Disastro
Non ci sono altri termini per definire ciò che Chicago ha mostrato nel Sunday Night Football di stanotte in diretta nazionale: disastro, punto e basta. La squadra di Lovie Smith ha vissuto sessanta imbarazzanti minuti di football davanti al proprio pubblico, ed anche se è presto per gridare alla maledizione di chi ha appena perso un Super Bowl, non sarà mai troppo affrettato chiedere, perlomeno, di sostituire Rex Grossman. Chicago aveva iniziato la gara in modo discreto, rendendosi protagonista di ottime giocate difensive pur non sfruttando, come al solito, alcune buone opportunità offensive, come le 40 yards di partenza sul primo drive della gara, causate da una penalità di Nick Folk che calciava fuori il kick off, ed un’altra buona situazione generata dall’intercetto di Adam Archuleta.
Poi la gara si è trasformata in un calvario, con un secondo tempo terrificante dove i Bears non sono più stati in grado di arginare gli avversari e con un solo drive offensivo decente sono riusciti nell’impresa di rimanere in partita fino al terzo quarto. Degli infortuni a Lance Briggs e Nathan Vasher (fuori tutto il secondo tempo il primo e buona parte di esso il secondo) prima e di quelli di Tommie Harris e Alex Brown poi, non si sa ancora nulla di preciso, ma è chiaro che siano ore di insostenibile attesa per Chicago la quale, se perdesse altre pedine fondamentali nella squadra difensiva, potrebbe anche dire addio alla stagione. Certo queste perdite hanno influenzato la gara in negativo, ma gli errori più macroscopici, scellerati e che più sono costati la gara sono venuti dall’attacco, come sempre del resto.
La difesa ha sì avuto una serata storta, sbagliando molte posizioni e molti placcaggi dopo l’ottimo avvio, ma vedere giocare Tony Romo (uscito da Eastern Illinois, università nell’orbita scout di Chicago viste le distanze) e Rex Grossman, deve aver fatto scendere il morale sotto le scarpe a molti tifosi. Non bastasse un Cedric Benson (16/46) ancora molle nei contrasti e troppo tendente al fumble nonostante il suo primo touchdown stagionale, il quarterback dei Bears ha regalato una nuova prestazione indegna della lega più importante del mondo. La diretta nazionale, le partite serali di domenica e lunedì, dovrebbero essere per tradizione spettacolo e battaglia di prim’ordine, ma Grossman ha tenuto più fede al proprio nome di QB spaesato che a quello dell’evento mediatico in sé. Una partita disastrosa che si è chiusa con un 5/32, 195 yards, 3 INT, condita dai soliti lanci imprecisi, dalla solita incapacità di leggere il campo e di visionare bersagli alternativi, dall’immobilità mentale e fisica che lo legano al suo posto e non gli permettono di evitare nemmeno il più telefonato dei sacks. Una serata pessima, con i turnover numero 31, 32 e 33 messi a referto nelle ultime 17 partite, playoffs compresi, un rating pari a 27.5 nella giornata in cui 15 quarterback hanno superato i 100, Donovan McNabb è tornato Big Five, il rivale di division Brett Favre ha eguagliato il record di TD passes di Marino e portato i suoi Packers 3-0 grazie alla vittoria su San Diego e persin oJoey Harrington assomigliava a un ottimo QB.
Un disastro in piena regola, una catastrofe sportiva che trova forse un solo precedente in quel 41-10 che i Colts di Peyton Manning rifilarono ai Bears al Soldier Field nel novembre 2004. Non è più tempo di parlare di partite, di stilare cronache o trovare le colpe in qualche chiamata sbagliata o in un gioco deciso da Ron Turner particolarmente prevedibile, qui le colpe sono quasi tutte sulle spalle del quarterback numero 8, ed anche se in uno sport di squadra è brutto additare un singolo o trovare colpe individuali in una serata storta, è ormai talmente palese quale sia il primo passo da fare che a Chicago, nonostante la frase di rito del buon Smith (“Grossman è il nostro quarterback titolare…”), si aspetta sol ola comunicazione ufficiale. Dopo l’intercetto di Anthony Henry riportato in meta e che ha chiuso la gara nel quarto periodo, il Soldier Field è esploso in un unico coro d’incitamento per il QB di riserva al grido “Griese! Griese! Griese!”. Non bastasse, Grossman è stato tenuto in campo anche per il drive successivo, e quello dopo ancora, lanciando il terzo intercetto.
Vorremmo tralasciare tutto ciò che circonda la squadra in questo momento, dagli infortuni, ad una notte storta anche per la difesa, ad un Devin Hester di dimensione umana; vorremmo stare alla larga da facili affermazioni sul front office e la cessione di Thomas Jones, fuggito anche, e soprattutto, per problemi di salary cap, vorremmo astenerci da tutte queste cose e chiedrci come sia possibile, ancora oggi, dopo Arizona, Miami, New England, Green Bay, il Super Bowl ,la preseason, Kansas City, Dallas, insomma, dopo una miriade di partite ciò che ci chiediamo è come sia possibile che Rex Grossman sia ancora il titolare dei Bears. La stampa è ormai schierata, aldilà delle persone che vorrebbero anche la testa del “soffice” Cedric Benson (unica alternativa ed ingiudicabile dopo così poco secondo il mio modesto parere), reo di un altro fumble in un momento decisivo. Nessuno, dicevamo, vuole comunque Grossman in camp odomenica contro Detroit, è ormai una città, uno stato, una comunità, che vuole Brian Griese, con la speranza di vedere un gioco che prenda ritmo, che tenga palla, che coinvolga meglio i propri bersagli, che dia conitnuità alla manovra.
Al di fuori delle disquisizione tattiche e di talento, infatti, il grosso probelma di Grossman sta prorpio nei limiti di gioco, nell’impossibilità di vedere un solo bersaglio, nella incapacità cronica di reagire all’errore, alla difficoltà. Intanto uno vede Romo in campo e si chiede come sia possibile che un anno fa, di questi tempi, fosse ancora riserva di Drew Bledsoe e come sia possibile che Grossman sia una prima scelta del draft. Ci sarebbe una logica del GM Jerry Angelo dietro tutto questo, ci sarebbe un tentativo di montare un giocatore costruito per altre cose, ma Grossman, per quel che riguarda Chicago, ha esaurito le cartucce, e non si capisce perché debba avere più chance di tutti i suoi predecessori.
Il 34-10 subito dai Cowboys nasconde tanti motivi e tante problematiche ma ciò che oggi interessa i Bears è ritrovare consapevolezza (e decenza) quando si porta avanti il pallone, perché persino il grezzo ed inesperto Kyle Orton, dopo un breve rodaggio, era in grado di fare meglio di questo Grossman, nonostante Ron Turner, nonostante il resto della squadra offensiva. Stare ancora qui, dopo più di un anno, a raccontare come una partita diventi difficile sempre e solo per i limiti di un giocatore, ritengo non abbia più senso. Lo abbiamo difeso, avrete letto proprio tra queste pagine, più di una volta, circondato e coccolato anche quando non lo meritava, anche dopo il Super Bowl, anche pescando in Ron Turner l’incapacità di gestire questo potenziale. Al di là che a Chicago, perso il Super Bowl ,non serva il potenziale ma una certezza, almeno in quel ruolo, il tempo della difesa a spada tratta e della pazienza è finito. Ora tocca ai Bears fare la mossa e, comunque vada, tra infortuni ed errori, nessuno vuole arrivare alla 17 con Grossman dietro al centro. Forse nemmeno lui.