Focus: Draft 2007

Come ogni anno di questi tempi i tifosi si interrogano sulle stranezze di un draft che il general manager Jerry Angelo ha condotto, al solito, lontano da buona parte delle previsioni delle settimane passate. I Bears chiudono il draft lasciando qualche rammarico per alcune posizioni forse non coperte a dovere, ma come al solito rilasciano una lista di nomi che fa sperare che lo staff della squadra non abbia perso il tocco di trasformare nomi semisconosciuti in ottimi titolari da Nfl come accaduto spesso negli ultimi anni.

Primo giorno.

La prima scelta di Chicago è arrivata alla numero 31 del primo giro in virtù della classifica invertita rispetto ai posizionamenti ottenuti nel 2006 quando, come tutti sappiamo, Chicago raggiunse il Super Bowl di Miami poi perso contro gli Indianapolis Colts. Arrivati a quel punto la scelta era quasi obbligata e Angelo ha fatto chiamare Greg Olsen (6-5 per 254 lbs), ottimo tight end da Miami University. Diciamo “obbligata” perché solo l’assenza del giocatore fino a quel punto avrebbe spinto i Bears in altre direzioni, come la linea offensiva o, meglio, su due dei prospetti più interessanti rimasti poi totalmente fuori dal primo giro, ossia il linebacker da Penn State Paul Posluszny e il defensive tackle da Michigan Alan Branch, precipitato in pochi mesi da miglior prospetto del ruolo a nome da secondo giro.

Restando a ciò che è realmente avvenuto, Olsen è comunque una scelta perfetta, da pieni voti, un tight end con mani fatate capace di creare vantaggio in ricezione in ogni momento e di sfruttare movimenti da receiver puro. Non inganni la sua stazza, il ragazzo coi lineamenti (e il cognome) da svedese, è più leggero di altri prospetti, ma pienamente in media ed ha i numeri per essere un ottimo bloccatore in linea e in campo aperto per aprire varchi al portatore di palla. Olsen è un TE completo in ogni aspetto, duro, veloce e gran ricevitore, l’uomo che potrà dare maggiore profondità ad un attacco chiunque sia il quarterback a disposizione. Di certo si è pensato a Rex Grossman nella sua scelta, il quale, già a suo agio con Desmond Clark, avrà ora un talento puro a completare il gioco aereo, sperando che non sia, di nuovo, proprio il quarterback il punto più debole del reparto. Con un 4.51 registrato sulle 40 yards alle combine di Indianapolis, Olsen è risultato il TE più veloce del lotto ed era da parecchio tempo considerato il più forte e completo tra tutti i pariruolo, un giocatore in grado di togliere riferimenti agli avversari e aggiungere obiettivi per il gioco d’attacco ed essere all’occorrenza un WR puro. Statistiche per yards ricevute sempre in crescita nei suoi tre anni in campo per la NCAA, di cui gli ultimi due da titolare, per un totale di 1215 yards e 6 TD. Perfetto per un sistema che non di rado punta a coinvolgere il TE come succede a Chicago. Scelta eccellente perché, alla 31, riuscire ad aggiungere un attaccante di questo tipo è davvero un ottimo colpo.

Al secondo giro arriva la prima sorpresa; tutti sanno che Chicago deve trovare il terzo RB da mettere a roster ed ha una linea offensiva che andrebbe perlomeno ringiovanita, ma il pensierino a un quarterback (errori dell’allenatore offensivo Ron Turner a parte) lo hanno fatto tutti, almeno coloro che, al di fuori del coaching staff a quanto pare, ma con buone ragioni come vedremo poi, non si sentono poi così coperti da Grossman, Brian Griese e Kyle Orton. La scelta numero 36 era ottima proprio per tentare eventualmente una scelta di questo tipo; i Bears invece infilano una trade all’ultimo momento, si fanno cedere da San Diego un quinto ed un settimo giro in più e scambiano le chiamate all’interno del secondo dove Chicago si ritrova alla 62 e si porta a casa Dan Bazuin, defensive end da Central Michigan. Bazuin è un discreto prodotto, certamente uno da secondo o terzo giro, ma molti si chiedono perché un end e perché con la seconda scelta? La linea difensiva di Chicago è già forte e con una buonissima profondità, e i problemi che potrebbero nascere vengono dalla posizione di tackle, con Ian Scott ancora non certo di rifirmare con la squadra dopo essere stato svincolato come free agent e Tank Johnson alle prese con problemi extra-sportivi (è in carcere…) che gli faranno perdere buona parte della preparazione e, perché no, della regular season se il martello della giustizia di Roger Goodell dovesse colpirlo (improbabile visto che, al contrario ad esempio di Pacman Jones, il nose tackle di Chicago si è detto pentito e ha deciso di espiare le proprie colpe andando al fresco senza troppe proteste). Alla fine è arrivato Bazuin, un 6 piedi e 2 per 266 libbre (187 cm per 121 kg), giocatore lontanissimo dall’essere completo ma armato di un primo passo terrificante e una buona mobilità che gli permetterebbero di trarre spesso vantaggio sugli avversari. Il ragazzo non è migliore di nessuno degli end già presenti a roster, ma è certamente vero che sulla difesa i Bears hanno costruito i propri successi degli ultimi due anni e una linea veloce, reattiva ed aggressiva ne è stata la colonna portante; per ottenere sempre buoni risultati serve freschezza fisica, quindi rotazione, ed ecco trovato il perché di Bazuin, anche se al secondo giro nessuno si sarebbe aspettato una scelta così.

Così come al terzo giro in pochi avrebbero scommesso su Garrett Wolfe, piccolo ma velocissimo runningback da Northern Illinois. Persa la scelta numero 36 per Chicago era difficile pescare un giocatore molto più forte nel ruolo e, nonostante la stazza ridotta, (169 cm, 84.5 kg), la scelta è ricaduta su Wolfe, previsto alla vigilia in un round molto più basso o, addirittura, fuori dai giochi. Non è la prima volta che Angelo sorprende il pubblico con le sue scelte, ed anche in questo caso siamo forse in anticipo con i tempi (il giocatore sarebbe stato probabilmente disponibile anche un paio di giri più tardi ma il ruolo è stato considerato evidentemente una necessità quasi prioritaria); Wolfe non ha troppe certezze di essere confermato alla fine della giostra dei rookie camp, mini campo e training camp vari, e dovrà dare il 110% in questi mesi per convincere tutti che la sua velocità (4.39 sulle 40 alla combine) è fattore irrinunciabile; il fatto di essere stato terza scelta è comunque un segno di stima e di responsabilità che la squadra vuole affidargli.

Il pick successivo, il secondo al terzo round, è per Michael Okwo, linebacker esterno da Stanford, giocatore rapido ed istintivo capace eventualmente di giocare anche nel centro del pacchetto LB. Scelta strana anche questa, il giocatore, un po’ piccolo di stazza, ricorda abbastanza da vicino Jamar Williams, scelto un anno fa per dare profondità al ruolo di Lance Briggs e, visti gli ultimi eventi, anche il cambio se necessario. I Casi sono due: o l’infortunio a Williams ha fatto correre ai ripari la società in modo fin troppo affrettato o, visto il problema Briggs, la squadra ha deciso di essere il più coperta possibile nel ruolo e di avere più scelte su cui puntare in caso di bisogno. Fisicamente non eccelso, come già detto, la speranza riposta in lui è quella di vedergli sfruttare velocità e istinto che lo portano ad essere ottimo nelle coperture sul gioco di corsa avversario. Una scelta discreta, necessaria solo se la si può vedere interamente dall’interno della squadra ed un giudizio che noi, ovviamente, non possiamo dare fino in fondo.

Secondo giorno.

Chiuso il primo giorno i Bears sono quindi arrivati alla domenica del Draft senza ancora aver messo mano alla linea offensiva, ed ecco che un mezzo regalo arriva proprio al quarto round. Alla 130^ scelta assoluta Chicago trova ancora libero Josh Beekman, guardia offensiva da Boston College, che solo per le strane sinergie che caratterizzano i draft si è trovato ancora abile e arruolabile in quel momento. Considerato da molti un giocatore in uscita tra secondo e terzo giro e visto da tanti analisti come il terzo miglior giocatore del ruolo, Beekman (6-1 per 313) paga rispetto ad altri pariruolo una certa lentezza sulle gambe e l’uscita da un programma non di primissimo piano, ma riesce a bilanciare il tutto con una forza ed un fisico mostruosi e la grande abilità nel gioco di corsa dove mostra con grande tecnica una forte propensione nelle uscite di successo in “push” dalla linea di scrimmage.

Passato Beekman Chicago dimentica la linea per tre scelte e va a rinfoltire, forse persino in eccesso, le secondarie. Arrivano il safety Kevin Payne al quinto giro (167° assoluto) e i cornerback Corey Graham subito dopo (168), e Trumaine McBride al settimo (221). Payne esce da Louisiana-Monroe ed è un atleta sensazionale nonché una scelta doverosa per una squadra che è alla ricerca di continuità in un reparto flagellato dagli infortuni di Mike Brown e dell’ancora inespresso ed irascibile Brandon McGowan. Payne darà profondità al settore mentre si cercherà di svilupparne al meglio le qualità facendolo maturare soprattutto negli special team; gran colpitore, fortissimo a difendere sulle corse e dotato di ottime abilità con il pallone in mano, Payne dovrebbe essere il free safety capace di muoversi in entrambi i ruoli per dare respiro a Brown e, soprattutto, a Danieal Manning, ancora acerbo, e Mike Harris, feroce colpitore ma lontano dall’essere il più disciplinato e preciso in campo.

Corey Graham (New Hampshire) e Trumaine McBride (Ole Miss) non aggiungono molto al potenziale di un reparto già ben strutturato e che trova nei tre elementi principali (Charles Tillman, Nathan Vasher e Ricky Manning) giocatori che difficilmente potranno essere sostituiti dai due prospetti in questione. Graham porta esperienza accumulata lontano dai grandi eventi collegiali ma qualche caratteristica atletica importante, mentre per McBride succede il contrario, con tante stellette conquistate nella SEC ma abilità individuali non eccelse. Sono le classiche scelte da mettere in competizione durante i camp, giocatori da studiare meglio e che dovranno faticare per sopravvivere gi à dai primi mesi alle insidie dei tagli di una carriera Nfl.

Più “tranquillo” (virgolette d’obbligo) dovrebbe essere Aaron Brant, tackle offensivo con quattro anni di esperienza da titolare a Iowa State. Il giocatore ha limiti sui quali si dovrà lavorare ma, benché sia l’ultimo scelto da Chicago (settimo giro, 241° totale), arriva per coprire una vera necessità della squadra e, in secondo luogo, presenta un curriculum da Big 12 (e non è poco) in un programma niente male nel panorama NCAA.

Le firme dopo il draft.

Dopo che i Detroit Lions hanno chiamato Ramzee Robinson, cornerback da Alabama, con la numero 255, il Draft 2007 si è chiuso ed è iniziata la caccia agli “undrafted”, i giocatori rimasti fuori dal giro ed in cerca di una firma che permetta loro di presentarsi ai primi camp primaverili per tentare il salto di qualità in extremis. Chicago ha opzionato, e firmato, Chris Leak, quarterback campione NCAA con i Florida Gators, Jayson Swain, WR da Tennessee, e Darius Walker, RB da Notre Dame.
Leak è un prospetto potenzialmente interessante, dotato di un braccio potente e di una grande abilità nel lanciare in corsa, ma è troppo basso (poco meno di 180 cm) per la Lega pro e il gioco andrebbe ridisegnato intorno a lui puntando soprattutto su screen e passaggi laterali; difficile la riconferma. Darius Walker entra invece in piena competizione, grazie alla scuola che lo ha formato e al suo immenso capo allenatore Charlie Weiss. La gara al terzo spot di runningback non è per niente chiusa, Walker ha corso 3249 yards con gli Irish, infilando 816 yards ricevute e un totale di 20 touchdown (17+3). Aggiunge in realtà poco al primo selezionato Wolfe (5164 yards corse a NIU), maggior fisicità, esperienza in partite più pesanti, ma Wolfe è stato chiamato per la velocità, nella quale è superiore, e nell’agilità mostrata quando si infila tra i tackle. Il terzo posto sembrerebbe quindi di diritto nelle mani della terza scelta 2007 dei Bears, ma per Darius Walker è lecito sperare in qualcosa di più di un semplice training camp.

Jayson Swain è arrivato dove previsto (in ballo tra gli ultimi due round e l’essere free agent, ha visto prevalere la seconda possibilità) ed è, tra gli “undrafted”, quello che smuove meno interesse. Infilato in un reparto nel quale si cercherà di dare spazio a Devin Hester, dove il peso di Muhsin Muhammad è ancora tanto, dove le quotazioni di Bernard Berrian sono in crescita e quelle di Mark Bradley potrebbero diventarlo alla svelta e dove Rashied Davis fa il suo come ricevitore di situazione, la sua unica chance è scalzare dalla rosa Airese Curie, ricevitore tascabile velocissimo e infortunato da due anni, ossia da quando entrò a roster dopo il Draft 2005.

Conclusioni.

Il draft di Jerry Angelo (e Lovie Smith e tutto lo staff al seguito, of course) è come al solito enigmatico; forse solo il primo interamente curato da lui (2003) aveva davvero un senso logico, negli altri ci si è sempre persi in inutili analisi ed interpretazioni. Probabile che la linea offensiva andasse curata meglio, così come un cornerback in meno non avrebbe mandato in lacrime nessun tifoso. Rimane il rammarico di quella seconda scelta alta scambiata con San Diego, scelta che poteva dare un runningback di valore maggiore o, per il cuore di molti tifosi, quello sì, un quarterback. Cerchiamo però di essere precisi il più possibile: la società ha deciso di dare piena fiducia a Cedric Benson e un’altra chance a Rex Grossman, scegliere nomi importanti nei loro ruoli avrebbe significato giocargli contro, creare un’ostilità che non avrebbe giovato a nessuno. Meglio così dunque, con la speranza che Ron Turner disegni davvero un attacco adatto a Grossman, al nuovo TE arrivato e che soprattutto inserisca al meglio Devin Hester, giocando su schemi diversi ora che volendo ha anche la possibilità di puntare, di tanto in tanto, al doppio tight end.

Gli uomini di linea latitano tra le scelte, ma Josh Beekman è un ottimo investimento, soprattutto al quarto round, e Aaron Brant può dire la sua se il coaching staff sarà in grado di inserirlo e curarlo al meglio. Accattivante la scelta di Kevin Payne, un Chris Harris con mani e senso del campo nettamente migliori, un upgrade per lo spot di safety con la speranza che Mike Brown, in attesa che tutti questi giovani crescano, riesca a chiudere sano e salvo almeno le prossime due stagioni. C’è poi Michael Okwo, LB che potrà dare profondità al reparto ed alternarsi con Jamar Williams per la ricerca del nuovo Lance Briggs o, sostanzialmente, di un suo temporaneo sostituto. La scelta di Okwo lascia intendere come Angelo abbia cercato di coprire al meglio ogni eventualità e come, tutto sommato, si fidi molto degli uomini a disposizione in quei ruoli che molti altri vedevano eccessivamente scoperti.

In sostanza un draft più che sufficiente, poteva essere più completo a mio modo di vedere e magari puntando su giocatori di programmi con maggior peso all’interno della NCAA, ma analizzandolo a freddo ci si accorge che tre sono i titolari scelti in questo draft mentre il resto si mette a disposizione di un roster competitivo con la speranza che, il buon Angelo, abbia pescato uno “steal” anche questa volta.