontro diretto con l’avversario, anche se in breve tempo questi duelli diventano sempre più rari. I filmati dell’epoca non mentono: Randy White era troppo bravo per essere tenuto da un singolo avversario, e veniva costantemente raddoppiato dalle linee di attacco. “Nel Pro Bowl mi capitava spesso di giocare contro John Hannah e Mike Webster, che mi raddoppiavano continuamente. Una volta ricordo che sbottai, dicendo: Andate a raddoppiare qualcun altro, e lasciatemi in pace almeno qui al Pro Bowl!“.
Ricorda Charlie Waters, safety storica di Dallas: “Randy White era il giocatore di football più vicino alla perfezione che io abbia mai conosciuto. Era completamente dedicato al gioco. Il suo corpo era modellato perfettamente per il ruolo che doveva ricoprire, e le sue mani erano dure come mattoni. Era così tanto concentrato verso la perfezione quanto era costruito per essere una perfetta macchina da guerra. Era così perfetto per il football per quanto era naif per tutto il resto: il candido e disarmante Randy il giorno della partita si trasformava in quella cosa… un concentrato di cattiveria e distruzione… beh, un vero mostro!“. E’ proprio Waters a coniare il soprannome che resta appiccicato a White per il resto della sua carriera come un nome di battaglia: The Manster (part man, part monster). “Mi terrorizzava il giorno della partita, ma mi faceva divertire in tutti gli altri. Era uno di quei ragazzi che devi essere grato al Signore di avere dalla tua parte quando la lotta incomincia. Il Manster diventava tutto Monster il giorno della partita! In gara, la sua personalità era spaventosa: non solo Randy non ha mai aiutato un avversario a rialzarsi da terra dopo averlo steso, ma non l’ha mai fatto nemmeno con i suoi compagni di squadra. Nell’huddle mi terrorizzava, così evitavo di rivolgermi a lui: aveva un bagliore di odio selvaggio negli occhi. Credo riuscisse ad abbattere i suoi avversari non solo fisicamente, ma anche mentalmente. L’unica volta che ho palesemente disobbedito a Coach Landry fu quando, al termine di un timeout, mi chiese di rimproverare Randy perchè, a suo avviso, non metteva abbastanza pressione sul quarterback. Al ritorno nell’huddle con la giocata difensiva, guardai Randy e balbettai: il coach ha detto che stai facendo un ottimo lavoro!“.
Il carattere è qualcosa che Randy ha evidentemente ereditato dalla sua famiglia. White adora giocare sulla East Coast, battere i Redskins, stendere gli Eagles e ascoltare i lamenti dei newyorkesi ogni volta che Dallas esce dal Giants Stadium con la posta piena. Inoltre, giocare sulla East Coast vuol dire far venire la famiglia dal vicino Delaware perchè possa assistere alla partita. Ma una sera a Washington, durante un Monday Night, Randy desiderò che i suoi cari fossero rimasti a casa. Nonostante le partite si svolgessero in territorio “nemico”, la signora LaVerne amava seguire il figliolo indossando la sua maglia dei Cowboys: “Mamma è sempre stata una donna piuttosto… ‘vocale’, ed una grande tifosa di Dallas“. Quella sera, la partita era particolarmente tirata, ed il tifo piuttosto sostenuto. Come spesso accade, le cose andarono un pò “fuori controllo”: un fan dei Redskins capì che le due donne sedute alle sue spalle, che tifavano rumorosamente per Dallas indossando l’odiata uniforme, erano la mamma e la sorella di Randy White. Dopo uno scambio concitato di battute, decise di svuotare il contenuto del suo bicchiere di birra sulla testa della White più giovane. Quello che l’incauto pellerossa ignorava era che c’era un altro White seduto un paio di file indietro: prima ancora che la birra toccasse terra, il fratello di Randy, volando sopra i sedili, aveva steso il tifoso avversario, mentre mamma LaVerne lo colpiva ad ombrellate: “In realtà, mamma non ha mai avuto paura di partecipare ad una bella rissa: in fondo, è una tifosa dei Cowboys…“.
Ma c’è anche l’altro aspetto di White: quello di “Hunk”, il ragazzo semplice, amante della natura, tenero con i figli e con i suoi cani, ed a volte persino ingenuo. Una volta, al termine dell’allenamento del venerdì, Randy riferisce negli spogliatoi un persistente disturbo intestinale. Don “Cocky” Cochran, uno degli allenatori, gli mette in mano due supposte fuori misura e gli dice: “Prendi queste prima di andare a letto stasera, e domani ti sentirai un uomo… ahem, un mostro nuovo!“. Racconta ancora Charlie Waters, testimone del fatto: “Randy accettò la medicina di Cocky con un pò di apprensione. Poi, quando si accorse che lo stavo guardando, se le mise in tasca con un ghigno strano. La mattina dopo, ero nell’idromassaggio quando vidi Randy arrivare per riferire agli allenatori. Si vedeva che stava meglio, perchè aveva di nuovo il suo passo elastico e quella scintilla negli occhi. Cocky gli chiese: Allora grand’uomo, come ti senti oggi? La riposta di Randy fu: Alla grande! Quelle pillole da cavallo hanno fatto bene il loro lavoro, ma cavoli, avevano un sapore di @#$%!“.
Nel 1977 i Cowboys arrivano al Superbowl XII contro i Denver Broncos, con la linea difensiva guidata da White grande protagonista della stagione. Randy White, con sei placcaggi, ed il defensive end Harvey “Too Mean” Martin vengono insigniti del titolo di co-MVP della partita, vinta da Dallas per 27-10. Nessun altro uomo di linea difensiva ha mai più ricevuto, a tutt’oggi, un tale onore sportivo. Quell’anno White diventa per la prima volta All-Pro, iniziando una striscia che durerà ininterrottamente per nove stagioni fino al 1985. Nel 1978, anno del Superbowl XIII, Randy totalizza ben 16 sacks, suo primato personale. In carriera, è stato accreditato di ben 1.104 placcaggi (di cui 701 “solo tackles”) e 111 sacks, primato NFL al momento del suo ritiro. E in un sondaggio fatto nel 1980 tra gli addetti ai lavori della NFL su “chi scegliereste per primo se doveste costruire una nuova squadra dal nulla”, Randy White spopola ottenendo addirittura il doppio dei voti del secondo classificato. Ma, per amore del gioco, passa anche la linea delle convenzioni nel 1987, non aderendo allo sciopero dei giocatori NFL e rendendosi inviso ai suoi colleghi e compagni di squadra, che lo aspettano nel parcheggio quando si presenta agli allenamenti con il suo pickup per urlargli in faccia il loro disprezzo. Da quel fatto venne poi tratta ispirazione per l’analoga scena del film “The Replacements” di Howard Deutch.
Sempre in perfetta condizione fisica (arriva persino ad imparare il kung-fu dal maestro Chai Sirisute) e determinato a sostenere la squadra, “Hunk” ignora dolore ed infortuni, inanellando un record di 209 incontri ufficiali (tra regular season e post-season) nei suoi 14 anni di carriera, saltando un solo incontro nel 1979. Ha giocato con muscoli stirati e con una spalla lussata senza mai lamentarsi, ma gli ultimi due anni di carriera sono un vero calvario: a causa di uno schiacciamento di una vertebra cervicale prova un acuto dolore quando muove la testa o si bilancia nella stance della linea difensiva. Allora il coach Ernie Stautner, con grande sensibilità e comprendendo il desiderio di Randy di essere utile alla squadra, gli affida il rookie Danny Noonan, che nei piani dei Cowboys dovrà rimpiazzare The Manster nella squadra. “Hunk” si rende conto che il passaggio del testimone si avvicina, ma si impegna con Noonan quasi fosse un punto d’onore, incoraggiando dalla panchina il suo giovane allievo. Randy White annuncia il suo ritiro al termine della stagione 1988: “Fisicamente, ho sempre giocato a certi livelli, e non credo di poter più essere il grado di farlo” dichiara mestamente. Ernie Stautner, allenatore ed amico, dice di lui: “E’ stato il giocatore di football più intenso che io abbia mai visto. Mi considero davvero fortunato per aver avuto la possibilità di allenare uno come lui. Non dimenticherò mai quante volte l’ho visto giocare con infortuni che avrebbero messo fuori causa qualsiasi altro giocatore“. E Tom Landry: “Ci dispiace vedere Randy White abbandonare, perchè ha segnato un’era, e per noi è stata una grandissima era, che non sarebbe potuta essere senza il suo contributo“.
Quando Allyson Turner della CBS gli ha chiesto cosa il football gli avesse insegnato, Randy ha risposto: “Un milione di cose. Quando sei giovane ti insegna a gestire le sconfitte, e capisci che le cose spesso non vanno come tu ti aspetti. Per il resto, ho imparato dall’esempio che mi hanno dato Jerry Clayborne, Tom Landry ed Ernie Stautner: mi hanno insegnato cose importanti sulla vita e come vivere. Mentre giocavo non ho dato loro troppa importanza, ma con il passare degli anni hanno via via iniziato ad assumere il loro giusto significato. Sono felice di aver avuto l’opportunità di avere intorno a me queste persone non solo nello sport, ma anche nella vita“.
Randy White vive oggi nei dintorni di Dallas, nel suo ranch dove alleva cani e cavalli. Non perde una partita di football, e tifa per gli Atlanta Falcons. “Il mio giorno perfetto? Alzarmi la mattina presto ed andare a pesca. E prendere un sacco di pesce, naturalmente. Poi nel pomeriggio sellare il mio cavallo e fare una bella cavalcata. A sera, niente di meglio di una bella bistecca in compagnia degli amici. Quali amici? Beh, Ernie Stautner, Ed Jones, Harvey Martin e John Dutton”.
Fantastico, Marcello!!!
Un’altra bellissima storia, raccontata con passione;