Le “Finali” del College Football 2009/10

Rose Bowl – 1° gennaio – Rose Bowl Stadium – Pasadena, California:
Ohio State Buckeyes 26, Oregon Ducks 17.

Ha vinto Jim Tressel. Ha vinto Terrelle Pryor. Ha vinto soprattutto la superba difesa dei Buckeyes. E indubbiamente con loro ha vinto anche la Big Ten Conference.
Ohio State torna alla vittoria nel Rose Bowl di Pasadena a 13 anni dal trionfo su Arizona State, e l’head coach che tanto (troppo) è stato criticato specie nell’ultimo triennio, torna al successo in un Bowl BCS che gli mancava dal Fiesta ’06.
Tressel ha vinto con un gameplan offensivo ottimamente bilanciato, in cui Pryor è stato chiamato a lanciare molto più del solito (23/37 con 266 yards e 2 td-pass), addirittura 6 passaggi consecutivi chiamati all’inizio del match, colpendo ripetutamente le coperture soft delle secondarie di Oregon. E quando veniva pressato, il ragazzone della Pennsylvania (MVP della gara) ne usciva sempre alla grandissima, grazie al suo eccezionale lavoro di gambe che gli permetteva di ricavare il tempo necessario a trovare quasi sempre il compagno libero in underneath o in slant, ovvero a guadagnare correndo (spesso in fake rollout) i primi down su terzi tentativi (72 rushing yards, alla fine) in cui peraltro mostrava una straight-arm impressionante.

C’erano poi le corse dei RB, anche fuori dal backfield, le play-action per notevoli guadagni, ma anche le ricezioni esterne, come quella di Brandon Saine da 13 yards che portava al primo touchdown in conclusione del primo drive dell’incontro.
Tutto ciò ha contribuito ad una chiara supremazia dei Bucks, evidenziata dal possesso palla (ben 42 minuti, contro i soli 18 di Oregon) e dalla total offense (419 yards rispetto alle 260 avversarie).

Esatto, la fortissima offense dei Ducks è stata semplicemente annullata dalla difesa di Ohio State.
La ‘chiave di volta’ è stato il controllo assoluto dei gap sulla linea di scrimmage insieme alla notevole fisicità e pressione portate alla zona che hanno contribuito al successo sistematico sui primi due down, cancellando di fatto la prima opzione offensiva di Oregon (la cosiddetta zone-read option), quindi il loro letale running game, costringendo di conseguenza i Ducks a muovere solo per vie esterne (in sweep o con screen pass). Oregon si trovava costretta a giocare sempre terzi e medi o lunghi, vista l’impossibilità di correre e dunque costruire dalla option.
E il QB Masoli a quel punto non poteva che lanciare, mostrando tutti i propri limiti, specie nelle letture (ottime peraltro le coperture delle secondarie Bucks), ed i suoi numeri finali ne erano la dimostrazione (6 corse per sole 9 yards!! anche se con il rush TD da 1 yard per il momentaneo 16-17 ad inizio 3° quarto; 9/20 per 81 yards con un INT). Altrettanto impressionante la statistica di soli 2 su 11 conversioni di terzi down della formazione di Eugene.
Eppure Oregon è rimasta in partita per più di metà tempo, grazie soprattutto alle non impeccabili coperture sui ritorni di Ohio State, che hanno concesso spesso ottime posizioni di campo (vedi ad es. il TD del momentaneo 10-10 del RB LeGarrette Blount).

Nella defense di Ohio State vanno citate in particolare le prove del LB jr Ross Homan (12 tackles e 1 intercetto), del DT/DE jr Cameron Heyward (4 tackles ed 1 sack), dei DB’s sr Anderson Russell (6 tackles ed 1 break-up pass) e Kurt Coleman (4 tackles) ed infine del OLB jr Thaddeus Gibson (2 TFL) che si è poi dichiarato per il prossimo draft NFL.
Dopo il minimo vantaggio marcato Masoli i Ducks non hanno più segnato, mentre Ohio State, tornata subito in vantaggio nel drive successivo con un FG dalle 38 yards del preciso kicker Barclay (19-17) hanno dovuto attendere la metà dell’ultimo quarto per assestare il colpo decisivo con un drive splendido condotto ancora da Terrelle Pryor (da vedere la conversione midfield di un 3°&13 con un pass di 26 yards per il TE Ballard) e terminato con il suo secondo td-pass di serata (17 yards) per il concentrato WR Posey (8 ric., 101 yards e TD).

Pryor, alla prova di maturità, ha dunque dimostrato di saper anche lanciare bene. Splende una nuova luce ora a Columbus…

Sugar Bowl – 1° gennaio – Louisiana Superdome, New Orleans:
Florida Gators 51, Cincinnati Bearcats 24.

Hanno salutato tutti uscendo dal palcoscenico (il college football) sul quale hanno recitato il ruolo dei protagonisti quasi incontrastati nelle ultime 4 stagioni insieme, e lo hanno fatto alla grande.
Tim Tebow, il quarterback più vincente della storia di Florida, uno tra i giocatori più grandi di sempre a livello NCAA, il più dominante di tutti, almeno nella sua epoca, e Urban Meyer, l’head coach con la percentuale più alta di successi nel panorama universitario, colui che ha detto addio (o arrivederci…) per problemi di salute, lasciano da vincitori.
Probabilmente il loro sogno sarebbe stato quello di arrivare insieme al terzo National Championship in 4 anni, un traguardo quasi irreale eppure possibile non fosse stato per l’armata di Saban in un SEC Championship giocato (ma anche fatto giocare…) troppo male per ottenere il Paradiso.
Ma al contempo, un’uscita così, trionfale, nello Sugar Bowl di capodanno, unita ai 2 titoli nazionali, ai 2 titoli SEC e ai 3 titoli di east division in bacheca, li ha definitivamente consacrati come una tra le coppie più vincenti della storia del football collegiale oltreché, ovviamente, dell’ateneo di Gainesville.

Un trionfo vero. Perché i Gators hanno letteralmente schiantato i Cincinnati Bearcats, campioni per due anni di fila della Big East, eppure apparsi come una sorta di agnello sacrificale nella notte di New Orleans, orfani com’erano tra l’altro del coach mentore Brian Kelly, volato a Notre Dame per una nuova sfida, e ancora non sostituito nelle chiamate da quel Butch Jones attento osservatore sulla sideline.

Le primissime azioni del match sembravano peraltro presagire ad una bella partita, quantomeno combattuta, invece nulla di tutto questo: Tebow imbeccava a più riprese e senza reali problemi i propri ricevitori, in particolare il TE Aaron Hernandez (9 ric., 111 yards, TD) ed il WR Deonte Thompson (5 ric., 63 yards, TD), e nonostante l’infortunio occorso subito al RB titolare Jeffery Demps (frattura all’avambraccio destro), i sostituti Emmanuel Moody (2 rush TD) e Chris Rainey (1 rush TD) riuscivano sempre a far muovere adeguatamente la letale spread offense di Florida.
Un quarto e mezzo di gioco alle spalle ed il trofeo era già sulla strada di Gainesville: 23-0.
E quando a poco più di 3 minuti dall’intervallo lungo un FG dalle 47 yards del kicker Jake Rodgers provava a riaccendere un flebile lumicino di speranza, ancora Tebow nella prima azione del drive successivo connetteva in profondità a sinistra con il WR Riley Cooper (7 ric., 181 yards) che si involava per un altro touchdown da 80 yards.
Fine del primo tempo e fine anche dei giuochi: 30-3, ma “solo” perché Caleb Sturgis, kicker dei Gators, forse mosso a compassione, sbagliava pure un FG dalle 39 yards allo scadere…

Nel secondo tempo c’era ancora spazio per qualche bella giocata: con i due RB di Florida che mietevano 1 rush TD a testa, con un drive praticamente perfetto concluso dal 57° rushing career TD di Tebow, e poi (nientemeno!) anche con i derelitti Bearcats, che complici le coperture difensive di Florida, belle accorte contro eventuali soluzioni da big plays e con una certa distanza tra i reparti (quasi da “garbage time”) che lasciavano ampi spazi in particolare nel mid-range, salvavano l’onore con 3 td-pass del QB Tony Pike (rispettivamente per il FB Marcus Waugh, il WR Armon Binns ed il TE Kazeem Alli) tra fine terzo e ultimo quarto di gioco.

Un impassibile, controllato Tim Tebow chiudeva quindi la sua avventura collegiale con una prestazione mostruosa e lasciava per l’ultima volta il campo con la maglia n°15 blue-orange sotto una pioggia scrosciante di applausi. Impressionanti le sue statistiche conclusive: 31/35 pass per 482 yards (career-high) con 3 touchdowns, oltre a 51 rushing yards con un altro TD. Semplicemente distrutto il record di total yards in un bowl game che apparteneva a Vince Young dal Rose Bowl ’06 (467): ora l’asticella è più in alto, a quota 533. Fenomenale. Anzi, Super.
Il suo compagno di linea, la G Carl Johnson, lo ha confermato a fine gara: “They couldn’t stop him. They needed some Kriptonite…” Beh, a dirla tutta una cosa ti è mancata: potevi pure regalarcelo uno di quei tuoi fantastici jump-pass da TD che ci hanno fatto sobbalzare più volte sulla poltrona, caro “Superman”…

Fiesta Bowl – 4 gennaio – University of Phoenix Stadium, Glendale – Arizona:
Boise State Broncos 17, Texas Christian University Horned Frogs 10.

Al Fiesta Bowl di tre anni fa, 1° gennaio 2007, Boise State aveva sorpreso tutti con una prestazione memorabile, sovvertendo i pronostici contro i più forti Oklahoma Sooners, recuperando e poi vincendo in maniera pirotecnica (43-42) una partita incredibile, indimenticabile, conclusa all’overtime grazie a 3 splendidi consecutivi trick plays dell’attacco, tirati fuori proprio nei momenti decisivi dell’incontro. Nei secondi finali di quella gara, con Oklahoma in vantaggio di 7 punti e con tutta l’inerzia del mondo a proprio favore (i Sooners avevano recuperato 8 lunghezze ed erano andati poi sopra grazie ad un ritorno da intercetto a circa 1 minuto dalla fine), i Broncos affrontavano un 4° & 18 decisivo a metà campo, a pochi secondi dal termine: un cosiddetto hook and lateral giocato alla perfezione in una situazione di totale prevent difensiva e una splendida corsa da 35 yards sulla sideline di sinistra avevano portato al TD dell’insperato pareggio sul 35-35.
Tornati sotto di 7 nel supplementare, causa una prorompente corsa da 25 yards in TD del fenomenale Adrian Peterson, Boise State applicava una variante alla attuale notissima wildcat con un lancio vincente del backup WR Vinny Perretta, allineato come running back, che rollando sulla sua destra lanciava in touchdown il TE Derek Schouman: 41-42.
Ma anziché impattare ancora calciando un più semplice extra-point per il secondo overtime, coach Chris Petersen decise allora di andare per la two-point conversion e per la storia. E lo fece utilizzando il terzo trick play di serata: una spettacolare Statue of Liberty. Allineò tre WR sul lato destro, e dopo lo snap il QB Zabransky fintò alla grande un quick-pass proprio in quella direzione, restando immobile nel tipico gesto, consegnando invece la palla con un rapido hand-off con la sinistra al running back Ian Johnson, che corse indisturbato in endzone per la conversione che valse oltre la vittoria, un vero trionfo.

Pochi giorni fa, a capodanno, Boise State è tornata a trionfare a Glendale, vincendo il suo secondo Fiesta Bowl, oltre al primo BCS bowl della storia in cui a scontrarsi erano due college imbattuti appartenenti a due Conference Non-BCS (WAC e MWC per la precisione) e dunque senza invito automatico di partecipazione.
Un Fiesta bowl ancora una volta molto combattuto eppure controllato splendidamente da due brillanti formazioni difensive.
E per spuntarla coach Petersen è ricorso ancora una volta al suo “libro dei trucchi”. In questa occasione però il trick-play l’ha eseguito il kicking special team nel terzo drive dell’ultimo quarto, tramutando un perfetto fake punt in un lancio centrale di circa 30 yards del punter/kicker Kyle Brotzman per il TE Kyle Efaw. Una giocata che ha, a dir poco, sorpreso i Frogs, spostando definitivamente l’inerzia del match, ed ha consentito al QB Kellen Moore di concludere uno splendido drive, fatto di 3 completi lunghi consecutivi per altri 2 primi down che hanno portato i Broncos fino alle 2 yards avversarie, e al RB Doug Martin di effettuare uno spettacolare volo plastico sopra il bloccatore per il TD risultato alla fine decisivo.

Ottime difese, si diceva: quella dei Broncos addirittura per lunghi tratti meglio della più volte da noi decantata defense di TCU, e capace anche di intercettare per 3 volte il QB Dalton. Nel primo quarto il CB Brandyn Thompson (terzo drive della partita) riportava in touchdown con una corsa di 51 yards un intercetto sul perfetto anticipo di un’ottima copertura (il ragazzo avrebbe poi avuto un altro pick nel 4° quarto, giusto nel drive immediatamente precedente a quello del fake punt). L’altro CB Kyle Wilson (unico superstite del trionfo 2007, uno pronto per la NFL) si esibiva prima in uno splendido break-up pass sul profondo, poi registrava un sensazionale sack con fumble (non ricoperto) a seguito di un blitz giocato alla perfezione.
Veniva bloccato benissimo anche il ground game degli Horned Frogs, cui erano concesse in totale la pochezza di 36 rushing yards.
Eppure TCU a lungo in difficoltà chiudeva la prima parte con un buon drive chiuso con un 30 yards td-pass di Dalton per il receiver Clay. Risultato: 10-7 Broncos.

Nel terzo quarto ancora difese protagoniste. Quella purple di TCU in particolare (10 tackles e 3.5 TFL per il LB Daryl Washington, 4 tackles con 1.5 TFL e 1 FF ricoperto per il DE Jerry Hughes) con gli Horned Frogs che agguantavano il pari (10-10) grazie ad un FG da 29 yards del K Evans.
Nell’ultimo quarto la giocata già raccontata che stordiva TCU e cambiava l’inerzia del match, portando avanti i Broncos per l’ultima volta: 17-10.
Ma c’era ancora vita per TCU che prima partiva dalle 31 avversarie grazie ad un ottimo ritorno di punt ma non riusciva a segnare in 4 tentativi (peccato per l’incompleto in endzone del WR Antoine Hicks, ne avremmo viste delle belle…) e poi sull’ultimo drive giocato tutto in shotgun arrivava fino alle 30 di Boise St. ma l’intercetto del DB Venable a 20 secondi dal termine mandava i titoli di coda.
Così TCU alla fine restava l’unico college di Mountain West Conference a non aggiudicarsi (su 5 partecipanti) il proprio, più ambito bowl. Proprio la TCU che quest’anno aveva dominato la MWC…

Orange Bowl – 5 gennaio – Land Shark Stadium, Miami – Florida:
Iowa Hawkeyes 24, Georgia Tech Yellow Jackets 14.

Partita che da un punto di vista tecnico/tattico per molti versi ricordava da vicino il Rose bowl di alcuni giorni prima, solo che a scontrarsi erano la Georgia Tech della triple option offense di coach Paul Johnson e la Iowa di coach Kirk Ferentz che a lungo in questa stagione aveva sognato di detronizzare Ohio State dal primo posto di Big Ten.
E il risultato è stato lo stesso di Pasadena: la defense dominante di Iowa ha totalmente distrutto l’attacco dei campioni ACC, e questi bowls 2010 verranno senz’altro celebrati come quelli del risorgimento del gioco fisico, bilanciato e pro-style praticato dalle principali contenders della Big Ten conference.

Il ritorno in campo del QB Ricky Stanzi (17/29 per 231 yards, ma ha iniziato 8/8 per 138 e 2 TD) ha indubbiamente giovato agli Hawkeyes che, in una serata anche troppo fredda (meno di 10 gradi C°) per essere davvero a Miami, hanno subito prodotto due drive vincenti (il 2° e il 3° dell’attacco) chiusi con i 2 td-pass dello stesso quarterback rispettivamente per i compagni Marvin McNutt (4 yards) e Colin Sandeman (21 yards) sul lato destro.

Vessilli dell’arcigna difesa giallo nera sicuramente il DE n°94 Adrian Clayborn autore di una prestazione maiuscola (9 tackles “solo” più 2 sacks per un guadagno di 16 yards), il LB n°43 Pat Angerer (10 tackles) ed il DT n°95 Karl Klug (6 tackles, 1 TFL e 1 sack) che hanno tenuto il running game dei Jackets a sole 143 yards (il RB Dyer a 14/49…) rispetto alle 307 di media stagionale, e sempre alta la pressione al QB Josh Nesbitt (46 rushing yards) inutile almeno quanto il QB di Oregon Masoli nelle situazioni di lancio (2/9 per 12 yards! e 1 INT).

Eppure Georgia Tech è rimasta in gara grazie ad un intercetto riportato per 40 yards in endzone dal CB Tarrant che ha chiuso il primo quarto dell’incontro sul 14-7.
Poi per quasi 30 minuti di football nessuna marcatura, con Tech che sbagliava, oltrepassata metà 3° quarto, un FG da 41 yards e Iowa che invece nel drive successivo ne infilava uno da 33 yards con il K Murray per il 17-7.

Ad inizio ultimo quarto l’unico sussulto dei Jackets, con la conclusione di un buon drive da 71 yards che portava al rush TD da 1 yard del RB Anthony Allen (17-14).
Ma Georgia Tech nei rimanenti 3 drive offensivi non sarebbe più riuscita ad uscire dalle proprie 30 yards (nell’ordine: intercetto, punt, 4 downs) mentre Iowa, che pure non riusciva a chiudere subito sprecando 4 tentativi all’interno delle 7 yards avversarie, produceva poi nel successivo drive di attacco 63 yards, correndo con il RB freshman Wegher (prima 23 yards, poi il 32 yards TD) fino alla endzone a circa 2 minuti dalla fine.

BCS Championship game – 7 gennaio – Rose Bowl Stadium, Pasadena – California:
Alabama Crimson Tide 37, Texas Longhorns 21.

E sono due. Due titoli nazionali conquistati con due programmi diversi. Coach Nick Saban entra così di diritto tra i grandissimi HC della NCAA. E pazienza se tra il primo National Championship (LSU 2003) e quello attuale (dopo 6 anni) c’è stata la non troppo gratificante esperienza NFL con i Miami Dolphins.
Saban, arrivato a Tuscaloosa tre stagioni or sono, ha plasmato Alabama come l’aveva immaginata.
I Crimson Tide hanno vinto ancora (ultimo titolo nel 1992) grazie alla difesa dominante e correndo “attraverso” tutti gli avversari incontrati, compresi quei Texas Longhorns che alla vigilia dell’atto finale si fregiavano della posizione di prima difesa della nazione contro le corse, in questa stagione.

È vero, l’infortunio al QB Colt McCoy ha privato subito Texas di uno dei protagonisti principali, e non sapremo mai come sarebbe andata a finire con lui a guidare l’attacco. Ma Alabama quest’anno ha semplicemente meritato di vincere, e visto anche il trionfo su Florida nella finale SEC (la conference cui appartengono i 3 college che hanno vinto le ultime 4 “finalissime” nazionali) credo in effetti ci siano pochi dubbi.

Sicuramente l’improvvisa assenza di McCoy ha però semplificato le cose. Dopo appena due drive offensivi, entrambi finiti con un field goal realizzato, nei quali l’attacco di Texas aveva iniziato bene producendo yards come di consueto, sfruttando peraltro due madornali errori su punt degli special team dei Tide (due errori clamorosi, il primo addirittura a seguito di una sorprendente chiamata di Saban che voleva un lancio da parte del punter per non perdere il controllo della palla ma che si trasformava invece nel più facile degli intercetti), la svolta: McCoy si infortunava alla spalla destra a causa di un colpo ricevuto dal DL Marcell Dareus (premiato poi MVP difensivo), non facendo più rientro in campo.

In realtà fino a quel momento Texas sembrava potersi giocare la partita, grazie anche ad una buona pressione difensiva su un non troppo sicuro Greg McElroy (6/11, 58 yards) e alle ottime coperture sui ricevitori (Julio Jones 1 ric, 23 yards; Marcus Maze 1 ric, 4 yards).

Al posto di McCoy è ovviamente entrato il QB freshman Garrett Gilbert (15/40, 186 yds, 2 TD, 4 INT) che all’inizio è parso inevitabilmente disorientato all’evento salvo poi mostrare alcune di quelle qualità che ne avevano fatto uno dei pezzi pregiati del recruiting. Il suo ingresso determinava anche un cambiamento del gameplan dei Longhorns, con i giochi disegnati per McCoy che evidentemente non sortivano più i risultati sperati.
E con i costanti three and out ottenuti dalla defense, Alabama poteva gestire meglio l’attacco con il proprio fenomenale ground game, controllando il cronometro e spostando il peso offensivo, che togliendo pressione dal QB McElroy liberava le scorribande dei due fenomenali running backs, l’Heisman Trophy Mark Ingram (116 yards, 2 TD, MVP del match) e l’esplosivo Trent Richardson (109 yards, 2 TD), che ad inizio secondo quarto portavano prepotentemente avanti i Tide con tue segnature, la seconda con una corsa da 49 yards in endzone di quest’ultimo: 14-6.

L’inerzia in quel momento era tutta per Bama, con Gilbert che commetteva un paio di turnovers dai quali arrivavano altri 10 punti a tabellone. Allo scadere un orribile shovel pass veniva intercettato sulla l.o.s. e riportato in endzone ancora dal DL Marcell Dareus: 24-6.

All’intervallo sembrava finita. Gilbert invece riaccendeva le luci dell’incontro producendo a fine 3° quarto un big play connettendo con il WR Jordan Shipley (td-pass da 44 yards), dopo che alcuni suoi tentativi profondi erano andati lunghi o erano stati malamente droppati (M. Williams). Le yards arrivavano soprattutto grazie ad alcuni lanci corti per Marquis Goodwin, le cui ricezioni fornivano 70 preziose yards.
Con un altro turnover dei Tide sul successivo kickoff, il quarterback poteva anche concedere il bis con Shipley (10 ric, 122yards, 2 TD) e a quel punto soltanto 3 punti separavano le due contenders.

Grazie anche ad una ritrovata consistenza difensiva (preziosi i contributi contro il running game di Sergio Kindle, Lamarr Houston e del safety Earl Thomas, che di recente si è dichiarato per il draft NFL) e ad un insolito errore su agevole FG dell’ottimo kicker Lane Tiffin, a circa 6 minuti dalla fine Gilbert aveva ancora un’opportunità per il più improbabile dei comeback finali, partendo dalle proprie 17 yards. Ma un bellissimo blitz eseguito dal LB Eryk Anders sul “lato cieco” portava al sack con fumble forzato recuperato da Courtney Upshaw.

Dopo tre giochi Mark Ingram poteva andare nuovamente in TD dalla 1 yard dando nuovamente 10 punti di vantaggio ai suoi a due minuti dalla conclusione. Successivamente Gilbert veniva intercettato per la seconda volta in serata dal CB Javier Arenas, e anche Richardson poteva mettere la seconda firma sul 37-21 finale.