La Storia dei Buccaneers

Nel 1976, allenati dal leggendario coach di USC John McKay, i Buccaneers disputarono la loro prima stagione nella AFC, sapendo, però, che l’anno successivo si sarebbero definitivamente trasferiti nella NFC Central.
La prima scelta dei Bucs cadde sul LB Lee Roy Selmon, e la formazione della Florida pose in essere una trade per accaparrarsi un QB d’esperienza come Steve Spurrier.
Il 12 Settembre, i Buccaneers giocarono la loro prima gara di regular season a Houston contro gli Oilers, perdendo per 20-0.
Una settimana più tardi, disputarono il primo incontro tra le mura amiche del Tampa Stadium, opposti ai San Diego Chargers; ma anche stavolta rimasero a secco, piegati dai Bolts per 23-0.
Sette giorni dopo, i Bucs riuscirono finalmente a mettere punti sul tabellone, grazie a tre FGs di Dave Green; ma la partita si concluse ancora una volta con una sconfitta, stavolta per mano dei Buffalo Bills, che si imposero per 14-9.
I Bucs persero anche le successive due gare, trovandosi poi di fronte l’altro expansion team NFL, i Seattle Seahawks, al Tampa Stadium. Entrambe le squadre erano alla disperata ricerca della prima vittoria: alla fine, furono gli ospiti a spuntarla per 13-10 con un FG all’ultimo minuto.
Una settimana dopo, il copione fu sostanzialmente analogo: questa volta furono i Miami Dolphins a vincere per 23-20, benché i Bucs avessero tenuto loro testa per tutta la partita.
Quella fu l’ultima gara a chiudersi con uno scarto minimo: già con un pesante parziale di 0-7, i Buccaneers seguitarono a perdere, venendo lasciati a secco per quattro volte fino al termine di una stagione chiusasi con l’imbarazzante record negativo di 0-14.
A rendere ancor più amaro il bilancio finale fu il computo dei punti: 412 subiti e soli 125 segnati. I Buccaneers avevano chiuso la loro prima stagione, ed erano ancora in attesa della prima vittoria. 
Quella squadra sarà ricordata per sempre come la peggiore nella storia della NFL.

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Lee Roy Selmon

Passati alla NFC Central, nel 1977 i Buccaneers non fecero molto meglio, venendo lasciati a secco per sei volte, nell’ambito di una striscia perdente di dodici incontri consecutivi.
Nel complesso, i Bucs avevano perso qualcosa come 26 partite di fila, nelle quali solo tre volte erano stati sconfitti per meno di un TD. 
Tuttavia, l’11 Dicembre i Bucs spezzarono il digiuno in quel di New Orleans, sconfiggendo i Saints per 33-14 grazie a tre intercetti ritornati in meta. Quando la squadra fece ritorno a casa, ben 8.000 tifosi si riunirono per salutare i loro beniamini.
Una settimana dopo, la formazione della Florida conquistò il primo successo casalingo, piegando i St. Louis Cardinals per 17-7, terminando così la sua seconda stagione col record di 2-12.

Nel 1978, dopo aver perso le prime due gare, i Bucs ne vinsero altrettante di fila, portandosi a quota .500 per la prima volta nella loro storia.
Alternarono poi vittorie e sconfitte nelle successive quattro giornate, e grazie ad un football solido si trovavano sul 4-4; tuttavia, vennero falcidiati da numerosi infortuni, perdendo sette delle ultime otto gare e chiudendo con un deludente 5-11.

La quarta stagione dei Bucs nella NFL iniziò col piede giusto, grazie al successo casalingo per 31-16 contro i Detroit Lions.
Giunsero poi altre cinque vittorie consecutive, ma la squadra cominciò a stentare, e le speranze di playoff vennero messe a repentaglio, allorquando la squadra giunse all’ultima di campionato sul parziale di 8-7.
Giocando sotto un’autentica tempesta a Tampa, i Bucs superarono i Kansas City Chiefs per 3-0, conquistando il titolo della NFC Central col record di 9-7. 
Tra le stelle di quella stagione sorprendente, vi furono il RB Ricky Bell, che corse per 1.263 yards, ed il LB Lee Roy Selmon, nominato Defensive Player of the Year.
Nella prima partita di playoff nella storia dei Buccaneers, fu ancora Bell a brillare, mettendo a segno due TDs e correndo per 142 yards, portando i suoi alla vittoria per 24-17 contro i Philadelphia Eagles.
Solo due anni dopo aver terminato una striscia perdente di ben 26 incontri, i Bucs si preparavano ad affrontare i Los Angeles Rams al Tampa Stadium, con in palio un biglietto per il Super Bowl. Ma furono gli Arieti ad imporsi nel Championship NFC col punteggio di 9-0, sotto una pioggia battente.

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Ricky Bell placcato nella sfida contro i Chiefs

Anche la stagione 1980 si aprì positivamente per i Bucs, che vinsero le prime due gare in calendario. Ma i troppi infortuni condizionarono il prosieguo della stagione, che terminò con un pessimo 5-10-1.
Tuttavia, il QB Doug Williams disputò un campionato di alto livello, passando per 3.396 yards.

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Doug Williams al lancio

Pur giocando un football assai mediocre per tutta la stagione, nel 1981 i Buccaneers si ritrovarono coinvolti nella lotta per la vetta di una NFC Central assai debole.
Una striscia vincente di tre incontri nel finale di stagione, in uno dei quali Doug Williams totalizzò 336 yards, proiettò i Bucs in testa alla classifica. 
Ma, dopo una sconfitta per un solo punto in casa contro i San Diego Chargers, i Bucs dovevano assolutamente battere i Lions a Detroit per aggiudicarsi il titolo divisionale. E così fu: i Bucs si imposero per 20-17 nel finale, grazie ad una bomba di Doug Williams da 84 yards per il WR Kevin House.
La stagione dei Bucs terminò anzitempo, con una cocente sconfitta esterna per 38-0 da parte dei Dallas Cowboys.

Nel 1982, dopo due sconfitte di fila all’esordio, la stagione venne interrotta da uno sciopero dei giocatori, durato ben due mesi. Alla ripresa dell’attività, i Bucs persero ancora, battuti per 14-9 in trasferta a Dallas.
Sul parziale di 0-4, una settimana più tardi giunse finalmente la prima vittoria: i Bucs piegarono per 23-17 i Miami Dolphins nel Monday Night, tra le mura amiche del Tampa Stadium.
Quel successo fu la scintilla della quale i Bucs avevano disperatamente bisogno: la squadra della Florida vinse infatti cinque delle ultime sei gare, tre delle quali consecutive, qualificandosi per i playoff col record di 5-4.
Ma ancora una volta, si trovarono di fronte alla loro bestia nera, i Cowboys, che li superarono con un impietoso 30-17 a Dallas.
Al termine della stagione, i Bucs persero il QB Doug Williams, che passò alla USFL.

Privi del loro regista, nel 1983 i Bucs stentarono da subito, perdendo le prime nove gare di campionato, ed i loro tifosi ebbero i brividi, ripensando alla disastrosa stagione del 1976.
La prima vittoria giunse finalmente in trasferta contro i Minnesota Vikings, piegati per 17-12; in quell’occasione, il RB James Wilder stabilì il record di franchigia, correndo per 219 yards.
I Bucs si aggiudicarono solo un’altra vittoria fino alla fine della stagione, che si chiuse con un terrificante 2-14.

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James Wilder in azione

Pessimo esordio quello della stagione 1984 per i Buccaneers, con sette sconfitte nelle prime dieci giornate; inoltre, coach McKay annunciò che si sarebbe ritirato al termine del campionato. 
La stagione si chiuse con due successi consecutivi, ed il record finale fu di 6-10.
Da segnalare le prestazioni del RB James Wilder, che totalizzò 2.229 yards tra corse e ricezioni. Nella offseason, i Bucs misero sotto contratto il QB Steve Young, transfuga della USFL.

Nel 1985, giudati dal nuovo HC Leeman Bennett, i Buccaneers esordirono nel peggiore dei modi, inanellando ben nove sconfitte consecutive, fino al 16-0 rifilato in casa ai St. Louis Cardinals.
Di lì alla fine del campionato sarebbe arrivata solo un’altra vittoria, ed il bilancio conclusivo fu un disastroso 2-14 per la seconda volta in tre stagioni. Al contempo, Steve Young visse un’annata difficile, subendo la bellezza di 21 sacks.

Prima dell’inizio della stagione 1986, i Bucs vissero un momento di terrificante imbarazzo in occasione del draft: la prima scelta assoluta, Bo Jackson, già vincitore dell’Heisman Trophy, rifiutò di firmare per la formazione della Florida, preferendo giocare a baseball con i Kansas City Royals.
Sul campo, l’imbarazzo fu addirittura maggiore: non solo i Buccaneers chiusero ancora sul 2-14, ma Steve Young venne sackato per ben 47 volte e lanciò soli otto TD passes.
Al termine del campionato, coach Bennett venne silurato, ed al suo posto venne assunto Ray Perkins.

Nel 1987, i Buccaneers spesero la prima scelta per un altro vincitore dell’Heisman Trophy, che stavolta riuscirono a mettere sotto contratto: si trattava del QB Vinny Testaverde, il cui arrivo spinse i Bucs a cedere Steve Young ai San Francisco 49ers.
Ma Testaverde dovette attendere prima di ottenere il posto da titolare, dato che Steve DeBerg lanciò ben cinque TD passes nell’incontro inaugurale contro gli Atlanta Falcons al Tampa Stadium.
I Bucanieri iniziarono positivamente, con quattro vittorie nelle prime sette gare. Poi, però, persero le ultime otto partite in calendario, terminando con un disastroso 4-11, concludendo, così, con dieci o più sconfitte per la quinta stagione di fila.
Testaverde ebbe poco spazio, e lanciò per 1.081 yards.

L’anno successivo, il giovane Testaverde fu stabilmente in cabina di regia, ma faticò oltremodo, lanciando qualcosa come 35 intercetti a fronte di soli 13 TD passes. I Bucs terminarono con un pessimo 5-11.
A dimostrazione di quanto fossero scarsi quei Buccaneers, va sottolineato che furono capaci di perdere contro i Colts ad Indianapolis, in una partita nella quale Vinny mise a segno il record di franchigia su passaggio in una singola gara, lanciando per ben 469 yards.

Nel 1989, nonostante i miglioramenti di Testaverde, i Bucs chiusero ancora sul 5-11, terminando per la settima stagione consecutiva con dieci o più sconfitte.
L’unico motivo di soddisfazione furono le grandi performances del WR Mark Carrier, che stabilì un record di franchigia, ricevendo per 1.422 yards.

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Mark Carrier alla ricezione

Ottima partenza per i Buccaneers nel 1990, con quattro vittorie nelle prime sei gare. Poi, come al solito, precipitarono in una spirale negativa, venendo sconfitti per sei volte di fila.
La squadra mise fine alla striscia perdente con il successo esterno per 23-17 sui Falcons. Ma ciò non bastò a salvare il posto di Ray Perkins, che venne licenziato e sostituito da Richard Williamson. Con lui alla guida, i Bucs persero due partite su tre, chiudendo sul 6-10.

Nella prima stagione completa di Richard Williamson sulla panchina dei Buccaneers, questi ultimi iniziarono col piede sbagliato, perdendo le prime cinque gare, degno viatico di una stagione pessima, chiusa poi sul 3-13 ed all’ultimo posto in classifica.
Una delle maggiori delusioni dell’annata fu certamente Vinny Testaverde, che passò per 1.994 yards, lanciando solo otto TD passes e ben 15 intercetti.
Al termine del campionato, Williamson venne silurato e rimpiazzato da Sam Wyche.

Sotto la guida del nuovo coach, nel 1992 i Bucs vinsero tre delle prime quattro partite di campionato. Tuttavia, i Bucs entrarono poi nel consueto tunnel, perdendo cinque partite consecutive, e dieci su undici, terminando sul 5-11, per la decima stagione di fila con dieci o più sconfitte.
Finito il campionato, Vinny Testaverde venne rilasciato, dopo sei deludenti stagioni.; a rendere ancor più amara l’annata dei Bucs fu l’ex Steve Young, che venne nominato NFL MVP per le grandi prestazioni con la maglia dei San Francisco 49ers.

Nel 1993, nonostante le 3.054 yards lanciate dal QB Craig Erickson, i Buccaneers persero cinque delle prime sei gare in calendario, chiudendo infine con un pessimo 5-11.

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Craic Erickson

Il 1994 fu segnato da un grave lutto per i Buccaneers, che persero il loro patriarca e fondatore Hugh Culverhouse, il quale scomparve all’età di 75 anni. 
Cercando per l’ennesima volta di ripartire da zero, i Bucs draftarono, al primo giro, il QB Trent Dilfer. Nel poco tempo che ebbe a disposizione, il rookie stentò parecchio, lanciando un solo TD pass contro sei intercetti, ed i Bucs vennero sconfitti in nove delle prime undici gare.
I Buccaneers chiusero in crescendo, con quattro vittorie consecutive, impreziosite da una grande prestrazione del RB Eric Rhett, che corse per 192 yards in una di quelle partite.
Con la possibilità di mettere fine a dodici anni di frustrazioni, i Bucs persero anche l’ultima gara in calendario, venendo battuti al Tampa Stadium dai Green Bay Packers per 34-19, chiudendo così sul 6-10.

Prima dell’inizio delle stagione 1995, la franchigia venne ceduta al ristoratore Malcolm Glazer.
I Bucs iniziarono molto bene, con cinque vittorie nelle prime sette gare in calendario, e si ritrovarono sorprendentemente in vetta alla classifica a metà Ottobre.
Ma persero poi sette degli ultimi nove incontri, mettendo la parola fine ad una striscia di dodici stagioni consecutive con dieci o più sconfitte. Al termine del campionato, Sam Wyche fu licenziato e rimpiazzato da Tony Dungy.
Tra i motivi di maggiore insoddisfazione, le prestazioni di Trent Dilfer, che lanciò solo quattro TD passes e ben 18 intercetti.

Nella prima stagione di Tony Dungy sulla panchina di Tampa Bay, i Buccaneers si trovarono da subito in cattive acque, perdendo le prime cinque gare, e otto su nove complessivamente. Ma con un bel colpo di reni, la squadra vinse cinque delle ultime sette partite.
Col record di 6-10, i Buccaneers chiusero in passivo per la 14ma stagione consecutiva; ma i molti giovani talenti in squadra facevano ben sperare per il futuro.

Prima dell’inizio dell’ultima loro stagione al Tampa Stadium (rinominato Houlihan’s Stadium un anno prima), nel 1997 i Buccaneers sfoggiarono un nuovo look, mettendo in soffitta le vecchie maglie rosso-arancio con il pirata e puntando su divise più aggressive, recanti una bandiera rossa da pirati ed un casco color ottone.
I Bucs sfruttarono al meglio questo nuovo aspetto più aggressivo, vincendo le prime cinque partite stagionali. Ma la loro nave finì poi con l’incagliarsi: giunsero infatti tre sconfitte di fila.
Anziché andare a fondo come in passato, questa volta i Bucanieri corressero la rotta e strapparono una Wild Card, chiudendo sul 10-6. 
A rendere ancor migliore la positiva stagione della squadra vi furono Trent Dilfer (che lanciò ben 21 TD passes), il possente FB Mike Alstott (che scardinò le difese avversarie segnando sette TDs e conquistando innumerevoli primi down), oltre a Warrick Dunn, nominato Offensive Rookie of the Year.
Nella prima gara di playoff dei Buccaneers in quindici anni, i Pirati piegarono i Detroit Lions per 20-10, trascinati dalle corse di Alstott nell’ultima partita all’Houlihan’s Stadium. Tuttavia, la stagione si concluse una settimana più tardi, con la sconfitta per 27-7 nella “Frozen Tundra” di Green Bay.

Per rassicurare tutti circa il fatto che il loro nuovo stadio fosse davvero pronto, nel 1998 i Buccaneers iniziarono la stagione con due trasferte. Sfortunatamente, entrambe le gare li videro opposti a squadre che avrebbero poi disputato i playoff, ed i Bucs ne uscirono sconfitti.
I Buccaneers poterono finalmente aprire il Raymond James Stadium il 20 Settembre, sconfiggendo in rimonta, col punteggio di 27-15, i Chicago Bears.
Ma un calendario inizialmente molto difficile ed alcuni problemi in attacco contribuirono ad una prima parte di stagione decisamente travagliata. I Bucs si riportarono sul .500 infliggendo ai Minnesota Vikings l’unica sconfitta della stagione, vincendo in casa per 27-24.
Ma la squadra non seppe capitalizzare al meglio l’inerzia, perdendo le successive tre partite. Con la speranza di una postseason ancora possibile, i Bucs conquistarono tre successi di fila, ma la sconfitta per 20-16 contro i Redskins a Washington segnò il loro destino, dato che avrebbero dovuto vincere; invece, chiusero con un deludente 8-8.
Al termine della stagione, i Bucs spesero una seconda scelta sul PK Martin Gramatica: decisione dettata dai ben sette FGs decisivi sbagliati da Michael Husted.

Brutto esordio della stagione 1999 per i Bucs, con la sconfitta interna per 17-13 contro i New York Giants.
Una settimana più tardi, i Bucs recuperarono grazie alla difesa, che seppellì gli Eagles sotto il peso di ben nove sacks e contribuì alla vittoria per 19-5 a Philadelphia.
Il reparto arretrato dovette sobbarcarsi la maggior parte del lavoro per tutta la stagione, dato che l’attacco risultò spesso evanescente; prova ne fu il parziale di 3-4, nel quale la difesa concesse 20 punti in due sole occasioni.
L’attacco, invece, riuscì a mettere a segno 20 punti solo due volte, portando all’inserimento di Shaun King in cabina di regia. Il suo modo di giocare non poteva certo dirsi spettacolare, ma sembrò dare una qualche spinta al reparto offensivo; i Bucs vinsero sei partite di fila, portandosi al comando della propria Division.
Dopo il pesantissimo “cappotto” rimediato ad Oakland per mano dei Raiders (45-0!!!), i Bucs si agigudicarono gli ultimi due incontri in calendario, conquistando il titolo della NFC Central con il miglior record di sempre, un ottimo 11-5, che valse loro anche il bye al primo turno. Inoltre, Warren Sapp venne nominato Defensive Player of the Year.
Nel Divisional Playoff, i Bucanieri recuperarono uno svantaggio di 13 punti nel terzo quarto, battendo i Washington Redskins per 14-13 davanti ai 65.835 tifosi convenuti al Raymond James Stadium.
Nel Championship NFC, giocatosi a St. Louis, i Bucs si trovavano in vantaggio sui Rams per 6-5 verso la fine dell’ultimo quarto; ma gli Arieti passarono sul 11-5 con poco più di 2′ sul cronometro.
I Bucs si portarono in territorio avversario, e sembravano pronti al sorpasso, quando Shaun King imbeccò Bert Emmanuel con un passaggio decisivo per il primo down.
Ma l’instant replay rovesciò la chiamata, e la nave dei Bucanieri andò a fondo, anche se da varie angolazioni era chiaro che Emanuel aveva messo a segno la ricezione.


L’incontenibile Warren Sapp

Nel 2000, nel tentativo di dare una nuova dimensione al reparto offensivo, i Buccaneers acquistarono il WR Keyshawn Johnson dai New York Jets. La trade si dimostrò da subito un ottimo affare, dato che i Bucs vinsero alla grande le prime tre partite in calendario.
Tuttavia, il primo intoppo venne proprio contro i Jets; in quell’occasione, gli uomini di Dungy riuscirono a dilapidare un vantaggio di 17-3 nell’ultimo quarto, e precipitarono in una spirale negativa di ben quattro sconfitte di fila.
I Bucs si ripresero con un roboante 41-13 inflitto ai Minnesota Vikings al Pirate Ship; da lì in avanti, la squadra di Tampa Bay si aggiudicò sette partite su otto.
Sul parziale di 10-5, i Bucs avevano bisogno di una vittoria per conquistare il titolo della NFC Central. Ma quell’incontro si disputò a Green Bay in un freddo polare, condizione atmosferica nella quale i Bucs non avevano mai vinto prima; sembravano ormai aver conquistato la vittoria, allorquando Martin Gramatica si preparava a calciare un FG da 35 yards allo scadere dei tempi regolamentari. Ma il solitamente affidabile Gramatica fallì la trasformazione, ed i Packers vinsero poi ai supplementari per 17-14.
I Bucs dovettero quindi accontentarsi di una Wild Card, col record di 10-6. Nell’incontro svoltosi a Philadelphia, la colonnina del termometro andò nuovamente sotto lo zero; altrettanto fecero i Buccaneers, che vennero rimandati a casa dagli Eagles, impostisi per 21-3.

Con la speranza di dare nuova linfa all’attacco, nel 2001 i Bucs ingaggiarono il free agent QB Brad Johnson. Ma il reparto offensivo rimase stagnante, e giocando un football assai mediocre i Bucs si ritrovarono sul parziale di 4-5 dopo le prime nove gare stagionali.
Con le speranze di playoff che andavano vieppiù svanendo, i Bucs superarono i Rams per 27-24 nel Monday Night disputatosi a St. Louis. Quella fu la miccia che fece esplodere i Bucs, i quali vinsero tre gare di fila e cinque su sei, qualificandosi per la postseason con il seed numero 6 ed un record di 9-7.
Ma la stagione regolare veniva da più parti considerata come un fallimento, soprattutto sul versante dell’attacco, tanto che presero a girare voci di un possibile arrivo di Bill Parcells sulla panchina di Tampa Bay; era chiaro che Tony Dungy avrebbe conservato il posto solo in caso di vittoria contro gli Eagles in trasferta. Così non fu: la partita finì ancor prima di iniziare, ed i Bucs vennero bastonati con un sonoro 31-9. Di lì a pochi giorni, l’addio di Dungy divenne ufficiale.
Ma Parcells ebbe un ripensamento all’ultimo minuto, ed i Bucs furono costretti a cercare altrove. Nel giro di poche settimane, la franchigia si ritrovò completamente disorientata, non riuscendo ad individuare un valido sostituto. Persino Dungy riuscì a trovare una panchina prima dei Bucs, i quali alla fine conclusero un accordo con gli Oakland Raiders, che permise loro di mettere sotto contratto Jon Gruden come nuovo Head Coach.

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Brad Johnson

Nel 2002, con Jon Gruden in panchina, i Buccaneers iniziarono la stagione con rinnovate speranze, inseriti nella neonata NFC South.
Ma le vecchie abitudini, si sa, sono dure a morire: ed infatti i Bucanieri persero in casa all’esordio contro i New Orleans Saints, impostisi per 26-20 in overtime, dopo aver recuperato uno svantaggio di ben 17 punti.
I Bucs si ripresero prontamente, vincendo cinque gare di fila, trascinati da una grande difesa, che concesse solo un TD, mentre il LB Derrick Brooks andò a segno tre volte.
I Buccaneers giunsero all’importante scontro con i Philadelphia Eagles sul parziale di 5-1. Iniziarono alla grande, con Brooks che stabilì un record NFL per i linebacker, siglando il quarto TD su ritorno di intercetto; ma alla fine furono le Aquile a prevalere, col punteggio di 20-10 di fronte ai propri tifosi.
Quella sconfitta fu solo un incidente di percorso: il fortissimo reparto arretrato consentì ai Bucs di portarsi sull’8-2, in vista dello scontro con i Green Bay Packers in casa. Ed anche contro i gialloverdi la difesa mostrò tutta la sua impressionante potenza, mettendo a segno ben tre sacks ai danni di Brett Favre ed intercettandolo quattro volte; alla fine, furono gli uomini di Gruden ad imporsi per 21-7. La partita ebbe uno strascico polemico: al termine della gara, vi fu un infuocato scambio verbale tra Warren Sapp ed il coach dei Packers Mike Sherman; ciò in quanto Sapp aveva provocato l’infortunio del tackle Chad Clifton durante un ritorno di intercetto, con un colpo vizioso ma pulito.
Dopo una deludente sconfitta a New Orleans, ancora una volta la difesa dei Buccaneers mise il bavaglio ad uno dei migliori QBs della NFL: Michael Vick, signal-caller degli Atlanta Falcons, fu tenuto a sole nove yards su corsa e 125 su passaggio nella gara vinta dai Bucs per 34-10.
Battuti di misura i Detroit Lions, la strada dei Buccaneers verso il Super Bowl sembrò in pericolo dopo la sconfitta per 17-7 nel Monday Night contro i Pittsburgh Steelers, che vide Brad Johnson sulla sideline.
Sul parziale di 11-4, i Bucs giunsero all’ultima di campionato contro i Bears, dovendo vincere per assicurarsi il bye al primo turno di playoff. Ma per far ciò avrebbero dovuto interrompere una striscia perdente di 39 partite giocate nel freddo polare.
Giocando in attacco con Rob Johnson in cabina di regia, la difesa dei Bucs fece il proprio dovere: oltre alla retroguardia, l’eroe di partita fu Martin Gramatica, che mise a segno tutti i punti sul tabellone, e la gara si chiuse sul 15-0 per Tampa Bay.
Con quella vittoria, i Buccaneers terminarono la regular season sul 12-4, record di franchigia, mentre Derrick Brooks venne nominato Defensive Player of The Year, in un’annata contrassegnata da molti MVP difensivi, tra i quali il leader NFC quanto a sack, Simeon Rice.
Dopo le prestazioni stentate delle ultime due gare, era chiaro che il bye sarebbe stato necessario per riavere Brad Johnson in piena forma. Ma quest’ultimo non iniziò nel migliore dei modi il Divisional Playoff contro i San Francisco 49ers, poiché lanciò un intercetto nel primo possesso dei Bucs. Ancora una volta, fu la super difesa dei Bucanieri a salire in cattedra, impedendo ai ‘Niners di mettere punti a referto.
Brad Johnson non commise più alcun errore, ed i Bucs chiusero il primo tempo con un eccellente 28-6; la partita terminò con il definitivo 31-6, che valse alla formazione della Florida l’accesso al Championship NFC.
Tutto sembrava andare contro i Bucs, che avrebbero dovuto battere gli Eagles a Philadelphia, luogo in cui le due precedenti stagioni erano terminate in modo disastroso. La partita si aprì malissimo, con gli Eagles sul 7-0 a poco meno di 1’ dall’inizio, grazie ad un lungo ritorno di Brian Mitchell. I Buccaneers risposero con un FG di Gramatica al termine di un drive ben condotto
Dopo aver fermato gli Eagles nel successivo possesso, l’attacco di Tampa Bay mise a segno un big play: Joe Jerevicius, che stava giocando ugualmente nonostante la nascita prematura e le precarie condizioni di salute del figlio, convertì una ricezione da 3° down in un guadagno da 74 yards. Quella ricezione eccezionale fu il prologo al TD su corsa di Mike Alstott, che portò i suoi sul 10-7. Dopo un altro lungo ritorno di kickoff di Brian Mitchell, che portò al FG del pareggio, Keyshawn Johnson mostrò tutto il suo talento, ricevendo 32 passaggi (uno dei quali in TD) e dando ai Bucs il vantaggio per 17-10 all’intervallo.
Nel secondo tempo, la difesa di Tampa Bay dominò, ed i Buccaneers si portarono sul 20-10 grazie ad un altro FG. Mentre il tempo scadeva, Rhonde Barber diede il colpo di grazia agli Eagles, riportando in meta un intercetto lanciato da Donovan McNabb per 94 yards. Imponendosi per 27-10, i Buccaneers staccarono il biglietto per il primo Super Bowl della loro storia.
L’edizione numero XXXVII si svolse a San Diego: per Jon Gruden quella settimana fu un vero circo, dato che gli avversari sarebbero stati quegli Oakland Raiders che aveva allenato sino all’anno precedente.
Gruden conosceva così bene l’attacco dei Predoni che lui stesso a volte mimava il QB Rich Gannon in allenamento, utilizzando le stesse chiamate. Ma la difesa dei Bucs si ritrovò da subito con le spalle al muro, dato che Brad Johnson lanciò un intercetto nel primo possesso di Tampa Bay. Tuttavia, il reparto arretrato concesse solo un FG al miglior attacco della Lega.
I Bucs pareggiarono rapidamente nel possesso successivo.
La conoscenza del reparto offensivo avversario diede i suoi frutti: due intercetti di Dexter Jackson portarono infatti i Bucs sul 6-3.
Mentre la difesa di Tampa Bay imbrigliava l’attacco avversario, l’attacco dei Bucanieri prendeva a schiantare la difesa avversaria: un lungo drive venne coronato dal TD su corsa di Mike Alstott. I Buccaneers si portarono sul 20-3, grazia alla ricezione vincente di Keenan McCardell nell’ultimo minuto del primo tempo. La difesa dei Bucs aveva ormai spento la luce ai Raiders, concedendo la miseria di tre primi down e 62 yards di total offense.
I Bucanieri iniziarono alla grande il secondo tempo, portandosi sul 27-3 al termine di un drive da 14 giochi per 89 yards.
Con i Raiders nel panico, la difesa dei Bucs diede una mazzata spaventosa ai Silver & Black: Dwight Smith intercettò un lancio di Rich Gannon, riportandolo in meta dopo una galoppata da 44 yards; i Bucs passarono così sul 34-3. Ma i Raiders non si diedero per vinti, segnando tre touchdowns e rientrando in partita sul 34-21.
Le speranze di rimonta dei Predoni vennero definitivamente infrante da Derrick Brooks, che riportò in meta un altro intercetto di Gannon (ancora per 44 yards) e diede ai suoi il vantaggio per 41-21 con 1’18” ancora da giocare.
Ma la difesa non era ancora sazia: Dwight Smith mise a segno il secondo intercetto di serata (per 50 yards, stavolta) ed i Bucs vinsero il Lombardi Trophy con un sonante 48-21.
La ciliegina sulla torta fu il titolo di MVP dell’incontro, assegnato ai Dexter Jackson per i suoi due intercetti, che avevano dato la svolta alla partita, apponendovi un marchio indelebile.

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Lo spaventoso Derrick Brooks

Nel 2003, reduci dalla vittoria nel Grande Ballo, ci si attendeva molto dai Buccaneers. Questi ultimi partirono a spron battuto, rovinando ai Philadelphia Eagles la gioia di giocare nel loro nuovissimo stadio: i Bucanieri si imposero infatti con un perentorio 17-0 nel Monday Night; in quell’occasione, Joe Jerevicius mise a segno una ricezione da cineteca.
Ma la settimana successiva, i Bucs iniziarono ad incontrare le prime difficoltà: Jurevicius terminò anzitempo la stagione a causa di un infortunio al ginocchio nel primo incontro casalingo contro i Carolina Panthers. La partita fu ulteriormente frustrante, dato che i Bucs sembravano aver ormai conquistato la vittoria grazie ad un TD nell’ultimo gioco; ma l’extra point di Martin Gramatica venne bloccato, e si andò così ai supplementari sul 9-9; alla fine, furono i Panthers a spuntarla con un FG.
I Bucs si ripresero col successo sugli Atlanta Falcons sette giorni più tardi, e sembravano in gran forma contro gli Indianapolis Colts, in vantaggio per 35-14 con poco meno di 5’ da giocare. Tuttavia, i Colts realizzarono una rimonta straordinaria, siglando 21 punti di fila e costringendo i Bucs ai supplementari; anche stavolta gli avversari ebbero la meglio, chiudendo sul 38-35.
A rendere ancor più difficile la situazione, si aggiunsero gli infortuni a Mike Alstott e Brian Kelly, che misero la parola fine alla loro stagione. 
I Bucs rimasero a galla, vincendo in trasferta per 35-13 contro i Washington Redskins nella Capitale, ma ogni vittoria venne seguita da una sconfitta.
Alla fine, l’assenza di un gioco di corsa consistente si rivelò fatale per i Bucs, che andarono sotto quota .500 perdendo per 27-24 contro i Panthers; quella sconfitta, giunta nella Week 10, infranse definitivamente le speranze di vittoria del titolo divisionale.
I devastati Buccaneers continuarono a faticare, giocando un football mediocre e venendo nuovamente sconfitti per 20-13 in casa dai Green Bay Packers la settimana seguente.
Un paio di giorni dopo, la frustrazione dei Bucs divenne ancor più evidente: Keyshawn Johnson, a causa della propria incessante scontrosità, venne panchinato per il resto della stagione. Senza di lui, i Bucs piegarono i New York Giants nel Monday Night, superandoli per 19-13 e mantenendo vive delle speranze di playoff alquanto sbiadite. 
Ma una settimana dopo, l’attacco dei Bucanieri andò in stallo, ed il team della Florida fu superato per 17-10 dai conterranei Jacksonville Jaguars.
I Bucs alternarono vittorie e sconfitte negli ultimi quattro turni, chiudendo la stagione al terzo posto in classifica, con un deludente record finale di 7-9.

Il 2004 fu un anno di cambiamenti a Tampa: la dirigenza ingaggiò Bruce Allen come nuovo GM. Dopo il suo arrivo, Warren Sapp e John Lynch furono entrambi autorizzati a cercarsi un’altra squadra, mentre Keenan McCardell cercò di andarsene rimanendo in holdout: il che non fece di certo la gioia dei tifosi…
Quando la stagione iniziò, i Buccaneers partirono col piede sbagliato, perdendo le prime quattro gare in calendario; a rendere ancora più difficile la situazione, l’infortunio rimediato dal nuovo acquisto, il WR Joey Galloway, che lo tenne lontano ben otto settimane. Brad Johnson faticò a tal punto da venire panchinato. 
Nella Week 5, i Bucs si affidarono al giovane QB Chris Simms, al secondo anno tra i pro, che però si infortunò a sua volta; ciò portò all’impiego di Brian Griese, il quale si insediò in cabina di regia e condusse i suoi alla prima vittoria contro i New Orleans Saints, battuti per 20-17. Nelle successive otto partite, i Bucs giocarono meglio, portandosi sul 5-7; Griese mostrò buone cose, mentre il rookie WR Michael Clayton aveva fino a quel momento totalizzato 1.193 yards su ricezione e sette touchdowns. Ma, pur con una chance di ritornare nella corsa ai playoff, i Bucs persero tutte e quattro le restanti partite di campionato, il quale si chiuse con un pessimo 5-11 che valse loro l’ultimo posto in classifica.

Nel 2005, i Buccaneers sono partiti a spron battuto, grazie alla loro prima scelta, il RB Carnell “Cadillac” Williams; quest’ultimo ha disputato tre gare assolutamente incredibili, correndo per 434 yards su 88 portate, e trascinando i suoi sul 3-0. Ma nella Week 4 Cadillac ha mostrato qualche indecisione, correndo per sole 13 yards su 11 portate e lasciando il campo per infortunio; i Bucs hanno comunque superato i Detroit Lions per 17-13, passando sul 4-0.
Con Cadillac fermo ai box, la settimana seguente i Buccaneers sono stati piegati per 14-12 dai New York Jets. Williams è rimasto al palo anche nel turno successivo, ma Tampa Bay ha superato i Miami Dolphins per 27-13; il successo ha però avuto un sapore dolceamaro, in quanto Brian Griese ha chiuso anzitempo la stagione per infortunio.
Dopo il bye, con Chris Simms in cabina di regia, l’attacco dei Bucs è sembrato perso: il team della Florida è stato infatti superato per 15-10 dai San Francisco 49ers, pur senza concedere alcun TD.
Dopo la sconfitta per 34-14 contro i Carolina Panthers, che li ha portati sul 5-3, la stagione dei Buccaneers sembrava ormai compromessa; a riprova di ciò, i Bucs si trovavano sotto per 35-28 nell’ultimo quarto della sfida con i  Washington Redskins. Ma quella gara è invece diventata una festa per Chris Simms, che ha lanciato tre TD passes, uno dei quali da 30 yards per Edell Sheppard a 58″ dal termine. Gruden ha voluto tentare il tutto per tutto, ed ha avuto ragione: la conversione da due punti di Mike Alstott ha infatti dato il successo ai suoi per 36-35.
Galvanizzati dalla vittoria, i Bucs si sono ripetuti la settimana seguente contro gli Atlanta Falcons, trascinati dalle 116 yards su corsa di Cadillac Williams.
Dopo aver alternato vittorie e sconfitte nelle due gare successive, i Buccaneers hanno espugnato il campo dei Carolina Panthers, superandoli per 20-10, e raggiungendoli in vetta alla NFC South. Tuttavia, la trasferta contro i New England Patriots ha mostrato troppe smagliature della squadra, che è uscita con le ossa rotte dal Gillette Stadium, superata con un impietoso 28-0.
Ciò nonostante, grazie a due vittorie consecutive, i ragazzi di Gruden si sono aggiudicati il titolo divisionale col record di 11-5; ciliegina sulla torta, il titolo di Offensive Rookie of the Year assegnato a Cadillac Williams, capace di correre per 1.178 yards e di segnare sei mete.
Ma l’avventura in postseason è stata di brevissima durata: il giovane attacco dei Buccaneers ha stentato non poco. Williams ha conquistato solo 49 yards, mentre Chris Simms ha commesso ben tre turnover: il primo, un intercetto, ha portato alla prima segnatura dei Redskins; il successivo fumble è stato poi riportato in meta dai Pellerossa. I Buccaneers hanno perso per 17-10, pur avendo concesso agli avversari solo 120 yards di total offense.

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Carnell “Cadillac” Williams in azione

Sin dall’inizio della stagione 2006, gli infortuni hanno giocato un ruolo decisivo per i Buccaneers;  Cadillac Williams ha giocato per tutto il campionato in condizioni precarie, non riuscendo a tagliare il traguardo delle 1.000 yards su corsa.
Le cose sono andate anche peggio a Chris Simms, che ha rimediato la rottura della milza nella gara persa per 26-24 contro i Panthers allo scadere. Simms, operato d’urgenza, ha così dovuto saltare il resto della stagione: sul parziale di 0-3, Bruce Gradkowski gli è subentrato in cabina di regia.
Gradkowski ha giocato bene all’esordio, ma un’altra sconfitta sul filo di lana contro i Saints ha portato i Bucs sullo 0-4. Sotto per 13-7 contro i Cincinnati Bengals nell’ultimo minuto della Week 5, i Buccaneers hanno finalmente rotto il ghiaccio, grazie al TD pass di Gradkowski per Michael Clayton, che ha dato loro la vittoria per 14-13.
I brividi non sono mancati neppure la settimana dopo, quando i Bucs hanno piegato i Philadelphia Eagles per 23-21, grazie al FG da 62 yards di Matt Bryant a fil di sirena. Quel calcio è rimasto di una yard sotto il record NFL: riproposto in tutte le trasmissioni sportive, ha dato ai tifosi dei Buccaneers una piccola nota lieta in una stagione altrimenti da dimenticare.
Dopo quelle due vittorie, gli infortuni hanno ripreso a falcidiare la squadra, ed i Buccaneers hanno chiuso all’ultimo posto con un terrificante 4-12.
Al termine della stagione ci sono stati dei movimenti nel roster, con il ritiro di Shelton Quarles e il rilascio di Simeon Rice. Benché ci si aspettasse il ritorno di Chris Simms, i Buccaneers hanno acquisito Jeff Garcia dai Philadelphia Eagles.

Con Garcia in cabina di regia, i Buccaneers hanno iniziato male la stagione 2007, perdendo in trasferta per 20-6 contro i Seattle Seahawks.
All’esordio casalingo, Garcia ha trovato un’ottima intesa con il WR Joey Galloway, al quale ha lanciato due TD passes, uno dei quali da 69 yards, che hanno portato al successo per 31-14 contro i New Orleans Saints.
Una settimana più tardi, è stata la difesa a fare la differenza, spingendo i Bucs a sotterrare i Rams con un sonoro 24-3. Difesa ancora sugli scudi sette giorni dopo, con la prima vittoria esterna, sui Carolina Panthers, per 20-7; purtroppo per i Bucs, Cadillac Williams ha subito un serio infortunio al ginocchio, che ha messo la parola fine alla sua stagione.
Senza di lui, i Buccaneers sono sembrati persi, venendo sconfitti in tre delle successive quattro partite e ritrovandosi sul parziale di 4-4.
Alla disperata ricerca di una vittoria, i Buccaneers si sono affidati nuovamente alla propria retroguardia, che li ha portati al successo per 17-10 sugli Arizona Cardinals.
Tampa Bay si è riportata in vetta alla NFC South una settimana dopo, piegando per 31-7 i disastrosi Atlanta Falcons; da quella gara, Ernest Graham ha iniziato a riempire il vuoto lasciato dall’infortunio di Williams.
La striscia positiva si è allungata a tre gare, con il successo per 19-13 sui Washington Redskins, propiziato ancora una volta dalla difesa guidata da Ronde Barber, capace di provocare ben sei turnover; in quell’occasione, però, Jeff Garcia si è infortunato.
Senza di lui in campo, i Bucs hanno vinto anche la quarta gara consecutiva, sconfiggendo in trasferta i Saints per 27-23, grazie ad un TD pass del backup di Garcia Luke McNown per il TE Jerramy Stevens a 14″ dal termine. Con quella vittoria, i Buccaneers sono passati sull’8-4, ma i giochi nella Division non erano ancora fatti.
McNown non è riuscito a ripetersi per la seconda settimana di fila, e la striscia positiva di Tampa Bay si è arrestata con la sconfitta esterna per 28-14 contro gli Houston Texans.
Una settimana più tardi, i Buccaneers hanno visto terminare una striscia ancor più lunga, allorquando Michael Spurlock ha riportato in meta per 90 yards un kickoff nel primo quarto, che li ha portati sul 14-3 contro i Falcons. Per la prima volta, nei 32 anni di vita della franchigia, un Buccaneer era riuscito a riportare in meta un kickoff. Il ritorno vincente ed un intercetto messo a segno ad inizio gara da Ronde Barber hanno permesso ai Buccaneers di togliere pressione a Jeff Garcia: i Bucs hanno vinto agevolmente per  37-3, assicurandosi anche il titolo divisionale.
Con la corona della NFC South in tasca, e senza la possibilità di usufruire del bye al primo turno, i Buccaneers hanno fatto rifiatare molti dei loro migliori atleti nelle ultime due partite della regular season, entrambe perse; il record finale è stato di 9-7.
Opposti ai New York Giants nella Wild Card, i Buccaneers sono parsi solidi nella prima frazione di gioco, portandosi in vantaggio per 7-0 con una corsa vincente di Graham. Ma è stato un fuoco di paglia: i Giants hanno infatti dominato per tutto il resto dell’incontro, segnando 24 punti di fila. A rendere meno amaro il punteggio, il secondo TD dei Bucs, che ha fissato il punteggio sul 24-14, ma non ha impedito ai Giants di iniziare la loro incredibile corsa verso il Super Bowl.

Reduci da un deludente addio ai playoff, i Buccaneers si sono trovati alle prese con una QB controversy, allorquando Brian Griese è stato messo sotto contratto per giocarsi il posto da titolare con Jeff Garcia.
Dopo che quest’ultimo ha esordito perdendo l’opener in trasferta contro i New Orleans Saints per 24-10, Griese ha preso il suo posto, conducendo i Bucs alla vittoria per 24-9 sui Falcons nella prima gara in casa.
Griese è partito di nuovo titolare anche una settimana dopo, guidando Tampa Bay al successo in rimonta ai supplementari contro i Chicago Bears per 27-24.
Il terzo successo è giunto grazie alla difesa, capace di intercettare Aaron Rodgers per ben tre volte nella sfida vinta per 30-21 contro i Green Bay Packers.
Una settimana dopo, i Bucs hanno perso Griese a causa di un infortunio al gomito: la difesa dei Denver Broncos ha messo il bavaglio all’attacco dei Bucs, superandoli per 16-13.
Ma i Buccaneers si sono prontamente ripresi, con Jeff Garcia alle spalle del centro, vincendo tre delle successive quattro gare prima del bye.
Dopo il turno di riposo, i Buccaneers hanno continuato a giocare un football solido, vincendo tre gare di fila e portandosi al comando della NFC South col parziale di 9-3, pronti a veleggiare verso i playoff.
Con la chance di mettere in cassaforte il titolo divisionale, la difesa ha improvvisamente sbandato, concedendo 21 punti nell’ultimo quarto dell’incontro perso in trasferta contro i Panthers e perdendo così il primato in classifica.
Quella sconfitta ha creato una falla nella nave dei Bucanieri, che hanno perso in overtime contro i Falcons anche l’incontro successivo, col punteggio di 13-10.
Di ritorno a casa per le ultime due gare in calendario, le cose non sono migliorate granché: i Bucs hanno concesso 21 punti di fila nell’ultimo quarto ai San Diego Chargers, che hanno finito per imporsi per 41-24. Pur avendo perso tre incontri di fila, i Buccaneers avevano ancora una chance di agganciare il treno playoff, in casa contro gli Oakland Raiders. Tuttavia, hanno visto svanire un vantaggio di dieci punti negli ultimi 10′ della gara, perdendo il quarto incontro consecutivo per 31-24, con i Predoni capaci di mettere a segno 17 punti di fila.
La stagione si è chiusa con un deludente record di 9-7, non sufficiente per l’approdo ai playoff.
L’organizzazione si apprestava a dover apportare dei profondi cambiamenti, per rifondare la squadra. I problemi sono iniziati quando il DC Monte Kiffin ha annunciato di volersene andare per unirsi al figlio Lane nel coaching staff dell’Università del Tennessee. La difesa dei Bucs, una delle migliori della Lega, aveva giocato un pessimo football nella parte finale della stagione.
La striscia negativa ha messo la parola fine anche all’era Gruden: i Bucs, dopo sette stagioni, hanno deciso di separarsi dall’allenatore che li aveva portati al Super Bowl. A fare le valige sono stati anche Derrick Brooks, Jeff Garcia, Ike Hilliard, Joey Galloway, Warrick Dunn, e Brian Griese; a sostituire Gruden è stato chiamato Raheem Morris.

Quando la stagione 2009 ha avuto inizio sotto la guida di Morris, è stato chiaro sin da subito che i Buccaneers sarebbero stati un cantiere aperto: il loro roster ha fatto quasi pensare ad un expansion team.
Nell’opener, i Bucs hanno giocato bene per la maggior parte dell’incontro, ma hanno finito col soccombere in casa, per mano dei Dallas Cowboys, impostisi col punteggio di 34-21.
Il trend negativo è proseguito anche nelle due settimane seguenti, con le sconfitte contro i Buffalo Bills ed i New York Giants.
Dopo tre settimane, i Bucs hanno deciso di panchinare il QB Byron Leftwhich, preferendogli Josh Johnson. La mossa è parsa inizialmente positiva, dato che i Buccaneers hanno chiuso in vantaggio per 10-0 il primo tempo contro i Washington Redskins. Ma questi ultimi hanno poi messo a segno 16 punti di fila nel terzo periodo, infliggendo così la quarta sconfitta consecutiva a Tampa Bay.
I Bucs hanno continuato a stentare, perdendo anche le due partite successive, pronti a volare a Londra con un pessimo parziale di 0-6. Anche a Wembley il copione è stato il medesimo, con i Buccaneers bastonati per 35-7 dai fortissimi New England Patriots.
Sul parziale di 0-7, i Buccaneers hanno guardato al passato ed al futuro, alla ricerca della prima vittoria contro i Green Bay Packers dopo il turno di riposo. Il futuro era rappresentato dal QB Josh Freeman, draftato al primo giro con la 17ma scelta assoluta. Considerato un rookie grezzo ma talentuoso, Freeman è sceso in campo per la prima volta da titolare con i Buccaneers, che indossavano le vecchie divise arancioni per celebrare la squadra del 1979. Il debutto di Freeman è stato eccellente, con 14 passaggi completati su 31, 205 yards e tre TD passes a fronte di un solo intercetto: il giovane QB ha così guidato i suoi al successo per 38-28, sigillato da Tanard Jackson con un ritorno di intercetto in meta da 35 yards. Sette giorni più tardi, contro i Miami Dolphins, i Bucs hanno fallito per poco una grande rimonta, segnando due mete e portandosi sul 23-22 allo scadere dell’ultimo quarto. Ma alla fine sono stati i Dolphins ad aggiudicarsi l’incontro, grazie ad un FG da 25 yards di Dan Carpenter.
Dopo la sconfitta per 38-7 contro i New Orleans Saints, i Buccaneers sono stati nuovamente puniti allo scadere contro gli Atlanta Falcons, impostisi per 20-17 grazie ad un TD pass del backup QB Chris Redman per Roddy White negli ultimi secondi di gare.
La striscia negativa è proseguita con le sconfitte contro Carolina Panthers e New York Jets, che hanno portato il bilancio sull’1-12.
Dopo aver stentato in trasferta per tutta la stagione, i Buccaneers hanno giocato la loro miglior partita dell’anno, espugnando il Qwest Field di Seattle col punteggio di 24-7. E’ stato un risultato positivo per tutta la squadra, impreziosito dai ben quattro intercetti ai danni di Matt Hasselbeck.
Una settimana dopo è giunta la seconda vittoria esterna, contro i futuri Campioni del Mondo dei New Orleans Saints per 20-17, rimontando 14 punti nell’ultimo quarto (anche grazie al ritorno di punt da 77 yards di Michael Spurlock) ed imponendosi con un FG da 47 yards di Connor Barth ai supplementari.
I Bucs hanno chiuso la stagione perdendo per 20-10 contro gli Atlanta Falcons, e terminando col record di 3-13.

Dopo aver giocato meglio alla fine della stagione 2009, i Buccaneers volevano fare un passo aventi, scendendo in campo con il roster più giovane della Lega. L’esordio è stato positivo, con la vittoria per 17-14 contro i Cleveland Browns, in occasione della quale avevano rimontato dopo essere stati sotto per 14-3.
Sette giorni dopo, trascinati da un’ottima difesa, i Bucs hanno superato in trasferta i Carolina Panthers per 20-7.
Dopo la sconfitta per 38-13 per mano dei Pittsburgh Steelers ed il bye, i Buccaneers hanno eguagliato il loro record complessivo del 2009, passando sul 3-1 grazie alla vittoria per 24-21 contro i Cincinnati Bengals. In una gara altalenante, i Buccaneers sono pervenuti al pareggio sul 21-21 grazie al TD pass di Josh Freeman per Mike Williams a 1’26” dal termine, dopo che un grande intercetto di Aqib Talib aveva loro ridato il possesso.
Decisivo è stato l’altro intercetto, messo a segno da Sabby Piscitelli, il quale ha consentito a Connor Barth di piazzare tra i pali il FG da 31 yards che ha chiuso l’incontro.
Dopo aver perso per 31-6 contro i New Orleans Saints, i Bucs hanno ritrovato un po’ di magia da ultimo quarto grazie a Josh Freeman, che ha orchestrato un drive chiuso con la corsa vincente da una yard di Cadillac Williams a dieci secondi dal termine; i Bucs, che erano stati sotto per 17-3, hanno così battuto i St. Louis Rams per 18-17.
Una settimana più tardi è stata la secondaria di Tampa Bay a salvare la baracca, in occasione della vittoria per 38-35 sugli Arizona Cardinals: Aqib Talib e Geno Hayes hanno entrambi riportato un intercetto in meta, mentre il RB LeGarrette Blount ha corso per 120 yards e segnato due mete, tra le quali quella della vittoria.
Dopo una sconfitta per 27-21, rimediata al termine di una combattutissima gara contro gli Atlanta Falcons, i Buccaneers si sono rapidamente rimessi in carreggiata con due vittorie di fila, che li hanno portati al Thanksgiving con un solido record di 7-5, reduci dal successo per 21-0 sui San Francisco 49ers, la prima al Candlestick Park dal 1980.
Tuttavia, dopo il Ringraziamento, le cose hanno iniziato a farsi difficili per i Buccaneers, che hanno perso due gare di fila, una delle quali per 28-24 contro i Falcons in casa, nella quale hanno sprecato un vantaggio di dieci punti nell’ultimo quarto. In una giornata fredda e piovosa a Washington, il copione si è ripetuto contro i Redskins, ma stavolta i Bucs l’hanno spuntata per 17-16, anche grazie alla mancata trasformazione dell’extra point da parte dei Redskins a nove secondi dal termine.
Una settimana dopo, i Buccaneers non sono stati altrettanto fortunati, poiché i Detroit Lions hanno rimontato sino a vincere la prima gara esterna in tre anni, col punteggio di 23-20 in overtime: Dave Rayner ha messo a segno sia il FG del pareggio che quello della vittoria.
Sul parziale di 8-6, i Buccaneers dovevano vincere le ultime due partite in calendario e sperare in qualche aiuto esterno per giungere ai playoff. I Buccaneers hanno fatto la loro parte, piegando i Seattle Seahawks per 38-15, con Josh Freeman capace di lanciare ben cinque TD pass e LeGarrette Blount di correre per 164 yards. I Bucs hanno superato anche i Saints una settimana tardi, col punteggio di 23-13, chiudendo la stagione col record di 10-6. Ma non è stato sufficiente per agganciare il treno postseason, perso via tie breaker; i Green Bay Packers hanno infatti conquistato il sesto posto in ragione di un miglior record di conference, ed hanno poi vinto il Super Bowl.
Ad aggiungere ulteriore frustrazione per i Bucs è stata la conquista della NFC West da parte dei Seahawks con il record negativo di 7-9; ma c’era comunque molto di cui andare fieri, a cominciare da Josh Freeman,che era emerso come uno dei migliori giovani QB della Lega (3.451 yards e 25 TD, a fronte di soli sei intercetti) e l’undrafted rookie RB LeGarrette Blount, preso dalla practice squad dei Titans, capace di correre per 1.007 yards in sole sette gare da titolare.

Dopo aver chiuso con un record di 10-6 per due stagioni di fila e aver perso i playoff sul filo di lana, il 2011 dei Bucs era carico di aspettative. Una sconfitta che li aveva perseguitati nel dicembre precedente era stata quella in overtime contro i Detroit Lions, i quali avevano in quel momento la striscia negativa esterna più lunga nella storia della NFL. Questa volta i Buccaneers sono stati sotto da subito e hanno faticato tutta partite per pareggiare. Sotto per 27-20, i Bucs hanno esaurito il tempo, dopo aver ripreso il possesso nella metà campo avversaria a fil di sirena.
Una settimana dopo nel Minnesota, i Bucs sono andati di nuovo in svantaggio, sotto per 17-0 contro i Vikings all’intervallo. Tampa Bay ha dato la svolta alla partita al rientro in campo, trascinata dai due TD su corsa di LeGarrette Blount, uno dei qual da quattro yards a 35 secondi dal termine, che gli ha consegnato un’insperata vittoria per 24-20.
Opposti in casa agli Atlanta Falcons, i Buccaneers sono passati in vantaggio da subito, e hanno tenuto duro fino a conquistare il successo per 16-13, mettendo fine ad una striscia negativa di cinque gare contro i diretti rivali di Division. Dopo essere stati in vantaggio per 16-3, i Buccaneers hanno sigillato la vittoria verso la fine dell’ultimo quarto, quando QB Josh Freeman ha costretto i Falcons a giocare un 4° e 1 a tempo scaduto.
Sotto da subito contro gli Indianapolis Colts nel Monday Night, i Bucs hanno vinto una combattuta gara casalinga per 24-17, grazie ad un TD su corsa da 35 yards di LeGarrette Blount.
Sul parziale di 3-1, i Buccaneers sembravano in buona forma, ma la loro nave ha iniziato a imbarcare acqua nella brutta sconfitta per 48-3 in trasferta contro i San Francisco 49ers.
I Bucs si sono ripresi subito, piegando i New Orleans Saints per 26-20, intercettando Drew Brees tre volte; a chiudere definitivamente i conti è stato l’intercetto di Quincy Black verso la fine dell’ultimo quarto.
Sette giorni dopo, i Buccaneers sono volati a Londra per affrontare i Chicago Bears. Sul 4-2, parevano destinati ad andare ai playoff. In terra d’Albione le cose sono però andate per il verso sbagliato: Josh Freeman ha disputato una pessima partita, macchiata da ben quattro intercetti, uno dei quali nell’ultimo quarto che ha messo fine ai sogni di rimonta, ed i Bucs hanno perso per 24-18.
Dopo il bye, i Buccaneers sono rientrati in patria, solo per vedere la loro stagione precipitare nel baratro. Hanno giocato bene nella prima gara dopo la sosta, perdendo però per 27-16 contro i Saints, ma da lì in avanti le cose sono peggiorat, specie per Josh Freeman, che si è dimostrato eccessivamente incline agli intercetti. Le sconfitte sono piovute copiose, ed i Buccaneers sono parti tirare i remi in barca prima ancora della fine di Novembre. Non solo hanno perso le ultime dieci gare in campionato, ma hanno fatto mancare l’impegno. LeGarrette Blount, che aveva iniziato positivamente la stagione, non è riuscito a raggiungere il traguardo delle 1.000 yards, mentre Freeman ha totalizzato qualcosa come 22 intercetti.
A causa della pochezza del gioco espresso, al termine della stagione i Buccaneers non hanno avuto altra scelta che licenziare Raheem Morris, sostituendolo con Greg Schiano.

Nel 2012, il nuovo HC, dopo aver dato una svolta al programma di football di Rutgers, sperava di avere altrettanto successo nella NFL. Prima ancora di allenare la sua prima squadra professionistica, Schiano si è reso protagonista di un bellissimo gesto, quando ha messo sotto contratto Eric LeGrand e l’ha invitato al camp. LeGrand era rimasto paralizzato due anni prima mentre giocava per gli Scarlet Knights e per il suo spirito era diventata una figura motivazionale nel college football.
L’era Schiano si è aperta anch’essa positivamente con il successo dei Buccaneers sui Carolina Panthers per 16-10; in quell’occasione, la difesa ha concesso ai Panthers sole 10 yards su corsa. Tra le stelle del reparto arretrato, vi era Ronde Barber, che aveva disputato la sua 200ma partita consecutiva, mettendo a segno anche un sack ed un intercetto.
I Buccaneers hanno poi affrontato i New York Giants: ancora una volta la difesa ha limitato il gioco di corsa avversario (sole 96 yards su corsa concesse), ma non altrettanto ha fatto nel gioco aereo, consentendo a Eli Manning di lanciare per 510 yards e guidare i suoi al successo per 41-34. Mentre la gara stava finendo, al suo ritorno nel New Jersey Schiano non si è fatto dei nuovi amici, dato che la difesa dei Bucs ha continuato a colpire i Giants quando questi ultimi si sono inginocchiati per far scadere il tempo.
Sette giorni dopo, i Buccaneers sono passati subito a condurre per 7-0 in traferta contro i Dallas Cowboys, grazie all’intercetto messo a segno da Aquib Talib ai danni di Tony Romo sul quarto gioco dell’incontro e ha riportato la palla sulla linea delle 1 yard. Ma la difesa dei Bucs ha stentato, totalizzando solo 96 yards: sono stati così i Cowboys a spuntarla per 16-10.
La terza sconfitta di fila per mano di una formazione della NFC East è arrivata per mano dei Washington Redskins, che si sono imposti per 22-21 grazie ad un FG di Billy Cundiff allo scadere.
Dopo il bye, i Bucs sono partiti a spron battuto sette giorni dopo, piegando i Kansas City Chiefs per 38-10; a fare la parte del leone è stata la difesa, in particolare Ronde Barber, che ha segnato riportando in meta un intercetto per 78 yards. Ma a lasciare l’amaro in bocca è stata la sospensione per quattro incontro di Aquib Talib, risultato positivo all’Adderall, uno stimolante proibito. Quando tutto era pronto per il suo ritorno, i Buccaneers hanno ceduto Talib ai New England Patriots.
Tampa Bay avrebbe potuto usarlo contro i New Orleans Saints, loro avversari nello scontro diretto della Week 7. Josh Freeman ha realizzato il proprio record in carriera, lanciando per 420 yards, ma non è bastato, poiché i Saints si sono imposti per 35-28. I Bucs sembravano aver pareggiato nell’ultimo gioco dei tempi regolamentari, ma Mike Williams, che aveva ricevuto sul fondo della endzone, era uscito dal campo prima di ricevere il pallone.
I Buccaneers hanno visto Freeman giocare un’altra grande partita sette giorni dopo: grazie alle 262 yards ed ai tre TD lansicati, i Bucs hanno piegato i Minnesota Vikings 36-17, mettendo fine ad una striscia esterna negativa di nove gare.
Una settimana più tardi, i Bucs hanno vinto la seconda gara consecutiva lontano da casa, sconfiggendo gli Oakland Raiders per 42-32. A trascinare i suoi è stato il rookie RB Doug Martin, capace di correre per 251 yards e quattro TD, tre dei quali con corse da oltre 45 yards.
La vittoria più sofferta di quella stagione è arrivata sette giorni dopo: sotto per 21-10 nei minuti finali contro i Panthers, i Bucs l’hanno spuntata in overtime per 27-21. I Bucs hanno pareggiato a 12 secondi dal termine con un TD pass da 24 yards di Josh Freeman per Vincent Jackson, accoppiata che ha anche messo a segno la successiva conversione da due punti. Ai supplementari, i Bucs sono partiti in attacco e hanno percorso tutto il campo, chiudendo i conti con il TD pass da 15 yards di Freeman per il TE Dallas Clark.
Tornati a casa sul parziale di 6-4, i Buccaneers hanno dato tutto contro gli Atlanta Falcons, ma questi ultimi sono riusciti a spuntarla grazie ad una segnatura nel finale di Michael Turner, che ha fissato il punteggio sul 28-27.
Quella è stata la prima di cinque sconfitte consecutive per Tampa Bay. Quella certamente più frustrante è giunta contro i Philadelphia Eagles nella Week 14, con gli Eagles capaci di segnare due volte negli ultimi quattro minuti, la seconda delle quali nell’ultimo gioco dell’incontro, grazie al quale hanno vinto per 23-21 ed impedito ai Bucs di festaggiare degnamente il decimo anniversario della conquista del Super Bowl.
I Buccaneers hanno vinto l’ultima gara stagionale contro i Falcons per 22-17, terminando la stagione col record negativo di 7-9. Doug Martin è stata la vera sopresa della stagione, chiusa con 1.454 yards e 11 TD.
Quella stagione ha anche segnato la fine della carriera di Ronde Barber, ultimo giocatore della squadra che dieci anni prima aveva conquistato il Lombardi Trophy. I sedici anni di Barber a Tampa Bay erano certamente da Hall of Fame: ha stabilito il record di 215 gare consecutive da titolare e 28 sacks in carriera, il massimo per un cornerback. Ha inoltre messo a segno 47 intercetti, 13 fumble forzati e 12 TD, partecipando a ben cinque Pro Bowl.

Ronde Barber

Ronde Barber

L’inizio della stagione 2013, la seconda di Schiano, è stato assai turbolento in casa Bucs, poiché i rapporti tra i giocatori e l’HC si sono fatti tesissimi.
I Buccaneers hanno tentato di migliorare la squadra acquistando il CB All-Pro Darrelle Revis dai New York Jets in cambio di una prima scelta al draft 2013 ed una quarta in quello del 2014.
Un giocatore con il quale Schiano era ai ferri corti era il QB Josh Freeman, che nonostante i mezzi fisici si stava facendo la nomea di uno che non studiava o non si allenava intensamente. I giocatori erano anche preoccupati da un’infezione di staffilococco aureo resistente alla meticillina verificatasi nell’impianto di allenamento, che aveva colpito tre di loro.
I Buccaneers hanno iniziato la stagione a Meadowlands contro i New York Jets; sul 17-15 negli ultimi secondi, la vittoria sembrava ormai a portata di mano, ma Lavonte David, che in precedenza aveva messo a segno un intercetto ai danni del QB biancoverde Geno Smith, ha colpito quest’ultimo fuori dal campo, consentendo ai Jets di mettere a segno il FG del definitivo 18-17 in loro favore.
Sette giorni dopo, all’esordio casalingo, i Buccaneers si sono nuovamente ritrovati con l’amaro in bocca: dopo che Mason Foster aveva riportato in meta per 85 yards un intercetto che li aveva portati avanti per 14-13, i Bucs hanno avuto la possibilità di aumentare il vantaggio, ma Rian Lindell ha fallito un FG da 29 yards a 1’10 dal termine; sono stati così i Saints a festeggiare, grazie al FG da 27 yards di Garrett Hartley a fil di sirena per il definitivo 16-13.
Dopo la sconfitta per 23-3 contro i New England Patriots a Foxboro, i Buccaneers hanno panchinato Josh Freeman, che poco dopo è stato rilasciato. Il rookie QB Mike Glennon ha ricevuto i galloni da titolare nella Week 4 contro gli Arizona ed è partito bene, lanciando un TD pass da otto yards per Mike Williams nel primo quarto, che ha portato i Bucs in vantaggio per 10-0. Tuttavia, i Cardinals hanno segnato 13 punti di fila nell’ultimo quarto, finendo per imporsi per 13-10 e portando i Buccaneers sullo 0-4.
I frustrati tifosi di Tampa Bay hanno cominciato a chiedere a gran voce il licenziamento di Greg Schiano, dato che la squadra continuava a stentare dopo il bye, perdendo tre gare di fila prima di volare a Seattle.
Dati sotto per due TD nei pronostici, i Buccaneers sono invece partiti fortissimo, portandosi sul 21-0 nel secondo quarto: sugli scudi Mike Glennon, autore di due TD pass, ai quali si è aggiunta la segnatura di Tom Crabtree con una toss di Mike James sull’handoff. Ma i Buccaneers hanno subito l’ennesimo blackout nel secondo tempo, vedendosi superare dai Seahawks in overtime per 27-24, passando sullo 0-8.
La prima vittoria dei Buccaneers è finalmente giunta nel Monday Night contro i Miami Dolphins per 22-19; Bobby Rainey ha messo a segno il TD decisivo con una corsa da una yard. Ma a fare la partita è stata la difesa dei Bucs, capace di concedere sole due yards di corsa all’attacco di Miami, mentre Darrelle Revis ha sigillato la vittoria con un intercetto.
Sette giorni dopo, Rainey ha corso per 163 yards e segnato due TD, mentre Vincent Jackson ha ricevuto 10 passaggi per 165 yards ed un TD, guidando Tampa Bay al successo per 41-28 sui diretti rivali degli Atlanta Falcons.
La difesa dei Buccaneers ha assicurato loro la terza vittoria di fila per 24-21 a Detroit, intercettando Matt Stafford per quattro volte nella gara esterna contro i Lions.
Dopo la sconfitta per 27-6 contro i Carolina Panthers, i Buccaneers si sono ripresi battendo i Buffalo Bills con l’identico punteggio.
Quella è stata l’ultima vittoria stagionale, che hanno perso le ultime quattro gare in calendario e chiuso con un pessimo 4-12.
Al termine del campinato, l’HC Greg Schiano ed il GM Mark Dominik sono stati licenziati. I Buccaneers hanno anche rilasciato Revis nonostante la convocazione al Pro-Bowl, mentre il nuovo management dei Bucs si è orientato in un’altra direzione e non voleva essere gravato dal fardello di un contratto pesante per un CB. Alla fine, non ci sono stati motivi di soddisfazione per i Buccaneer, dato che i giocatori sui quali pensavano di potersi ricostruire, come il RB Doug Martin, avevano disputato una stagione mediocre.

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