La Storia dei Saints
Il 17 Settembre 1967, i Saints fecero il proprio esordio assoluto davanti a ben 80.879 tifosi nel vetusto Tulane Stadium. L’inizio fu davvero col botto: il rookie RB John Gilliam riportò il kickoff d’apertura in meta dopo una galoppata da ben 94 yards.Tuttavia, i Los Angeles Rams finirono per imporsi col punteggio di 27-13. La formazione di New Orleans dovette attendere fino al 5 Novembre per conseguire la prima vittoria, contro i Philadelphia Eagles per 31-24; in quell’occasione, Walt Roberts mise a segno tre TDs. La prima stagione di vita della franchigia terminò con un disastroso 3-11.
Nel 1968, i Saints giocarono un football sorprendentemente solido ad inizio stagione, alternando vittorie e sconfitte nelle prime sei gare in calendario.
Tuttavia, riuscirono ad aggiudicarsi solo un ulteriore successo da lì al termine del campionato, chiuso al terzo posto sul 4-9-1.
Il 1969 vide l’esplosione del giovane Danny Abramowicz, eletto miglior WR della NFL con 73 ricezioni per 1.015 yards e 7 TDs.
I Saints terminarono sul 5-9, miglior record fino a quel momento.
Abramowicz si appresta a ricevere
Dopo un esordio negativo nella stagione 1970, l’head coach Tom Fears venne rimpiazzato da JD Roberts.
Nella prima partita con lui alla guida, il 28 Novembre, i Saints si trovavano in svantaggio per 17-16 contro i Detroit Lions ad una manciata di secondi dal termine.
Con la squadra bloccata a metà campo, il nuovo allenatore decise di giocare il tutto per tutto, facendo tentare una trasformazione da ben 63 yards al suo PK Tom Dempsey. Quest’ultimo, che era nato privo della punta del piede a causa di una malformazione, calzava una scarpa pesante, di forma quadrata. La folla del Tulane Stadium esplose letteralmente quando Dempsey piazzò tra i pali quell calcio da record NFL (poi eguagliato da Jason Elam a distanza di anni, n.d.r.), che diede ai Saints la vittoria finale per 19-17.
Quella stagione, tuttavia, si chiuse malissimo per la formazione della Louisiana, la quale terminò con un disastroso 2-11-1.
Tom Dempsey al calcio
Nel 1971, con la speranza di costruire una squadra solida attorno ad un QB, i Saints draftarono la stella di Ole Miss Archie Manning con la seconda scelta assoluta.
Nella prima sfida con lui in cabina di regia, il 19 Settembre, i Saints sconfissero a sorpresa i L.A. Rams per 24-20 tra le mura amiche del Tulane Stadium. Manning realizzò una meta con una corsa da una yard nell’ultimo gioco dell’incontro, dopo aver completato 16 passaggi su 29 per 218 yards e un TD.
Il 17 Ottobre, Manning segnò altre due mete su corsa, nell’incontro vinto per 24-20 contro i futuri Campioni del Mondo, i Dallas Cowboys, davanti a ben 83.088 tifosi.
Il record finale fu però nuovamente di segno negativo, un deludente 4-8-2.
Archie Manning
Pessimo inizio quello della stagione 1972, con cinque sconfitte consecutive, degno prologo ad un terrificante 2-11-1 finale.
Archie Manning faticò oltremodo, sottoposto a grande pressione, ben testimoniata dai 43 sacks subiti.
I Saints seppero riprendersi nel 1973, chiudendo la stagione sul 5-9.
Da ricordare la prima vittoria senza concedere punti agli avversari, un 13-0 contro i Buffalo Bills il 4 Novembre. In quell’incontro, la difesa dei Saints concesse al RB dei Bills, O.J. Simpson, la miseria di sole 79 yards, peggior risultato personale in stagione per lui.
L’8 Dicembre, nell’ultimo incontro disputato tra le mura del Tulane Stadium, i Saints lasciarono a secco i St. Louis Cardinals, superandoli per 14-0.
I Saints chiusero le loro otto stagioni al Tulane Stadium col record casalingo di 23-32-1, ed in quell’anno chiusero nuovamente sul 5-9.
Il 28 Settembre 1975, nel primo incontro di regular season al Louisiana Superdome, i Saints vennero sconfitti dai Cincinnati Bengals per 21-0, davanti a 52.531 spettatori.
La formazione della Big Easy non combinò granché in quella stagione, terminata con un pessimo 2-12.
Con la speranza di rivitalizzare una formazione in difficoltà, la dirigenza dei Saints decise di affidarsi ad Hank Stram, che aveva guidato i Chiefs a due finali AFL ed alla vittoria nel Super Bowl IV al Tulane Stadium.
La sua prima stagione sulla panchina di New Orleans, tuttavia, non fu particolarmente felice, e si chiuse sul 4-10.
Le difficoltà proseguirono anche nella stagione 1977, con i Saints all’ultimo posto grazie ad un terrificante 3-11, che costò il posto a Coach Stram. Nelle sue due stagioni alla guida del team, i Saints avevano vinto solo sette incontri.
Il fallimento di Stram gli avrebbe impedito di entrare nella Hall of Fame per venticinque anni.
Quella del 1978 fu una delle stagioni migliori in carriera per Archie Manning, il quale fu insignito del premio di NFC Player of The Year dalla rivista “The Sporting News”.
I Saints, dopo essere rimasti in bilico per tutto il campionato, terminarono sul 7-9.
Il 28 Ottobre 1979, i Saints si installarono saldamente al comando della NFC West per la prima volta, grazie alla vittoria per 14-10 contro i Washington Redskins. I Saints erano riusciti a fermare Washington per diciotto volte in raggio da segnatura e sette volte entro le ultime due yards: un autentico capolavoro difensivo.
La formazione della Louisiana contese ai Rams il primato divisionale per tutto il campionato, chiudendo poi sull’8-8 (prima stagione di segno positivo).
Tuttavia, una partita avrebbe perseguitato i Saints nel corso della offseason, ovvero il Monday Night del 3 Dicembre contro gli Oakland Raiders al Superdome. Il RB Chuck Muncie divenne il primo giocatore dei Saints ad infrangere la barriera delle 1.000 yards (terminando la stagione con 1.198), e spinse i Saints sul 35-14. Ma il vantaggio e le speranze di playoff vennero spazzate via dalla furiosa rimonta dei Predoni, che finirono coll’imporsi per 42-35.
Dopo due stagioni di buon football, i Saints decisero di tornare all’antico. La loro unica vittoria coincise con l’ultima gara di campionato, il quale si chiuse con un terrificante 1-15.
Durante la stagione, i tifosi si erano presentati al Superdome indossando dei sacchetti di cartone sulla testa ed esibendo dei cartelloni che suggerivano alla squadra di assumere la denominazione di “Aints“.
Con la speranza che il successo di un tempo potesse portare ad un futuro luminoso per New Orleans, nel 1981 i Saints ingaggiarono Bum Phillips come nuovo Head Coach.
Phillips aveva ricostruito gli Houston Oilers, trasformandoli in perenni pretendenti al titolo della AFC, sconfitti per due volte consecutive dagli Steelers nel Championship.
Con la prima scelta assoluta, i Saints draftarono il vincitore dell’Heisman Trophy George Rogers, prodotto di South Carolina.
Rogers conquistò il titolo di Offensive Rookie of the Year, totalizzando ben 1.674 yards su corsa, record assoluto per un rookie.
Tuttavia, il bilancio stagionale fu ancora negativo, con un pessimo 4-12.
George Rogers
Nel 1982, dopo che uno sciopero dei giocatori aveva portato alla cancellazione di ben sette gare di regular season, i Saints terminarono col record di 4-5, e mancarono di un soffio l’appuntamento con i playoff, a causa di un complicato labirinto di tiebreakers.
Sul parziale di 8-7, pronti a disputare l’ultimo incontro della stagione 1983 al Superdome contro i Rams, i Saints avevano la possibilità di chiudere per la prima volta con un record positivo, e di conquistarsi un posto ai playoff. Ma i sogni di gloria vennero infranti dal calcio del kicker di Los Angeles Mike Lansford: il suo FG da 42 yards a 6” dallo scadere segnò la sconfitta dei Saints per 26-24, e l’estromissione dalla corsa alla postseason.
Un anno dopo aver fallito per pochissimo l’aggancio ai playoff, i Saints esordirono alla grande, conquistando quattro successi nelle prime cinque gare. Ma in seguito faticarono oltremodo, specie il nuovo acquisto, il QB Richard Todd; questi lanciò ben 19 intercetti, a fronte di un solo TD pass.
La stagione si chiuse con il record negativo di 7-9.
Nel 1985, giunto alla sua quinta stagione sulla panchina dei Saints, Bum Phillips si ritirò a cinque gare dal termine della regular season. Suo figlio Wade, che aveva sino a quel momento funto da Defensive Coordinator, gli subentrò fino al termine del campionato.
Quest’ultimo si chiuse con un pessimo 5-11.
Nel 1986, dopo un parziale di 1-4 alla guida del nuovo coach Jim Mora, i Saints raddrizzarono la stagione, terminando sul 7-8-1.
Il rookie RB Rueben Mayes corse per 1.353 yards, venendo altresì nominato Offensive Rookie of the Year.
Jim Mora
Il 25 Ottobre 1987, nella prima gara successiva allo sciopero dei giocatori (che aveva portato le squadre NFL a mettere in campo delle riserve), i Saints vennero piegati per 24-22 dai San Francisco 49ers in una partita al cardiopalma tra le mura amiche del Superdome.
Al termine dell’incontro, Jim Mora fece una dichiarazione molto pubblicizzata dai media, il famoso “coulda, woulda, shoulda” (“avremmo potuto, avremmo voluto, avremmo dovuto”, n.d.r.), commentando così la sconfitta che aveva portato i Saints sul 3-3.
Una settimana più tardi, il 1° Novembre, i Saints si imposero col margine di punteggio più alto di sempre nella storia della franchigia, piegando per 38-0 i malcapitati Atlanta Falcons.
La vittoria fu la prima di una serie di nove consecutive, che portarono finalmente al primo record vincente in 21 stagioni (12-3), insieme ad un posto ai playoff. Ma con un altro successo, i 49ers privarono i Saints del titolo divisionale.
La città di New Orleans, che aveva ospitato sei dei 21 Super Bowl fino ad allora disputati, vide i propri alfieri opposti ai Minnesota Vikings nella sfida di Wild Card. I padroni di casa si portarono sul 7-0 all’inizio del primo quarto; ma gli ospiti passarono a condurre 31-10 all’intervallo, finendo poi per imporsi con un impietoso 44-10.
A rendere le cose ancor più difficili, la rottura dei legamenti subita dal RB Ruben Mayes, che lo costrinse a sottoporsi ad un intervento chirurgico.
Anche nel 1988 i Saints giocarono un ottimo football, venendo coinvolti in una corsa a tre per il titolo della NFC West, grazie ad un record di 10-6.
Tuttavia, due sanguinose sconfitte rimediate per mano dei ‘Niners costarono loro un posto ai playoff, senza alcun tiebreaker a proprio favore.
Quella del 1989 fu la terza stagione vincente di fila per i Saints, che chiusero sul 9-7. Ma ancora una volta, non fu sufficiente per aggiudicarsi uno dei cinque posti disponibili per la postseason.
Nel 1990, pur avendo faticato tutta la stagione ed essendo giunti all’ultima partita in calendario sul parziale di 7-8, i Saints avevano ancora una possibilità di agganciare il treno playoff, ma solo a patto di sconfiggere i Rams nel Monday Night di San Silvestro al Superdome. Sul punteggio di 17-17, Morten Andersen piazzò tra i pali il FG della vittoria a 2” dal termine, che diede ai Saints non solo il record finale di 8-8, ma anche il sesto ed ultimo posto valido per approdare alla postseason nella NFC.
L’avventura fu tuttavia brevissima: i Saints vennero infatti sconfitti per 16-6 dai Chicago Bears al Soldier Field, nella sfida di Wild Card.
Il 1991 segnò il 25° anniversario di fondazione della franchigia di New Orleans, che iniziò a spron battuto, portandosi su un insperato 7-0. Si trattava di un fatto assolutamente straordinario, dato che i Saints non avevamo mai fatto meglio di un misero 1-0.
La pacchia, tuttavia, durò ben poco: nelle successive sette gare, il team riuscì a conquistare due soli successi a fronte di cinque sconfitte, tre delle quali consecutivamente in Dicembre.
Quando parevano ormai destinati a soccombere per l’ennesima volta, i Saints si ripresero vincendo le ultime due gare stagionali, chiudendo sull’11-5 ed aggiudicandosi altresì il loro primo titolo divisionale di sempre.
Il pessimo rendimento in regular season costò ai Santi il bye al primo turno di playoff. Nell’incontro di Wild Card, i Saints si ritrovarono opposti ai rivali diretti di Division, gli Atlanta Falcons; pur passati rapidamente in vantaggio, furono rimontati impietosamente, ed uscirono mestamente dal Superdome, sconfitti per 27-20.
Nel 1992 i Saints si installarono in vetta alla NFL quanto a minor numero di punti concessi (202) e di sacks messi a segno (57); chiusero inoltre la stagione regolare sul 12-4, staccando così il terzo biglietto consecutivo per i playoff.
Addirittura, si guadagnarono la possibilità di giocare in casa il primo incontro di postseason, superando per 20-0 i New York Jets nell’ultima di campionato.
Nella sfida contro i Philadelphia Eagles, i Saints si trovavano in vantaggio per 20-7, e parevano ormai destinati a continuare la propria corsa; invece, gli Eagles misero a segno 29 punti consecutivi nell’ultimo quarto e mezzo, piegando i padroni di casa per 36-20 e lasciandoli con un palmo di naso.
La striscia di partecipazioni ai playoff si interruppe bruscamente nel 1993: i deludenti Saints riuscirono unicamente a portare il bilancio in parità (8-8) vincendo solo due delle ultime otto gare, dopo aver conquistato cinque successi di fila ad inizio campionato.
Il 23 Ottobre 1994 Tyrone Hughes riportò in meta due kickoff, eguagliando sette squadre e quattro record NFL nell’incontro vinto per 37-34 sui Los Angeles Rams al Superdome.
La stagione, tuttavia, fu la prima di segno negativo in 8 anni, e si chiuse sul 7-9.
Tyrone Hughes
Nel 1995, nonostante una buona stagione disputata dal QB Jim Everett, che passò per 3.970 yards, i Saints continuarono a stentare, e chiusero all’ultimo posto in classifica col record di 7-9; quest’ultimo fu identico a quello dell’expansion team dei Carolina Panthers, che terminarono davanti a loro nella NFC West grazie al tiebreaker.
Il 20 Ottobre 1996, dopo la sconfitta per 19-7 rimediata per mano dei Carolina Panthers, l’Head Coach Jim Mora parlò della squadra nel corso di una conferenza stampa, dichiarando testualmente: “Facciamo schifo”.
Il giorno dopo, Mora, che aveva allenato i Saints per dieci stagioni e mezza, portandoli ai playoff, diede le dimissioni; l’allenatore dei LBs Rick Venturi gli subentrò fino alla fine del campionato. Quest’ultimo si chiuse con un disastroso 3-13, dando così una qualche consistenza alle parole di Mora.
Nel 1997, convinti di poter risorgere grazie ad un allenatore di successo, i Saints decisero di ingaggiare Mike Dikta come nuovo Head Coach. Dikta aveva infatti guidato i Bears alla conquista del Super Bowl XX, giocato proprio al Superdome.
Tuttavia, nonostante il suo arrivo, i Saints non seppero far meglio di un misero 6-10.
La stagione 1998 si aprì positivamente, con tre successi in altrettante gare.
Ma l’incapacità di trovare un QB di spessore (nonostante ne fossero stati schierati ben quattro) risultò evidente, portando i Saints a chiudere ancora sul 6-10.
Prima del draft 1999, Mike Dikta dichiarò che avrebbe potuto cedere tutte le scelte dei Saints in cambio di un solo giocatore, il vincitore dell’Heisman Trophy, il RB Ricky Williams. I Washington Redskins ritennero una simile offerta assolutamente irrinunciabile, e conclusero l’accordo.
Sfortunatamente per Dikta e per i Saints, Williams faticò ad adattarsi alla vita nella NFL e venne falcidiato dagli infortuni; la stagione si sarebbe chiusa con un terrificante 3-13.
Il proprietario della squadra Tom Benson dichiarò: “Compirò tutti i passi necessari alla fine della regular season per fare dei New Orleans Saints una franchigia vincente“. Il primo fu quello di silurare Mike Dikta.
Avendo ceduto la loro prima scelta nella trade per Ricky Williams, nel 2000 i Saints dovettero ricostruirsi in altro modo.
La franchigia della Big Easy mise sotto contratto otto free agent, e pose in essere una trade per acquisire il terzo QB di Green Bay Aaron Brooks, affinché fungesse da backup per il nuovo acquisto Jeff Blake.
Ad ulteriore dimostrazione della volontà di rinnovamento, l’ex assistant coach e defensive coordinator Jim Haslett venne nominato nuovo allenatore capo.
Sotto la sua guida, i Saints partirono a rilento, con un parziale di 1-3 , ma dall’8 Ottobre cambiarono passo, vincendo sei gare di fila.
Tuttavia, gli infortuni misero k.o. Jeff Blake e Ricky Williams, che rimasero fuori per tutto il resto della stagione.
Grazie, però, ad Aaron Brooks, New Orleans non perse un colpo. Il 26 Novembre, i Saints piegarono in trasferta i St. Louis Rams per 31-24. Quella fu la vittoria chiave della stagione, dato che i Saints chiusero 10-6 (grazie ad un eccellente 7-1 nelle partite esterne), e vinsero il secondo titolo divisionale della loro storia; Jim Haslett si aqggiudicò il titolo di NFL Coach of the Year.
Pur avendo vinto la NFC West ed avendo il vantaggio campo nei playoff, ben pochi tra gli addetti ai lavori davano ai Saints qualche possibilità di sconfiggere i Campioni del Mondo uscenti, i St. Louis Rams (che avevano faticato a qualificarsi per la postseason).
Infatti, molti esperti vedevano gli Arieti come i primi candidati al Super Bowl ed i Saints come dei semplici comprimari. Di certo non confortava il bilancio storico dei Saints nei playoff: un desolante 0-4.
Tuttavia, i Saints furono spettacolari, e chiusero in vantaggio all’intervallo; ogni volta che i Rams si portavano a un solo FG di distacco, i Saints rispondevano riportandosi a +10. Nell’ultima frazione di gioco, i Rams sembravano pronti a passare in vantaggio, dopo che Az-Zhair Hakim aveva riportato un punt in profondità nella metà campo avversaria. Ma una penalità vanificò il bel gesto tecnico, ed i Saints portarono a casa un’insperata vittoria per 31-28.
Pur piegati per 34-16 in trasferta dai Vikings, i Saints avevano finalmente sfatato il tabù della postseason, e potevano guardare con fiducia al futuro.
Jim Haslett a colloquio con gli arbitri
Reduci dal loro primo successo ai playoff, nel 2001 ci si aspettava che i Saints lottassero ancora per la postseason. Ma Aaron Brooks cominciò da subito a faticare, e dopo dieci gare i Saints si trovavano sul parziale di 5-5. Il team parve riprendersi, vincendo le successive due gare e giungendo all’ultimo quarto di stagione sul 7-5, con buone chances di agganciare il treno playoff.
Ma dopo una sconfitta per pochi punti contro i St. Louis Rams, i Saints giunsero al decisivo incontro esterno contro i Tampa Bay Buccaneers, con la postseason in palio. La resa dei conti per i playoff fu ben presto decisa: i Saints vennero seppelliti con un impietoso 48-10, e tutte le speranze di postseason si sciolsero come neve al sole.
Le cose andarono di male in peggio: dalle risse in spogliatoio si passò agli articoli di stampa, secondo i quali il WR Albert Connell aveva rubato soldi ai compagni di squadra. Tutto ciò rese la stagione ancor più amara: qualora ce ne fosse stato bisogno, l’ulteriore conferma giunse dalle ultime due gare, nelle quali i Saints subirono qualcosa come 78 punti, mettendone a segno solo dieci, e chiusero sul 7-9.
Al termine del campionato, i Saints cedettero stelle del calibro di William Roaf e Ricky Williams, e persero anche La’Roi Glover nella free agency.
Il 2002 vide Deuce McAllister affermarsi come uno dei migliori runners della NFC. Sospinti dalle sue corse, i Saints vinsero sei delle prime sette gare in calendario. Ma Aaron Brooks subì numerosi infortuni, ed i Saints cominciarono a stentare, perdendo così il primato della neo-costituita NFC South, a causa di tre sconfitte nelle successive quattro gare.
I Saints sembrarono riprendersi il 1° Dicembre, sconfiggendo i futuri Campioni del Mondo, i Tampa Bay Buccaneers, per 23-20 al Superdome in diretta TV nazionale.
Dopo aver piegato i Baltimore Ravens una settimana più tardi, sul parziale di 9-4 si trovavano ad un solo successo dai playoff. Tuttavia, i Saints non conquistarono più alcuna vittoria, perdendo invece tre partite di fila contro squadre a fondo classifica, e fallirono l’aggancio alla postseason col record di 9-7.
Deuce McAllister in azione
Il disastro della stagione precedente proseguì anche in quella del 2003, con i Saints sconfitti in quattro delle prime cinque gare in calendario. Dovendo riprendersi quanto prima, i Saints iniziarono a giocare un football migliore, vincendo quattro dei successivi cinque incontri per rientrare nella corsa ai playoff. New Orlesans venne trascinata da un Deuce McAllister capace di correre per almeno 100 yards in nove incontri di fila, e che avrebbe poi chiuso la stagione con ben 1.641 yards all’attivo.
Ma i Saints non seppero mantenere l’inerzia, alternando vittorie e sconfitte per il resto del campionato, che si chiuse col record di 8-8, buono solo per il secondo posto nella NFC South, ma non per i playoff.
Per gran parte della stagione 2004, i Saints frustrarono i propri tifosi giocando ben al di sotto delle proprie possibilità, partendo con un pessimo 4-8. A rendere ancor più difficili le cose, cominciarono anche a diffondersi le voci di un possibile trasferimento della franchigia a Los Angeles, allorquando il proprietario Tom Benson cominciò a chiedere al Comune di costruire un nuovo stadio per la squadra. Con la stagione che appariva ormai compromessa e la spada di Damocle sul capo di Jim Haslett, i Saints cominciarono improvvisamente a giocare bene, vincendo le ultime quattro gare e chiudendo col parziale di 8-8 .
Il team fu estromesso dai playoff, ma solo per un tiebreaker.
Mentre i Saints si apprestavano ad iniziare la stagione 2005, insieme al resto dei cittadini di New Orleans furono costretti a fuggire dalla città, a causa dell’arrivo di un uragano; la furia degli elementi fu tale che molti residenti si rifugiarono all’interno del Louisiana Superdome per sfuggire alla tempesta.
Per molti anni la gente del posto aveva temuto che una tempesta potesse colpire New Orleans, città al di sotto del livello del mare, con una violenza tale da distruggere le dighe e provocare un’inondazione di proporzioni bibliche. Purtroppo quelle paure si materializzarono il 29 Agosto del 2005, quando l’uragano Katrina si abbatté sulla città, portando alla rottura delle dighe e inondando la città, che rimase totalmente priva di energia.
La situazione rese difficile il salvataggio di coloro che erano rimasti indietro, inclusi quelli che si trovavano al Superdome; per diversi giorni quest’ultimo divenne un pozzo nero a causa dei danneggiamenti al tetto, mentre la gente presa dal panico distrusse lo stadio dall’interno, e le condizioni si fecero intollerabili a causa di sporcizia e malattie.
I danni all’impianto ed alle infrastrutture cittadine furono tali che giocare a New Orleans fu assolutamente impossibile per i Saints, i quali furono costretti a cercare un’altra sistemazione. Nonostante la devastazione, una squadra ispirata iniziò bene la stagione, trascinata da Deuce McAllister (due TDs) alla vittoria per 23-20 sui Carolina Panthers, sigillata dal FG da 47 yards di John Carney a 3″ dal termine. Ma la settimana dopo la NFL sferrò un colpo basso ai Saints: pur essendo impegnata in trattative volte a consentire al team di giocare all’Alamodome di San Antonio e al Tiger Stadium nel campus di LSU a Baton Rouge, la Lega decise di far esordire in casa i Saints in un Monday Night benefico, per raccogliere fondi in favore delle vittime dell’uragano. Intento lodevole, senza dubbio: il problema fu che la partita “casalinga” si sarebbe giocata a Meadowlands, nel New Jersey, contro i New York Giants!!! I giocatori dei Saints furono ovviamente scontenti di tale decisione, e fecero saltare un incontro con il Commissioner Paul Tagliabue, perdendo poi quell’incontro per 27-10.
La settimana dopo i Saints persero un’altra gara in trasferta, per 33-16, contro i Minnesota Vikings.
Finalmente pronti per un vero incontro casalingo all’Alamodome, i Saints passarono sul 2-2 battendo per 19-7 i Buffalo Bills, sospinti dalle 130 yards su corsa di McAllister. Quest’ultimo, però, chiuse anticipatamente la stagione sette giorni dopo a causa di un infortunio al ginocchio, ed i Saints furono umiliati dai Green Bay Packers, che li bastonarono con un impietoso 51-3. Quella sconfitta fu la spia di una situazione difficile, che si sarebbe protratta fino alla fine della stagione, chiusa con un terrificante 3-13; nel corso del campionato Aaron Brooks fu panchinato, ma Todd Bauman non seppe fare di meglio.
Il 30 Ottobre i Saints tornarono finalmente in Louisiana per affrontare i Miami Dolphins a Baton Rouge; i 61.643 tifosi presenti videro l’ex coach di LSU Nick Saban guidare i Dolphins al successo per 21-6. Purtroppo per i Saints le restanti partite a Baton Rouge ebbero una scarsissima affluenza; il paventato trasferimento della squadra da parte del patron Tom Benson sembrò alienare lo zoccolo duro dei tifosi, che avevano ben altri problemi con le loro case.
Al termine della stagione i Saints fecero un repulisti generale, licenziando Jim Haslett e rilasciando Aaron Brooks.
Il Superdome durante il passaggio dell’uragano Katrina
Nel 2006, i Saints hanno orchestrato una delle più grandi rivincite nella storia della NFL, divenendo la prima squadra a passare da un record di 3-13 al titolo di Conference in una stagione.
Il giovane Sean Payton, già pupillo di Bill Parcells in quel di Dallas ed alla sua prima esperienza come HC, è stato ingaggiato per svolgere un compito davvero difficile. La sua prima mossa è stata quella di tagliare quasi metà del roster, in primis l’inconsistente Aaron Brooks.
I Saints sono stati molto aggressivi nella free agency, mettendo sotto contratto l’ex QB dei San Diego Chargers Drew Brees, reduce da un intervento alla spalla. Brees era stato ad un passo dai Miami Dolphins, ma lo staff medico di questi ultimi aveva espresso perplessità circa la piena guarigione del suo braccio in tempo per l’inizio della stagione. I Saints hanno quindi scommesso sulle sue capacità di recupero, facendogli firmare un contratto pluriennale: poi, in primavera, è arrivato il momento del draft NFL.
Drew Brees pronto al lancio
Alla vigilia dell’evento, il 29 Aprile, le agenzie hanno battuto una clamorosa notizia: gli Houston Texans non erano riusciti a raggiungere un accordo con Reggie Bush, puntando invece sul DE Mario Williams come prima scelta assoluta. Quando i Saints si sono accorti che Reggie era ancora disponibile, non ci hanno pensato due volte, selezionando il RB di USC come seconda scelta assoluta.
I Saints hanno pescato anche un altro ottimo giocatore, al 7° giro: si tratta del WR Marques Colston, prodotto di Hofstra, 252ma scelta assoluta. New Orleans ha iniziato benissimo la preseason, superando i Tennesse Titans; in quell’incontro, Reggie Bush si è messo in mostra con un cambio di direzione che è poi diventato una grandissima corsa. Ma quello è stato l’unico momento da ricordare del precampionato: i Saints hanno infatti perso le successive tre gare, chiudendo sull’1-3.
La stagione dei Saints è ufficialmente iniziata con la trasferta di Cleveland, che li ha visti vittoriosi contro i Browns: Bush ha totalizzato 129 yards dalla linea di scrimmage, mentre Marques Colston ha ricevuto un TD pass lanciatogli da Brees.
La settimana successiva, i Saints sono andati a Green Bay, dove erano stati pesantemente bastonati nella stagione precedente, per affrontare i Packers. L’inizio della partita è sembrato per un attimo ricalcare il copione dell’anno prima, con i Saints subito sotto per 13-0; ma Brees aveva ben altri piani, ed ha trascinato i suoi alla rimonta. Lanciando per 353 yards e due TD passes, Drew ha condotto i Saints al successo per 34-27.
I Saints sono tornati infine a New Orleans per la prima sfida al Superdome (rinnovato grazie a ben 185 milioni di $ di investimenti) dalla preseason del 2005, un Monday Night contro gli Atlanta Falcons il 25 Settembre. Le squadre erano entrambe sul 2-0, e molti pensavano che il potente running game degli ospiti avrebbe travolto i Saints.
Il calcio d’inizio ha segnato il ritorno ufficiale del team a New Orleans, e prima del kickoff si sono esibiti artisti del calibro di U2, Green Day e Goo Goo Dolls; le prime due band hanno eseguito insieme un brano che sarebbe diventato l’inno non ufficiale della squadra, “The Saints are coming”.
Quel concerto è stato il modo di annunciare al mondo interno che New Orleans era tornata in affari, benché molte parti della città fossero ancora lontane dal riprendersi dal peggior disastro naturale nella storia degli Stati Uniti. In un Superdome completamente esaurito ed un’audience di oltre dieci milioni di telespettatori (seconda trasmissione via cavo più vista nella storia della TV), la gara è iniziata col botto per i Saints, a segno dopo soli 90″ con un punt bloccato e riportato in meta. La formazione di casa si è poi aggiudicata l’incontro col punteggio di 23-3 in un impianto rimasto silenzioso solo in occasione del ricordo delle vittime di Katrina.
Dopo una vittoria così emozionante, i Saints sono stati però sconfitti per 21-18 dai Carolina Panthers.
Sette giorni dopo, nuovamente al Superdome, i Saints si sono trovati in svantaggio con meno di 5′ sul cronometro, quando Reggie Bush ha mostrato a tutti le sue doti, riportando in meta un punt per 65 yards e dando ai suoi la vittoria per 24-21 sui Buccaneers.
Altra vittoria casalinga sul filo di lana nell’incontro successivo, in cui i Saints hanno superato i Philadelphia Eagles grazie ad un FG da 31 yards di John Carney a tempo scaduto, che ha portato New Orleans sul parziale di 5-1. Ma sono poi giunte tre sconfitte nelle successive quattro gare.
La squadra, divenuta ormai il simbolo di una nuova speranza in una città devastata, ha recuperato con tre impressionanti vittorie consecutive, mettendosi in corsa per il titolo divisionale, poi conquistato col record di 10-6; i Saints hanno anche avuto il bye per il primo turno di playoff.
L’incredibile stagione dei Saints è stata ulteriormente impreziosita dal titolo di Coach of the Year attribuito a Sean Payton, mentre Drew Brees ha chiuso al secondo posto nella classifica finale per l’NFL MVP, con 4.418 yards lanciate e 26 TD passes all’attivo, a fronte di soli undici intercetti. Ad aiutare Brees in attacco sono stati due rookie: da un lato, Reggie Bush, che ha condiviso il backfield con Deuce McAllister, e che ha totalizzato 1.297 yards e otto TDs dalla linea di scrimmage, oltre a due TDs su ritorno di punt; dall’altro, Marques Colston, capace di guidare il team con 1.038 yards e otto TDs su ricezione.
Nei playoff i Saints hanno ritrovato gli Eagles, che hanno chiuso il primo tempo in vantaggio in vantaggio per 14-13. Reggie Bush ha segnato un TD nella seconda frazione di gioco. Le cose non sono andate molto meglio in apertura di terzo quarto, dato che Brian Westbrook ha aumentato il divario con una corsa da 62 yards per il provvisorio 21-13. Ma i Saints hanno risposto con una corsa vincente di Deuce McCallister meno di 5′ più tardi. McCallister ha concesso il bis alla fine del quarto, portando i Saints in vantaggio con uno screen pass da 11 yards lanciatogli da Brees. Gli Eagles si sono rifatti sotto sul 27-24 grazie ad un FG di David Akers nell’ultimo quarto, ma la difesa dei Saints ha messo la partita in ghiaccio, proiettando la squadra al primo Championship NFC della propria storia.
Opposti ai Chicago Bears in una giornata nevosa al Soldier Field, i Saints hanno commesso troppi errori sin dall’inizio, consentendo ai padroni di casa di portarsi subito sul 16-0. Ma appena prima dell’intervallo, Brees ha pescato Colston in endzone con un TD pass da 13 yards. L’inerzia si è spostata dalla parte dei Saints nel secondo tempo, quando Brees ha lanciato uno screen pass a Reggie Bush, che l’ha portato fino in meta con una catch and run da ben 88 yards, conclusa con una capriola in endzone. Dopo un three and out i Saints hanno sprecato la possibilità di passare in vantaggio, poiché il tentativo di trasformazione da 47 yards di Billy Cundiff è finito corto. Da lì in avanti, l’inerzia è passata totalmente dalla parte dei Bears: la difesa dei Saints ha fermato di nuovo l’attacco avversario, ma New Orleans si è trovata schiacciata nei pressi della propria goal line quando ha riavuto il possesso. A Brees è stato chiamato un intentional grounding in endzone, che ha portato ad un safety in favore dei Bears. Questi ultimi hanno chiuso la gara con tre segnature consecutive, vincendo per 39-14 e qualificandosi per il Super Bowl XLI.
Reggie Bush
Reduci dall’approdo al Championship NFC, i Saints hanno iniziato la stagione 2007 con grandi aspettative: ma sin da subito è stato chiaro che per coltivare simili sogni i Saints dovevano colmare diverse lacune. A conferma di ciò è giunta la pesantissima sconfitta per 41-10 contro gli Indianapolis Colts nell’incontro d’esordio, il Thursday Night trasmesso in diretta nazionale. Inizialmente i Saints hanno giocato bene contro i Campioni del Mondo uscenti, chiudendo il primo tempo in parità sul 10-10. Ma al ritorno in campo l’attacco dei Colts ha dato fuoco alle polveri, bastonando senza pietà una secondaria non all’altezza, e realizzando 31 punti consecutivi.
Una settimana dopo non è andata molto meglio, dato che i Santi sono stati piegati anche dai Tampa Bay Buccaneers per 31-14.
Tornati finalmente a casa, i Saints hanno seguitato a stentare, perdendo per 31-14 contro i Tennessee Titans.
Dopo il turno di riposo, sul parziale di 0-3, New Orleans sperava di potersi rimettere in carreggiata affrontando i Carolina Panthers. Questi ultimi, però, hanno messo a segno dieci punti negli ultimi 4′, tre dei quali grazie al piede di John Kasay, che con un FG da 52 yards allo scadere ha dato il successo ai suoi per 16-13.
Sul parziale di 0-4, i Saints sono volati a Seattle, terreno davvero ostico per qualunque avversario dei Seahawks. Ma i Saints sono stati perfetti: Drew Brees ha lanciato per 246 yards e due TDs, guidando il team al successo per 28-17, la prima vittoria della stagione. Quel successo è stato la scintilla che ha portato i Saints a vincere quattro incontri consecutivi ed a riportarsi sul .500.
Ma altrettanto velocemente New Orleans è precipitata di nuovo in una spirale negativa, venendo piegata al Superdome per 37-29 dai St. Louis Rams. Dopo un’altra brutta sconfitta contro gli Houston Texans, i Saints si sono vendicati dei Panthers, superandoli in trasferta per 31-6, pronti ad affrontare in casa i Buccaneers, con ancora una chance di conquistare il titolo divisionale. Ma un TD pass di Luke McNown da quattro yards per Jerramy Stevens a 14″ dal termine ha messo la parola fine alle speranze dei Saints, sconfitti per 27-23.
Alternando vittorie e sconfitte negli ultimi quattro turni, i Saints hanno chiuso con un deludente 7-9.
Dopo una stagione ben al di sotto delle aspettative, nel 2008 i Saints speravano di riprendersi, per puntare al titolo della NFC South. Ma lo spettro di Katrina è tornato ad aleggiare sulla città ed i suoi dintorni, allorquando l’arrivo dell’uragano Gustav ha costretto la popolazione ad un’altra evacuazione di massa. Questa volta, però, i residenti di New Orleans sono stati praticamente risparmiati, dato che l’uragano si è diretto a sud, arrestando la sua furia in Texas.
Quando la stagione è iniziata, è subito divenuto chiaro a tutti chi sarebbe stato la guida dei Saints: Drew Brees. Nell’opener, ha lanciato per ben 343 yards e messo a segno tre TD pass, trascinando i suoi al successo per 24-20 contro i diretti rivali dei Tampa Bay Buccaneers al Superdome. Brees avrebbe giocato un campionato straordinario, con 5.069 yards e 34 TD passes, oltre a conquistare il titolo di Offensive Player of the Year.
Ma il tallone d’Achille dei Saints è stata una difesa oltremodo porosa: New Orleans non è mai stata in grado di trovare la consistenza necessaria per fare un balzo decisivo verso i playoff.
Il 26 Ottobre i Saints sono entrati nella storia, piegando i San Diego Chargers per 37-32 al Wembley Stadium di Londra, con Brees capace di lanciare per 339 yards e tre TD passes. Ma la vittoria ha solo portato il bilancio in parità (4-4).
Quello è stato il leitmotiv di tutta la stagione dei Saints, che hanno chiuso all’ultimo posto di una fortissima NFC South col record di 8-8.
Dopo due stagioni in cui i Saints avevano fallito l’appuntamento con i playoff, nel 2009 la dirigenza ha pensato ad alcuni cambiamenti per rinforzare il reparto difensivo: anzitutto, la nomina di Gregg Williams a DC, seguita dall’ingaggio di Darren Sharper ed Anthony Hargrove durante l’offseason. Mentre la difesa iniziava a mostrare miglioramenti, sono stati l’attacco e le giocate di Drew Brees a catalizzare l’attenzione dei media: i Saints hanno raggiunto quota 45 punti, vincendo le prime due gare in calendario. Continuando a giocare un ottimo football, New Orleans ha vinto le due partite seguenti, giungendo al bye sul parziale di 4-0.
Al ritorno dopo la sosta, i Saints hanno affrontato i New York Giants, in una battaglia tra squadre fino a quel momento imbattute. I Giants, che avevano vinto il Super Bowl ed avevano il miglior seed della NFC, venivano considerati un test particolarmente probante per i Saints, in termini di legittimazione. Ma non ci sono stati dubbi sulla bontà dei Saints, che hanno dominato gli avversari per tutto l’incontro, vinto col punteggio di 48-27, trascinati dalle 369 yards ed i quattro TD passes di Drew Brees.
Una settimana dopo, in trasferta, i Saints hanno dato prova di tutta la loro determinazione. Verso la fine del primo tempo, sotto per 24-3 contro i Miami Dolphins, Brees ha discusso con Payton su come segnare, con la palla sulla linea delle 1 yard di Miami. Lo stesso Brees ha portato la palla oltre la goal line, e la rimonta dei Saints ha avuto inizio. Nella terza frazione di gioco, il protagonista è stato Darren Sharper, autore di un intercetto riportato in meta per 42 yards. Ma all’inizio dell’ultimo quarto, i Santi erano ancora sotto per 34-24. A riportare sotto i Saints è stato un tuffo in endzone di Reggie Bush: da lì in avanti i Saints hanno segnato 22 punti nell’ultimo quarto, coronato da un intercetto vincente da 54 yards di Tracy Porter, che ha fissato il punteggio sul definitivo 46-34 per New Orleans.
Dopo la vittoria di Miami, i Saints hanno finalmente avuto la ribalta nazionale, essendo uno dei soli due team ancora imbattuti, insieme agli Indianapolis Colts al Thanksgiving; vincendo le due gare successive, sono passati sul 10-0. Opposti ai New England Patriots nel Monday Night, i Saints hanno continuato la loro marcia vincente, con un sonoro 38-17, in una serata in cui Brees ha lanciato per 371 yards.
Sei giorni più tardi, i Saints sono scesi in campo un pò molli nella sfida esterna contro i Washington Redskins, ultimi nella loro Division. Sotto nel punteggio all’intervallo, i Saints hanno pareggiato (17-17) grazie ad un “colpo gobbo” di Robert Meachum, abile nello strippare il pallone a Kareem Moore che aveva intercettato un lancio di Brees, e lesto a riportarlo in meta per 44 yards. Ma i Saints hanno continuato a stentare nel secondo tempo, trovandosi sotto per 30-20 a metà dell’ultimo quarto. Dopo che Garrett Hartley aveva riportato sotto i Santi sul 30-23, è stato Drew Brees a mandare la partita ai supplementari, con una bomba da 53 yards per Robert Meachum. In overtime sono stati i Saints ad imporsi, grazie ad un agevole FG di Hartley che ha dato ai suoi il successo per 33-30 e li ha portati sul 12-0, nuovo record di franchigia quanto a vittorie. Il vantaggio campo è stato messo in cassaforte con la vittoria per 26-23 sugli Atlanta Falcons.
Il sogno della “perfect season” si è però infranto una settimana dopo, in seguito alla sconfitta per mano dei Dallas Cowboys, impostisi col punteggio di 24-17.
I Saints, con i titolari a riposo, hanno perso anche le ultime due gare in calendario, chiudendo la regular season col record di 13-3.
Dopo aver perso le ultime tre partite, qualcuno cominciava a chiedersi se i Saints potessero spuntarla contro gli Arizona Cardinals nel Divisional Playoff. Proprio gli avversari hanno sferrato il primo pugno, grazie alla corsa vincente da 70 yards di Tim Hightower dopo soli 19″ dall’inizio dell’incontro. Ma i Saints hanno subito risposto alla grande, segnando due mete nel primo quarto. Dopo che i Cards avevano a loro volta segnato all’inizio del secondo quarto, Drew Brees è salito in cattedra: grazie a due suoi TD passes, i Saints hanno chiuso il primo tempo sul 35-14. In vantaggio di tre segnature dopo due quarti, la difesa dei Saints ha messo il bavaglio ai Campioni NFC uscenti, non concedendo più alcun punto, mentre Reggie Bush ha messo la ciliegina sulla torta con un ritorno vincente di punt da ben 83 yards; il punteggio finale è stato di 45-14 per New Orleans.
Il Superdome è stato dunque il teatro della prima finale di Conference di sempre per i Saints, che si sono trovati di fronte i Minnesota Vikings, guidati da Brett Favre: in palio, l’accesso al Super Bowl XLIV. Ancora una volta, la gara è stata una prova per la determinazione dei Saints: i Vikings hanno dominato la gara, sospinti da un attacco capace di conquistare ben 475 yards, a fronte delle sole 257 totalizzate da Brees e compagni. Ma la difesa dei Saints, la migliore della Lega nel provocare turnover, li ha mantenuti in partita, forzandone ben cinque. Il più importante è giunto alla fine dei tempi regolamentari, sul punteggio di 21-21, con i Vikings sul punto di entrare in raggio da FG: Tracy Porter ha intercettato Favre e mantenuto la parità. In overtime i Saints hanno vinto il coin toss; nel primo possesso, Garrett Hartley ha calciato tra i pali il FG da 40 yards della vittoria, grazie al quale New Orleans ha staccato il biglietto per il Grande Ballo.
Quattro anni dopo la devastazione di Katrina, i Saints, divenuti ormai simbolo della speranza di ricostuire la città di New Orleans, erano pronti a disputare il Super Bowl a Miami. Avversari di turno, gli Indianapolis Colts, guidati da Peyton Manning, figlio del leggendario ex QB dei Saints, Archie, ed ovvi favoriti per la vittoria finale.
L’inizio di partita è stato tutto di marca Colts: Manning e compagni si sono portati in vantaggio per 10-0 nel primo quarto. I Saints hanno ridotto lo svantaggio con due FGs di Garrett Hartley nella seconda frazione di gioco.
Sotto per 10-6 all’intervello, Sean Payton ha deciso di tentare la sorte. Con i Colts pronti a ricevere il kickoff all’inizio del secondo tempo, Payton ha optato per un onside kick, sperando di invertire l’inerzia dell’incontro. La palla è stata colpita alla perfezione da Thomas Morstead, sfuggendo dalle mani di Hank Baskett per essere ricoperta da Chris Reis. I Saints hanno capitalizzato al meglio l’opportunità grazie a Pierre Thomas, che li ha portati in vantaggio per la prima volta con un TD da 16 yards su passaggio di Drew Brees. Ma i Colts hanno risposto prontamente, con una segnatura di Joseph Addai. Dopo un FG da 47 yards di Hartley, i Saints hanno iniziato l’ultimo quarto sotto per 17-16. Al termine di un drive splendidamente orchestrato da Brees, i Saints sono tornati a condurre, grazie al TD pass da due yards dello stesso Brees per il TE Jeremy Shockey. Brees ha ulteriormente aumentato le distanze, imbeccando Lance Moore nella conversione da due punti che ha portato New Orleans sul 24-17.
I Colts avevano ancora una possibilità di pareggiare, sospinti da Peyton Manning: ma a sigillare la vittoria è stato Tracy Porter, che ha intercettato un lancio dell’NFL MPV e l’ha riportato in meta dopo una galoppata da 74 yards.
E’ stato il momento del trionfo per New Orleans: i Saints, per decenni gli zimbelli della Lega, erano diventati Campioni del Mondo. Grazie alle 288 yards, ai due TD pass ed al rating di 114.5, Drew Brees è stato meritatamente nominato MVP dell’incontro.
Quando i Saints hanno fatto ritorno a casa con il Lombardi Trophy, la città era già nel bel mezzo del Mardi Gras: è stata una settimana indimenticabile per i Saints, festeggiati ad ogni passo.
Che dire…da tifoso di questa squadra che amo cos
Bellissimo articolo!!!!
Aspetto con entusiasmo la seconda parte!!!!