Un ordinario sabato di… pazzia!
Non facciamo a tempo a definire una stagione “scontata” che basta un sabato a gettare tutto nella confusione più totale, un sabato che ricorda molto da vicino uno di quei pazzi weekend della scorsa annata, quelli dove il ranking veniva costantemente ribaltato come un calzino dall’altissimo numero di upset che, uno dietro l’altro, sbattevano verso il basso le cosiddette grandi potenze.
Ebbene, l’upset weekend ha avuto la sua versione 2008, ed a questo punto non è detto che sia l’ultima.
Ci aveva già pensato il giovedì a fare rumore con la clamorosa caduta di Usc contro Oregon State, Pete Carroll ed i suoi scongiuri psicologici per una volta hanno fallito: i Trojans sono (ri)caduti nel tranello di sottovalutare il più debole avversario, il loro muro difensivo è stato lentamente frantumato dalle spettacolari evoluzioni di un true freshman, Jacquizz Rodgers, che da oggi in poi non verrà solo ricordato per il bizzarro nome di battesimo, piuttosto per le 186 yards e due mete con cui è salito sul palcoscenico nazionale. Usc non è riuscita a riprendersi dallo stucchevole 21-0 di parziale che i Beavers hanno inaspettatamente inflitto loro, la difesa ha mancato diversi placcaggi ed ha fatto poco per fermare le avanzate avversarie, mentre l’attacco guidato da Mark Sanchez ha commesso errori costosi svegliandosi dal torpore quand’era semplicemente troppo tardi.
A zero, per gran parte della partita, ci è rimasta anche Georgia, letteralmente cancellata dal campo dalla nuova numero 2 del ranking, Alabama, che ha dimostrato di valere molto di più delle previsioni. E’ ancora fresco il ricordo delle numerose polemiche messe in piedi dai giocatori dei Bulldogs in seguito all’ottimo finale di campionato scorso, che non li aveva comunque aiutati a salire di considerazione per il titolo nazionale, con il ragionevole Mark Richt impegnato a ricordare ai suoi ragazzi che sarebbe stato necessario vincere quelle due maledette partite in più (South Carolina e Tennessee) per non avere alcun tipo di problema, visto e considerato che tutte le altre concorrenti avevano perso almeno una volta, e quest’anno lo stesso scherzo potrebbe ripetersi ancora una volta.
Nel caso Georgia dovesse ritrovarsi ancora in ballottaggio (e preclusioni non ce ne sono) per uno dei primi due posti della classifica a fine anno, prima di accendere ulteriori contestazioni da parte dei giocatori sarà meglio cerchiare in rosso il 41-30 con cui i Crimson Tide si sono imposti sabato, a dimostrazione del fatto che non sempre lasciare fuori qualcuno significa mancargli di rispetto.
Proprio come Sanchez, anche Matthew Stafford, condizionato da qualche errore dei suoi ricevitori, si è messo in moto quando oramai i buoi erano scappati dalla stalla, motivo per cui il punteggio non è stato poi così severo come invece lo è stato il match analizzato dal punto di vista dello svolgimento, dato che Alabama ha lasciato Knowshon Moreno a quota 34 yards facendo un ottimo lavoro con il fronte difensivo, mentre dall’altra parte i numeri del quarterback John Parker Wilson sono notevolmente migliorati, in parte per il logico processo di maturazione dello stesso, in parte (forse più grande) per la presenza in campo del fenomeno Julio Jones, che ha concluso la sua serata con 94 yards su ricezione ed un touchdown. Tra le cose che funzionano meglio per i Tide c’è di certo un gioco di corsa comandato da Glenn Coffee, responsabile di 14 di quei 40 punti, un gioco sostenuto da una linea che sta giocando in maniera automatica, sia in fase di apertura di varchi che in protezione al quarterback. Considerato il turnaround rispetto ad un anno fa, Nick Saban non può essere omesso nella lista dei probabili coach dell’anno.
Restando in tema Sec, attualmente la conference più forte in assoluto assieme alla Big 12, uno degli epiloghi più clamorosi del weekend è sicuramente avvenuto per mano di Ole Miss, che ha portato a casa una vittoria di sicuro prestigio contro Florida grazie ad un extra point bloccato, con la differenza che i Gators, contrariamente a Trojans e Bulldogs, hanno giocato come meglio potevano e sono stati puniti da ogni minimo errore commesso.
Florida ha perso tre palloni costosi ma ha sempre risposto per le rime agli avversari, pur nella difficile condizione psicologica di dover affrontare uno svantaggio inaspettato; Percy Harvin è stato il miglior giocatore visto in campo, ogni volta che il versatile wide receiver tocca un pallone sono dolori per chiunque, come testimoniato dalle 268 yards (con 2 TD) totalizzate tra corse e ricezioni.
I Gators hanno terminato la partita con 443 yards offensive contro le 325 dei Rebels, pagando a carissimo prezzo due big plays permessi agli avversari, che hanno segnato una meta su corsa di 40 yards con Dexter McCluster nonché con una su ricezione di 68 con Shay Hodge, tutto ciò nonostante la non brillante giornata del quarterback Jevon Snead.
Zitti zitti i Tigers di Louisana State continuano una rampicata che gli addetti ai lavori non pensavano potesse essere eseguita, nonostante il titolo di campioni ancora ufficialmente in carica. La squadra ha faticato contro Mississipi State una settimana dopo l’autentica guerra vinta contro Auburn, Jarrett Lee ha dato buoni segni di stabilità al ruolo di regia e Charles Scott si sta lentamente facendo largo tra i maggiori protagonisti della presente stagione con 141 yards in 27 portate ed altre due mete in saccoccia.
Ma i fuochi d’artificio non finiscono certo qui, molti scontri diretti devono ancora essere giocati e la supremazia di questa conference di ferro è tutt’altro che assegnata. Tuttavia, comincia a farsi largo il pensiero che una delle rappresentanti chiamate alla conquista del titolo, non potrà che provenire da qui…
Chi è la nuova numero uno dopo il cataclisma?
Oklahoma e sottovalutata, da domenica sera, non fanno più parte della stessa frase, in quanto i Sooners hanno ottenuto l’ennesimo risultato convincente e si propongono, finchè continuano a giocare dominando in attacco come in difesa, come la squadra da battere.
Il modus operandi è sempre lo stesso, l’attacco accumula punti in tempi molto brevi, la difesa domina gli avversari e crea quei tradizionali canyon dal quale non ci si riprende neanche con tutta la buona volontà del mondo, e le vittorie si accumulano sovente ben prima dell’inizio del quarto periodo, il che significa avere tranquillità, freschezza fisica e freschezza mentale per affrontare l’impegno successivo.
Stavolta i Sooners hanno fatto fuori Texas Christian, compagine in precedenza imbattuta e dotata di un attacco esplosivo, capace di 43 punti di media nelle prime quattro uscite stagionali, qui invece limitato ad un solo touchdown (nel quarto periodo) ed un field goal.
L’ottimo Sam Bradford ha aggiunto 411 yards e 4 passaggi da touchdown a delle statistiche già strabilianti, ma l’uomo di giornata è stato senza dubbio Marcus Johnson, wide receiver in grado di collezionare 206 yards in sole cinque ricezioni mettendone a frutto ben tre, sopperendo quindi all’unico difetto riscontrato in giornata per questo attacco, ovvero una giornata difficoltosa per la linea offensiva e di conseguenza per il gioco di corse.
Chi conosce bene Bob Stoops, come ad esempio i giocatori che ascoltano i discorsi pre e post gara negli spogliatoi, sa bene che il coach non è uno di quelli che si monta la testa facilmente, piuttosto è un avido sostenitore del concetto che essere al numero uno non significa assolutamente niente.
All’orizzonte si profila l’inizio del calendario all’interno della Big 12, che renderà il tutto molto più interessante, con una doppia sfida molto impegnativa che vedrà la squadra impegnata contro Texas e Kansas in gare consecutive. Fosse ancora Oklahoma in cima alle preferenze di tutti, sappia che essere la numero uno in verità un piccolo significato ce l’ha: quando sei là, tutti ti ci vogliono tirare giù.
Chiudiamo con un doveroso approfondimento solo in parte accennato la settimana passata, ovvero la decadenza di una delle conferences di maggior prestigio della Ncaa, la ACC.
Quella che un tempo era un a vera potenza si è lentamente trasformato in un raggruppamento in ricostruzione, privo di ambizioni di titolo nazionale, e soprattutto privo di squadre che riescano a mettere in piedi una striscia di vittorie convincente contro avversari di spessore.
Doveva essere, in sede di pronostici, l’anno in cui Clemson avrebbe vinto di tutto e di più, non c’erano più scusanti ed il quadro in proiezione di questo campionato era quantomeno roseo: Boston College aveva perduto i servizi di Matt Ryan, Florida State non era più un college d’elite da tempo, Georgia Tech doveva fare i conti con un nuovo sistema offensivo e Miami veniva da un anno passato interamente con le ossa rotte.
Invece di approfittare di tale situazione, potendo tra l’altro schierare un attacco potenzialmente esplosivo grazie alla presenza del terribile duo di running backs formato da James Davis e C.J. Spiller, i Tigers non hanno saputo tenere fede alla posizione numero 9 che il ranking prestagionale aveva affidato loro, indubbiamente sopravvalutandone le reali capacità competitive.
Clemson soffre da anni dello stesso male, che si è presentato anche quest’anno, puntuale come un orologio svizzero: il programma è cresciuto solo in parte, coach Bowden si è pian piano ritagliato uno spazio tra gli allenatori emergenti quando ha cominciato a battere il padre Bobby (coach di Florida State – ndr) con una certa costanza, ma la cosa si è fermata lì, senza proseguire verso obbiettivi più ambiziosi.
Ogni anno i Tigers hanno preso fiducia spazzando via squadrette di secondo rango, ed ogni anno, di fronte alla partita che avrebbe deciso la conference, si sono sgonfiati. In questo campionato, invece, rischiano addirittura di non poter giocare una partita decisiva, in quanto le due sconfitte sinora accumulate contro Alabama e Maryland, arrivate nel giro di sole cinque settimane, potrebbero precludere loro palcoscenici più importanti. Ciò senza considerare che l’ottimo Cullen Harper, quarterback preciso e limitato nei turnovers, ha quasi già pareggiato il totale di intercetti lanciati un anno fa in una stagione intera.
Buon per tutti quindi che la febbre da upset abbia colpito anche Wake Forest, ovvero l’ateneo in apparenza più attrezzato per poter vincere l’Atlantic Division, il che lascia i discorsi in sospeso fino alla disputa dello scontro diretto tra le due compagini, davvero l’ultima spiaggia per Clemson per dimostrare di poter vincere le gare che contano.
Le forze e gli equilibri sono indubbiamente cambiati, l’aver citato Wake Forest non può non ricordare che stiamo parlando di un’università che ha fatto da fanalino di coda perenne per questo raggruppamento, e che solo di recente, con la partecipazione all’Orange Bowl di due stagioni or sono, ha raggiunto la vetta più alta della sua storia.
Se i Demon Deacons vincono con continuità e se soprattutto Duke, nella confusa Coastal Division, arriva a vincere 3 partite nella medesima annata con il nuovo regime di coach David Cutcliffe (il precedente coach Ted Roof se n’era andato con un record di 4-56), evidentemente c’è qualcosa che non quadra.
Tuttavia non sarebbe corretto sostenere che le piccole squadre stiano crescendo per demeriti delle grandi (o presunte tali), piuttosto per meriti loro: l’esempio di North Carolina, piazza dedita esclusivamente al basket, è veramente lampante, l’assunzione di Butch Davis ha portato grinta, positività, voglia di vincere, e soprattutto fiducia. Quello che ieri non si poteva nemmeno sognare di fare, oggi si può fare. Eccola, la differenza. Ed ecco perché i Tar Heels sono cresciuti così tanto che la possibilità di giocarsi un posto per la finale Acc si può toccare concretamente con mano, nonostante la perdita per sei settimane di uno dei migliori giocatori della squadra, il quarterback T.J. Yates, tra l’altro già sostituito con cognizione di causa da Cam Sexton nell’importante vittoria dello scorso sabato nientemeno che contro gli Hurricanes.
L’unica sopravvissuta del gruppo sembra essere Virginia Tech, che grazie alla consistenza delle tattiche di coach Frank Beamer da anni si trova al top della Coastal ed in lotta per un Bowl di prestigio, traguardo che l’iniziale sconfitta contro East Carolina non sembra comunque poter precludere. Beamer non avrà un attacco spettacolare, con la sola esclusione di quelle azioni dove il ghepardesco quarterback Tyrod Taylor parte in scramble, ma il football da lui predicato, la famosa Beamer Ball, è costruito su grandi difese e special teams in grado di bloccare qualsiasi calcio in qualsiasi momento della gara, finora gli ha sempre dato ragione attraverso i risultati.
Per Beamer e gli Hokies la finale Acc potrebbe essere più vicina di quanto sembri, in quanto le inseguitrici più vicine, Georgia Tech e North Carolina, sono già state battute nello scontro diretto divisionale. A meno che una febbre non tanto sconosciuta decida di colpire anche loro…