La Storia dei Bengals
Nel 1968, cinque anni dopo essere stato licenziato dai Cleveland Browns, Paul Brown riuscì finalmente ad avere una squadra tutta sua: i Cincinnati Bengals, expansion team della AFL.
I Bengals giocarono la loro prima partita a San Diego il 6 Settembre perdendo contro i Chargers per 29-13.
La prima gara casalinga si svolse al Nippert Stadium, nel campus dell’Università di Cincinnati: in quell’occasione, i Bengals superarono i Denver Broncos col punteggio di 24-10.
Una settimana dopo, i giovani Bengals vinsero nuovamente, piegando i Buffalo Bills per 34-23. Tuttavia, dovettero ben presto tornare coi piedi per terra, vincendolo solo una delle restanti undici partite in calendario.
Una delle poche note positive di quella prima stagione fu il titolo di Rookie of The Year, vinto da Paul Robinson, grazie alle 1.023 yards corse ed ai nove TDs messi a segno.
Paul Robinson in azione
Buon esordio dei Bengals nel 1969, con tre successi consecutivi, tra i quali la vittoria per 24-19 contro i futuri vincitori del Super Bowl, i Kansas City Chiefs.
Le Tigri persero però le successive quattro gare, ma si tolsero lo sfizio di piegare per 31-17, nella Week 8, i fortissimi Raiders, che subirono così la loro unica sconfitta in stagione regolare.
La settimana successiva, i Bengals strapparono un pareggio agli Oilers in quel di Houston, mettendo in chiaro di non essere delle mezze calzette.
La stagione si chiuse con cinque sconfitte di fila, ma con il record di 4-9-1 i Bengals cominciarono ad essere considerati più seriamente; il QB Greg Cook fu nominato Rookie of the Year, passando per 1.854 yards.
Il 1970 vide la fusione tra AFL ed NFL, che portò ai Bengals una nuova rivalità, quella con i Cleveland Browns, la quale avrebbe immediatamente suscitato grande interesse nella AFC Central, con due scontri a stagione.
In quell’anno venne altresì inaugurato il Riverfront Stadium, costruito sulle rive del fiume Ohio.
I Bengals esordirono alla grande nel nuovo impianto, superando gli Oakland Raiders per 31-21. Tuttavia, persero le successive sei gare, una delle quali, per 30-27, proprio a Cleveland.
Sul parziale di 1-6, la terza stagione di vita della franchigia sembrava ormai compromessa, ma i Bengals si rimisero in carreggiata battendo in trasferta i Bills per 43-14. Quel successo fu il primo di sette consecutivi, che catapultarono la formazione di Cincinnati al primo posto della AFC Central.
I Bengals giunsero ai playoff, e si ritrovarono opposti ai Colts nel Divisional a Baltimore. Sfortunatamente per loro, non ci fu partita: i futuri Campioni del Mondo si imposero con un perentorio 17-0.
L’inizio della stagione 1971 ricalcò quello della precedente, con la vittoria all’esordio e poi una striscia negativa.
Stavolta, quest’ultima si estese per ben sette gare; nonostante le tre vittorie di fila che li portarono sul 4-7, i Bengals non riuscirono a ripetere la cavalcata vincente dell’anno prima, e chiusero con un pessimo 4-10, dopo aver perso gli ultimi tre incontri in calendario.
Con Ken Anderson in cabina di regia, i Bengals esordirono benissimo nel 1972, vincendo quattro delle prime cinque gare. Tuttavia, perdendo quattro delle seguenti cinque partite, si ritrovarono sul parziale di 5-5 a quattro turni dal termine.
La formazione dell’Ohio vinse tre di quelle quattro gare, terminando con record di 8-6, ma due sconfitte contro i Cleveland Browns costarono loro la partecipazione alla postseason.
Ken Anderson al lancio
Nel 1973, guidati da Ken Anderson, capace di lanciare per 2.428 yards e 18 TD passes, i Bengals conquistarono il titolo della AFC Central con un record di 10-4, impreziosito da sei vittorie negli ultimi incontri in calendario, che li portarono in parità con i Pittsburgh Steelers.
I Bengals vinsero la Division via tiebreaker, e dovettero affrontare a Miami i Campioni del Mondo in carica, i Dolphins. Le Tigri dell’Ohio tennero testa ai più quotati avversari, e all’intervallo erano sotto di soli cinque punti (21-16). Ma la difesa di Miami serrò i ranghi ed alla fine furono i Dolphins a prevalere, col punteggio di 34-16.
Ottimo avvio dei Bengals nella stagione 1974, con quattro vittorie nelle prime cinque partite. Ma la mancanza di un gioco di corsa consistente li penalizzò non poco, tanto che la squadra alternò vittorie e sconfitte nei successivi sei turni.
Sul 7-4, i Bengals erano ancora in buona posizione per agganciare il treno playoff, ma le sconfitte rimediate negli ultimi tre incontri portarono il bilancio su un deludente 7-7.
Trascinati da un Ken Anderson in forma stellare, con 3.169 yards su passaggio, i Bengals partirono alla grande nel 1975, conquistando sei successi di fila.
La Week 7 era fondamentale per stabilire se i Bengals avrebbero potuto essere tra le potenze della Lega: avversari di turno, al Riverfront Stadium, i Campioni del Mondo uscenti, i Pittsburgh Steelers, con in palio il primato nella AFC Central. Ma i Bengals uscirono sconfitti dalle mura amiche, piegati per 30-24 dai Black & Gold, che salirono così in vetta alla classifica.
Si trattò comunque di un mero incidente di percorso per i Bengals, che persero solo altre due partite fino al termine della regular season, la quale si chiuse col record di 11-3, sufficiente per agganciare una Wild Card.
Nel Divisional Playoff, i Bengals ebbero un compito pressoché impossibile, ritrovandosi opposti ai Raiders in quel di Oakland.
I Predoni dominarono l’incontro, tanto da portarsi sul 31-14 nell’ultimo quarto; ma all’improvviso i Bengals segnarono due TDs, dovendo ricoprire un onside kick per rimanere in partita. Purtroppo per loro, la rimonta non riuscì.
Al termine di quella stagione, Paul Brown smise definitivamente di allenare, per dedicarsi a tempo pieno all’attività di GM.
Con Bill Johnson in panchina a rimpiazzare il leggendario Paul Brown, nel 1976 i Bengals chiusero sul 10-4 la stagione regolare.
Le quattro sconfitte rimediate vennero tutte contro formazioni che avrebbero poi partecipato ai playoff, dando così l’impressione che i Bengals non fossero in grado di aggiudicarsi partite importanti, ed i ragazzi di Johnson vennero estromessi dalla corsa alla postseason.
La stagione segnò anche il debutto del RB Archie Griffin, prodotto di Ohio State, unico giocatore ad aver vinto per due volte consecutive l’Heisman Trophy. Nella sua stagione d’esordio, Griffin corse per 625 yards, dividendo il backfield con Bobby Clark.
Archie Griffin: fenomeno al college, bust in NFL
Decisamente mediocri i Bengals della stagione 1977, chiusa con il record di 8-6.
Archie Griffin ebbe serie difficoltà ad imparare come si gioca in NFL, correndo per 549 yards e non riuscendo a realizzare nemmeno un TD.
Inizio disastroso quello del 1978 per i Bengals, che persero i primi otto incontri; Ken Anderson si dimostrò eccessivamente incline ai turnover, ed Archie Griffin continuò a faticare.
I Bengals persero altre quattro partite, e si ritrovarono sul parziale di 1-12. Ma con tre successi di fila, chiusero con un comunque pessimo 4-12. Alla fine della stagione, coach Johnson venne silurato.
Nel 1979, guidati dal nuovo coach Homer Rice, i Bengals faticarono ancora, perdendo le prime sei gare in calendario, prima di piegare in casa per 34-10 i Pittsburgh Steelers, i quali avrebbero poi vinto il loro quarto Super Bowl in sei annni.
Tuttavia, per il secondo anno consecutivo, i Bengals chiusero con un disastroso 4-12, che costò il posto a Rice dopo una sola stagione.
Al contempo, Archie Griffin continuò a dimostrarsi uno dei più sonori bidoni nella storia della NFL.
Nel 1980, Forrest Gregg venne scelto come nuovo allenatore capo, ed in occasione del draft i Bengals selezionarono Anthony Muñoz per ricostruire una linea offensiva davvero pessima.
Le Tigri dell’Ohio chiusero nuovamente in passivo, con un record di 6-10. Ma ancora una volta diedero una lezione ai Pittsburgh Steelers, infrangendo il loro sogno di vincere il terzo Super Bowl consecutivo.
Il grande Anthony Muñoz
Il 1981 vide un cambio di look: i Bengals iniziarono la stagione con un nuovo casco arancione con stisce nere, simile al manto delle tigri. La partenza fu discreta, con tre successi nelle prime quattro partite.
Dopo aver alternato vittorie e sconfitte nei successivi quattro incontri, i Bengals vinsero cinque gare di fila, conquistando il titolo della AFC Central. Inoltre, chiusero la regular season con il miglior record dell’intera AFC, un eccellente 12-4.
Ad impreziosire quel primato, i titoli di NFL MVP e di Offensive Player of The Year attribuiti al QB Ken Anderson, grazie alle 3.754 yards ed ai 29 TD passes lanciati.
Molti di quei passaggi finirono tra le mani del rookie WR Chris Collinsworth, che realizzò otto mete e totalizzò 1.009 yards su ricezione, nella sua prima ed impressionante stagione tra i pro.
Nel primo incontro di postesason mai disputato al Riverfront Stadium, i Bengals ed i Buffalo Bills si diedero battaglia per tutto il pomeriggio, senza alcun problema a muovere il pallone. Sul punteggio di 21-21 verso la fine dell’ultimo quarto, Anderson imbeccò Collinsworth con un TD pass da 16 yards, che diede la vittoria a Cincinnati e proiettò i Bengals al Championship AFC.
I Bengals ospitarono i San Diego Chargers in un freddo polare, e li sconfissero per 27-7, staccando così il biglietto per il Grande Ballo.
Nel Super Bowl XVI, i Bengals si trovarono opposti ai San Francisco 49ers a Pontiac, Michigan.
Particolare curioso: nella stagione precedente, entrambe le formazioni avevano chiuso all’ultimo posto in classifica nelle rispettive Division.
I Bengals non ebbero particolari problemi a guadagnare terreno, ma tre turnover in red zone li costrinsero sempre ad inseguire. La formazione dell’Ohio sprecò un’altra ghiotta opportunità, non riuscendo a segnare partendo dalla linea delle 1 yards avversarie.
Alla fine, la vittoria arrise ai 49ers, che si aggiudicarono il Lombardi Trophy col punteggio di 26-21.
Chris Collinsworth
Nel 1982, in una stagione interrotta da uno sciopero di due mesi dei giocatori che decurtò la stagione di ben sette gare, i Bengals chiusero con un eccellente 7-2, sufficiente per il terzo posto tra le otto formazioni AFC che si qualificarono per la postseason.
Grazie al record casalingo di 4-0, i Bengals ospitarono i New York Jets nel primo turno dei playoff.
Tuttavia, le Tigri non furono in grado di fermare il RB avversario Freeman McNeil, che corse per 211 yards in 22 portate, e dovettero soccombere per 44-17, nonostante le ben 356 yards lanciate da Ken Anderson.
Il 1983 vide una partenza disastrosa dei Bengals, con sei sconfitte nelle prime sette gare di campionato, ed un Ken Anderson troppo avvezzo agli intercetti.
Il finale di stagione fu positivo, con sei vittorie negli ultimi nove incontri, ma il record negativo di 7-9 costò la panchina a Forrest Gregg.
Nel 1984, la guida della squadra venne affidata all’ex backup QB Sam Wyche. Sotto la sua guida, i Bengals iniziarono a guardare al futuro, selezionando al draft il QB Boomer Easion, prodotto di Maryland.
Con il veteranissimo Ken Anderson in piena difficoltà, i Bengals persero le prime cinque gare, portandosi sul 4-8 a quattro turni dal termine.
Con i playoff ormai fuori portata, i Bengals diedero un’occasione a Boomer per mettersi in mostra, ed il giovane regista trascinò i suoi a quattro successi consecutivi, che portarono il bilancio finale sul 8-8.
Boomer Esiason
Nel 1985, alla sua prima stagione completa da titolare, Boomer Esiason passò per ben 3.443 yards e lanciò la bellezza di 27 TD passes.
Tuttavia, la difesa fu il vero punto debole, e la squadra chiuse con il record negativo di 7-9.
Eddie Brown si aggiudicò il titolo di Offensive Rookie of The Year, totalizzando 942 yards su ricezione, oltre ad otto TDs.
Anche quella del 1986 fu un’eccellente stagione per Boomer Esiason, che totalizzò 3.959 yards.
I Bengals chiusero con un buon 10-6, tuttavia non sufficiente ad assicurare l’accesso ai playoff, in una AFC decisamente competitiva.
Nella Week 2 della stagione 1987, nuovamente caratterizzata da uno sciopero dei giocatori, i Bengals si trovavano in vantaggio allo scadere, al Riverfront Stadium, contro i San Francisco 49ers, pronti a passare sul parziale di 2-0. Ma i 49ers rimontarono furiosamente e misero a segno il TD della vittoria a tempo ormai scaduto.
I rincalzi messi in campo dai Bengals durante l’agitazione vinsero un incontro e ne persero due; al ritorno dei titolari, questi ultimi stentarono parecchio, perdendo di misura diversi incontri, spesso dilapidando il vantaggio nell’ultimo quarto.
La stagione si chiuse con un terrificante 4-11.
Al termine del campionato, Sam Wyche fu confermato, ma gli venne fatto capire a chiare lettere che il suo posto sarebbe dipeso dall’accesso ai playoff l’anno seguente.
Ed i Bengals non tradirono le aspettative, partendo con sei vittorie di fila.
Guidati da un Boomer Esiason (poi nominato NFL MVP), capace di passare per 3.572 yards, i Bengals sfruttarono l’abbrivio iniziale fino a chiudere la stagione regolare sul 12-4, che valse loro il vantaggio campo ed il titolo della AFC Central.
Un altro grande contributo all’ottima stagione delle Tigri venne dal rookie RB Ickey Woods, che corse per 1.066 yards e mise a segno ben 15 TDs.
Dopo ogni segnatura, il giovane runner si esibiva nel suo marchio di fabbrica, un ballo intitolato “The Ickey Shuffle”, accompagnato da un nuovo inno dei tifosi del Riverfront Stadium, “Who Dey, think is gonna beat Dem Bengals“.
Nel Divisional Playoff al Riverfront Stadium, la linea d’attacco dei Bengals, capitanata da Anthony Muñoz, travolse i malcapitati Seattle Seahawks, ed i Bengals giunsero al Championship AFC, imponendosi per 21-13.
Il gioco su corsa delle Tigri dell’Ohio fu così devastante che Boomer Easison dovette lanciare solo sette passaggi, tutti completati.
Il Championship fu una vera e propria battaglia tra i Bengals ed i Buffalo Bills: superando questi ultimi per 21-10, le Tigri si qualificarono per il loro secondo Super Bowl.
L’edizione numero XXIII del Grande Ballo si tenne a Miami: ancora una volta, i Bengals si ritrovarono opposti alla loro bestia nera, i San Francisco 49ers. Ben presto i Bengals persero uno dei loro uomini-chiave, il DT Tim Krumrie, che si ruppe una gamba nel corso del primo quarto. Ma la difesa serrò i ranghi, e le squadre andarono negli spogliatoi sul punteggio di 3-3, per la prima volta nella storia della manifestazione.
Le Tigri si portarono in vantaggio verso la fine della terza frazione di gioco grazie ad un ritorno di calcio di Stanford Jennings, ed iniziarono l’ultimo quarto sul 13-6 in loro favore. Dopo il pareggio dei 49ers, i Bengals si riportarono avanti grazie ad un FG di Jim Breech. A 3’20” dallo scadere, i Bengals dovevano solo fermare i 49ers per portare a casa la vittoria.
Tuttavia, Joe Montana orchestrò uno straordinario drive da 90 yards, che consumò tantissimo tempo sul cronometro. Ormai in raggio da field goal, Montana imbeccò John Taylor in endzone a 34” dallo scadere.
I Bengals videro nuovamente infrangersi i loro sogni, ed uscirono dall’Orange Bowl sconfitti per 20-16.
Reduci dalla partecipazione al Grande Ballo, nel 1989 i Bengals iniziarono col piede giusto, vincendo quattro dei primi cinque incontri stagionali. Ma l’andamento nei successivi cinque fu assolutamente speculare, con quattro battute d’arresto.
Sul parziale di 5-5, le Tigri rischiavano seriamente di non partecipare ai playoff, e nelle quattro settimane seguenti alternarono vittorie e sconfitte.
Dovendo vincere le restanti due gare e costretti a sperare nei risultati degli altri campi, i Bengals massacrarono gli Houston Oilers con un roboante 61-7 al Riverfront Stadium. Ma ancor prima di scendere in campo nel Monday Night di Minneapolis contro i Vikings il giorno di Natale, i Bengals vennero estromessi dalla corsa ai playoff, e persero quell’incontro per 29-21.
Nel 1990, dopo un inizio incoraggiante, sul parziale di 3-0, i Bengals virarono pericolosamente verso la mediocrità, tanto da ritrovarsi sul 7-7 a due gare dal termine; ancora una volta, dovevano vincere a tutti i costi, anche solo per avere una chance di partecipare alla postseason. I Bengals avrebbero avuto un piccolo vantaggio, quello di giocare entrambi quegli incontri tra le mura amiche del Riverfront Stadium.
Dopo aver superato gli Houston Oilers per 40-21, i Bengals dovettero rimontare nell’ultimo quarto per avere ragione dei Cleveland Browns, sconfitti per 21-14, e vincere il titolo della AFC Central. Ma il record finale di 9-7 non fu sufficiente per il bye al primo turno.
I Bengals ospitarono gli Oilers al Riverfront Stadium. Il risultato finale non fu mai in discussione: subito in vantaggio per 34-0, le Tigri chiusero con un impietoso 44-17.
Nel Divisional, le Tigri volarono a Los Angeles per sfidare i Raiders. Stavolta, però, i Bengals dovettero fare a meno di Anthony Muñoz, e faticarono per tutto l’incontro, che terminò con la vittoria dei Predoni per 20-10.
Prima dell’inizio della stagione 1991, i Bengals persero per sempre il loro patriarca; il grande Paul Brown, infatti, scomparve all’età di 82 anni. Suo figlio Mike assunse il controllo della franchigia.
L’inizio del Bengals fu pessimo: dopo otto sconfitte di fila, la prima vittoria giunse in casa contro i Cleveland Browns, superati per 23-21. Le Tigri riuscirono a vincere solo due partite fino alla fine della stagione, che si chiuse con un terrificante 3-13.
Al termine del campionato, il coach Sam Wyche venne licenziato.
Nel 1992 i Bengals, ora di proprietà del figlio di un coach leggendario, decisero di affidarsi ad un altro figlio d’arte: infatti, ingaggiarono Dave Shula, figlio del grande Don, allenatore dei Miami Dolphins.
I Bengals fecero storcere il naso a qualcuno allorquando selezionarono il QB Dave Klinger al primo giro del draft.
Il giovane Shula iniziò positivamente, con una vittoria nell’opener. Ma la squadra dovette subito tornare con i piedi per terra: le Tigri, infatti, persero le successive sei gare, chiudendo poi la stagione con un deludente 5-11.
L’unica nota positiva venne dal WR Carl Pickens, che fu nominato Offensive Rookie of the Year.
Al termine del campionato, Anthony Muñoz si ritirò dall’attività, ed i Bengals si mossero in un’altra direzione, cedendo Boomer Esaison ai New York Jets.
Nel 1993, l’era di Dave Klinger iniziò nel peggiore dei modi: le Tigri dell’Ohio persero infatti le prime dieci gare in calendario.
La prima vittoria della formazione di Cincinnati giunse infatti contro i Los Angeles Raiders, piegati per 16-10 al Riverfront Stadium.
Dopo aver perso le successive due partite, i Bengals chiusero la stagione con due vittorie, terminando col record di 3-13 per la seconda volta in tre anni.
Il 2 Ottobre 1994 fu una data storica nel mondo del football: al Riverfront Stadium, per la prima volta, si sfidarono sulle opposte panchine un padre ed un figlio. I Miami Dolphins di Don Shula volarono a Cincinnati per sfidare i Bengals del rampollo Dave. Il più esperto genitore prevalse per 23-7, mentre i Bengals si trovavano sul parziale di 0-8.
I Bengals chiusero col record negativo di 3-13 per la terza volta in quattro anni, mentre Jeff Blake divenne il QB del futuro, mettendo così fine alla disastrosa esperienza di Dave Klinger.
Nel 1995, con Blake stabilmente in cabina di regia, i Bengals vinsero le prime due gare di campionato. Ma gli entusiasmi si spensero rapidamente, con due sconfitte consecutive, e l’incombente rematch con Don Shula ed i suoi Dolphins, che vide i Bengals perdere in extremis per 26-23.
Le Tigri giocarono un buon football per il resto della stagione, ma non riuscirono ad evitare di chiudere in passivo per la quinta stagione di fila, terminata sul 7-9.
Una delle più grandi delusioni di quell’annata fu il RB Ki-jana Carter, draftato dai Bengals con la seconda scelta assoluta. Carter subì un infortunio al ginocchio durante il training camp, che lo costrinse a saltare l’intera stagione d’esordio tra i pro. Non riuscì mai a recuperare del tutto, e visse una carriera segnata dai troppi infortuni.
Lo sfortunato Ki-jana Carter
L’esperienza di Dave Shula sulla panchina di Cincinnati terminò a metà della stagione 1996, allorquando venne silurato dopo una partenza sull’1-6, mentre Jeff Blake si mostrò eccessivamente incline ai turnover.
L’ex TE dei Bengals Bruce Coslet rimpiazzò Shula come head coach. La mossa parve funzionare, dato che i Bengals conquistarono tre successi di fila. Dopo aver perso 2 delle successive 3 gare, le Tigri chiusero con tre vittorie, terminando il campionato col record di 8-8.
Nel 1997, dopo aver vinto all’esordio, i Bengals precipitarono in una spirale negativa, perdendo i sette incontri seguenti e mettendo così fine alle proprie speranze di playoff.
Quelle pessime prestazioni costarono il posto di titolare a Jeff Blake, che venne preso da Boomer Esiason, riacquistato in offseason.
Con il veterano al timone, i Bengals ricominciarono a vincere: Boomer lanciò 13 TD passes, a fronte di soli due intercetti. Guidati da Esiason, i Bengals vinsero sei delle ultime otto gare, terminando sul 7-9.
Quando i Bengals si apprestavano a nominare stabilmente Boomer come QB titolare, il giocatore ricevette una sontuosa offerta dalla ABC per commentare il Monday Night. Con la prospettiva di ricevere più soldi dal network televisivo, il giocatore preferì appendere il casco al chiodo.
La stagione 1998 fu disastrosa, e si chiuse con un pessimo 3-13.
Il nuovo QB Neil O’Donnell subì la bellezza di 30 sacks. Nonostante la pochezza della linea d’attacco, il RB Corey Dillon mostrò ottimi numeri, correndo per 1.120 yards.
Nel 1999, i Bengals avrebbero giocato per l’ultima stagione al Riverfront Stadium, che nel frattempo aveva assunto il nome di CINergy Field. Le Tigri persero ben dieci delle prime undici gare in calendario.
Dopo aver vinto due incontri di fila, i Bengals affrontarono i Cleveland Browns tra le mura amiche per l’ultima volta.
I padroni di casa si imposero con un ottimo 44-28, prima di perdere le restanti due gare della stagione, che si chiuse con un disastroso 4-12.
Nel 2000, i Bengals inaugurarono il Paul Brown Stadium contro gli odiati Cleveland Browns. Sfortunatamente, i tifosi tornarono a casa col morale sotto i tacchi, dato che le Tigri vennero sconfitte per 24-7.
Dopo essere rimasti a secco di punti nelle successive due gare in trasferta, Bruce Coslet si dimise, e venne sostituito da Dick LeBeau.
Sotto la sua guida, i Bengals persero tre gare di fila. La striscia negativa ebbe fine il 22 Ottobre contro i Denver Broncos in casa.
I Bengals superarono gli avversari per 31-21, con un grande Corey Dillon, che stabilì il record su corsa per un singolo incontro, totalizzando ben 278 yards.
I Bengals, sull’onda dell’entusiasmo, vinsero la successiva gara a Cleveland, pur non mettendo a segno nemmeno un TD.
L’attacco dei Bengals continuò a stentare, con il QB Akili Smith assolutamente incapace di adattarsi al gioco della NFL.
Corey Dillon finì per stabilire un nuovo record di franchigia, correndo per 1.435 yards, ma a causa delle difficoltà di Smith in cabina di regia, i Bengals terminarono con un terrificante 4-12.
Nel 2001, accantonati i progetti per Akili Smith, i Bengals ingaggiarono Jon Kitna, proveniente dai Seattle Seahawks. Le Tigri vinsero le prime due gare con Kitna alle spalle del centro, e dopo sette incontri si trovavano sul parziale di 4-3.
Ma i Bengals tornarono all’antico, perdendo sette partite di fila; soprattutto Kitna giocò molto male, lanciando qualcosa come 22 intercetti, a fronte di soli 12 TD passes.
I Bengals vinsero le ultime due gare stagionali, terminando col record di 6-10; quella fu l’undicesima stagione consecutiva di segno negativo. Nonostante tutto, Corey Dillon visse un’altra annata stellare, totalizzando 1.315 yards su corsa.
Il 2002 si aprì con sei sconfitte di fila: quelle gare vennero perse, in media, per 19 punti a partita. Dopo il bye, nella Week 8 i Bengals scaricarono tutta la loro frustrazione sui malcapitati Houston Texans, nuovo expansion team AFC: le Tigri si imposero per 30-24 in trasferta. Ma si trattò di un fuoco di paglia: i Bengals si confermarono come gli zimbelli della NFL perdendo le sei gare successive e passando su un ben poco commendevole parziale di 1-13.
Nell’ultimo incontro casalingo, i Bengals piegarono i New Orleans Saints per 20-13.
Quella fu la seconda vittoria stagionale; ma perdendo poi per 27-9 in trasferta contro i Buffalo Bills nell’ultimo incontro in calendario, le Tigri non poterono evitare di stabilire un nuovo ed indesiderato record di franchigia: mai prima di allora i Bengals avevano totalizzato così tante sconfitte in una stagione.
Il record finale di 2-14 costò il posto a Dick LeBeau. La dirigenza decise di fare pulizia, ed ingaggiò Marvin Lewis quale nuovo Head Coach. Inoltre, Akili Smith venne tagliato per far posto, come QB del futuro, a Carson Palmer, vincitore dell’Heisman Trophy del 2002, prodotto di USC e prima scelta dei Bengals nel draft.
Carson Palmer al lancio
Nel 2003, l’era di Marvin Lewis non iniziò esattamente col piede giusto: i suoi Bengals, infatti, persero le prime tre gare stagionali.
Ma, eccezion fatta per il primo incontro con i Denver Broncos, i Bengals furono sempre competitivi, pur perdendo contro le migliori squadre della AFC.
Le Tigri cominciarono a ruggire nella Week 4, con una bella vittoria in trasferta per 21-14 contro gli arcirivali Cleveland Browns.
Dopo una sconfitta in overtime per mano dei Buffalo Bills, che li portò sul parziale di 1-4, i Bengals sfruttarono la settimana di pausa per ricaricare le batterie, e funzionò; Cincinnati vinse infatti le successive due gare contro i Baltimore Ravens ed i Seattle Seahawks.
Pian piano, cominciò a farsi notare un nuovo e forte atleta, il RB Rudi Johnson, chiamato a sostituire l’infortunato Corey Dillon; il giovane runner divenne ben presto un beniamino dei tifosi, anche grazie alle 101 yards su corsa totalizzate contro Seattle.
Dopo una pessima prestazione in trasferta contro gli Arizona Cardinals, i Bengals si affidarono ancora a Rudi, che con 182 yards su corsa li trascinò al successo contro gli Houston Texans.
Sul parziale di 4-5, le Tigri dell’Ohio stavano giocando un football solido, mentre i prossimi avversari, i Kansas City Chiefs erano ancora imbattuti sul 9-0. All’inizio della settimana, Chad Johnson garantì la vittoria dei Bengals. Con un Rudi Johnson capace di correre per 165 yards, i Bengals riuscirono a rispettare le promesse, imponendosi per 24-19 e ritrovandosi all’improvviso catapultati nella lotta per la postseason.
I Bengals continuarono a giocare bene, vincendo anche le successive due gare, e si ritrovarono opposti ai Ravens, nella Week14, con la possibilità di vincere il titolo divisionale. Ma nella sfida cruciale per la vetta della classifica, i Bengals non si mostrarono ancora pronti per il grande salto, e vennero sconfitti per 31-13.
Si ripresero vincendo la successiva gara contro i San Francisco 49ers, ma sull’8-6 i Bengals non riuscirono a conseguire quella nona vittoria che avrebbe loro permesso di chiudere la stagione in positivo dopo 13 anni, e terminarono sull’8-8.
Rudi Johnson
Nel 2004, i Bengals hanno iniziato a pensare al futuro, cedendo Corey Dillon ai New England Patriots, puntando decisamente su Rudi Johnson come titolare in posizione di RB e su Carson Palmer per la cabina di regia. Palmer ed i giovani Bengals hanno però faticato da subito, perdendo cinque delle prime sette gare stagionali.
Tuttavia, col passare delle settimane Palmer ha acquisito maggior sicurezza sul campo, ed i Bengals hanno iniziato a vincere, portandosi sul parziale di 6-6; ma, in seguito, una distorsione al ginocchio ha messo fuori combattimento il signal-caller nell’incontro perso in trasferta con i futuri Campioni del Mondo, i Patriots.
Conquistando due vittorie nelle gare finali della stagione, i Bengals hanno terminato sul 8-8 per il secondo anno di fila. Rudi Johnson ha chiuso al sesto posto nella speciale classifica dei migliori runner NFL, totalizzando ben 1.454 yards, e dando ai tifosi nero-arancio grandi speranze per il futuro.
Dopo la positiva conclusione del campionato precedente, la stagione 2006 era carica di aspettative: queste sono state confermate dall’ottimo inizio dei Bengals, capaci di vincere le prime quattro gare, trascinati da Carson Palmer, che avrebbe poi chiuso con 3.836 yards e 32 TD passes. Principale bersaglio del QB è stato Chad Johnson, capace di ricevere per 1.432 yards e mettere a segno nove mete, molte delle quali seguite da festeggiamenti assolutamente unici, che sono divenuti dei veri e propri marchi di fabbrica.
Dopo aver alternato vittorie e sconfitte nei due incontri seguenti, i Bengals hanno affrontato il primo test probante della stagione, ospitando i Pittsburgh Steelers nella Week 7: è però giunto anche il primo passo falso, dato che gli ospiti si sono imposti per 21-13.
Una settimana più tardi, le Tigri si sono ritrovate opposte agli imbattuti Indianapolis Colts, nella sfida che metteva a confronto due dei migliori signal caller dell’intera Lega. Palmer ha quasi eguagliato Peyton Manning, lancio dopo lancio, ma alla fine sono stati i Colts a prevalere, col punteggio di 45-37.
Dopo il successo per 42-29 sui Baltimore Ravens, i Bengals hanno ritrovato gli Steelers, questa volta in trasferta: gli uomini di Lewis, sospinti da un grande Carson Palmer (227 yards e tre TD passes), si sono presi una meritata rivincita, superando gli Acciaieri per 38-31 e portandosi in vetta alla AFC, col parziale di 9-3.
Il cammino dei Bengals non si è arrestato, tanto che, con le due vittorie successive, la formazione di Cincinnati si è aggiudicata il titolo divisionale con due turni d’anticipo. Ad obiettivo acquisito, le Tigri hanno giocato con cautela, perdendo i restanti incontri in calendario e chiudendo col record di 11-5.
Al Paul Brown Stadium l’entusiasmo era a mille: per la prima volta in quindici anni, infatti, i Bengals avrebbero disputato un incontro di playoff, ancora una volta opposti agli Steelers. Ma la gioia è stata quantomai effimera: nel secondo gioco della partita, Carson Palmer si è infortunato al ginocchio dopo uno scontro con il difensore avversario Kimo von Oelhoffen, mentre completava un lancio da 66 yards per Chris Henry. Nonostante la grave perdita, i Bengals sono partiti forte, portandosi sul 10-0 dopo il primo quarto, guidati dal backup Jon Kitna. Il vantaggio di dieci lunghezze è rimasto immutato fin verso la fine della seconda frazione di gioco, quando gli Steelers si sono portati a -3 (17-14). Mentre le radiografie evidenziavano la gravità dell’infortunio a Palmer, che l’avrebbe costretto ad un intervento di pressochè totale ricostruzione del ginocchio, la difesa degli Steelers ha serrato i ranghi, mettendo il bavaglio ai Bengals e piegandoli infine col punteggio di 31-17; da lì sarebbe partita la storica cavalcata vincente di Pittsburgh, capace di vincere tutte le partite di postseason in trasferta fino al Grande Ballo. Alle Tigri non è rimasto che leccarsi le ferite, mentre Carson Palmer ha iniziato una lunga riabilitazione, senza peraltro sapere quando avrebbe potuto fare ritorno nella stagione successiva.
Riguadagnata la credibilità sul campo, fuori di esso i Bengals si sono però ritrovati in gravissimo imbarazzo, a causa delle intemperanze dei loro giocatori.
Nel 2006, infatti, ben nove atleti nero-arancio sono stati arrestati o sospesi. Un giocatore chiave, perso praticamente da subito, è stato Odell Thurman: l’atleta ha sempre sostenuto di aver saltato, e non fallito, un test antidroga, ma è comunque stato sospeso per le prime quattro gare stagionali. Thurman è poi stato sospeso per l’intera stagione, dopo essere stato arrestato per guida in stato di ebbrezza. Come se non bastasse, Chris Henry è finito in gattabuia per ben quattro volte.
All’inizio del campionato, l’osservato speciale è stato il ginocchio di Carson Palmer; il giocatore ha esordito positivamente, guidando i suoi a tre successi consecutivi.
Ma contro i New England Patriots, nella Week 4, sono emerse le prime difficoltà dei Bengals, sconfitti per 38-13; Palmer ha faticato parecchio, e la difesa è parsa vulnerabile.
Una settimana più tardi è giunta la seconda battuta d’arresto, per mano dei Tampa Bay Buccaneers, impostisi allo scadere per 14-13.
Dopo aver sconfitto i Carolina Panthers per 17-14, la retroguardia di Cincinnati ha continuato a stentare, tanto che i Bengals hanno rimediato ben tre sconfitte consecutive: l’ultima, per 49-41 in casa contro i San Diego Chargers, ha visto LaDainian Tomlinson (quattro segnature) oscurare la splendida performance di Carson Palmer, capace di lanciare per 440 yards e tre TD passes.
Ma le Tigri si sono prontamente riprese, conquistando quattro vittorie consecutive, con un Palmer davvero solido nonostante il grave infortunio subito l’anno precedente. Quella sarebbe stata la miglior stagione per il QB, con 4.035 yards, 28 TD passes e 13 intercetti.
La striscia positiva si è però arrestata contro gli Indianapolis Colts, impostisi per 34-16.
Una settimana dopo, le speranze di playoff sono svanite, allorquando lo snap di Brad St. Louis in occasione di un extra point non ha raggiunto l’holder, per quello che avrebbe potuto essere il punto del pareggio, e che ha invece dato la vittoria ai Broncos per 24-23 nella nevosa Denver.
Nell’ultima di campionato, i Bengals hanno avuto un’ulteriore delusione, perdendo contro i Pittsburgh Steelers in overtime, grazie ad un TD pass da 67 yards di TD pass di Ben Roethlisberger per Santonio Holmes.
Il record finale è stato così un deludente 8-8.
Nel 2007, con la speranza di tornare ai playoff, i Bengals hanno esordito sconfiggendo i Baltimore Ravens per 27-20, in un Monday Night combattutissimo.
Una settimana più tardi, nonostante un Carson Palmer in stato di grazia (401 yards e ben sei TD passes), i Bengals hanno finito per perdere la “Battaglia dell’Ohio”, venendo piegati per 51-45 dai Browns a Cleveland.
Sette giorni dopo a Seattle, i Bengals hanno subito un’ulteriore frustrazione, sconfitti dai Seahawks per 24-21, grazie ad un TD pass da 22 yards di Matt Hasselbeck per Nate Burleson ad un minuto dallo scadere.
Con ulteriori due sconfitte, rispettivamente contro Patriots e Chiefs, i Bengals sono precipitati sul parziale di 1-4. Ad un passo dalla quinta débacle, i Bengals hanno vinto in rimonta per 38-31 contro i New York Jets, segnando tre mete nell’ultimo quarto. Ma la vittoria è stato un mero paliativo in una stagione ricca di delusioni, dato che le Tigri hanno perso due delle successive tre gare, portandosi sul 3-7.
La stagione si è chiusa in modo positivo, con tre vittorie nelle ultime quattro gare in calendario: il successo per 19-14 sui Browns ha estromesso gli arcirivali di Cleveland dalla corsa ai playoff.
Ma un record di 7-9 ed un terzo posto in classifica hanno lasciato i tifosi dei Bengals a bocca asciutta per il secondo anno di fila.
La stagione 2008 si è aperta con seri problemi ad un gomito per Carson Palmer, che ne hanno limitato l’utilizzo per quattro gare; i Bengals sono partiti col piede sbagliato, perdendo le prime otto gare in calendario.
I guai fuori dal campo sono proseguiti: il LB Ahmad Brooks è stato rilasciato, dopo essere stato accusato di aver colpito al volto una donna alla fine di Aprile, mentre Chris Henry, dapprima sospeso per quattro gare per le continue intemperanze, è stato dapprima rilasaciato e poi rimesso sotto contatto, stante la pochezza dell’attacco di Cincinnati. I Bengals hanno perso anche il LB Odell Thurman, sospeso a tempo indeterminato dalla Lega per violazione delle norme relative all’uso di sostanze proibite. Al contempo, Chad Johnson, nel tentativo di far inserire la denominazione Ochocinco sul retro della propria maglia, si è fatto legalmente cambiare il cognome in Chad Ochocinco.
La striscia perdente delle Tigri si è finalmente arrestata contro i Jacksonville Jaguars, superati per 21-19; la settimana successiva, i Bengals hanno pareggiato per 13-13 contro i Philadelphia Eagles, che sarebbero poi giunti al Championship NFC.
Ma i Bengals non sono stati in grado di invertire la rotta, perdendo anche le tre restanti gare, chiudendo con un disastroso 4-11-1.
Dopo due stagioni consecutive di segno negativo, i Bengals hanno provato a rimettersi in carreggiata aumentando gli sforzi nel training camp, durante il quale sono stati i protagonisti del reality “Hard Knocks” del network televisivo HBO. Ma l’esordio stagionale ha lasciato l’amaro in bocca, con una rocambolesca sconfitta per mano dei Denver Broncos: in quella gara Brandon Stokley ha afferrato un passaggio deflettato, correndo fino in endzone per un improbabile segnatura da 87 yards che ha dato la vittoria allo scadere alla formazione del Colorado per 12-7. I Bengals avevano ben lavorato in difesa, portandosi in vantaggio a 38″ dal termine con una corsa da una yard di Cedric Benson.
Le Tigri si sono prontamente riprese, giocando bene sia in attacco che in difesa, espugnando il Lambeau Field dei Green Bay Packers col punteggio di 31-24.
Una settimana dopo, i Bengals hanno vinto al termine di una drammatica rimonta dell’ultimo minuto, superando i Campioni del Mondo uscenti, i Pittsburgh Steelers, per 23-20, dopo essere stati sotto per 20-9 all’inizio dell’ultimo quarto. La vittoria è giunta grazie al TD pass da quattro yards di Carson Palmer per il WR Andre Caldwell a soli 18″ dallo scadere.
Con lo stesso punteggio i Bengals si sono imposti anche la settimana successiva, piegando i Browsn nella “Battle of Ohio” in overtime, al termine di un incontro molto combattuto.
Nella Week 5 è giunta la terza vittoria di fila, ancora in rimonta, questa volta contro i Baltimore Ravens in trasferta, per 17-14: poco dopo che i Ravens erano passati in vantaggio, a soli 27″ dalla sirena Palmer ha nuovamente imbeccato Caldwell con un TD pass da 20 yards. Con quel successo, le Tigri sono balzate in vetta alla Division, guadagnandosi l’appellativo di “Cardiac Cats”.
Dopo l’inattesa battuta d’arresto contro gli Houston Texans, impostisi per 28-7, i Bengals hanno seppellito i Chicago Bears con un impiestoso 45-10, giungendo al turno di riposo sul parziale di 5-2. Dopo il bye, i Bengals hanno continuato a dominare la AFC North, battendo per la seconda volta i Ravens col punteggio di 17-7.
Una settimana dopo, hanno vinto in trasferta per 18-12 contro gli Steelers (non succedeva dal 1998) e si sono riportati al comando.
Successivamente alla sconfitta contro gli Oakland Raiders, i Bengals hanno terminato la loro corsa perfetta nella AFC North battendo i Browns per 16-7.
Dopo aver alternato vittorie e sconfitte nelle due gare seguenti, i Bengals sono stati colpiti da un’inattesa tragedia: il controverso WR Chris Henry ha perso la vita cadendo dal retro di un furgone al termine di una lite domestica con la fidanzata Loleini Tonga. Henry, all’epoca in IR, sembrava aver messo la testa a posto, dopo che vari arresti avevano portato la NFL a sospenderlo ed i Bengals a rilasciarlo. Dopo essere stato reintegrato, Henry aveva rigato dritto, e stava giocando molto bene fino a quando non ha riportato la frattura dell’avambraccio contro i Baltimore Ravens nella Week 9. Pochi giorni dopo la scomparsa di Henry, i Bengals hanno avuto la possibilità di conquistare il titolo divisionale, opposti ai San Diego Chargers in trasferta. Sin dall’inizio è stato chiaro che l’emozione giocava contro i Bengals, prova ne sia il fatto che Chad Ochocinco è caduto sulle proprie ginocchia dopo aver segnato un TD nel primo quarto. La partita è stata combattuta, ma alla fine i Bengals sono passati sul 9-5, allorquando Nate Kaeding ha messo a segno il FG da 52 yards che ha dato la vittoria ai Chargers. La vittoria nella Division è giunta la settimana dopo, col successo per 17-10 contro i Kansas City Chiefs.
Già proiettati alla Wild Card, nell’ultimo Sunday Night della stagione i Bengals hanno lasciato a riposto molti dei titolari, e senza grande impegno sono stati piegati agevolmente dai New York Jets per 37-0. I Bengals hanno terminato col record di 10-6, e Marvin Lewis è stato nominato NFL Coach of The Year.
Di nuovo opposti ai Jets una settimana più tardi al Paul Brown Stadium, i Bengals sono passati in vantaggio grazie al TD pass da 11 yards di Carson Palmer per Laveranues Coles. I biancoverdi sono però balzati al comando con due TDs nel secondo quarto. Le Tigri hanno continuato a stentare, ed i Jets hanno aumentato il distacco, portandosi sul 21-7, mentre Shayne Graham ha fallito due FGs. Il TD su corsa da 47 yards di Cedric Benson nell’ultimo quarto ha riportato in partita i padroni di casa; ma la difesa dei newyorchesi di è dimostrata troppo forte, ed ha consentito loro di imporsi sui Bengals per la seconda settimana di fila, col punteggio di 24-14.