BYU uguale BCS?
La questione viene affrontata ogni anno con inesorabile puntualità, ed è sempre difficile trovarvi una soluzione. In un sistema dove le classifiche sono gestite dalla forza dei calendari, dai calcoli dei computers, con fattori che danno più o meno risalto alle vittorie ottenute in base al come ed al dove, è impegnativo determinare chi possa meritare una specifica posizione del ranking, chi, ragionevolmente, possa essere considerato per far parte del Big Picture, chi abbia avuto una strada più facile di un altro da percorrere per arrivare in fondo imbattuto.
Si dibatte continuamente su raggruppamenti come Wac, Mountain West, Conference Usa e compagnia bella: da una parte c’è una scuola di pensiero che ritiene che se una squadra termina il proprio calendario senza sconfitte sia corretto ed onesto considerarla per uno dei Bowls maggiori, dall’altra c’è chi non manca di sottolineare che potenze come la Big 12 e la Sec, guardando i valori della stagione in corso, non siano nemmeno paragonabili a livello di difficoltà degli ostacoli da superare, il livello competitivo è nettamente più alto, ragion per cui un’università con una o due sconfitte si ritiene debba comunque avere precedenza di considerazione nel quadro più importante della postseason, ovvero quella che si gioca dal primo gennaio in poi.
Gli ultimi due anni hanno dato delle indicazioni diverse, creando ancora maggiore confusione su un sistema che con tutta probabilità meriterebbe di essere sistemato con dei playoffs, a nostro avviso personale unico modo di rendere giustizia per tutti.
Nel 2006 Boise State terminò la stagione imbattuta e venne invitata al Fiesta Bowl, aprendo una nuova breccia per le squadre appartenenti alle Conferences considerate non-BCS, e venendone fuori con una vittoria storica contro Oklahoma, un upset che verrà ricordato per generazioni e generazioni, con istantanee che vengono inevitabilmente alla memoria partendo dalla Statue Of Liberty di Jared Zebransky alla proposta di matrimonio di Ian Johnson subito dopo la fine di quel match dipinto come lo scontro tra Davide e Golia.
Per ogni prova ne esiste spesso un’altra che la contraddice, ed ecco clazare a pennello l’esempio portato l’anno scorso dai Rainbow Warriors del recordman Colt Brennan, i quali avevano sì terminato anch’essi imbattuti la stagione, dimostrando tuttavia di non valere l’invito al Sugar Bowl sonoramente perso contro Georgia, un tonfo che aveva fatto molto rumore e che aveva fatto rimangiare i pensieri di dodici mesi prima.
Vale veramente la pena di invitare squadre di quel livello a partite di postseason normalmente riservate alle grandi? Non avendo una tendenza chiara e precisa, è francamente impossibile determinare una risposta che metta tutti sullo stesso piano.
Il caso si sta comunque ripetendo anche in questo 2008, la parte di Cenerentola la sta recitando con impegno Brigham Young, l’università di stampo mormone che in sede di pronostici si pensava attrezzata per terminare la stagione imbattuta, e che alle parole degli esperti sta facendo seguire molti fatti concreti. In una stagione dove l’upset è perennemente dietro l’angolo, le squadre senza sconfitte si notano di più, poco importa quanto facile sia stato il loro calendario. Vero che Byu non ha ancora affrontato un avversario degno di nota, si pensi a squadre come Wyoming, Utah State e Northern Iowa, vero che il 59-0 rifilato a Ucla è ancora fresco e bene impresso nella mente degli appassionati, vero anche che Max Hall, 1587 yards e 17 passaggi da touchdown in questo preciso istante, sta comandando un attacco che sembra poter segnare quando desidera e si sta facendo largo tra i considerati per l’Heisman, sostanzialmente la stessa cosa che successe a Brennan un anno fa.
I Cougars, attualmente responsabili della striscia più lunga di vittorie consecutive di tutto il college football (15), hanno superato le avversarie con quasi 30 punti di scarto medi chiudendo quasi tutte le partite già a ridosso dell’intervallo, conservano con i denti un posto nella Top 10 del ranking e stanno dando vita ad un eccitante confronto a distanza con la rivale Utah, anch’essa imbattuta ed in odore di considerazioni di primo piano, confronto che si risolverà il prossimo 22 novembre, quando l’ultima di campionato vedrà l’incrocio d’armi esattamente tra queste due contendenti. Entrambe possono finire imbattute. Entrambe possono finire con una o più sconfitte ciascuna, perché il calendario sarà pure facile, ma qui succede sempre di tutto, ed in aggiunta ambedue devono ancora affrontare Texas Christian, la terza incomoda della Mountain West. Chi resterà in piedi, dividerà ancora una volta il pubblico in due fazioni, a patto che mantenga l’imbattibilità, l’unico requisito in grado di spedire in orbita un ateneo dal percorso troppo facilitato.
Restando in tema di Cenerentole, la notizia della settimana è che Vanderbilt continua nei suoi miracoli, ed anche se il momento magico è probabilmente destinato a finire da un istante all’altro, un piccolo pezzo di storia è già stato scritto indipendentemente dal suo seguito più o meno positivo.
I Commodores, dopo essere stati paragonati per anni ad una lattina di pomodoro vuota da prendere costantemente a calci, sono 5-0 per la prima volta dal lontano 1943, 3-0 nella difficilissima Sec per la terza volta nella loro storia e per la prima volta dal 1950, ed hanno ottenuto un posto nel ranking per la prima volta dal 1984, tutto questo in seguito alla strepitosa vittoria di sabato, ottenuta contro la titolata Auburn per 14-13, ciò nonostante l’infortunio che ha tolto dalla partita il quarterback titolare Chris Nickson, evento che ha dato la possibilità al backup Mackenzi Adams di divenire l’eroe del giorno.
Adams, 150 yards su passaggio e due passaggi da touchdown, ha fatto comparsa nei titoli di tutti i quotidiani d’America assieme ad una difesa che ha tenuto al guinzaglio l’attacco dei Tigers, limitato a sole 25 yards di total offense nel secondo quarto e costretto a tre apparizioni consecutive senza costrutto all’inizio del secondo tempo, uno scenario decisamente diverso da quello di inizio partita, che aveva visto Auburn segnare tutti e 13 i propri punti nel giro di appena un minuto ritornando, tra l’altro, un intercetto proprio di Nickson prima della sua uscita dal campo. Da quel momento Vandie ha tenuto duro e non si è più voltata indietro, ha abbassato definitivamente le saracinesche difensive tenendo tra l’altro i denti stretti con una goal line stand da manuale lasciando che l’attacco svolgesse con serenità il compito di riportare il punteggio a proprio favore, prima che l’intercetto finale di Myron Lewis determinasse l’inizio della festa autenticando la veridicità dell’impresa.
Un calendario a dir poco brutale attende i Commodores da qui alla fine della regular season, e per quanti sostengano che il sogno si frantumerà addosso alle corazzate della Sec, loro prossime avversarie, altrettanti sono pronti a ricordare che un’ipotetica sesta vittoria (fattibilissima) garantirebbe loro l’eleggibilità per un Bowl, cosa che da queste parti è già di per sé considerata un enorme successo. Il sogno, dunque, continua.
In una settimana dove Oklahoma ed Alabama hanno confermato le loro salde posizioni di prestigio nel ranking, la seconda con più difficoltà rispetto alla prima, sono arrivate ulteriori conferme da altre due squadre che restano attive nel quadro della caccia al titolo, ovvero Missouri e Penn State.
I Tigers di Chase Daniel hanno l’attacco più bello e divertente di tutto il college football, i numeri del quarterback sono da capogiro e lo tengono in corsa per i premi di fine stagione, il wide receiver Jeremy Maclin ed il running back Derrick Washington (12 mete tra corse e ricezioni) sono due playmakers fuori dall’ordinario grazie ai quali è finita una striscia negativa molto, troppo lunga, che vedeva Missouri sempre perdente nei confronti di Nebraska.
Erano difatti 30 anni esatti che Mizzou non tornava da Lincoln, casa degli Huskers, con una vittoria in tasca: il successo ottenuto era stato a lungo sognato da fans, ex giocatori e quant’altro, una macchia che andava levaatad ogni costo è stata cancellata da 35 punti di differenza sul tabellino finale, corrispondente alla quinta sconfitta casalinga più pesante per Nebraska in più di cent’anni di storia, considerazione di notevole imbarazzo per chi, come coach Pelini, è arrivato qui per vincere tanto e subito.
I Tigers continuano la loro marcia verso la postseason con la consistenza di uno schiacciasassi, il che rende particolarmente interessante il loro prossimo impegno, che li vedrà coinvolti in una sfida tutta offensiva contro quella Oklahoma State che, proprio come loro, viaggia segnando più di 50 punti a partita e con più di 500 yards di total offense di media, senza escludere tutte le implicazioni all’interno della Big 12 che l’esito di tale sfida determinerà.
Missouri rimane inoltre un passo avanti nella North Division rispetto ai cugini di Kansas, protagonisti di una grandiosa rimonta con pericolo di upset nell’ultimo match affrontato, quello contro Iowa. Un orrendo primo tempo concluso dal quarterback Todd Reesing con sole 59 yards ed un intercetto si è trasformato in una spettacolare cavalcata partita dal meno 20, che ha scongiurato il pericolo di una seconda sconfitta che avrebbe sicuramente pesato sul proseguio del campionato (i Jayhawks avevano perso già contro South Florida – ndr); il 35-33 finale è stato propiziato da una ricezione di 67 yards da parte del running back Jake Sharp, che ha cominciato il campionato in ombra rispetto alle aspettative, nonché dall’ennesima prestazione produttiva del wide receiver Kerry Meier, uno che quando Reesing chiama risponde perennemente presente.
I Nittany Lions del vecchio Joe Paterno stanno invece passando sotto diversi radars, perlomeno considerato che tanti degli addetti ai lavori avevano sostenuto che fosse meglio per nonno Joe mettersi da una parte dopo 43 anni di onorato servizio, se vogliamo una situazione che tocca parecchio da vicino anche Florida State e Bobby Bowden, ma con risultati completamente differenti.
Se difatti i Seminoles sono lo spettro di ciò che sono un tempo stati, Penn State è viva, vegeta e sesta potenza del ranking, tanto che anche per essa si sono attivati i noti discorsi riguardanti il National Championship. La sorpresa dell’anno per la squadra sembra essere il quarterback Darryll Clark, a lungo tenuto in naftalina per lasciare spazio ad Anthony Morelli (laureatosi un anno fa) e capace di mantenendo un rating superiore al 160 che ne sottolinea l’evidente efficienza, attestata pure dall’accumulo di 9 passaggi da touchdown a fronte di un solo intercetto e dal proporsi come risolutore diretto delle situazioni di pressione più difficili, dotato com’è di mobilità che gli consente di tenere 4.2 yards di media ogni volta che le sue gambe decidono per lo scramble.
Non è tutto qui: il running back Evan Royster ha piacevolmente innalzato la media delle sue prestazioni in coincidenza delle due vittorie già ottenute in altrettanti tentativi contro squadre della Big Ten, i wide receivers Jordan Norwood e Deon Butler hanno contribuito in maniera determinante a fare di questo attacco il settimo assoluto per punti segnati, nonché il nono per quanto concerne le yards guadagnate in ciascuna uscita.
La difesa, infine, può contare su un difensive back esperto e versatile come Anthony Scirrotto, che ha già avuto modo di mandare per le terre diversi tentativi di passaggio avversari, mentre il defensive end Aaron Maybin è attualmente il miglior pass rusher della sua conference.
Il trittico di partite che attende i Nittany Lions ci svelerà molte delle verità che dietro di essi si celano, perché nel giro di 20 giorni il calendario interdivisionale metterà loro di fronte a Wisconsin, Michigan ed Ohio State consecutivamente. L’unico dubbio, che a volte ha creato in squadra sensazioni spaesate, rimane sempre la presenza o meno di JoePa sulla sideline, che a causa di un problema all’anca ha dovuto arrendersi e guardare le ultime esibizioni dei suoi ragazzi dalla sezione riservata ai giornalisti, vista l’impossibilità di mantenere a lungo una posizione eretta.
Stando ai risultati di Penn State di questa prima parte di stagione, dopo i mille guai guidiziari piovuti addosso alla squadra prima che cominciasse il campionato, nemmeno gli acciacchi dell’età gli hanno impedito di assemblare per l’ennesima volta, ad 81 anni suonati, una squadra competitiva che mira ad un Bowl di quelli seri. Il lupo perde le anche, ma non il vizio…
Niente BCS per i Cougars: la sconfitta per 32-7 rifilatagli dagli Horned Frogs di TCU pone fine alle speranze…