Regular season review, prima parte
La stagione regolare si è conclusa con la disputa delle finali di conference per quei raggruppamenti che le prevedevano, i Bowls sono stati definitivamente assegnati dopo le mille proiezioni che intasavano web e carta stampata al fine di gridare all’ingiustizia o decantare i meriti della propria squadra. Tutto finito, fortunatamente per chi non sopporta più i soliti discorsi circa le falle del sistema, un po’ meno fortunatamente per chi dovrà attendere, dopo la disputa dei Bowls vari, un bel po’ di mesi prima di rivedere i ragazzi in campo.
Con un’obbligatoria suddivisione a livello di conference, quello ch eintenderemmo offrire è un elenco di considerazioni miste sulla stagione regolare appena terminata, che vanno ad individuare a nostro modesto parere quali eventi abbiano caratterizzato e distinto alcune squadre su altre, e quali giocatori abbiano trovato conferma del proprio status di prospetto professionistico o siano sbucati fuori da qualche angolo oscuro della depth chart per porsi all’attenzione nazionale, in attesa di vedere chi, nel National Championship di Miami, la spunterà tra Oklahoma e Florida.
Per lasciare il giusto spazio a tutti questo riepilogo stagionale verrà spezzato in due parti, in modo da dare il giusto risalto anche alle squadre provenienti dalla conferences più piccole.
BIG 12
Non potevamo che partire da qui. Per tutto l’anno la Big 12 ha dato spettacolo, è stata in dote dei migliori attacchi della nazione, gioia per gli occhi degli spettatori, un po’ meno per il livello di stress dei coordinatori difensivi, ed in particolare una delle sue divisioni, la South, ha vissuto al proprio interno quella pazza corsa a tre che solo l’implacabile procedura del tie-breaker ha potuto sciogliere, mandando Oklahoma alla finalissima ma lasciando incompiute altre due squadre, Texas e Texas Tech, che in momenti precedenti a questo avrebbero anch’esse meritato la presenza al Pro Player Stadium. E’ stata la conference che ha avuto le squadre qualitativamente migliori, gli attacchi più esplosivi ed addirittura tre quarterbacks in lizza per l’Heisman, poi vinto dal fenomenale Sam Bradford.
Oklahoma (7-1 Sec, 12-1 in totale), visto il rush finale di cui si è resa responsabile, vince di un soffio se si deve per forza di cose decretare una squadra dell’anno: i Sooners hanno conquistato il terzo titolo di conference consecutivo rimbalzando dalla sconfitta di fine settembre contro Texas, hanno stabilito un record per i tempi moderni della Ncaa con 702 punti a referto e macinato ogni avversario incontrato, comprese Texas Tech ed Oklahoma State, rivali divisionali con presenza fissa nel ranking. Sam Bradford si è fregiato ancora una volta, in parte lo fece anche l’anno passato, del fatto di essere il quarterback ideale per guidare un tipo di attacco esplosivo, che ha vissuto grazie alle sue statistiche fantascientifiche (più di 4.400 yards lanciate, ben 48 passaggi da touchdown) ma anche grazie al tandem composto da DeMarco Murray e Chris Brown, entrambi firmatari di oltre 1.000 yards us corsa, nonchè responsabili di un rush finale di notevole livello.
Tra i giocatori dell’anno non si possono comunque lasciar fuori Colt McCoy, Graham Harrell e Michael Crabtree, che per lunghi tratti di stagione hanno mantenuto le loro squadre al vertice: McCoy ha giocato in maniera strepitosa riuscendo a diventare un giocatore completo, in grado di prendere decisioni migliori rispetto ad un anno fa (meno intercetti lanciati) e risultando persino il miglior running back di squadra, mentre la coppia Harrell-Crabtree è stata a tratti devastante, ha riscritto molti dei records del libro sacro dei Red Raiders ed ha dimostrato di saper colpire con efficacia quando contava vincere, ovvero in quei magici minuti finali di quella storica, per Lubbock, partita vinta contro i Longhorns sul filo del rasoio. Con tale abbondanza di talento sembra quasi difficile scorgere quanto fatto da alcuni membri di Oklahoma State, che giusto per inciso, è stata la quarta potenza della South Division ma sarebbe potuta essere la prima di una qualsiasi altra, e memorabili restano le partite giocate da Kendall Hunter, running back capace di moltiplicare vertiginosamente le cifre del 2007, e di Dez Bryant, 1313 yards su ricezione e 18 mete, entrambi parte di un gruppo che fa ben sperare per il futuro del team.
A Texas molta della differenza l’ha fatta anche la difesa, gestita da un coordinatore, Will Muschamp, con già scritto nel proprio futuro un ruolo da head coach, il quale grazie alla sua strategia motivazionale ha saputo rendere cattivo ed aggressivo un reparto considerato morbido, che ha fatto tutta la differenza del mondo tra una squadra da Bowl Bcs ad una di Bowl di medio-alta categoria. Tra i protagonisti da citare obbligatoriamente c’è il defensive end Brian Orapko, che ha messo in crisi ogni linea offensiva affrontata riuscendo ad incidere in fatto di pass rush tanto quanto contro le corse, mettendo a frutto una dura estate di lavoro che ha trasformato il suo status da giocatore normale a probabile prima scelta del prossimo draft Nfl.
Missouri ha vinto la propria divisione, la North, tutto sommato non si può nascondere la delusione provata nei confronti dei Tigers, i quali potevano e dovevano essere tra i principali accreditati per il National Championship. La loro annata è caduta ben al di sotto delle rosee attese, Chase Daniel (37 TD, 15 intercetti) e soci hanno ottenuto vittorie consistenti solamente contro Nebraska ed Illinois, perdendo tutte le sfide più importanti a livello di conference, contro Okalhoma State, Texas e soprattutto Kansas, rivale che nonostante il secondo posto nella North può quasi dirsi maggiormente soddisfatta rispetto ai Tigers, i quali si accontenteranno di un Alamo Bowl sostituendo la competizione Bcs sognata durante la offseason. L’unica consolazione per Mizzou è la conferma di Jeremy Maclin ad alti livelli, perchè con questa sono due stagioni su due sopra le 1.000 yards con 12 ricezioni da touchdown a corredo.
SEC
Florida ha vinto, vero, ma Nick Saban non può non essere considerato il personaggio dell’anno della divisione che, alla pari della Big 12, è stata la più dura di tutta la Ncaa. Alabama è caduta sul più bello, proprio di fronte al nastro del traguardo, ma questo non può cancellare una mutazione che da un anno all’altro sarebbe stata impensabile, nella quale Saban è stato capace di trasformare i Crimson Tide da ateneo alla disperata ricerca di vedersi restituito l’antico prestigio a squadra candidata a giocarsi il titolo fino all’ultimo. I Crismson Tide, complice un grande mix di veterani adeguatamente fuso con un gruppo di matricole, una su tutte il fenomeno Julio Jones, 547 yards e 4 TD, sono riusciti nell’impresa di tornare ad un Bowl Bcs, pur sempre un risultato di spessore, per la prima volta dagli inizi degli anni novanta, ed hanno mancato il National Championship per…un quarto di gioco, l’ultimo della finale di conference giocata contro Florida, unico aspetto negativo di una stagione altrimenti perfetta. E la si veda un po’ coma la si vuole, ma come ha sottolineato Saban, Alabama ha terminato imbattuta la propria regular season, a differenza delle due squadre che si scontreranno prossimamente a Miami…
Ciò non toglie che i Gators abbiano staccato il biglietto per il Championship con grandi meriti, e che Tim Tebow possa essere acclamato come miglior giocatore della Sec ad occhi chiusi, dal momento che è risultato finalista per il trofeo che lui stesso aveva vinto un anno fa e che nonostante il suo utilizzo limitato sulle corse sia riuscito a far mantenere al suo attacco numeri degni di una macchina da guerra, migliorato come lo si è visto nella precisione della fase aerea del suo versatile gioco, come testimoniato dai 28 touchdowns lanciati a fronte di soli 2 intercetti.
L’unica compagine in grado di battere i Gators quest’anno è al momento Ole Miss, che al primo anno sula sideline di coach Houston Nutt è stata capace di portare a casa otto vittorie totali ed una partecipazione al Cotton Bowl solamente dodici mesi dopo un record Sec completamente bianco sulla casellina delle doppie vù, anche se in parte il livello di quest’anno non è stato qualitativamente paragonabile a quello del 2007. Parte del demerito va a squadre come Tennessee, che ha salutato coach Philip Fulmer dopo una vita, Lsu, deludente campione in carica alle prese con un quarterback, Jarrett Lee, in grado di mandare in meta solo i defensive backs avversari, ed Auburn, che ha terminato la sua brutta stagione con un’umiliante shut-out nella classicissima contro Alabama, costata il posto a coach Tommy Tubberville. Steve Spurrier a South Carolina il posto non l’ha invece perso, ma di certo la sua annata è stata molto difficile e di basso profilo, dato che i Gamecocks avrebbero dovuto raggiungere entro quest’anno un livello competitivo di più alto spessore. Persino Georgia non può dichiararsi soddisfatta di quanto raggiunto, data la qualifica di numero uno in pre-stagione, i Bulldogs avevano promesso fuoco e fiamme ma hanno perso di gran lunga contro Alabama e Florida, per poi concludere malamente con la sconfitta statale contro Georgia Tech. Comunque ottima l’annata di Knowshon Moreno, 1338 yards di galoppate e 16 touchdowns, e bella la scoperta di AJ Green, wide receiver al primo anno dotato di intriganti qualità, autore di 8 mete e 951 yards.
Rispetto alla Big 12 la Sec dispone di migliori difese, come dimostrano le grandi prove fornite da alcune delle individualità più forti del gruppo: Brandon Spikes, linebacker di Florida, non si è più voltato indietro dopo la sconfitta contro Ole Miss ed ha giocato una gara meglio dell’altra togliendosi la soddisfazione del touchdown su ritorno, Rolando McClain, pari ruolo di Alabama, è stato il perno di una difesa difficilissima da arginare, mentre il defensive tackle Jeria Perry, giocatore dei Rebels di Ole Miss, è stato determinante nel filotto di successi centrato dalla sua squadra, arrivato grazie anche ai suoi 17 interventi per perdita di yards ai danni degli avversari.
Chiudiamo con la cenerentola Vanderbilt, che per metà stagione è stata la storia d’America: i Commodores hanno cominciato alla grande, con 5 vittorie consecutive, e nonostante l’1-6 della seconda parte di campionato è arrivata la qualificazione per un Bowl, obbiettivo che da 26 anni veniva mancato dall’università.
ACC
C’è stato un momento in cui abbiamo seriamente pensato che la Acc potesse essere vinta da chiunque. Le squadre previste come vincenti non riuscivano a vincere con la continuità richiesta oppure erano state un buco nell’acqua, molti dei giovani non testati in precedenza sul campo avevano vissuto difficoltà a volte insormontabili, pressati da alcune difese tra le più forti della nazione, come dimostra il fatto che ben sette squadre di questa conference abbiano piazzato il proprio reparto difensivo tra i migliori 25 assoluti.
E’ stata una rincorsa terminata proprio all’ultima giornata di stagione regolare quella effettuata da Virginia Tech, vincitrice di tre delle ultime cinque finali disputate, e Boston College, decisamente sorprendente in positivo visto il potenziale problema creato dalla sostituzione di un grande leader come Matt Ryan; a turno quasi ogni squadra appartenente alla Coastal piuttosto che l’Atlantic ha messo la testa avanti più o meno a lungo, Georgia Tech, Florida State, Maryland, North Carolina e persino Miami hanno goduto dell’opportunità di vincere le rispettive divisioni fino alle ultime due giornate disputate.
Tante le storie Acc dell’anno: una su tutte può essere quella di North Carolina, passata dall’essere una delle barzellette del raggruppamento ad una delle realtà con prospettive migliori di altre, questo grazie al bel lavoro fatto da Butch Davis in sede tecnica e di reclutamento. I Tar Heels hanno vinto molte partite che contavano perdendosi per strada verso la fine del campionato, ma hanno lasciato impressa nella mente di tutti quella ostinata volontà che non li ha fatti mollare un solo secondo, nemmeno dopo la tempesta di infortuni che, in tempi diversi, ha escluso dalla competizione il quarterback T.J. Yates, adeguatamente sostituito da Cameron Sexton, sostenuto dalla sicurezze procurate dalla resenza di mani come quelle di Hakeem Nicks e Brandon Tate. Obbligatorio menzionare pure la difesa, capitanata dal linebacker Bruce Carter in grado di bloccare anche tre punts in singola partita e di contribuire fortemente nel miglioramento di una difesa sensibilmente diversa da quella vista nell’ultimo triennio.
Due allenatori meritano una grossa menzione, vale a dire Paul Johnson e David Cutcliffe. Il primo, dopo aver installato a Georgia Tech la triple option, basata sulla triplice opzione nel gioco di corsa, ha quasi raggiunto la finale di conference al primo anno dopo un cambiamento così radicale degli schemi, vincendo tra l’altro il derby contro Georgia, mentre il secondo ha restituito una parola chiamata dignità a Duke, ponendo fine ad una striscia di sconfitte interna alla Acc che pareva eterna, riuscendo a vincere 4 partite totali, davvero un’impresa se avete seguito le recenti e disastrose annate dei Blue Devils recenti.
Tra le migliori individualità viste in azione è doveroso menzionare Jonathan Dwyer, running back capace di trascinare gli Yellow Jackets con 110 yards di media a partita che ha segnato 9 mete su corsa andando in tripla cifra in nove occasioni differenti, arrivando addirittura a toccare quota 128 nel solo primo tempo della partita giocata contro Miami. E visto che sono state le difese a dominare più degli attacchi, meritano attenzione due linebackers come Aaron Curry di Wake Forest, fresco vincitore del Dick Butkus Award (premio per il miglior linebacker della nazione – ndr) e Mark Herzlich, di Boston College, capace di superare i 100 placcaggi stagionali e di incidere sulle partite con tre fumbles forzati e due intercetti riportati in meta, tutte statistiche attestanti la sua estrema versatilità.
Il premio di delusione dell’anno non può che andare a Clemson, pronosticata come nona forza assoluta del ranking pre-stagionale, e caduta nell’abisso arrivato sino all’auto-licenziamento di Tommy Bowden, che oramai aveva convinto anche se stesso di non essere il giusto allenatore per portare in alto un team pieno zeppo di talento che non ha mai saputo imporsi sugli avversari quando la palla scottava davvero. Alla delusione dei campionati di Cullen Harper, C.J. Spiller e James Davis si aggiunge anche quella di Riley Skinner, quarterback di Wake Forest affondato assieme a tutto il proprio attacco.
Grazie per aver notato il cambio in positivo portato da Cutcliffe ai miei poveri Blue Devils. Siamo ancora in fondo alla Coastal, ma almeno adesso possiamo giocarcela con le altre! 😀