La Storia della ContFL
L’annuncio della formazione della Continental Football League, il 6 Febbraio 1965, segnò l’inizio di un’avventura ambiziosa, ma destinata a fallire.
Era da quel lontano giorno del Settembre 1920, quando George Halas ed i rappresentanti delle altre “squadre locali” gettarono le basi della NFL, che una simile impresa non veniva tentata nel modo del pro football.
C’erano state, ovviamente, alter “major leagues” – quattro versioni dell’American Football League (rispettivamente nel 1925, nel 1936, nel 1940 e nel 1960) e l’All-American Football Conference (nel 1946). Ma si trattava, in generale, dei giocattoli di ricchi uomini d’affari. In questo caso si era di fronte ad una versione “dal vivo” del Sogno Americano – se si esclude il fatto che divenne poi un incubo lunghissimo.
La ContFL era principalmente costituita da squadre della United e dell’Atlantic Coast Football League.
I Newark Bears, gli Springfield Acorns, i Richmond Rebels, e gli Hartford Charter Oaks, venivano dalla ACFL. La franchigia di Springfield venne trasferita a Norfolk, Virginia, e ribattezzata Neptunes, prima dell’inizio della stagione La ACFL, pur perdendo anche le squadre di Atlanta e di Westchester, continuò con gli otto team restanti: Jersey City, Harrisburg, Pittsburgh, e Scranton nella Southern Division; dall’altra parte New Bedford, Boston, Mohawk Valley, e Holyoke nella Northern.
I Wheeling Ironmen ed i Charleston Rockets venivano direttamente dalla UFL. I Toronto Rifles, i Philadelphia Bulldogs, ed i Ft. Wayne Warriors erano stati, rispettivamente, i Montreal Rifles, i Canton Bulldogs e gli Indianapolis Warriors. I restanti team della UFL (i Joliet Explorers, i Toledo Tornadoes, ed i Grand Rapids Blazers) chiusero i battenti. Providence, o Rhode Island, fu l’unica nuova franchigia.
La neonata Lega adottò un’apparenza “professionale”. I teams erano distribuiti in due Divisions, ed ognuno aveva roster da 36 elementi. oltre ad una practice squad di cinque componenti.
Ogni franchigia doveva versare una quota di partecipazione di 5.000 $, oltre ad una lettera di credito da 25.000 $.
Le regole erano principalmente quelle della NFL, eccetto la previsione di una “sudden death” nell’overtime per evitare i pareggi.
La Lega nominò A.B. “Happy” Chandler, l’ex Governatore del Kentucky e già Commissioner del Baseball, come proprio Commissioner il 17 Marzo 1965.
A.B. Chandler
Alle squadre, per rafforzare l’immagine di autonomia della Lega, fu impedito di prestare giocatori, o di ingaggiare quelli opzionati dalla NFL o dalla AFL.
La prima stagione della ContFL si aprì il 14 e 15 Agosto 1965.
La Continental Football League vide gli esordi di un navigato QB dell’Università dello Utah. Il ragazzo, prima scelta al draft dei New York Giants nel 1958, aveva giocato sette stagioni in quattro Leghe da ambo i lati del confine U.S.A. / Canada. Aveva iniziato con gli Hartford Charter Oaks e, per 650 $ alla settimana, funse da quarterback titolare, giocatore – allenatore, allenatore capo ad interim, pubblicista e direttore del personale. Divenne poi direttore delle pubbliche relazioni degli Oakland Raiders, acceso commentatore degli incontri NCAA trasmessi dalla ABC (spesso in tandem con Keith Jackson), commentatore per gli Oakland Invaders della USFL e dell’Università della California, e modello maschile, le cui mani comparirono in numerosi spot. Il suo nome era Lee Grosscup.
Lee Grosscup
Il primo titolo della ContFL fu conquistato dai Charleston Rockets, che sconfissero i Toronto Rifles con il punteggio di 24-7.
Il secondo anno di vita della Lega iniziò in modo controverso. Abbandonando quella sorta di autarchia che ne aveva caratterizzato i propositi iniziali, la ConFL iniziò a stabilire contatti con formazioni della NFL e della AFL. Il Commissioner Chandler, conscio del fatto che erano ormai venute meno le condizioni che l’avevano spinto ad accettare l’incarico, si dimise il 20 Gennaio, dopo soli dieci mesi di gestione. Venne rimpiazzato da Sol Rosen, segretario della Lega e proprietario dei Newark Bears.
La crescente influenza delle televisioni portò la ContFL a tentare, inutilmente, di strappare un contratto per fare trasmettere le proprie gare dall’Empire Sports Network.
La stabilità della Lega sembrò decisamente vacillare. La franchigia di Ft. Wayne si trasferì a Montreal, e quella di Newark trovò una nuova casa in quel di Orlando, Florida. La squadra di Providence si chiamò fuori, ed una nuova franchigia sorse a Brooklyn. Pur con il nome di Dodgers, allenata da Andy Robustelli, e sotto la guida del General Manager Jackie Robinson, l’organizzazione si rivelò assolutamente insufficiente sin dall’inizio di stagione.
Un particolare interessante riguarda i Charleston Rockets. La difesa di questi ultimi fu trascinata da un giovane ed aggressivo end, che fu selezionato per il ContFL All-Star Team del 1966. Giocò poi per un decennio nella NFL con le maglie dei Rams, dei Chargers, dei Bengals e dei Redskins. Si chiamava Coy Bacon.
Coy Bacon
La finalissima della ContFL del 1966 si svolse a Philadelphia il 4 Dicembre: i padroni di casa, i Bulldogs, si imposero sugli Orlando Panthers per 20-17, con la “sudden death” in overtime.
La stagione 1967 fu sostanzialmente una ripetizione del secondo anno, solo peggiore. L’instabilità regnò sovrana e la Lega, incapace di stabilire relazioni con la NFL o la AFL per migliorare la propria immagine, assistette alla chiusura di diverse franchigie. Brooklyn fu la prima, seguita da Richmond e Philadelphia prima dell’esordio stagionale.
Akron e Toronto si chiamarono fuori entro il primo mese di gioco, seguite da Hartford e Montreal, costrette a decurtare i loro calendari prima della fine della stagione. Delle dieci squadre che avrebbero dovuto giocare nell’Atlantic Division, due non iniziarono mai e, delle restanti otto, solo quattro terminarono la stagione.
L’unica nota positiva nella terza stagione di vita della Lega fu che la stessa cominciava, per la prima volta, a vivere conformemente al suo nome di “Continental”. Venne introdotta una Pacific Division e, con l’eccezione di Long Beach che chiuse dopo l’esordio, le sue franchgie disputarono l’intero campionato.
Nel 1967, la formazione di San Jose venne allenata da un giovane coach di junior college, che sarebbe poi divenuto un vincente a Stanford ed il genio dietro molti successi dei San Francisco 49ers. Il suo nome era Bill Walsh.
La finale venne giocata ad Anaheim il 10 Dicembre. Don Jonas, che avrebbe poi avuto grande successo nella Canadian Football League, lanciò cinque TD passes, guidando gli Orlando Panthers alla vittoria per 38-14 sugli Orange County Ramblers.
La Lega era entrata nella sua quarta stagione, ed era “continentale” solo per il fatto di avere squadre da ognuno dei lati del continente. La vasta area nel mezzo, tuttavia, era completamente priva di rappresentanti. Per porre rimedio a tale situazione, vennero condotti dei negoziati che portarono all’assorbimento della Professional Football League of America, creata nel Midwest dopo la chiusura della United Football League tre anni prima.
Due delle franchigie della PFLA, Des Moines e Joliet diedero fortait. Vi è un particolare degno di nota: per la seconda volta i Joliet Explorers/Chargers avevano rifiutato di far parte della Continental Football League. La franchigia era stata precedentemente nella United Football League, ed aveva scelto di non diventare membro della ContFL nel 1965.
Nuove franchigie sorsero a Detroit, Indianapolis e Little Rock. La franchigia del Michigan si unì a quella di Huntsville, Alabama nell’Atlantic Division della PFLA, mentre quella di Arkansas raggiunse i restanti membri della PFLA (Chicago, Quad Cities, Oklahoma City ed Omaha), per costituire una Central Division.
L’ex squadra PFLA di Quad Cities chiuse i battenti dopo sole due gare, e venne rapidamente rimpiazzata da un nuovo team a Las Vegas. I Charleston Rockets e gli Oklahoma City Plainsmen disputarono undici incontri prima di scomparire. Con tali eccezioni, le restanti nove squadre nell’Atlantic e nella Central Division giocarono tutte le dodici partite in calendario.
L’instabilità fu il leitmotiv della Pacific Division. San Jose, Eugene e Victoria finirono come la franchigia di Long Beach nel 1967. Una nuova squadra, sorta a Spokane, fornì alla Lega una Pacific Division per la stagione 1968.
Per la prima volta, la Lega giocava unicamente sul suolo americano. Tuttavia, se non avesse perso le sue due formazioni canadesi, Toronto e Victoria, la Lega sarebbe stata realmente “continentale”.
La finale venne giocata ad Orlando il 30 Novembre 1968. I padroni di casa, i Panthers, trascinati ancora una volta dall’ex QB di Penn State Don Jonas, vinsero il loro secondo titolo consecutivo, piegando gli Orange County Ramblers per 30-23.
Una rara immagine promozionale di un incontro ContFL
Il nuovo Commissioner Danny Hill aveva stabilito un tetto salariale di 200 $ per ciascun giocatore e di 5.000 $ per squadra. Nonostante questi limiti, rimasero ancora significative differenze in termini di spesa tra i teams, nell’ordine del 400%. Il futuro pareva luminoso per la ContFL, che si preparava per la sua quinta (ed ultima) stagione nel 1969.
Una curiosità decisamente interessante riguarda la franchigia di Spokane. In quest’ultima mosse i primi passi un giovane quarterback, appena uscito dall’Università dell’Alabama, il quale completò 17 passaggi su 41 per gli Shockers.
Sarebbe divenuto un eccezionale regista con la maglia degli Oakland Raiders. Conosciuto come “The Snake”, il suo nome era Ken Stabler.
Gli Shockers esordirono contro i Michigan Arrows, che schieravano un kicker con uno stile decisamente calcistico. Questi avrebbe in seguito provato, durante un Super Bowl, di avere invece notevoli problemi nel passare il pallone. Si chiamava Garo Yepremian.
La Lega, a ragion veduta, si apprestò a cominciare la stagione 1969 con notevole ottimismo. Le vittime della stagione 1968 erano state minime, soli tre team (Charleston, Oklahoma City ed Orange County) non sarebbero stati della partita. Per la prima volta nella sua breve vita, alcuni club avevano chiuso l’annata senza conti in rosso. La finalissima, a differenza di quanto accaduto nelle tre precedenti edizioni, aveva dato profitti.
Con un nuovo Commissioner, Jim Dunn, ed una nuova Division che avrebbe coperto il territorio del Texas, dove la passione per il football sfiora il fanatisimo, le speranze erano davvero grandi.
Un tale ottimismo non era proprio solo di coloro che avevano legami con la Lega. La rivista “Pro Football” dichiarò: “Con l’aggiunta della Texas Football League quale nuova Division, la Continental Football League è emersa come la forza dominante nel pro football al di fuori del binomio NFL- AFL“.
Ma la situazione era davvero così rosea?
Nel 1968 le squadre avevano giocato davanti a più di mezzo milione di spettatori. Ma ciò significava che la media era di 5.700 tifosi a partita e, con Norfolk sui 13.000 nelle sue sei gare casalinghe, alcune squadre dovevano aver avuto ben poco riscontro ai botteghini.
In seguito, risultò evidente che l’inclusione della Texas League non aveva avuto un impatto particolarmente positivo.
Così, nonostante le notizie di un aumento in termini di biglietti venduti per il calendario 1969, diventava sempre più chiara l’assoluta insufficienza degli stessi, a fronte della totale assenza di un contratto televisivo di lunga durata.
La situazione era tutt’altro che florida, e le espressioni di ottimismo erano, più che altro, dei buoni propositi. Nell’imminenza della stagione 1969, sembrò (e molti lo sospettavano) che anziché farcela, la Lega stava per intonare il canto del cigno, diventando una nota a piè di pagina nella storia del football professionistico.
L’assorbimento della PFLA aveva dato risultati positivi alla Lega, che mirava a diventare un’organizzazione su scala nazionale, come il nome stesso sottintendeva. La ContFL era sopravvissuta alla stagione precedente con maggiore stabilità che in passato. Alcuni teams avevano finalmente avuto dei ricavi. Il pubblico era aumentato. Allora, perché non rifarlo?
La Lega, benché mai certa di cosa fosse davvero – dapprima autodichiaratasi autonoma, poi pronta a trasformarsi in una sorta di “farm system” per NFL ed AFL – si apprestava, nelle parole del Commissioner Dunn, a “realizzare il suo obiettivo, quello di raggruppare sotto un’unica denominazione tutti i professionisti del football al di fuori del binomio NFL-AFL”, osservando la Texas Professional Football League.
Quest’ultima cominciò a giocare con sei squadre nel 1966, disputando i propri incontri in Texas e Oklahoma. Sempre alle prese con problemi di instabilità, non era stata in grado di capitalizzare l’idolatria dei texani per la palla lunga un piede. Concluse la stagione 1968 con otto squadre, site rispettivamente a Texarkana, Tulsa, Dallas, Beaumont, San Antonio, Fort Worth, El Paso e Odessa.
Con l’assorbimento da parte della ContFL ormai alle porte, Beaumont ed El Paso seguirono l’esempio dato da Joliet e Des Moines l’anno precedente, chiamandosi fuori e lasciando sole sei squadre nella Texas Division. A rinforzare quest’ultima, si aggiunse una settima squadra, che avrebbe per la prima volta rappresentato il Messico nel football professionistico. Il team, con sede a Monterrey, assunse il nome di Golden Aztecs.
Le tre rimanenti Divisions subirono aggiunte e riallineamenti. Si doveva in qualche modo rimediare alla perdita di Charleston, Oklahoma City ed Orange County. Una nuova franchigia sorse a Jersey City, e venne inserita nell’Atlantic Division. Ohio Valley e Michigan passarono dall’Atlantic alla Central Division in cambio di Arkansas. Las Vegas fu inserita nella Pacific Division dalla Central, ed una nuova franchigia fu garantita alle Hawaii, con inserimento nella Pacific. Ad Hawaii venne consentito di pescare dal roster di Orange County, e di dividere con Jersey City i diritti per i giocatori di Charleston e Oklahoma City. Ma ciò non fu di giovamento agli Hawaii Warriors, tanto che la franchigia si ritrovò in breve tempo a Portland.
Benché ingrandita e ristrutturata, la ContFL iniziò la propria ultima stagione. Le sue speranze erano così grandi che Indianapolis stava sondando la possibilità di assicurarsi i servigi della stella di USC, il grande runningback O.J. Simpson. Man mano che la stagione proseguiva, l’iniziale ottimismo venne spazzato via dalla realtà Solo la formazione messicana, che chiuse i battenti dopo otto giornate, non completò il calendario. Ma ben poca forza economica era rimasta nella Lega.
Ironia della sorte, la finalissima si chiuse con una “sudden death”, esattamente come sarebbe accaduto alla Continental Football League poco dopo.
Certamente, la gara per il titolo del 1969 va considerata come una delle più belle nella storia del football. “Pro Football Weekly” la descrisse come “la miglior partita da grande Lega che questa piccola Lega abbia mai prodotto“, e “piena di emozioni fino all’orlo“. Fu l’ultimo respiro per questa sfortunata Lega, e la gara, durata 74’51”, ricordò a molti la sceneggiatura di un film di Alfred Hitchcock.
Furono i Capitols a passare per primi in vantaggio, quando Gerry LaFountain stoppò un punt di Jerry Moritz e corse per sei yards fino in enzone. Il vantaggio si accrebbe fino al 14-0, sempre nel primo quarto, quando Johnny Walton imbeccò Al Moore con un TD pass da 16 yards.
I Toros accorciarono le distanze alla fine del primo quarto, con un lancio da 25 yards dell’halfback Ray Farias per R.A. Johnson, che portò il punteggio sul 14-7.
Entrambe le squadre misero 14 punti a referto nella seconda frazione di gioco, che si chiuse sul 28-21. All’inizio del quarto, Walton completò un passaggio da 49 yards per Roy Winston, che diede la stura alla dive vincente da 3 yards del fullback John Nice. Il QB dei Toros Sal Olivas rispose pochi minuti dopo, con un passaggio da 53 yards per Johnson, che portò alla corsa in endzone da una yard di A.C. Lex.
Poi, a 1’10” dall’intervallo, Olivas pescò libero Johnson due volte, la prima per 30 yards e la seconda per 4, portando il punteggio sul 21-21.
I Caps non si fecero pregare, ed il vantaggio giunse subito dopo il kickoff, allorquando Walton lanciò un TD pass da 53 yards per Joe Wynns. Il terzo periodo fu tutto sommato tranquillo: San Antonio pervenne al pareggio sul 28-28, dopo un intercetto di Johnny Mata sulle 36 di Indianapolis. Quattro giochi più tardi, Olivas portò palla in endzone, per l’unica segnatura di quel quarto.
Tutto era pronto per il gran finale. I Caps si riportarono in vantaggio con l’intercetto di Brown Marks ai danni di Olivas: il drive, da 55 yards, culminò nella corsa vincente di Moore da una yard. Indy aumentò le distanze con un FG di Lou Bobich da 9 yards a 1’10” dalla fine dei tempi regolamentari. I Toros, sotto di 10, sembravano ormai spacciati. Ma a soli 30” dal termine, riuscirono invece a segnare due volte.
Dapprima, con un TD pass da 29 yards di Olivas per Johnson; poi, dopo aver recuperato l’onside kick, con un FG da 38 yards di Jerry Moritz a soli 2” dal termine, che portò la partita all’overtime.
Per i primi due minuti dei supplementari, le squadre non conclusero granché. Poi i mai domi Toros giunsero in raggio da field goal, e Moritz si preparava a spedire tra i pali il pallone della vittoria. La fortuna volse però le spalle ai texani: il tentativo di trasformazione da 25 yards terminò infatti largo a destra.
La partita rimase in stallo per oltre cinque minuti: sembrava che le due formazioni dovessero diventare Campioni ex aequo. Ma i Capitols aveano altre idee. Mentre il tempo correva, conquistarono 70 yards in otto giochi.
Walton dapprima imbeccò Wynns per 11 yards, poi Winston per 21, ne perse una lanciando a Wynns, per poi conquistarne 15 con un lancio per Moore. All’improvviso, gli Indys si ritrovarono sulle 23 dei Toros. Moore, che avrebbe chiuso l’incontro con 92 yards su corsa, ne guadagnò 8 con una sweep a sinistra. Nice ne conquistò un’altra, e Moore un’altra ancora, chiudendo il down sulle 13 avversarie a soli 9” dalla fine. Improvvisamente, la linea offensiva dei Capitols esplose, e Nice corse intoccato in una voragine lasciata dalla difesa di San Antonio, dando ad Indianapolis la vittoria finale.
I loghi delle due finaliste del 1969
L’eroe della partita, tra le fila di Indianapolis, era un giovane rookie di colore da Elizabeth State. Johnny Walton era emerso nella seconda metà della stagione 1969. Aveva lanciato 15 TD passes nelle ultime sei gare di regular season, guidando i Capitols alla vittoria nei playoffs per 27-7 contro i due volte campioni ContFL, gli Orlando Panthers. Nella finalissima, completò 14 passaggi su 30 per 217 yards e due touchdown. Ma ci sarebbero voluti altri quattordici anni prima che il suo nome divenisse importante nel mondo dei pro.
Con la chiusura della ContFL, Walton passò due anni nella practice squad dei Los Angeles Rams, ed altrettanti con i Colombus Barons della Midwest Football League. Ricomparve poi sulla scena nazionale nel 1975, con i San Antonio Wings della World Football League. Fu poi, per tre anni, il quarterback di riserva dei Philadelphia Eagles, fino al suo ritiro nel 1979. Passò poi i successivi quattro anni come allenatore capo presso la sua Università.
Poi, a soli 35 anni, tornò al football giocato con la franchigia di Boston nella United States Football League. Lì si guadagnò il rispetto di tutti, dimostrandosi uno dei migliori QB della Lega nelle stagioni 1983 e 1984, ed allenatore in campo dei Boston and New Orleans Breakers. Nel 1985, si ritirò definitivamente e tornò al proprio college.
Johnny Walton con la maglia dei Breakers della USFL
La ContFL visse per cinque anni, tre più di qualsiasi altra precedente sfidante della NFL, eccezion fatta per la AFL. Sopravvisse più a lungo anche delle successive pretendenti, la WFL e la USFL.
Nata dalla chiusura di una Lega e dalla rovina di un’altra, la Continental Football League giunse al capolinea con la fusione tra NFL ed AFL nel 1970. Un simile Leviatano lasciò pochissimo spazio per un’altra Lega professionistica a carattere nazionale, come la WFL e la USFL avrebbero poi scoperto a proprie spese.
La ContFL fu comunque una grande fucina di talenti, che avrebbero poi mostrato le proprie qualità nella NFL. Tra questi, gli allenatori Bill Walsh (San Jose / 49ers) e Sam Wyche (Wheeling / Bengals), il quarterback Ken Stabler (Spokane / Raiders), i tackles Gary Bugenhagen (Indianapolis / Bills) e Wallace Dickey (Orlando / Broncos), il centro Jim Clack (Norfolk / Steelers), i defensive ends Coy Bacon (Charleston / Redskins) ed Otis Sistrunk (Norfolk / Raiders), il defensive tackle Bob Hoskins (Seattle / 49ers), i linebackers Fred Forsberg (Victoria / Broncos), Tim Casey (Eugene / Bears), Ron McCall (Las Vegas / Chargers), Pete Athas (Norfolk / Giants), ed un piccolo venditore di cravatte ormai afflitto da un’incipiente calvizie che, pur incapace di correre o lanciare, dimostrò di saper essere letale nel calciare la palla lunga un piede, con un approccio calcistico, il già citato Garo Yepremian (Michigan / Dolphins).
Tuttavia, il suo giocatore più illustre non giocò mai nella NFL. Decise, invece, di prendere la via del Canada dopo la stagione 1969. Il quarterback Don Jonas (Orlando / Winnepeg Blue Bombers) fu uno dei giocatori dominanti nella ContFL ed una vera e propria star nella Canadian Football League.
Nominato MVP della ContFL per aver guidato i suoi Orlando Panthers a due titoli consecutivi tra il 1967 ed il 1968, Jonas li aveva portati ad un passo dal terzo, venendo sconfitto in overtime grazie al “sudden death” nella sfida contro Philadelphia nel 1966 ed alla semifinale nel 1969. Era stato una delle figure di spicco nei cinque anni di vita della Lega. Nelle sue cinque stagioni canadesi, Jonas completò 977 passaggi su 1.930 tentativi per oltre 15.000 yards. Nel 1971, fu il miglior passatore nella Western Conference della CFL, e vinse sia lo Schenley Award (Miglior Giocatore della CFL) che il Jeff Nicklin Memorial Trophy (MVP della Western Conference).
Fonte: http://www.profootballresearchers.org/Coffin_Corner/10-05-347.pdf
Autore: Sarge Kennedy
Originariamente pubblicato su “The Coffin Corner”
Il sopra riportato testo costituisce una traduzione dell’elaborato originale, i cui diritti di proprietà intellettuale ed economica spettano al relativo Autore.
Questa mi mancava! Non si finisce mai di imparare e scoprire cose nuove,
Grande Diego, ho un libro sulle Minor Leagues 1950-1985 che ti farebbe impazzire!