L’ultima giornata di Brady
Ripetere ogni anno che alla prima giornata di un campionato Nfl nulla è già scritto sarebbe, probabilmente, nauseante, ma è anche abbastanza scontato notare come i primi sessanta minuti di football abbiano regalato più di una sorpresa e una incredibile esplosione di rookie in grado di fare la differenza già ai primi passi nel mondo degli adulti.
Sarebbe anche abbastanza inutile e ripetitivo dire che il primo mese di scontri “veri” genera solitamente un maggior numero di infortuni più o meno gravi, ma anche qua è vero che ciò che è accaduto a Tom Brady renderà più triste la stagione che è appena andata a incominciare. E questo vale per tutti, qualunque sia la sponda del fiume sulla quale avete deciso di sedervi.
Un anno fa si cominciò col tragico episodio di Kevin Everett, un incidente di gioco durante un’azione degli special team che ci tenne tutti incollati al web per avere notizie aggiornate e, si sperava, incoraggianti. Il pericolo di morte scampato, poi la paralisi e, in dicembre, il ritorno sulle stampelle allo stadio di Buffalo per salutare compagni di squadra e pubblico. Quanto accaduto a Brady è molto meno grave, ma il legamento anteriore di una gamba che si spezza vuol dire solo una cosa: stagione finita.
E finita quindi l’ennesima possibilità di scontro-rivincita-rivalità tra i Patriots e gli Indianapolis Colts, partita che, senza Brady, avrà un sapore decisamente diverso. L’azione è stata vista e rivista, trasmessa fino a notte fonde dai network americani mentre si attendevano notizie più fresche sulle condizioni del quarterback della franchigia bostoniana. Un tentativo di blitz della difesa di Kansas City, il safety Bernard Pollard che penetra nella linea, viene bloccato e cade, ma da terra si lancia verso Brady quasi a voler completare un sack ormai impossibile. Un Brady che sta completando il movimento di lancio per trovare Randy Moss, un quarterback indifeso e sorpreso, il re nudo davanti all’attacco del difensore avversario. Poi il contatto sulla gamba che si blocca, subisce una torsione assurda e crack…
Brady abbandona il campo sulle sue gambe, presto si viene a sapere che non rientrerà per la gara, poi vinta dai Patriots 17-10, e stamattina la peggiore delle notizie per un atleta. Il tentativo di rifarsi di quel Super Bowl perso contro i miracolosi NY Giants lo scorso febbraio è rimandato di un anno ma la cosa da capire oggi è come si muoveranno ora i New England Patriots. Bill Belichick dovrà rivedere il gioco probabilmente, modificare gli schemi che attraversano la zona nevralgica del suo attacco e non è detto che per farlo si affidi alla riserva di Brady Matt Cassel.
Di certo non un compito facile, ma un’impresa d’innanzi alla quale qualsiasi allenatore deve prima o poi trovarsi. Gli infortuni fanno parte del football purtroppo quasi nello stesso numero in cui ne fanno parte mete, corse e lanci, ma perdere un fulcro così solido nel reparto offensivo, il giocatore più importante nel ruolo più delicato e difficile da sostituire, è un colpo davvero pericoloso, quasi da KO. La parte di bicchiere mezzo pieno esiste sempre e, in questo caso, sta nei tempi. Già dalla week 2 si avrà infatti un nuovo quarterback che avrà modo di prendere il giusto ritmo per la volata finale mentre la difesa ed il resto dell’attacco tenteranno di colmare l’assenza del leader della squadra.
Il momento peggiore per un infortunio che priva così gli appassionati di un sicuro protagonista dello scontro tra NY Jets e Patriots, rivalità tra la Grande Mela e Boston che pulsa all’interno della Afc East, rivalità che quest’anno avrebbe significato anche Brady contro Brett Favre. Il vecchio quarterback delle meraviglie, e ci scuseranno se teniamo il soprannome Broadway per il solo Joe Namath, ha esordito ieri a Miami con la casacca dei Jets aprendo le danze con una bomba (alla Favre) da 56 yard per la meta di Jerricho Cotchery e, poi, ha controllato bene una gara meno semplice del previsto contro dei Dolphins ancora troppo giovani e piazzati all’interno di un vero e proprio cantiere di rinnovamento. L’ironia della sorte, o quello che è, aveva tra l’altro messo di fronte a Favre proprio l’ex quarterback dei suoi Jets, Chad Pennington, uscito subito battuto con qualche errore di troppo dal maestro che in pensione non vuole andare e tanti dispiaceri darebbe al nostro ministero dell’Istruzione. Per fortuna della nostra ministra, e non solo sua probabilmente, i dispiaceri Favre li riserva solo agli avversari in campo.
Ed il problema non sembra finire qua per New England, perché anche i Buffalo Bills sembrano essere finalmente usciti dal lungo tram-tram di lavori di ricostruzione che da svariate stagioni li condiziona. Una rondine non fa primavera ma il buongiorno si vede dal mattino. A ognuno il proverbio più scontato che preferisce, ma questi Bills sono piaciuti molto al di là delle considerazioni sulla prima giornata. Un batosta secca rifilata a Seattle (34-10), gli avversari mai tenuti in partita, un Trent Edwards abbastanza sicuro di sé e tranquillo nell’eseguire i giochi, un running game efficace posato sulle gambe di Marshawn Lynch e su quelle di Fred Jackson che, insieme, hanno costituito una buona arma via terra. Ed una buona difesa, solida ed efficace guidata da Kawika Mitchell, campione del mondo con i Giants pochi mesi fa e subito integrato alla perfezione nel reparto di Buffalo.
I Jets di una leggenda piazzata dietro al centro e i giovani Bills che sperano di non riempire l’infermeria come al solito ma piuttosto la casella delle vittorie, due squadre improvvisamente ambiziose che possono puntare a un record vincente, due squadre che creano un problema aggiunto per coach Belichick oltre alla perdita di Tom Brady. Con due mine vaganti del genere piazzate nella divisione impossibile sperare di arrivare ai playoff passeggiando, ma questi Patriots, negli ultimi anni, ci hanno abituato a tutto, nel bene e nel male. Vedremo a dicembre.
Per ora limitiamoci a settembre, alla prima giornata, a quelle partite che, prima che scendano in campo i due Monday Night (Green Bay-Minnesota e Oakland-Denver), hanno ridato lustro a qualche giocatore un po’ oscurato in passato e a tanti esordienti che hanno voluto ripagare le squadre per la scelta spesa su di loro già alle prime battute. Tra questi Joe Flacco, Matt Ryan, Felix Jones, Matt Forté e Jonathan Stewart. E non solo.
Cominciamo però da Michael Turner, che non è un rookie e che per anni ha vissuto a San Diego all’ombra di LaDainian Tomlinson; che avesse un buon potenziale lo sapevamo, ma nel 34-21 senza storia che i suoi Falcons hanno rifilato alla solita Detroit (difesa molle ed attacco indecifrabile) c’è tanto di suo. Un lavoro da 220 yard e due mete, un’impresa che aveva già contribuito a stendere l’avversario nel primo quarto prima di un accenno di ripresa, e rimonta, nei secondi 15 minuti. Giocate che hanno permesso a Matt Ryan di esordire con calma, togliendosi di dosso molta pressione e ordinare un gioco tutto via terra con pochissimi lanci ma almeno uno per un touchdown, il primo della partita e della sua carriera.
Joe Flacco a Baltimora faceva di meglio correndo per 38 yard fino alla endzone dei Bengals messi sotto, grazie a quella meta, per 17-3, risultato poi modificato di sette punti per Cincinnati grazie ad una giocata difensiva. Ryan e Flacco, gli unici due quarterback chiamati al primo giro dello scorso draft, esordienti e vincenti come non capitava dal 1971 quando per l’ultima volta due signal passer alla prima uscita risultarono vincenti alla prima giornata. I loro nomi? Jim Plunkett e Archie Manning.
E arrivano i runningback. Felix Jones esordisce a Cleveland con la maglia dei Dallas Cowboys, corre 62 yard e segna una meta. Lo imitano Matt Forté dei Chicago Bears e Tim Hightower degli Arizona Cardinals che, pur correndo poche yard, segna all’esordio come le due nuove stelle sopracitate. Non segna ma diverte invece Chris Johnson che mette a referto 93 yard nella sua prima gara da pro coi Tennessee Titans. Insomma, non solo Adrian Peterson quest’anno, forse, visto quanto di buono sembra aver portato il draft e visto anche che non solo Michael Turner, tra i veterani, resta a guardare. Willie Parker a Pittsburgh mette in cascina tre touchdown dopo aver corso 138 yard e Reggie Bush alza 112 yard e una meta. Su ricezione però.Partita esaltante del runningback dei Saints che però, nel suo mestiere vero, quello di runningback, ci mette ancora poco di suo dimostrando ancora una volta di essere realmente un jolly offensivo da sfruttare pochissimo come runner tipico e limitandosi a sfruttarlo nelle più disparate situazioni come nei lanci corti in uscita dal backfield dove ha tempo di leggere il campo e giocare senza doversi infilare nei buchi della linea, pratica che lo rende piuttosto allergico alle grandi giocate visto che, a occhio, non gliene riesce una. Quando si avrà di nuovo l’attacco che coach Sean Payton preferisce, con un runningback puro e lui a spaziare dal backfield come arma aggiunta ecco che i nuovi New Orleans di Jeremy Shockey, ottimo ieri sera, faranno davvero paura.
E, infine, tra giocatori rivelazioni, vecchie conoscenze e qualche spavento di troppo, non potevano mancare quelli che gli americani chiamano “upset”, i risultati a sorpresa, le partite dove il pronostico viene sovvertito. Due le partite di punta con questo esito, due gare che vedono, per ora, la rinascita di due squadre spesso in difficoltà lo scorso anno e che si sono prese la prima rivincita in trasferta sovvertendo, tra le altre cose, anche l’adagio più di moda in questi anni che vedrebbe la Afc costantemente superiore alla Nfc. Parliamo di Carolina e Chicago che sono andate a vincere rispettivamente a San Diego e Indianapolis.
I Panthers nel pomeriggio hanno approfittato di una nuova partenza a freni tirati dei Chargers (un anno fa cominciarono 1-3 giocando spesso male prima di diventare una delle migliori squadre della lega). Carolina ha controllato bene il primo tempo sciupando tanto contro dei Bolts forse convinti che pigiando appena appena sull’acceleratore sarebbe bastato ad avere la meglio. E così è sembrato a un certo punto, quando cioè nel terzo e poi, soprattutto, nel quarto periodo i Chargers sono riemersi dalle sabbie mobili fino allo splendido TD consumatosi sull’asse Philip Rivers-Antonio Gates. Il lancio del meno 2, una meta trovata da Rivers che infilava l’ovale in un buco piccolo così con un lancio teso a mezza altezza verso la sideline di sinistra dove il solito Gates non tradiva. Poi il vantaggio di Vincent Jackson e quell’ultima palla lasciata ai Panthers per un drive da 68 yard.
Drive che in 10 giochi ha portato Jake Delhomme e compagni a 14 yard dal traguardo, in piena redzone, e che si è consumato con il cronometro che scivolava a zero grazie a un missile lanciato dal quarterback di Carolina teso e veloce verso il fondo della endzone, tagliando fuori la doppia copertura dei Chargers che stava entrando sul ricevitore. Ammettiamo di pensare che non saranno stati in tanti a credere che Carolina riuscisse a completare un drive così e che persino quell’ultimo lancio, chiuso dalle mani del tight end Dante Rosario è sembrato per un attimo fermare il tempo, appena un secondo, apparso interminabile, in cui nessuno, nemmeno in campo, sembrava credere a quanto fosse successo.
Poi la serata che cala sugli Stati Uniti, il primo Sunday Night stagionale e l’esordio per il Lucas Oil Field, il nuovo stadio degli Indianapolis Colts. La squadra di Tony Dungy è apparsa piuttosto arrugginita, con una linea offensiva abbastanza in difficoltà e un Peyton Manning, fermo per tutta estate causa infortunino, ben lontano dal prendere il ritmo giusto. Ciò non toglie meriti alla prestazione dei Bears, che non si sono accontentati di approfittare dei problemi avversari ma hanno voluto giovare una partita vera e, finalmente, si è rivisto a sprazzi il valore che portò questa squadra al Super Bowl del 2006.
Un’ottima difesa, in grado di generare punti e limitare le folate avversarie, chiudendo spesso la strada sui terzi (e due quarti) down e diventando quasi invalicabile quando il campo si accorcia e l’avversario mette piede nelle ultime venti yard. Ed un attacco ordinato, con una linea offensiva che si è mossa bene, forse ad eccezione dell’uomo teoricamente migliore, il centro Olin Kreutz, apparso ancora un po’ indietro. Entrambi i reparti hanno funzionato. Dietro una difesa piazzata spesso con 5 defensive back su terzi down, ma sempre pronta a intasare la linea di scrimmage allineando 6, 7 o 8 giocatori.
L’attacco è stato di vecchio stampo, un gioco che ha caratterizzato i Bears per decenni. Tanta corsa, con Matt Forté a percorrere 123 segnando una meta da 50, e Kyle Orton, di nuovo titolare, a gestire giochi poco rischiosi ma sempre in grado di tenere in vita i drive offensivi e di compiere scelte esatte, come i due lanci profondi per Greg Olsen nel primo quarto e Desmond Clark nell’ultimo che hanno spiazzato le secondarie avversarie e regalato ottime posizioni per segnare. Zero palloni persi, 4 drive su 9 portati fino a mettere punti sul tabellone, un attacco solido e continuo che dà la dimensione tanto ricercata da Lovie Smith in questi anni. E domenica c’è Carolina-Chicago, perché nella Nfl tutto sembra prendere sempre il filo della trama di un film
Ma, soprattutto, domenica sarà già week 2 e tutto potrebbe essere riscritto. Siamo appena partiti e siamo ancora tutti in rodaggio.
Da grande tifoso dei Jets sono felice per la nostra vittoria
sui Dolphins(ma di solito con MIA vinciamo sempre).E’ stato
comunque triste vedere Chad con un’altra maglia.Mi dipiace
veramente moltissimo per Tom Brady(i Pats con Cassel non hanno
nessuna chances di vittoria).Un’ultima cosa…..speriamo
che il prossimo anno il football torni su SKY(e magari anche
su NASN in versione europea),Ieri,guardando Saints-Bucs
su Rai Piu’ mi stavo quasi addormentando………
Davvero
Ciao. Splendido articolo, splendida disamina, come sempre.
I Bolts non cambieranno mai… 1-3 lo scorso anno? Quest’anno week 2 a Denver (e che Broncos in week 1!) Inizio in salita a dir poco…
Ultimo drive fantastico di Delhomme certo, tuttavia le maggiori difficolt
Ottimo,ottimo,ottimo pezzo!!!!!che altro aggiungere…..a…..OTTIMO!!!
@Chargers: seguito poco i Chargers, ho praticamente assitito al primo quarto poi a tratti e tutti gli ultimi tre drive della gara e letto qua e l
Scusa Alessandro,se non sono indiscreto,mi potresti dire
su quale tv(o sito)sei riuscito a vedere delle partite in diretta?
Io le seguo col Game Pass di Nfl.com in HD. Per meno pretese c’
Appunto, come sospettavo…
NFL.com 9/10/08: “Merriman changes mind, decides to have knee surgery” – Associated Press.
Peccato, perch
Ciao a tutti,
ho letto la notizia della nomina a starter di Tampa di Griese al posto di un giocatore che io ritengo un campione, oltre che un vincente, come Jeff Garcia.
Non ti sembra alessandro che la NFL a volte sia in preda ad un isterismo eccessivo?
Garcia non ha giocato benissimo, vero, ma cambiarlo per alcuni errori che in realt
Caro Mario ciao e grazie. La storia della nfl
Secondo me Garcia e’ gia’ da qualche anno che e’ in netta parabola discendente.Se vi ricordate,gia’ nell’ultimo anno con i 49ers aveva gia’avuto diversi problemi.I soliti problemi che purtroppo sta avendo TO.Bei tempi quando Garcia ed Owens
formavano una delle migliori coppie della lega.Una riflessione:
leggevo su un sito americano riguardo ad un ipotetico confronto
tra il Marshall Faulk di qualche anno fa (vi ricordate quando con i Rams riusci in una stagione a conquistare 2408 yards tra corse e ricezioni)e Reggie Bush.Secondo me,Bush non e’ vero
proprio running back,spesso e’ abbastanza carente nei bloccaggi
ed e’ molto meglio come ricevitore,specie se usato nel corto raggio.Faulk tutta la vita.E voi che ne pensate?
figo l’articolo… mi dici come
Mi unisco al commento di davide per fare i miei complimenti ad alessandro santini per l’articolo e anche per dare qui la possibilit
Crisi nera per i Colts!!!!Speriamo in Brett stasera ma serve l’impresa!!!!
Perche’ non inizia la partita su RaiSport Piu’?Hanno gia’ cambito gli orari!!!Che tristezza….e siamo solo alla seconda
giornata…Povera NFL.