Quando cadono le grandi…

Chi ancora aveva dei dubbi sulla incredibile fallibilità dei pronostici nel football ha avuto il week end scorso quello che cercava, ossia una serie di risultati inattesi che hanno completamente stravolto i pronostici. In America lo chiamano “upset“, e questo termine ha riempito domenica le pagine web e, immaginiamo, cartacee di ogni media a stelle e strisce che si interessi un minimo di sport. Facile intuire che si stia parlando innanzi tutto di college dove, esattamente come un anno fa, ogni certezza sembra crollare di colpo grazie a imprese che hanno già un piccolo spazio nella storia dello sport universitario.
Cade per prima la #1 del ranking nazionale, quella Southern California che, per talento e gioco, sembrava destinata a un arrivo in finale in scioltezza e che, invece, trova di nuovo sulla propria strada Oregon State, come due stagioni fa quando i Beavers interruppero una striscia vincente dei Trojans che durava, in regular season, da circa tre anni. USC esce annichilita da una partita che avrebbe anche potuto vincere ma che non ha meritato di vincere, esce battuta e ridimensionata, scivola al nono posto della graduatoria in attesa che, davanti ad essa, qualcuno inciampi e faccia strada.

In testa vola quindi Oklahoma, che batte TCU, in uno scontro diretto all’interno della Top25, ma crolla Georgia, favorita per il titolo a inizio stagione secondo molti analisti, che dal #3 cade al #11 dopo la sconfitta con Alabama, squadra tosta e dominatrice nella sfida che le ha permesso il salto dal #8 al #2. Perdono però soprattutto Florida (#4) in casa contro Mississippi, Wisconsin (#9) contro Michigan dopo aver fallito una conversione da 2 punti, Wake Forest (#16) contro Navy, l’eterna incompiuta Clemson (#20) contro Maryland e East Carolina (#23) spazzata via da Houston e sempre battuta da quando era riuscita a entrare nel ranking. Tante squadre di rango, tante formazioni in cerca di gloria e buone posizioni a livello nazionale sconfitte da chi ambizioni così grandi da stare nelle prime 25 d’America sembrava averle perse già da un po’. Ma il college è anche questo: una rivalità, un’impresa, un pezzo di storia. Una vittoria che vale un campionato, qualunque sia la tua storia, il tuo college, la tua ambizione.

Una debacle incredibile, dove spicca la vittoria di Michigan guidata dall’ex allenatore di West Virginia Rich Rodriguez che rimonta un -19 che porta i Wolverines di oggi al secondo posto tra le più grandi rimonte nella storia della squadra e festeggia la vittoria numero 500 al Michigan Stadium, colosso da più di centomila posti conosciuto meglio come Big House. Un week end pazzo quello del college quindi e, se davvero siamo sulle tracce del 2007, non possiamo escludere nuovi capovolgimenti ma, anzi, apprendere di nuovo qualcosa in più sull’imprevedibilità del gioco e fare cassa. Il ranking odierno vede i campioni in carica di LSU al terzo posto e con di fronte un calendario davvero tosto, una Penn State sorprendentemente alla numero 6 e, scendendo le fila, la nuova sorpresa Vanderbilt, l’Alma Mater di Jay Cutler, da 25 anni assente da questo ranking e che sabato scorso ha potuto riposare godendosi per sette giorni in più questo inatteso (e parziale) traguardo raggiunto da imbattuta.

Tutto questo lasciava intuire una settimana poco tranquilla anche al piano di sopra tanto che, svegliandoci oggi dopo il Monday night, ci rendiamo conto di avere di fronte una classifica piuttosto strana. Il crollo della borsa americana è certamente una nota molto più nera di quanto non accada sui campi da gioco ma, se ci è concesso, il paragone più azzeccato per quanto sta accadendo nel football sembra proprio quello. Sarà colpa dell’attualità degli eventi. La sorpresa più grande della domenica è certamente quella dei Washington Redskins che vanno ad espugnare il Texas Stadium ed infliggono la prima sconfitta targata 2008 a Tony Romo e soci. Specifichiamo: la Nfc East è una division di ferro, un valore medio tra le franchigie davvero alto e conta i NY Giants imbattuti a 3-0, Washington e Dallas a 3-1 e Philadelphia, probabilmente un po’ più indietro delle altre come valore assoluto, a 2-2 dopo aver sciupato un’incredibile occasione a Chicago, vittoria sfuggita contro il muro di una goal line stand dei Bears negli ultimi minuti.

Questo non ci fa cambiare idea, i Cowboys restano a nostro giudizio la squadra da battere in Nfc, il team più forte dotato di un attacco esagerato, veloce, spietato e produttivo ma, al tempo stesso, una squadra che comincia a far venire qualche dubbio. In difesa soprattutto, dove non si è ancora riconquistato un pallone e, nonostante la buona pass rush, il quarterback avversario trova spesso il modo di mandare a vuoto le discontinue secondarie. C’è anche la gestione della gara che non sembra sempre azzeccatissima, perché vedere Romo giocare costantemente con le proprie mani, lanciando l’inevitabile intercetto, chiamando solo otto corse (8!) a Marion Barber sembra una strategia un po’ troppo… frenetica. Dallas ha la possibilità di recuperare con calma uno svantaggio lieve, non si vede il motivo di forzare e accelerare i tempi ogni volta. I Redskins, bravissimi ed in forma dopo il pessimo avvio al Giants Stadium, vincono di due punti e ringraziano, in parte, la chance concessa dal dover difendere praticamente su un solo piano di gioco.

E allora perché favoriti? Perché pensiamo che prima o poi la difesa comincerà a pizzicare qualche pallone, che un attacco così non lo abbia nessuno, tanto più se dall’altra parte i Colts arrancano e i Patriots giocano senza Brady, perché qualcosina in più di New York e della stessa Washington sembrano averla. E avranno certamente qualcosina in più anche di Tampa Bay, che continua a vincere nonostante un Brian Griese tutt’altro che in forma splendida (altri 3 intercetti) e che mette a nudo le pecche di una Green Bay con troppi infortunati in lista per poter essere davvero competitiva e, di conseguenza, meno chance di lottare a pari livello dei texani. Certo è che se a Dallas cominciano a girare storto due gare di troppo qualcosa potrebbe anche andare diversamente da quanto previsto, siamo pur sempre nel mondo delle sorprese e dei pronostici che si frantumano come delicate e sottilissime vetrate e Terrell Owens, per non saper né leggere né scrivere, ha subito ricordato dopo la partita che, semplicemente, “se mi si coinvolge di più nel gioco si vince, è un fatto”. Un fatto. Give him the damn ball insomma. E noi sappiamo quanti danni riesca a fare quella lunga lingua di TO quando ci si mette, benché si resti fiduciosi del fatto che i Cowboys, questa occasione, non possono lasciarsela sfuggire.

Green Bay arranca tra gli infortuni, dicevamo, così che la Nfc presenta solo 5 squadre con 3 vittorie e i soli Giants imbattuti. Green Bay che vince e diverte quando il suo ex idolo soccombe e che scivola in Florida quando quest’ultimo aggiunge un tassello al già splendido mosaico che raffigura la sua carriera. Nella battaglia tra “vecchie glorie” del Giants Stadium, i Jets battono gli Arizona Cardinals 56-35 in un vero e proprio scontro a fuoco. Kurt Warner, già MVP e vincitore di un Super Bowl, lancia 472 yard, ma è l’ex Packer Brett Favre, già MVP e vincitore di un Super Bowl, a mettersi in mostra nella vetrina degli articoli di lusso. Magari un po’ usati, ma pur sempre di lusso sono. Il numero 4 che ha lasciato il Wisconsin con una valigia piena di primati ne scrive uno anche per la Grande Mela da aggiungere al suo medagliere e mette a referto 6 passaggi touchdown. Partiro con un completo su 4 tentativi e un intercetto, Favre è piano piano venuto fuori, ha cercato e servito 8 diversi ricevitori, ha messo su 289 yard e madnato a punti Laveranues Coles per tre volte, Jerrico Cotchery per due e il tight end rookie da Purdue Dustin Keller per l’ultimo sigillo.

Una partita giocata da due grandi quarterback che ormai fanno parte del passato ma che, con i loro ultimi passi, continuano a emozionare, divertire e mostrare ai giovani come si fa il mestiere. Una gara divertente, con un Brett Favre alla fine quasi commosso, con lo sguardo un po’ perso nel vuoto, sulla sideline, quasi a pensare quanto avrebbero fatto comodo queste sei mete ai “suoi” Packers. Quella è però storia vecchia, si è deciso di voltare pagina e si prova ad andare avanti senza rimpianti anche se il povero Aaron Rodgers è uscito piuttosto ammaccato dalla gara di domenica, un live einfortunio che si aggiunge a una conta di feriti davvero molto corposa nell’infermeria dei Packs.

Packers che, come detto, vengono battuti nel grande giorno di Favre e, detto della East, l’altra division che spicca per risultati positivi è la South dove non sono i New Orleans Saints a farla da padroni come previsto ma Carolina e i giustizieri di Green Bay di Tampa che continuano la loro corsa sul record 3-1. Il primo pensiero va però in questo caso a Matt Bryant, kicker della franchigia della Florida che scende in campo e calcia un paio di field goal, di cui uno decisivo, pochi giorni dopo la morte del figlioletto di soli due mesi. Una tragedia che non conosce risarcimento e che trova spazio nella cronaca solo grazie alla popolarità del giocatore, vittima come tanti altri esseri umani sparsi nel mondo di ingiustizie senza logica e senza perché. Forse il lavoro lo aiuterà a distrarsi, ma di fatto è inconcepibile, per chi in nessuna attività è riuscito ad emergere realmente senza così poter provare cosa siano davvero la forza mentale, l’abnegazione e la passione estrema, è difficile, dicevamo, capire come si possa riuscire a fare questo dopo un lutto così grande. Tampa gli è si stretta attorno, lo ha ripagato con un grande affetto, per quel che può servire, e lui da vero professionista ha restituito loro quello che ha potuto, con calci perfetti e vincenti che hanno innalzato il volume delle standing ovation a livelli difficilmente raggiunti in situazioni analoghe.

La stagione è però ancora lunga e chissà quante altre brutte notizie potrebbero ancora arrivare da uel mondo che noi vorremmo vedere sempre come dorato e leggendario. Almeno quello. Ci si augura non sia mai così, è persino stupido sottolinearlo, ma intanto arrivano novità sulle condizioni dell’offensive tackle Richard Collier, colpito con 14 colpi di arma da fuoco poco prima dell’inizio della stagione. Il terzo giocatore Nfl in 18 mesi, come se stare in Nfl fosse una colpa quando, ovviamente, il problema va ricercato in una società (quella americana) a volte troppo eccessiva, violenta, sempre al limite e dove i (tanti) giocatori della lega pro finiscono spesso per fare solo casistica. Collier sopravviverà, ma ha perso una gamba, che i medici hanno dovuto amputargli, e rimarrà paralizzato. Se questo era il momento delle brutte notizie speriamo sia finito.

Ci saremmo volentieri soffermati sulle vere sorprese della stagione, ovvero Buffalo e Tennessee, uniche squadre della Nfl a punteggio pieno dopo aver giocato tutte e quattro le partite in calendario. La vita nasconde però spesso infinite brutture che non si potevano evitare, che non è nostro compito commentare anche se sfiorano, o colpiscono in pieno volto i personaggi di cui ogni settimana parliamo con piacere. Non è nostra intenzione fare cronaca nera, ma certi aspetti sono inevitabili e, far finta di nulla, anche solo per voler evitare certi argomenti senza fine, ci sarebbe dispiaciuto. Non è informazione è solo un quadro generale che proviamo a dare ogni settimana e dentro non è detto che vi sia sempre e solo il bello dell’America, quel campionato di football, tra gli altri, che seguiamo da anni con intensità e passione. Siamo cresciuti rispetto ai primi passi di fronte a questo mondo e certe cose fanno davvero male anche a noi benché vengano vissute da così lontano e con la consapevolezza che non siano le sole.

Buffalo e Tennessee rimangono due gradite e splendide sorprese ma, visto i tempi che corrono, forse è meglio evitare di esaltarsi attendendo nuovi capovolgimenti di fronte pronti a giungere inaspettati di settimana in settimana. Certo è che limitandoci al football giocato, che poi sarebbe quello che vogliamo fare realmente, questa stagione sembra tra le più imprevedibili degli ultimi anni e qualcuno già la paragona a quella del 2002: senza fughe, senza dominatori imbattibili con una finale inattesa e, in un certo senso, atipica (Tampa Bay-Oakland). Gli squadroni più blasonati soffrono e, se non soffrono, avanzano con più difficoltà del previsto. Le promesse emergono dal nulla e tentano subito di sorprendere il pubblico e gli osservatori. Settembre se ne va, un quarto di campionato anche. Presto arriveranno anche le partite fredde, con la neve e i venti gelidi e forti. Saremo ancora qua a parlare di football e a cercare di capire chi e cosa possa davvero sfuggire al terribile… upset.