La Storia dei Vikings

Il 17 Settembre 1961, i Minnesota Vikings, nuovo expansion team, ebbero il loro battesimo del fuoco al Metropolitan Stadium di Bloomington, guidati dal coach Norm Van Brocklin. Quest’ultimo era reduce dalla sua ultima stagione da QB, nella quale aveva condotto i Philadelphia Eagles al titolo NFL. L’incontro vide i giovanissimi Vikings affrontare i Chicago Bears, pietra angolare della Lega, in quest’ultima sin dalla fondazione. Sorprendentemente, guidati dal rookie QB Fran Tarkenton, che passò per 250 yards, furono i Vikings a piegare i Bears per 37-13. 
Ma l’entusiasmo iniziale dovette presto lasciare il posto alla dura realtà: dopo sette sconfitte consecutive, il primo anno di vita della franchigia si chiuse infatti con un pessimo 3-11, che valse ai Vichinghi l’ultimo posto.

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Il grande Fran Tarkenton al lancio

Pessimo esordio quello della stagione 1962, con cinque sconfitte: il bilancio finale fu un desolante 2-11-1.
Nonostante la bellezza di 25 intercetti, Fran Tarkenton giocò una buona stagione. Tuttavia, il vero tallone d’Achille fu la difesa, che concesse agli avversari ben 410 punti.

I Vikings mostrarono qualche sprazzo di buon gioco nel 1963; la stagione si chiuse sul 5-8-1.
Al termine del campionato, la dirigenza assunse il GM Jim Finks, che aveva avuto grande successo con i Calgary Stampeders nella CFL, per far diventare i Vikings una formazione competitiva.

Le ultime quattro gare stagionali del 1964 videro i Vikings imbattuti: la formazione del Minnesota chiuse col record di 8-5-1, guidata da un Fran Tarkenton capace di lanciare ben 22 TD passes.
Nella loro prima stagione vincente di sempre, i Vikings terminarono al secondo posto, a pari merito con i Green Bay Packers.

La stagione 1965 pareva indirizzata nuovamente sui binari giusti; tuttavia, una striscia perdente di quattro gare consecutive mise fine alle speranze di playoff. Le ultime due vittorie in altrettante partite portarono il bilancio finale sul 7-7.

Pessimo esordio quello della stagione 1966, con quattro sconfitte di fila, che fecero da prologo ad un disastroso 4-9-1 finale, grazie al quale i Vichinghi precipitarono all’ultimo posto. Al termine di quel deludente campionato, coach Van Brocklin diede le dimissioni, mentre Fran Tarkenton venne ceduto ai New York Giants in cambio di numerose scelte al draft.

Nel 1967, i Vikings volsero nuovamente lo sguardo a Nord, questa volta ingaggiando Bud Grant, che aveva guidato i Winnipeg Blue Bombers a ben quattro Grey Cup in dieci stagioni. Tuttavia, l’impatto di Grant sulla NFL non fu particolarmente positivo: i suoi Vikings persero infatti quattro partite di fila, prima di piegare i Packers a Green Bay col punteggio di 10-7.
Ancora una volta, la formazione del Minnesota fu il fanalino di coda della Central Division, chiudendo con un pessimo 3-8-3.

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Bud Grant

Buona partenza nel 1968, con tre vittorie nelle prime quattro gare; tuttavia, seguirono poi tre sconfitte consecutive. I Vikings si rimisero in carreggiata, con altrettante vittorie di fila. Dopo aver perso i due successivi incontri, la franchigia del Minnesota si trovava sul 6-6, ma con i Green Bay Packers ormai privi di alcuni giocatori chiave e del mitico coach Vince Lombardi, l’intera Central Division si era ormai indebolita. I Vikings ne approfittarono, vincendo gli ultimi due incontri stagionali ed aggiudicandosi il primo titolo divisionale della loro storia, grazie ad un record finale di 8-6.
Nel Divisional Playoff, disputatosi a Baltimore, i Vikings si trovavano sotto per 21-0 contro i Colts; la disperata rimonta nell’ultimo quarto non si completò, ed i padroni di casa si imposero per 24-14.

Nel 1969, sull’onda dello slogan “40 uomini per 60 minuti”, i Vikings seppero riprendersi da una sconfitta esterna per un solo punto, all’esordio contro i Giants, vincendo le dodici gare successive, e finendo per aggiudicarsi il secondo titolo divisionale di fila con un eccellente 12-2.
A trascinare i Vichinghi fu un pacchetto difensivo assolutamente feroce, soprannominato “The Purple People Eaters”, che concesse agli attacchi avversari la miseria di 133 punti in stagione.
Nel primo incontro di playoff mai disputatosi al Metropolitan Stadium, i padroni di casa si trovavano sotto per 17-7 contro i Los Angeles Rams all’intervallo. All’inizio dell’ultimo quarto, il punteggio vedeva ancora gli ospiti in vantaggio, sul 20-14: ma la difesa dei Vikings salì in cattedra, e strappò la vittoria per 23-20.
Una settimana più tardi, nell’ultima finalissima NFL prima della fusione con la AFL, i Vikings dominarono in lungo e in largo contro i Cleveland Browns, concedendo loro un solo ed ormai inutile TD nell’ultimo quarto, finendo per imporsi per 27-7.
Nel Super Bowl IV, l’ultimo ad essere denominato AFL-NFL Super Bowl, i Vikings giocavano per l’orgoglio della NFL, pronti ad affrontare i Kansas City Chiefs in un pomeriggio umido a New Orleans. Ma presto divenne chiaro che non era giornata per i Vichinghi, sotto per 16-0 all’intervallo. I primi punti giunsero con un TD su corsa di Dave Osborn verso la fine del terzo quarto. I Chiefs risposero prontamente, con un lungo TD pass che mise fine all’incontro, conclusosi per 23-7 in favore di Kansas City.

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I “Purple People Eaters” in azione

Nonostante li avesse condotti al Super Bowl, i Vikings cedettero il loro QB Joe Kapp prima dell’inizio della stagione 1970. Il suo sostituto, Gary Cuozzo, faticò tutto l’anno, lanciando soli sette TD passes.
Tuttavia, la difesa fu ancora dominante: concedendo soli 143 punti agli avversari, permise ai Vikings di aggiudicarsi il titolo della NFC Central, grazie ad un impressionante 12-2. Ma la stagione finì prestissimo, con una sconfitta per 17-10 rimediata per mano dei San Francisco 49ers al Metropolitan Stadium nel Divisional Playoff.

Nel 1971, guidati dal DT Alan Page (poi nominato NFL MVP), i “Purple People Eaters” continuarono a fagocitare gli attacchi avversari, concedendo loro soli 139 punti; i Vikings si assicurarono così il quarto titolo divisionale consecutivo, con un record di 11-3.
La difesa dovette fare gli straordinari, dato che l’attacco, guidato da Gary Cuozzo, si mostrò ancora una volta non all’altezza, realizzando la miseria di 245 punti.
Fu in seguito alla sconfitta interna per 20-12 contro i Dallas Cowboys nel Divisional Playoffs che i Vikings decisero di riprendersi Fran Tarkenton dai New York Giants, scambiandolo con un paio di scelte al draft.

La stagione 1972, nonostante le 2.651 yard lanciate da Tarkenton, vide i Vikings giocare un football mediocre, e chiudere con un deludente 7-7; ad ulteriore conferma della pessima annata, il record negativo di 1-5 contro le formazioni poi approdate ai playoff, in uno del calendari più difficili di tutta la Lega.

Nel 1973, con l’arrivo del RB Chuck Foreman (vincitore dei titoli di Offensive Rookie e Player of the Year) l’attacco dei Vikings ebbe l’accelerazione di cui tanto aveva bisogno; i Vikings si ripresero dalla pessima annata precedente vincendo le prime nove gare, e finendo poi per aggiudicarsi il titolo divisionale con un record di 12-2 .
Nel Divisional Playoff, i Vikings piegarono per 27-20 i Washington Redskins in una sfida davvero emozionante al Metropolitan Stadium.
Nel Championship NFC, disputatosi a Dallas contro i Cowboys, la difesa dei Vikings non lasciò scampo ai padroni di casa, battuti per 27-10. Con la vittoria, i Vikings staccarono il biglietto per il Super Bowl VII.
La finalissima, giocatasi a Houston, vide di fronte i Vikings ed i Campioni uscenti, i Miami Dolphins. Le speranze dei Vichinghi di aggiudicarsi il Lombardi Trophy svanirono rapidamente; i Dolphins si portarono infatti sul 14-0, trascinati dalle corse di Larry Csonka. Sotto per 24-0, i Vikings evitarono il “cappotto” solo grazie alla meta realizzata da Fran Tarkenton con una bootleg da quattro yards.

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Chuck Foreman

Altra fantastica partenza nel 1974, con cinque vittorie consecutive, degno prologo alla conquista del titolo divisionale con un record di 10-4. Nel Divisional Playoff, i Vikings massacrarono in casa i malcapitati St. Louis Cardinals col punteggio di 30-14.
Nel Championship NFC al Metropolitan Stadium, i Vikings superarono per 14-10 i Los Angeles Rams, avanzando al Super Bowl per il secondo anno di fila.
I Vichinghi erano determinati ad aggiudicarsi finalmente il primo Lombardi Trophy contro i Pittsburgh Steelers, in una fredda e piovosa giornata a New Orleans. Il primo tempo fu dominato dalle difese, e gli attacchi non combinarono granché. Tuttavia, quando Fran Tarkenton subì un sack in endzone, gli Steelers andarono negli spogliatoi in vantaggio per 2-0.
I Vikings aprirono malissimo il secondo tempo, commettendo un fumble sul kickoff, che portò alla meta degli Steelers. I primi punti a referto per i Vikings giunsero finalmente con un punt ricoperto in endzone da Terry Brown. Ma l’extra point non andò a segno: i Vikings non seppero riprendersi, e persero il loro terzo Super Bowl, sconfitti per 16-7.

Nel 1975, guidati da Fran Tarkenton (Offensive Player of the Year ed NFL MVP), i Vikings realizzarono un incredibile parziale di 10-0, veleggiando verso il settimo titolo divisionale in otto anni, con un record di 12-2.
Nel Divisional Playoff, i Vikings sembravano ormai destinati al Championship, in vantaggio per 14-10 contro i Dallas Cowboys all’ultimo minuto al Metropolitan Stadium. Tuttavia, un incredibile Hail Mary Pass di Roger Staubach per Drew Pearson diede ai Cowboys la vittoria per 17-14.

Anche nel 1976, i Vikings continuarono ad essere la miglior formazione della NFC, restando imbattuti nelle prime sette gare stagionali, aggiudicandosi poi agevolmente l’ottavo titolo divisionale in nove anni, il quarto di fila.
Nel Divisional Playoff, al Metropolitan Stadium, l’attacco dei Vikings lavorò a pieno regime, piegando per 35-20 i Washington Redskins.
Una settimana dopo, sempre in casa, i Vikings si aggiudicarono il Championship NFC, sconfiggendo i Los Angeles Rams per 24-13, e si qualificarono per il loro quarto Super Bowl.
Gli ormai non più giovani Vikings si trovarono opposti agli Oakland Raiders in quel di Pasadena. I Vikings sprecarono un’opportunità clamorosa ad inizio partita, quando Brent McClanahan commise un fumble sulla goal line, dopo che Fred McNeill aveva bloccato e recuperato un punt sulle 2 yards dei Raiders. Quel fumble diede il via alla reazione dei Predoni, che misero a segno 16 punti consecutivi nel secondo quarto, aggiudicandosi poi il Lombardi Trophy con un sonante 32-14.
Pur essendo stati la prima squadra ad aver mai disputato quattro Super Bowl, il pensiero di non essere mai stati in partita in alcuna di quelle occasioni e di aver rimediato altrettante sconfitte avrebbe segnato i Vikings per sempre.

Nel 1977, benché diversi giocatori cominciassero a mostrare i segni del tempo, i Vichinghi riuscirono comunque a conquistare il nono titolo divisionale in dieci anni, il quinto consecutivo, con un record di 9-5.
Nel Divisional Playoff, i Vikings la spuntarono per 14-7 contro i Rams a Los Angeles.
Tuttavia, il cammino della formazione del Minnesota si interruppe bruscamente una settimana più tardi, con la sconfitta esterna per 23-6 rimediata per mano dei Cowboys nel Championship NFC.

Nonostante un mediocre 8-7-1, nel 1978 i Vikings conquistarono il sesto titolo divisionale di fila, il decimo in undici anni.
Fran Tarkenton lanciò per ben 3.466 yards, con 25 TD passes all’attivo.
I Vikings dovettero però tornare con i piedi per terra, allorquando vennero sonoramente battuti per 34-10 dai Rams a Los Angeles, in quella che sarebbe stata l’ultima partita del loro QB. Al termine della stagione, infatti, Tarkenton si ritirò, mettendo la parola fine ad una carriera stellare, che l’aveva visto stabilire diversi record in fatto di passaggi. I primati di Tarkenton rimasero imbattuti per quasi vent’anni, prima di essere infranti da Dan Marino nel 1995.

Pur a fronte di un’eccellente campionato disputato dal sostituto di Fran Tarkenton, Tommy Kramer, nel 1979 i Vikings vissero la prima stagione perdente in dodici anni, chiudendola con un record negativo di 7-9.
In quello stesso anno Jim Marshall, l’ultimo Viking originale, che aveva stabilito un record quanto a gare disputate, si ritirò dopo diciannove anni di attività.

Al giro di boa della stagione 1980, i Vikings si trovavano sul 3-5. Ma la franchigia di Minneapolis si riprese prontamente, vincendo sei delle successive sette partite; quella straordinaria cavalcata fu coronata da un incredibile Hail Mary Pass di Tommy Kramer per Ahmad Rashad, che diede ai Vichinghi la vittoria sui Cleveland Browns per 28-23 al Metropolitan Stadium, nell’ultimo gioco dell’incontro.
Pur perdendo l’ultima partita in calendario, i Vikings si aggiudicarono il titolo divisionale, con un record di 9-7.
Ma ancora una volta, la stagione si chiuse anzitempo, con la sconfitta esterna per 31-16 contro gli Eagles nel Divisional Playoff.

L’ultima stagione al Metropolitan Stadium sembrava avviata sulla strada dei playoff; i Vikings, infatti, erano al comando di una mediocre NFC Central col record di 7-4. Tuttavia, i Vikings persero le ultime cinque gare, e chiusero con un pessimo 7-9.
Quella striscia negativa vide anche la sconfitta per 10-6 contro i Kansas City Chiefs nell’ultima gara tra le mura del Metropolitan Stadium, il 20 Dicembre. L’impianto venne abbattuto, e sulle sue ceneri venne costruito il più grande centro commerciale di tutti gli Stati Uniti d’America.

Il 12 Settembre 1982, i Vikings inaugurarono lo Hubert H. Humphrey Metrodome nel migliore dei modi, sconfiggendo i Tampa Bay Buccaneers col punteggio di 17-10.
Tuttavia, la loro seconda partita al Metrodome venne rinviata, dato che la NFL scese in sciopero per ben due mesi. Quando i giocatori fecero ritorno, i Vikings seguitarono ad alternare vittorie e sconfitte; ma battendo i Dallas Cowboys per 31-27 nell’ultima di campionato, si assicurarono una partita di playoff in casa. In quell’incontro, i Vikings sconfissero gli Atlanta Falcons per 30-24 nel primo turno; tuttavia, una settimana dopo, i Vichinghi tornarono da Washington con le pive nel sacco, superati per 21-7 dai Redskins.

Ottima partenza quella della stagione 1983, con sette vittorie nelle prime nove gare. I Vikings persero però i successivi sei incontri, e le loro speranze di playoff vennero vanificate anche da molti, troppi infortuni.
Nell’ultima giornata, i Vikings superarono i Cincinnati Bengals per 20-14 tra le mura amiche. Al termine della stagione, il coach Bud Grant si ritirò, venendo rimpiazzato da Les Steckel.

Quest’ultimo si rivelò un vero e proprio bidone: i Vikings persero infatti undici delle ultime dodici gare della stagione 1984, chiudendo col peggior record di sempre della franchigia, un disastroso 3-13.
Finito il campionato, i Vikings richiamarono Bud Grant, che riassunse il proprio incarico di allenatore capo.

Nel 1986, i Vikings parvero rigenerati dal ritorno del vecchio coach, vincendo tre delle prime quattro gare stagionali. Tuttavia, il loro football fu alquanto mediocre nelle successive nove giornate.
Nonostante tutto, la squadra era ancora in corsa per i playoff, con un parziale di 7-6. Il sogno, però, si infranse: i Vikings persero infatti le ultime tre gare in calendario; da ricordare la sconfitta per 37-35 contro i Philadelphia Eagles al Metrodome nell’ultima giornata.
Al termine della stagione, Bud Grant si ritirò nuovamente, questa volta per sempre.

Per rimpiazzare Grant, la dirigenza puntò su Jerry Burns, che aveva funto da Offensive Coordinator sin dal 1968. Sotto la sua guida, i Vikings iniziarono col piede giusto, vincendo cinque dei primi sette incontri. Ma le speranze di postseason svanirono nuovamente, dato che i Vikings riuscirono a vincere una sola delle successive cinque partite.
Con tre vittorie nelle ultime quattro gare, la formazione di Minneapolis chiuse col record finale di 9-7.

Altra buona partenza nel 1987, con due vittorie consecutive.
Ma il buon momento dei Vikings fu interrotto bruscamente a causa di un nuovo sciopero dei giocatori NFL: le riserve messe in campo dalla dirigenza persero tutti e tre gli incontri disputati. Quando i titolari fecero ritorno, continuarono a giocare un football solido, vincendo quattro partite su cinque e ritrovandosi così in piena corsa per la postseason.
I Vikings agganciarono il treno playoff per la prima volta in cinque anni col record di 8-7, pur a fronte di tre sconfitte nelle ultime quattro gare.
Nella sfida di Wild Card, i Vikings venivano dati per sicuri perdenti a New Orleans. Invece, fecero letteralmente a pezzi i Saints, imponendosi con un roboante 44-10.
Una settimana più tardi, nel Divisional Playoff, il WR Anthony Carter giocò la partita della vita, che vide i Vikings imporsi per 36-24 contro i 49ers a San Francisco.
Giocando il miglior football della stagione, i Vighinghi volarono a Washington per sfidare i Redskins, con in palio l’accesso al Championship NFC. La partita fu molto tirata: i Redskins si portarono sul 17-10 verso la fine dell’ultimo quarto. I Vikings giunsero fino alle sei avversarie, ma non riuscirono ad entrare in endzone, tornando a casa con l’amaro in bocca.

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Anthony Carter

Il 1988 vide Wade Wilson in cabina di regia, ed i Vikings ai playoff per il secondo anno di fila grazie ad una striscia vincente di cinque gare nella seconda parte del campionato, chiuso con un ottimo 11-5.
Nella sfida di Wild Card al Metrodome, i Vikings piegarono i Los Angeles Rams per 28-17.
Tuttavia, la stagione si chiuse una settimana più tardi a San Francisco: i 49ers si vendicarono, infliggendo ai Vichinghi una pesante sconfitta per 34-9 nel Divisional Playoff.

Nel 1989, i Vikings iniziarono con un parziale di 3-2, prima di porre in essere la più grande operazione di mercato nella storia della NFL. Il team del Minnesota acquistò il RB Herschel Walker dai Dallas Cowboys in cambio di cinque giocatori e numerose scelte al draft.
I Vikings conquistarono tre vittorie nelle successive quattro gare con Walker in campo, finendo per aggiudicarsi il primo titolo divisionale in nove anni , grazie ad un record di 10-6. Ma ancora una volta, la postseason durò pochissimo: i giustizieri furono nuovamente i San Francisco 49ers, che si imposero in casa per 41-13 nel Divisional Playoff.

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Herschel Walker in maglia gialloviola

Numerosi infortuni in difesa ed una stagione infelice di Herschel Walker contribuirono al pessimo inizio del campionato 1990, con un disastroso parziale di 1-6. I Vikings si ripresero, e vinsero cinque partite consecutive, portandosi sul 6-6. Ma altre quattro sconfitte nel finale di stagione portarono i Vikings all’ultimo posto, con un pessimo 6-10.

La mediocrità fu il tratto dominante della stagione 1991, conclusasi col record di 8-8, e che vide Herschel Walker ancora in grave difficoltà. Walker venne rilasciato al termine del campionato, non riuscendo a tagliare il traguardo delle 1.000 yards su corsa in ciascuna delle due stagioni complete nel Minnesota. Quella trade si rivelò un sonoro fiasco per i Vikings, mentre i Dallas Cowboys utilizzarono le scelte al draft per costruire una squadra che avrebbe poi conquistato ben tre Super Bowl.
Al taglio di Walker si aggiunse l’addio di Jerry Burns, che si ritirò dopo aver passato oltre vent’anni in quella squadra.

Nel 1992, guidati dal nuovo coach Dennis Green, i Vikings iniziarono la stagione a testa bassa, conquistando cinque delle prime sei partite, ed aggiudicandosi il titolo divisionale col record di 10-6.
Un grande contributo al cammino dei Vikings venne dal RB Terry Allen, che totalizzò 1.201 yards e mise a segno ben 15 TDs.
Giocando senza aver conquistato il bye al primo turno, i Vikings affrontarono i Washington Redskins, sesti classificati, nella sfida di Wild Card al Metrodome; ma i ragazzi di Green non entrarono mai in partita, e persero per 24-7 contro i Campioni del Mondo uscenti.

Dennis Green

Dopo aver giocato un football mediocre per tutta la stagione, nel 1993 i Vikings si aggiudicarono gli ultimi tre incontri stagionali, qualificandosi per i playoff col record di 9-7. Tuttavia, la postseason si concluse anzitempo, con la sconfitta per 17-10 contro i Giants a New York.
Al termine del campionato, i Vikings misero finalmente a segno un grande colpo di mercato, acquistando il QB Warren Moon dagli Houston Oilers.

Warren Moon

L’impatto del nuovo regista fu immediato nella stagione 1994, tanto che i Vikings vinsero sette delle prime nove gare in calendario. Tuttavia, una striscia perdente di tre partite a metà stagione mise a repentaglio la possibilità di tornare ai playoff.
I Vikings recuperarono, vincendo tre delle ultime quattro partite ed aggiudicandosi il titolo della NFC Central col record di 10-6, trascinati da un Moon capace di lanciare per 4.264 yards.
Non essendo riusciti a conquistare il bye, i Vikings furono costretti a giocare l’incontro di Wild Card contro i Chicago Bears. Per la terza volta consecutiva, i Vikings uscirono al primo turno, superati per 35-18 tra la mura amiche del Metrodome.

Nonostante un’altra stagione stellare di Warren Moon (4.228 yards lanciate), nel 1995 i Vikings giocarono un football altalenante, e chiusero con un deludente 8-8.

A causa di un infortunio rimediato da Moon, i Vikings, guidati dal suo backup Brad Johnson, iniziarono la stagione 1996 con un eccellente 4-0. Ma anche Johnson finì in infermeria, ed i Vikings faticarono persino dopo il ritorno di Moon. Tuttavia, vincendo tre delle ultime quattro gare in calendario, i Vichinghi agganciarono il treno playoff, con un record di 9-7.
Nella sfida di Wild Card, la formazione biancoviola venne letteralmente massacrata dai Cowboys, che si impose con un pesantissimo 40-15 a Dallas.

Nel 1997, con l’addio di Warren Moon, Brad Johnson divenne il QB titolare a tempo pieno, guidando i Vikings ad un eccellente parziale di 8-2. Ma una striscia negativa di cinque sconfitte mise a rischio le speranze di postseason; cominciarono anche a circolare voci circa il possibile siluramento di Dennis Green. Nonostante tutto, i Vikings riuscirono a qualificarsi per i playoff battendo gli Indianapolis Colts nell’ultima partita stagionale al Metrodome.
Nella sfida di Wild Card, i Vikings erano nuovamente sul punto di uscire al primo turno, sotto per 22-13 nell’ultimo quarto contro i Giants in un pomeriggio nevoso a Meadowlands. In situazione di 4° e lungo, i Vikings parevano ormai pronti ad arrendersi al momento di calciare il punt. Tuttavia, la loro difesa riprese velocemente palla, ed approfittò di un brutto punt dei Giants; i Vikings andarono a segno grazie ad un TD pass di Johnson per Jake Reed. Incredibilmente, i Vikings riuscirono a recuperare il successivo onside kick, e grazie al FG di Eddie Murray superarono i Giants per 23-22.
Una settimana dopo, però, trovarono ancora sulla loro strada i 49ers, che li sconfissero per 38-22 a San Francisco.

Il 1998 segnò l’inizio di una nuova era per i Vikings, che vennero acquistati da Red McCombs.
Nel draft, i Vikings selezionarono un giocatore tanto problematico quanto esplosivo, il WR Randy Moss, dopo che diverse formazioni l’avevano scartato. Moss, insieme al navigato compagno di reparto Cris Carter, diede vita alla migliore coppia di ricevitori nella NFL.
Pur a fronte di un infortunio a Brad Johnson, che mise fine alla sua stagione, i Vikings, guidati dal backup Randall Cunningham, misero a segno un record NFL, con ben 556 punti realizzati.
Moss fece da subito sensazione, conquistando il titolo di Offensive Rookie of The Year, totalizzando 1.313 yards e 17 TDs, mentre i Vikings vinsero il titolo della NFC Central col miglior record di sempre, uno straordinario15-1.
Nel Divisional Playoff, gli uomini di Green si sbarazzarono agevolmente degli Arizona Cardinals, sconfitti per 41-21.
Nel Championship NFC, i Vikings dominarono gli Atlanta Falcons per tutta la partita, ma non riuscirono ad imporsi tra le mura amiche del Metrodome. In vantaggio per 27-20 alla fine dell’ultimo quarto, i Vikings sembravano ormai sul punto di mettere in ghiaccio la partita, ma il PK Gary Anderson fallì il primo FG dell’anno, e la partita andò ai supplementari. Nell’overtime, furono gli ospiti ad aggiudicarsi l’incontro, con un FG di Morten Andersen che fissò il punteggio sul definitivo 30-27.

Cris Carter

Anche nel 1999 l’attacco dei Vikings continuò ad essere tra i più potenti della Lega, nonostante l’ennesimo cambio in cabina di regia: Jeff George rimpiazzò infatti un ormai inefficace Randall Cunningham, al quale il posto era stato affidato dopo che i Vikings avevano perso Brad Johnson nella free agency.
Randy Moss e Cris Carter seguitarono a bruciare le secondarie avversarie, mettendo insieme qualcosa come 2.654 yards e 24 TDs; i Vikings chiusero con un solido 10-6, sufficiente per una Wild Card.
Nella sfida disputatasi al Metrodome, i padroni di casa, trascinati dalle corse di Robert Smith (140 yards per lui) si imposero per 27-10 sui Dallas Cowboys.
Tuttavia, nella supersfida tra attacchi stellari disputatasi all’Edward Jones Dome di St. Louis, i Vikings vennero superati per 49-37 dai Rams, futuri Campioni del Mondo.

Nel 2000, dopo non essere riusciti a trattenere né Jeff George né Randall Cunningham, i Vikings si affidarono a Daunte Culpepper, giovane QB al secondo anno tra i pro.
Il ragazzo disputò una stagione eccezionale, passando per 3.937 yards: i Vikings vinsero le prime sette gare, ed undici delle prime tredici, con un parziale di 11-2. Perdendo le ultime tre partite in calendario, i Vikings chiusero la regular season sul 11-5.
Il team di Minneapolis perse il vantaggio campo, ma si assicurò il bye al primo turno di postseason.
Nel Divisional Playoff, i Vikings si ripresero dagli ultimi scivoloni, sconfiggendo i New Orleans Saints per 34-16 al Metrodome.
Tuttavia, nel Championship NFC disputatosi a New York contro i Giants, i Vikings finirono sotto per 14-0 dopo solo pochi minuti dall’inizio, finendo poi per essere bastonati con un sonoro 41-13.
La sconfitta portò ad una ridda di accuse reciproche tra i giocatori. Inoltre, Robert Smith, che aveva corso per 1.521 yards, si ritirò dopo un infortunio al ginocchio rimediato nei playoff.

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Nel 2001, con ancora l’amaro in bocca a causa del recente tracollo, i Vikings iniziarono il training camp in acque agitate. Le cose andarono di male in peggio: una tragedia si abbatté infatti sulla squadra, durante un’ondata di caldo senza precedenti nel Minnesota.
Korey Stringer, che da sempre pareva avere problemi con il caldo, continuò ad allenarsi duramente, pur sentendosi affaticato. Il calore si rivelò fatale per l’OT All-Pro dei Vikings, tanto che il suo corpo raggiunse temperature di oltre 42°.
Quando la stagione prese il via, i Vikings parevano ancora sotto choc, perdendo tre delle prime quattro gare. Le difficoltà proseguirono per il resto del campionato, che vide i Vikings uscire presto dalla corsa ai playoff, e sempre alle prese con furiosi litigi sulla sideline. Le cose non fecero altro che peggiorare, tanto che tutti i giocatori sembravano volersene andare.
Nel corso di una striscia perdente di quattro partite verso la fine della stagione, Dennis Green venne licenziato prima dell’ultima di campionato, ed i Vikings chiusero con un pessimo 5-11.
Al termine della stagione, Mike Tice, che aveva allenato la squadra nell’ultima gara in calendario, venne nominato nuovo allenatore capo, mentre Cris Carter si ritirò.

Il 2002 vide Mike Tice a tempo pieno sulla panchina dei Vikings, che però persero le prime quattro gare stagionali, sprecando il vantaggio nell’ultimo quarto in ben due occasioni. Le difficoltà proseguirono per tutta la stagione: prova ne furono i troppi turnover in cui incappò Daunte Culpepper.
I Vikings giunsero alle ultime tre giornate di campionato con un disastroso parziale di 3-10. Vincendo quelle tre partite, il bilancio finale fu di 6-10; i Vichinghi si permisero il lusso di estromettere dalla corsa ai playoff sia i New Orleans Saints che i Miami Dolphins.

L’inizio del campionato 2003 vide i Vikings determinati a cancellare la precedente stagione, con ben sei vittorie consecutive, tra cui quella esterna per 30-25 all’esordio contro i Green Bay Packers.
Ma il primo intoppo giunse con la sconfitta casalinga per mano dei New York Giants, col punteggio di 29-17. Quella battuta d’arresto contro i Big Blue, che avrebbero poi chiuso col peggior record dell’intera Lega (4-12), diede il via ad una striscia perdente di quattro incontri; da segnalare le sconfitte contro i San Diego Chargers e gli Oakland Raiders, che avrebbero entrambi, a loro volta, chiuso col record di 4-12!!!
Dopo aver terminato la striscia negativa superando in casa i Detroit Lions per 24-14, i Vikings vennero umiliati dai St. Louis Rams per 48-17, vedendo così svanire quello che credevano un vantaggio insormontabile, sul parziale di 7-5 in classifica.
Dopo aver sconfitto i Seattle Seahawks (che avrebbero poi disputato i playoffs) nella Week 14, i Vichinghi subirono un’altra sanguinosa sconfitta per mano dei Chicago Bears, che si imposero per 13-10.
Nonostante le evidenti difficoltà, tutto quello che i Vikings dovevano fare era vincere i due ultimi incontri in calendario per aggiudicarsi il titolo della NFC North.
I Vikings iniziarono con un’impressionante vittoria casalinga per 45-17 contro i Kansas City Chiefs; l’ultimo ostacolo da superare erano i disastrosi Arizona Cardinals (3-12) nell’ultima di campionato.
Dopo un primo tempo incerto, che vide i Vikings sotto per 6-0, gli ospiti si rimisero in corsa per i playoffs realizzando 10 punti nell’ultimo quarto, portandosi sul 17-6 nei minuti finali. A 2’ dallo scadere, i Cardinals si portarono sul 17-12, fallendo una conversione da due punti; ma con un solo timeout a disposizione, i Vikings dovevano solo recuperare l’onside kick e far scadere il tempo. Lo special team di Minnesota non riuscì però nell’impresa, mettendo a repentaglio l’intera stagione.
I padroni di casa si spinsero così fino alle 9 avversarie. La difesa dei Vikings mise a segno due sacks consecutivi sul QB dei Cardinals, i quali passarono da un 2° e 6 dalle 9 ad un 4° e 25 dalle 28, a una manciata di secondi dal termine.
Sull’ultimo snap della stagione, McCown non venne pressato, lanciando un lob per Nathaniel Poole in endzone; in qualche modo, la palla scavalcò Denard Walker e Brian Russell, cosicché Poole riuscì a mantenere il possesso prima di essere spinto fuori dal campo.
Quella segnatura mise la parola fine alla stagione dei Vikings, che pur chiudendo sul 9-7, non poterono disputare i playoff.

Dopo la grande delusione della stagione precedente, il 2004 ha visto i Vikings ricominciare col piede giusto, vincendo cinque delle prime sei gare stagionali.
Daunte Culpepper ha disputato la miglior stagione in carriera, passando per 4.717 yards (miglior prestazione annuale della NFL), e lanciando ben 39 TD passes.
Tuttavia, a causa di un infortunio ad un tendine del ginocchio, i Vikings sono rimasti privi di Randy Moss per un mese: i Vichinghi hanno perso le tre successive partite, tra le quali una all’ultimo gioco contro i Green Bay Packers.
I Vikings si sono ripresi vincendo due partite di fila. Nate Burleson ha provato di essere un go-to-receiver, totalizzando ben 1.006 yards e mettendo a segno 9 TDs, mentre Moss non stava giocando al 100%. Sul parziale di 7-4, i Vikings erano in un’ottima posizione per disputare i playoffs e per aggiudicarsi il titolo divisionale. Sono però entrati in un’altra spirale negativa, perdendo tutte e quattro le ultime gare stagionali, una delle quali ancora allo scadere contro i Packers. Il bilancio finale è stato di 8-8, ma grazie ad alcuni tie-breakers i Vikings hanno agganciato il treno playoff. Minnesota aveva la terza possibilità di superare i Packers, e dopo essere passata sul 17-0 nel primo quarto non ha fatto prigionieri, imponendosi col punteggio finale di 31-17 al Lambeau Field. In quell’occasione, Randy Moss ha suscitato le ire del pubblico, mimando il gesto (proprio dei tifosi dei Packers verso gli avversari) di mostrare le terga dopo un touchdown. Nel turno successivo, le cose non sono andate altrettanto bene: i Vikings sono stati infatti eliminati per mano dei Philadelphia Eagles, che hanno vinto per 27-14. Al termine della stagione, i Vikings sono stati ceduti ad un gruppo di investitori, guidato da Zygi Wilf. Il front office, ormai stanco delle bizze di Randy Moss in campo e fuori, ha deciso di cedere la propria stella agli Oakland Raiders, in cambio del LB Napoleon Harris, oltre alla prima e settima scelta al draft dei Predoni.

Nel 2005, la stagione è iniziata in modo caotico per i Vikings, che in offseason hanno ceduto Randy Moss ai Raiders. Qualora ciò non bastasse, la formazione del Minnesota ha vissuto grandi momenti di imbarazzo, a causa di Mike Tice (beccato a fare bagarinaggio con i suoi biglietti del Super Bowl) e del RB Back Onterrio Smith, sospeso per tutta la stagione per violazione della normativa antidoping: in particolare, il giocatore era stato pescato in aeroporto con una protesi per il pene utilizzata per eludere i test.
Tornando al football giocato, è stato chiaro da subito che Daunte Culpepper sentiva la mancanza di Randy Moss: il QB, che solo un anno prima era giunto secondo nella classifica per l’MVP della Lega, ha vissuto la peggior stagione in carriera; i Vikings hanno esordito con un pessimo parziale di 2-5, che ha visto Culpepper lanciare soli sei TD passes a fronte di 12 intercetti, prima di chiudere anzitempo la stagione per un grave infortunio al ginocchio.
Fuori dal campo i Vikings hanno fatto nuovamente parlare di sì, allorquando alcuni giocatori sono stati accusati di atti osceni dopo un’orgia su una nave da diporto con danzatrici esotiche ed escort. Ma quando la nave sembrava colare a picco, i Vikings hanno iniziato a giocare meglio, guidati dal backup QB Brad Johnson, vincendo sei gare di fila.
I Vichinghi sono però tornati coi piedi per terra in Dicembre, venendo dapprima sconfitti per 18-3 dagli Steelers futuri Campioni del Mondo, perdendo poi contro i Baltimore Ravens, e dando così l’addio alle speranze di playoffs.
Con la vittoria per 34-10 contro i Chicago Bears, i Vikings hanno terminato la stagione sul 9-7; pur di segno positivo, quel record non è stato sufficiente a salvare la panchina di Mike Tice, licenziato a fine campionato e sostituito da Brad Childress, mentre il front office ha deciso di cedere Daunte Culpepper ai Miami Dolphins dopo che questi si è rifiutato di ristrutturare il proprio contratto.

Sperando di capitalizzare al meglio il buon finale della stagione precedente, nel 2006 i Vikings hanno esordito con un nuovo HC, Brad Childress, il cui approccio serio era distante anni luce dall’atteggiamento lassista di Mike Tice. I nuovi Vikings hanno iniziato positivamente la stagione, vincendo le prime due gare in calendario contro i Washington Redskins ed i Carolina Panthers grazie ai FGs di Ryan Longwell.
Dopo aver perso le due gare successive, i Vikings hanno superato in rimonta i Detroit Lions, segnando 23 punti di fila nell’ultimo quarto ed imponendosi per 26-17. Sette giorni dopo non c’è stato bisogno di alcuna rimonta, poiché Minnesota ha battuto in trasferta i Campioni NFC uscenti, i Seattle Seahawks, per 31-13; quella sconfitta ha segnato la fine, per i Seahawks, di una striscia di dodici successi casalinghi.
Sul parziale di 4-2, i Vikings sembravano in buona forma, ma hanno poi vinto sole due gare fino al termine della stagione. Brad Johnson ha decisamente stentato, tanto da venire rimpiazzato dal rookie Tarvaris Jackson, mentre il RB Chester Taylor è stato protagonista di una buona annata.
L’attacco dei Vikings ha faticato per la maggior parte del campionato, chiusasi al terzo posto con un deludente 6-10.

Dopo una stagione negativa, specie dal punto di vista offensivo, l’obiettivo dei Vikings per il 2007 era quello di rafforzare l’attacco: quando la stella di Oklahoma Adrian Peterson è rimasto libero al settimo posto nel draft di quell’anno, i Vikings non hanno esitato a selezionarlo, nonostante le buone prove di Chester Taylor dell’anno prima.
Peterson è partito innestando tutte le marce, conquistando oltre 100 yards in tre delle prime quattro gare giocate tra i pro. Ma a causa delle pessime prestazioni del QB Tarvaris Jackson, i Vikings sono partiti con un pessimo 1-3.
Dopo il bye, Peterson ha mostrato a tutti quanto potesse essere dominante, travolgendo la difesa dei Chicago Bears con 224 yards e tre TDs, che hanno trascinato i Vikings al successo esterno per 34-31.
Dopo aver stentato contro i Dallas Cowboys ed i Philadelphia Eagles, con Peterson incapace di raggiungere le 100 yards, Minnesota si è ritrovata sul 2-5; con il backup Brooks Bollinger al posto di Tarvaris Jackson (fermo per un dito rotto), i Vikings si apprestavano ad affrontare i temibili San Diego Chargers, dovendo assolutamente rimettersi in carreggiata. Ci sono riusciti grazie ad Adrian Peterson: il rookie è entrato nella storia, stabilendo il record NFL di yards corse in una sola gara (296), ed ha contribuito alla vittoria dei Vikings per 35-17.
Jackson si è riguadagnato i galloni da titolare, ma i Vikings hanno subito una pesante battuta d’arresto, venendo lasciati a secco dai Green Bay Packers, impostisi per 34-0; a rendere ancor più amara la sconfitta, la distorsione al ginocchio rimediata da Peterson, limitato a sole 45 yards.
Grazie a Chester Taylor (202 yards totali e tre segnature), i Vikings sono rimasti a galla, superando gli Oakland Raiders per 29-22 nella Week 11. Una settimana più tardi, in trasferta a Meadowlands, è stata la difesa a fare la partita, mettendo a segno quattro intercetti ai danni di Eli Manning, tre dei quali riportati in meta: Minnesota si è imposta col risultato di 41-17. I gialloviola sono tornati a casa una settimana dopo, ed Adrian Peterson è rientrato nella formazione titolare, correndo per 116 yards e segnando due TDs. Superando i Detroit Lions con un perentorio 42-10, i Vikings sono giunti a quoata .500. Minnesota ha mantenuto il trend positivo anche nelle due partite seguenti, tornando in zona playoff, allungando la striscia vincente a cinque partite coi successi sui 49ers ed i Bears.
Ma con la chance di aggiudicarsi un posto ai playoff i Vikings hanno subito una sanguinosa sconfitta interna per 32-21 contro i Washington Redskins nella Week 16; in quell’incontro Adrian Peterson ha corso per sole 27 yards.
Perdendo l’ultima gara di campionato contro i Denver Broncos per 22-19 in overtime, i Vikings hanno chiuso col record di 8-8, fallendo l’appuntamento con i playoff per la terza stagione di fila.

Pessimo inizio quello della stagione 2008 per i Vikings, con tre sconfitte nelle prime cinque gare in calendario; la più dolorosa è stata certamente quella rimediata all’esordio casalingo contro gli Indianapolis Colts, che sotto per 15-0 nel terzo quarto hanno finito per imporsi per 18-15.
Con Gus Frerotte in cambina di regia al posto di Tarvaris Jackson, i Vikings hanno dato una sterzata alla loro stagione, vincendo sei delle successive otto gare, una delle quali per 28-27 sui Green Bay Packers nella Week 10, in cui Adrian Peterson ha corso per 192 yards. Peterson è stato altrettanto forte nella seconda stagione tra i pro, guidando la Lega con 1.760 yards su corsa e segnando ben dieci TDs.
Un infortunio a Gus Frerotte ha ridato a Tarvaris Jackson la chance di guidare i Vikings, in piena corsa per i playoff. Jackson, che aveva stentato nei primi incontri stagionali, ha giocato decisamente meglio, portando i suoi a due successi di fila. I Vikings, con lui alle spalle del centro, avevano la possibilità di aggiudicarsi il titolo della NFC North alla penultima gara di regular season. Ma la sconfitta per 24-17 contro gli Atlanta Falcons li ha portati sul 9-6, con ancora una gara da giocare ed i playoff a rischio.
Sotto per la maggior parte della partita contro i New York Giants, i Vikings hanno rimontato nell’ultimo quarto, mentre i Campioni del Mondo uscenti facevano riposare i loro titolari nel secondo tempo. Sotto per 19-10 all’inizio dell’ultima frazione di gioco, i Vikings si sono riportati in partita con la bomba da 54 yards di Jackson per Bernard Berrian. A soli 5″ dal termine, i Vikings hanno agganciato il treno playoff grazie al piede di Ryan Longwell, autore del FG da 50 yards che ha dato loro il successo per 20-19 ed il titolo divisionale, col record di 10-6.
Tuttavia, la postseason dei gialloviola è durata un amen: Minnesota ha infatti perso per 26-14 contro gli scatenati Philadelphia Eagles, nonostante i due TDs su corsa di Adrian Peterson; a spezzare definitivamente la partita, l’intercetto lanciato da un inefficace Tarvaris Jackson tra le mani di Asante Samuel, che quest’ultimo ha riportato in meta per 44 yards.

Con un RB All-Pro come Adrian Peterson e una difesa solida (guidata dal feroce Jared Allen), il punto debole dei Vikings era la cabina di regia: ecco perché, nel 2009, Minnesota ha deciso di assicurarsi un giocatore dell’esperienza e del talento di Brett Favre; quest’ultimo per due volte aveva annunciato il ritiro, salvo poi cambiare idea e tornare in tempo per la preseason nei due anni precedenti.
Se da una parte quella mossa ha mandato su tutte le furie molti tifosi dei Green Bay Packers, dall’altra ha dato a quelli di Minnesota una chance di portare dalla loro parte un QB che gli aveva dato più di un dispiacere.
Dopo aver vinto le prime due gare in trasferta, i fans al Metrodome hanno avuto un assaggio della magia di Favre, il quale a 2″ dal termine ha imbeccato Greg Lewis con un TD pass da 32 yards, che ha dato ai Vikings il successo per 27-24 sui San Francisco 49ers.
Sette giorni dopo, Favre ha dimostrato cosa si intende per “vendetta dell’ex”: con 271 yards e tre TD passes ha infatti trascinato Minnesota al successo per 30-23 contro i Packers in casa.
I Vikings hanno allungato la striscia vincente a sei partite, arrestatasi in trasferta contro i Pittsburgh Steelers, vittoriosi per 27-17; due sanguinosi turnover di Brett Favre sono stati convertiti in altrettanti TDs dai Black & Gold nell’ultimo quarto. Nel primo caso, un fumble è stato ricoperto da LaMarr Woodley e riportato in meta per 77 yards; nel secondo, Keyaron Fox ha “pizzicato” un lancio di Favre a poco più di 60″ dal termine, riportandolo in endzone per 82 yards e sigillando l’incontro. Favre si è ripreso alla grande una settimana dopo, lanciando ben quattro TD passes al suo ritorno al Lambeau Field; col successo sui Packers per 38-26, i Vikings sono giunti al bye con un eccellente 7-1.
Il trend positivo è continuato anche dopo il turno di riposo, vincendo tre incontri di fila.
Nel corso del Sunday Night perso per 30-17 contro gli Arizona Cardinals, i Vikings hanno subito una grave perdita in difesa: la frattura alla gamba rimediata dal LB  E.J. Henderson ha infatti posto fine alla sua stagione. I Vikings hanno prontamente recuperato, superando per 30-10 i Cincinnati Bengals e mettendo in cassaforte il titolo divisionale.
Ma dopo due sconfitte di fila, dovevano assolutamente vincere contro i New York Giants per assicurarsi il bye al primo turno di playoff. Sull’onda dei 24 punti segnati nel secondo quarto, l’attacco dei Vikings ha innestato tutte le marce, tanto che Minnesota ha chiuso con un perentorio 44-7 sui Dallas Cowboys ed il record di 13-3.
Pur a fronte di un tale record e con la possibilità di giocare in casa, molti pensavano che i Vikings avrebbero avuto problemi contro i Cowboys nel Divisional Playoff. Ma la difesa dei Vichinghi ha disputato una delle migliori partite della stagione, sackando impietosamente Tony Romo e forzando ben tre turnover. In attacco, grande protagonista è stato ancora Brett Favre: il futuro Hall of Famer ha sciorinato una delle migliori prestazioni di sempre, lanciando per 234 yards e quattro TD passes, portando così i Vikings al Championship NFC con la vittoria per 34-3.
Opposti ai New Orleans Saints al Louisiana Superdome, i Vikings hanno dominato, conquistando qualcosa come 475 yards totali, a fronte delle sole 257 dei padroni di casa. Ma a tenere in partita i Saints sono stati i sei fumble dei Vikings, oltre ad un intercetto lanciato da Favre. Col punteggio sul 28-28 verso la fine dell’ultimo quarto, i Vikings sembravano pronti ad approdare al Super Bowl, quando Brett Favre ha commesso un altro errore marchiano. Uscito dalla tasca, un Favre ammaccato ed infortunato alla gamba a causa di molti duri colpi subiti durante la gara poteva correre, per conquistare il primo down e portare i suoi in raggio da FG. Invece ha tentato un lancio forzato in profondità, venendo intercettato da Tracy Porter sulle 22 dei Saints. Ai supplementari, i Vikings non hanno mai toccato palla; i Saints, beneficiando anche di un paio di contestatissime penalità a carico della secondaria di Minnesota, hanno staccato il biglietto per il Grande Ballo, grazie ad un FG da 40 yards di Garrett Hartley, imponendosi per 31-28.

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